Edito dalla Società di Storia Patria per la Puglia sezione di Lecce, esce Un paese vuol dire… Scritti di uno storico “visionario”, volume postumo di Aldo D’Antico, storico e operatore culturale parabitano recentemente scomparso. Il libro, curato da Paolo Vincenti, è il primo volume monografico dello studioso D’Antico e raccoglie una serie di articoli e saggi brevi pubblicati nel corso della sua carriera su riviste e volumi collettivi. Un’operazione meritoria, voluta dalla famiglia D’Antico e patrocinata dal Comune di Parabita col supporto di alcuni benemeriti sponsor privati, che finalmente vede la luce.
Prefazione, di Paolo Vincenti
Quello che avete fra le mani è il primo ed unico volume monografico di Aldo D’Antico, che esce postumo per via degli strani percorsi che a volte sceglie il destino. Come gli amici e tantissimi Parabitani, sentivo di avere un debito di riconoscenza nei confronti di Aldo, che con questo libro inizio ad onorare. La strada si presentava in salita. La produzione di Aldo è vasta. Mi era chiaro che il mio compito non sarebbe stato facile: ma ordinare e al contempo operare una selezione fra questi materiali così difformi e magmatici si è rivelato ancor più arduo delle previsioni. Aldo D’Antico era un infaticabile ricercatore ed un ineguagliabile divulgatore di patrie memorie. Tanto indefesso e puntuale nelle sue ricerche, quanto disordinato per le sue stesse cose. Può sembrare un paradosso: lui, che per tutta la vita si è fatto raccoglitore di reperti, foto, manoscritti, documenti e memorabilia, che poi ha scrupolosamente schedato e catalogato, non ha mai organizzato sistematicamente i propri scritti, nemmeno mai tracciato una propria bibliografia.
Tutti o quasi tutti gli scritti si presentavano in formato cartaceo, pochissimi erano nel suo pc in formato word. L’opera di ricognizione ha coinvolto in prima persona, e non poteva essere diversamente, Franca Capoti e Tommaso D’Antico, che si sono assunti l’onere di trasformare i pezzi in formato elettronico e, dopo averli convertiti da pdf in word, inviarmeli per il mio lavoro di revisione e messa in pagina.
Abbiamo pensato a questo libro come ad una prima parte dell’operazione in ricordo di Aldo, che vedrà successivamente la pubblicazione, ad opera della Società di Storia Patria per la Puglia-sezione di Lecce, di un volume di studi in memoria, in cui saranno chiamati a raccolta tutti gli studiosi, amici, estimatori, sodali di Aldo che vorranno dare testimonianza della sua articolata parabola umana e intellettuale.
Tornando al presente volume, i criteri della selezione sono del curatore e quindi dello stesso la responsabilità per eventuali mancanze, discrepanze, refusi. Le tre macroaree in cui è diviso il libro corrispondono alle tematiche di principale interesse di Aldo. La prima è quella dei personaggi del passato, quegli “straordinari Parabitani”, come lui li definiva, che hanno illustrato il passato remoto e più recente della cittadina salentina. Ve ne sono alcuni che si sono imposti all’attenzione nazionale e in certi casi internazionale, e non è poca cosa per un piccolo centro di periferia. Senza tema di smentita, si va da Antonino Lenio Salentino, poeta del Cinquecento, autore del poema epico L’Oronte Gigante, a Giuseppe Ricci, padre gesuita del Settecento, teologo e filosofo, maestro di Giovan Battista Vico; dal pittore di scuola napoletana Enrico Giannelli all’antifascista Renato Leopizzi, intellettuale di spicco, campione dei valori repubblicani e democratici; dal grande economista Francesco Marzano, vissuto fra Ottocento e Novecento, al giurista Alfredo De Gregorio, accademico di chiara fama; per arrivare, e si è in pieno Novecento, al pittore e scultore Rocco Coronese, al poeta dialettale Rocco Cataldi e allo studioso di storia patria, Aldo de Bernart.
La seconda sezione, quella forse più robusta dal punto di vista scientifico perché maggiormente suffragata dalle fonti, è relativa alla Madonna della Coltura. D’Antico si è lungamente occupato del culto della Santa patrona dei Parabitani attraverso uno scavo storico, linguistico, agiografico degno di rilevanza. La terza sezione, la più corposa, è dedicata a quei “lineamenti di storia parabitana” che tracciano un lunghissimo excursus nella storia di Parabita fino ai giorni nostri, con una maggiore focalizzazione sui secoli Ottocento e Novecento. In questo contesto Aldo dà il meglio di sé perché emerge dalle sue pagine la profonda adesione civile, morale, umana ai fenomeni che descrive. Ora, il secolo Ottocento comprende la temperie storica dell’unificazione d’Italia e il noto fenomeno del Brigantaggio seguito all’Unità. In questo campo Aldo, da convinto meridionalista, ha profuso molte energie per dimostrare, con un latente revisionismo storico, la grande ricchezza di cui godeva il Meridione d’Italia e la conseguente spoliazione operata, a suo dire, dai Sabaudi. Non saremmo onesti se non dichiarassimo che molti studiosi non sono convinti di questa posizione tenacemente sostenuta da D’Antico. Chiariamolo: Aldo non era un anti risorgimentale ma solo un accanito meridionalista, eppure questo è un aspetto della sua carriera che lo ha reso divisivo. Probabilmente si approfondirà nel volume in memoria.
Qual è l’approccio alla storia di Aldo, cioè di uno che non era uno storico professionista? Il suo era un approccio fattuale, potremmo dire. È attento alle dinamiche sociali, ai profondi cambiamenti che investono la piccola patria di riflesso della grande patria e lo fa ponendo attenzione ai dettagli, alle persone con nomi e cognomi, ai lavoratori, i contadini, gli artigiani, il regime alimentare, la lingua, i modi di dire, le usanze, insomma all’uomo quotidiano. Egli registrava tutto non solo attraverso le sue “carte d’archivio” ma anche grazie alle testimonianze orali. Il rapportarsi di Aldo alle carte e ai monumenti artistici di cui Parabita è ricca non era quello “sacrale” dello storico. La sua archeologia, per dirla con Le Goff, non era quella legata alla storia dell’arte ufficiale, ma l’archeologia del quotidiano, della vita materiale (basti pensare al suo Museo etnografico), così come l’iconografia era quella dei gesti, delle forme comuni, degli oggetti deperibili (pensiamo al Museo del vino, all’Emeroteca). E poi, non solo come ricercatore storico, ma come editore e intellettuale, era assillato dal cribro della cultura popolare e, ancor più, dello iato esistente fra la cultura popolare e la cultura accademica, convinto della necessità di colmare quella sfasatura.
Quando Aldo ha iniziato a scrivere di storia, a metà degli anni Settanta del Novecento, gli strumenti di ricerca non erano così evoluti e raffinati come sono oggi. Aldo non solo non si faceva scoraggiare dalla estrema difficoltà di accedere alle fonti o dalla loro scarsezza, ma era vieppiù intimamente convinto dell’urgenza della divulgazione storica. Esisteva allora, più di oggi, una fortissima barriera, un gap fra cultura “alta”, ufficiale, e cultura “bassa”, militante. Aldo, uomo di sinistra, figlio del proletariato, forte della sua formazione socialista, si piccava di abbattere quella barriera, ideologicamente schierato a favore di una democratizzazione della cultura che andasse a vantaggio della gente della strada, della sua gente. Ma non lo faceva demonizzando l’Accademia, anzi, aveva profondo rispetto per gli intellettuali più prestigiosi e accreditati, che chiamava a Parabita e coinvolgeva nelle sue iniziative. Era davvero, la sua, una missione per una cultura partecipata. Per lui la storia, oltre che storia politica (quella che insegnava a scuola, come maestro elementare) è sempre stata storia sociale ed economica. Egli si interessava ai grandi avvenimenti, alle strutture generali della società, al dibattito intellettuale nazionale, insomma a tutti i fenomeni storici, specificamente nelle loro diramazioni locali, nella loro ricaduta sugli uomini e sui paesi del Sud e del Salento, ma non in quanto epifenomeni, cioè effetti collaterali, conseguenze che accadono di rimando, ma come effetti diretti dei grandi mutamenti politici e sociali, perché le periferie sono sempre state nella sua visione parte integrante dei processi storici. Egli narrava anche i fatti minimi, i personaggi minori, spesso con brio e divertito sarcasmo, altre volte con accorata partecipazione, non per cronaca, storia locale, peggio anecdotica, ma perché la storia evenemenziale (cioè secondo la prospettiva événementiel, come definita dalle Annales, la famosa rivista fondata nel 1929 da March Bloch e Lucien Febvre) si saldasse con la storia generale. Dovere civile dell’intellettuale, secondo Aldo, è sempre quello di cui già diceva Voltaire, ossia scrivere “anziché la storia dei re e delle corti, la storia degli uomini”.
L’ultima parte del libro comprende le presentazioni di alcune delle innumerevoli collane di studio e ricerca della casa editrice “Il Laboratorio”. Si è volutamente lasciato fuori le collane principali, vale a dire quella di poesia, “Edizioni Il Laboratorio” e quella di storia, “La meridiana”, che saranno oggetto di studi specifici nel volume che seguirà. Le collane qui riproposte si articolano in piccoli saggi, a volte brevi dispense diffuse in fascicolo, spesso degli excerpta, ovvero estratti di pubblicazioni ufficiali che fanno luce su determinati aspetti. Quello che balza agli occhi nelle parole di Aldo è l’assoluta gratuità degli opuscoli che venivano prodotti e la ribadita disponibilità dei materiali dell’Archivio Storico Parabitano e del Laboratorio messi al servizio di chiunque voglia approcciarsi allo studio o comunque alla conoscenza storica del territorio. Egli si rivolge soprattutto agli studenti ma anche ad enti ed associazioni e alla cittadinanza in genere invitando tutti alla consultazione in maniera gratuita dei materiali e spronando all’attività di ricerca e di studio per ampliare la conoscenza dei fatti storici. Alcuni brevi articoli ritrovati nel suo pc sono inediti e costituiscono il valore aggiunto del libro.
Insomma, in questa sede, ci occupiamo solo di un aspetto di Aldo D’Antico, quello dello storico. Sappiamo bene quanto la sua attività intellettuale fosse ampia e sfaccettata. Per restare solo all’attività scrittoria, il libro avrebbe dovuto comprendere almeno altre due sezioni: quella della poesia (ha pubblicato alcune sillogi ma soprattutto moltissime poesie sparse in riviste e volumi) e quella dell’attività editoriale, fatta di decine e decine di presentazioni, prefazioni, postfazioni, note editoriali ai libri che pubblicava come editore con la sua azienda Il Laboratorio (firmandosi come “L’editore”, nelle bandelle di copertina, o col suo nome per esteso all’interno del libro): questi preziosissimi scritti, cui si aggiungono le prefazioni ai libri di autori pubblicati da altre case editrici, costituiscono un capitolo a sé e costellano tutta la sua carriera. Come si comprenderà, non era possibile contenere una simile mole di scritti in un unico libro (o lo si poteva fare correndo il rischio della saturazione per il lettore). Ce ne occuperemo senz’altro nella prossima pubblicazione.
Infine, dei doverosi ringraziamenti. Ho già citato Franca e Tommaso: senza il loro fondamentale contributo questo libro non avrebbe visto la luce; ringrazio inoltre gli amici del Comitato, Guido Pisanello, Ortensio Seclì, Elvira Monaco, Alessandro Cavalera, Piero Buffo, Anna Piccinno e Fiorentino Seclì, per il costante supporto, e tutti gli sponsor che hanno assicurato la copertura finanziaria del libro. Ringrazio ancora Antonio Romano, che ha voluto impreziosire il libro con la sua nota finale.
Ed ora lasciamo la parola ad Aldo e buon viaggio al libro. Plenis velis!