Nato con la camicia

di Paolo Vincenti

 

Qualche giorno fa, aggirandomi in un mercatino dell’usato, mi sono imbattuto in alcune copie de Le avventure di Fortunello, pubblicate sul Corriere dei piccoli, agli inizi del Novecento. Fortunello, celebre personaggio di Ettore Petrolini, basato sul personaggio dei fumetti americani Happy Hooligan, era molto sfortunato e per contrasto mi richiama alla memoria un altro personaggio, stavolta dei fumetti di Walt Disney, alla mia generazione più vicini, ossia Gastone, il cugino di Paperino, eternamente fortunato, lui, a dispetto dello “sfigatissimo” Paolino, che invece si trova sempre nei guai. Ecco, di Gastone si potrebbe dire che “è nato con la camicia”. Ma che cosa significa esattamente questo modo di dire così diffuso?

“Nascere con la camicia” si dice di una persona assai fortunata, che è riuscita nella vita. Questo detto ha origini molto antiche: in passato si indicavano con questo termine i bambini delle famiglie più ricche o aristocratiche che appena nati venivano avvolti con una camicetta che era chiamata “camicia della fortuna”. Forse i più anziani fra i miei amici ricorderanno che da piccoli le loro mamme usavano conservare nel corredo questa camicia portafortuna come ricordo dell’infanzia dei loro bambini. Nei secoli scorsi, indossare questa camicia contraddistingueva la provenienza sociale dei piccoli perché per le famiglie povere non c’era una simile usanza. Vi è poi un’altra spiegazione, che fa riferimento ai bambini che nascevano avvolti dal sacco amniotico. Metaforicamente, l’involucro che protegge il feto nel grembo materno e che i bambini si portavano alla nascita rappresentava per loro una preconizzata fortuna. Come se nascere avvolti da quel sacco amniotico, che rendeva l’esperienza del parto meno traumatica, li avrebbe protetti anche dalle tempeste della vita. Si chiamano corion e amnios le due membrane essenziali che compongono il sacco amniotico, entrambe ricche di acqua, lipidi, sali minerali e proteine. All’interno del sacco c’è il liquido amniotico, che consente al bambino di vivere nove mesi in un ambiente umido e confortevole, adatto alla sua crescita. Il fenomeno però è molto raro: perciò, in passato, a questi bambini si attribuivano poteri magici e in alcuni casi, si vaticinava loro un futuro luminoso, si pensava cioè che fossero dei predestinati. “Amniomanzia” si chiama appunto la tecnica di divinazione attraverso l’interpretazione dell’amnios e del corion[1].

Il parto dunque non termina con la separazione del bimbo dalla madre ma con l’espulsione della placenta. Questa operazione è molto importante e lo era ancor di più in passato quando si caricava di una serie di significati simbolici in tutte le culture del mondo. “Il termine placenta fa la sua comparsa nel Cinquecento, quando comincia ad emergere un interesse medico specifico per quest’organo con gli studi anatomici di Vesalio che vi dedica una bella tavola nel De humani corporis fabrica (ed. 1555); il termine è coniato pochi anni dopo da Realdo Colombo nel De re anatomica (1559)”[2]. Un complesso intreccio di credenze si creò intorno a quest’organo che rappresentava le radici che avevano tenuto collegato il bambino alla mamma e che, con il parto e l’eliminazione della placenta, si recidevano ma solo fisicamente; un forte legame restava fra figlio e genitrice per tutta la vita. «Un legame analogico univa simbolicamente la placenta al neonato: si riteneva che essa rimanesse legata per tutta la vita al bambino da una “unione simpatica”, come sottolineavano credenze e divieti diffusi in varie parti d’Europa. Nello stesso tempo era vista come “un oggetto ambiguo, liminare”[3], che veniva dall’aldilà, che non apparteneva pienamente al mondo dei vivi, dotato di poteri particolari. Per questo nascere avvolti dalla placenta (“con la camicia”) non era solo considerato segno di fortuna, ma di possesso di particolari virtù magiche o taumaturgiche, come nel caso dei benandanti[4], che in età moderna avevano il compito di proteggere i villaggi e il raccolto dalle streghe»[5].

Anche la biografia di Pietro del Morrone, Papa Celestino V (1215-1296), ci riporta a questa evenienza[6]. Egli infatti fu un “nato con la camicia” e di questa nascita si impossessò l’agiografia vedendo in essa un miracolo di predestinazione. “Il «nascere con la camicia», divenuto proverbiale per indicare predestinati ad una vita fortunata, era fin dall’antichità […] segno di particolare distinzione”, scrive Paolo Golinelli; “nel Medioevo, per quanto abbiamo letto, non vi sono frequenti ricorrenze di questo tipo, probabilmente perché diffuso più a livello popolare che tra le persone colte e gli ecclesiastici […] Un motivo folclorico quindi si inserisce nell’agiografia di Celestino a significare il suo porsi a metà tra un livello colto-ecclesiastico ed un livello popolare. È il livello colto, tuttavia, a prevalere nell’interpretazione del miracolo, che diviene un episodio importante per la madre, la quale ne vede un segno premonitore di ciò che ella più desidera: avere, dopo la morte del marito, un figlio dedicato a Dio”[7]. Si tratta di un tipico topos agiografico[8].

L’espulsione della placenta era una operazione delicatissima quando non esistevano le moderne e perfezionate tecniche mediche e dunque occorreva espellerla con estrema rapidità perché in caso contrario essa avrebbe potuto provocare seri danni alla partoriente. Nel Cinquecento si consigliava tutta una serie di accorgimenti che univano la pratica medica con quella magica, il sacro ed il profano, perché il parto avesse successo e la placenta fosse eliminata senza arrecar danno alla madre[9].

Una pubblicità degli anni ’50 recitava: “- Sei nato con la camicia … – Sì ma con una camicia di popeline Capri! -”.

In occasione delle pulizie di primavera, aprendo una grande cassapanca nella quale mia moglie ha conservato il corredo (“la tota”), è spuntata fuori una camicetta della fortuna donata non so da chi alla nascita della nostra prima figlia. Anche in casa mia quindi è presente un oggetto così antico e simbolico, retaggio della civiltà del passato, pur non vantando la mia famiglia alcuna ascendenza aristocratica. Ma se vogliamo considerare salute e profitto scolastico come le migliori fortune, posso allora ben dire che tutti e tre i miei figli siano “nati con la camicia”.

 

Note

[1] Si veda: N. Belmont, Les signes de la naissance. Étude des representations symboliques associées aux naissances singulières, Brionne, 1971, pp. 19-112. Ma nelle arti divinatorie rientrano anche la blefaromanzia, cioè l’interpretazione del movimento delle palpebre; la chirogrammatomanzia o grafomanzia: interpretazione della scrittura del consultante; la chiromanzia, ossia l’interpretazione della mano del consultante; la chitonomanzia: interpretazione del modo di vestirsi del consultante; la dattiloscopia, ovvero l’ interpretazione delle dita; la fisiognomica o fisiognomanzia, vale a dire l’interpretazione dei lineamenti del viso; la frenologia o craniomanzia o frenomanzia: interpretazione del cranio del consultante; la geloscopia, cioè l’ interpretazione del modo di ridere; la genomanzia: interpretazione della forma e del comportamento della gestante; la sternomanzia, cioè l’interpretazione della forma del petto del consultante.

[2] Nadia Maria Filippini, Generare, partorire, nascere. Una storia dall’antichità alla provetta, Roma, Viella, 2017, p. 114. Ringrazio l’amico Francesco Frisullo per la segnalazione bibliografica.

[3] Carlo Ginzburg, Storia notturna. Una decifrazione del sabba, Torino, Einaudi, 1989, p. 249, cit. in Nadia Maria Filippini, Generare, partorire, nascere. Una storia dall’antichità alla provetta, cit., p. 114, nota 54.

[4] Cfr. Carlo Ginzburg, I Beneandanti. Stegoneria e culti agrari tra Cinquecento e Seicento, Torino, Einaudi,1972.

[5] Nadia Maria Filippini, Generare, partorire, nascere. Una storia dall’antichità alla provetta, cit., p. 114.

[6] Su Pietro del Morrone, fra gli altri: L. Pellegrini, Celestino V tra agiografia e storia, in «Bullettino della Deputazione Abruzzese della Storia Patria», n. LXXII, 1982, pp. 345-364; Centro Celestiniano Sezione storica/L’Aquila, Indulgenza nel Medioevo e Perdonanza di Papa Celestino. Atti del I Convegno storico internazionale (L’Aquila, 5-6 ottobre 1884), L’Aquila, 1987; Celestino V Papa Angelico Atti del II Convegno storico internazionale (L’Aquila, 26-27 agosto 1987), L’Aquila, 1988; Centro Celestiniano Sezione storica/L’Aquila, S. Pietro del Morrone Celestino V nel medieovo monastico. Atti del Convegno storico internazionale L’Aquila, 26-27 agosto 1988, a cura di Walter Capezzali, L’Aquila, 1989; ecc.

[7] Paolo Golinelli, Monachesimo e santità: i modelli di vita di Celestino V, in S. Pietro del Morrone Celestino V nel medieovo monastico. Atti del Convegno storico internazionale L’Aquila, 26-27 agosto 1988, cit., pp. 60-61. A Frugoni, Celestiniana, Roma, 1954 (Studi storici, 6-7), p. 46.

[8] F. Lanzoni, Il sogno presago della madre incinta, in «Analecta Bollandiana», n. XLV, 1927, pp. 225-261. P. Tronchi, Il folklore, Roma, 1960, p. 37.

[9] Cfr. Cosme Viardel, Observations sur la pratique des accouchemens naturels, contre nature et monstrueux, chez d’Houry, Paris, 1748, cit. in Nadia Maria Filippini, Generare, partorire, nascere. Una storia dall’antichità alla provetta, cit., p. 116, fig. 10.

 

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