
“Si eriga il nuovo Tempio alla Madre nostra!”
L’appello del 1912 per la nuova chiesa della Madonna della Coltura a Parabita
di Marcello Gaballo
Nel maggio del 1912, il Comitato per la costruzione del nuovo Tempio dedicato a Maria SS. della Coltura in Parabita diffondeva un accorato appello a stampa, rivolto non solo ai cittadini del luogo ma anche e soprattutto ai “forestieri”, cioè ai devoti lontani che avevano sperimentato la protezione e le grazie della Vergine.
Il documento, conservato presso l’Archivio Storico Diocesano di Nardò, si presenta come una lettera collettiva, firmata dal Comitato, nella quale si racconta la vicenda miracolosa dell’origine del culto e si chiede con fervore un’offerta generosa per l’edificazione del nuovo edificio sacro.
Il testo comincia con toni solenni: “Ill.mo Signore, L’Invenzione della Immagine miracolosa della Vergine SS. della Coltura è il più grande avvenimento che interessa il Popolo di Parabita. Di questo avvenimento parla una tradizione antichissima, ed afferma che un pio aratore nel 1600 ritrovò nel fondo detto ‘Pane della Corte’ un bellissimo affresco dell’immagine della Madonna, avente fra le braccia il suo divin figliuolo. Di questo avvenimento parlano la luce celeste che apparve, i buoi che s’inginocchiarono, la stessa Immagine miracolosa, che con meraviglia di tutto il popolo non si fece trovare nella Parrocchia, dove Le si era dedicato un altare; ma bensì fuori le mura del paese, per esserne la difesa e lo scudo.”
Il culto della Madonna della Coltura, così radicato nella memoria collettiva, si era mantenuto vivo nei secoli, nonostante l’antico tempio, costruito nel luogo del prodigioso ritrovamento, fosse divenuto con il tempo “angusto, indecente e mal sicuro per le molte e larghe lesioni minaccianti rovina”.
La demolizione, imposta per motivi di sicurezza, rivelò un’ulteriore sorpresa che rafforzò la volontà popolare di ricostruire: “Nella demolizione s’è palesato l’affresco in tutta la sua smagliante bellezza; ed in luogo del mezzo busto, quale appariva in sull’altare, è venuta fuori per intero la maestosa figura della Vergine.”
A quel punto, il desiderio di tutta la cittadinanza si fece unanime: “Ora una è la voce che parte da tutti i cuori, uno il desiderio più vivo di uomini e donne, grandi e piccini, ricchi e poveri ‘Si eriga il nuovo Tempio alla Madre nostra’ e mercè la cooperazione di tutti la ricostruzione del nuovo Tempio è un fatto compiuto: più ampio, decente, maestoso, ricco di pitture e decorazioni; in una parola degno di Colei che venne a stringere con noi legami di amore e di predilezione: di Colei, verso cui moltissimi forastieri non ci son secondi nell’amore e nella fede.”
Ed è proprio a questi “forestieri” che il Comitato si rivolge con fiducia, confidando nel loro affetto e nella loro gratitudine verso la Madonna: “Parabita nel fare il massimo dei sacrifici, elargendo denaro, ciascuno sopra le proprie forze, domanda la cooperazione dei forestieri, ed in nome della Madonna che tanto amano e venerano fa appello alla loro munificenza, perché concorrano anch’essi con un cospicuo obolo, certi che sarà contracambiato le mille volte colle grazie celesti.”
Alla lettera era allegata una “scheda di sottoscrizione di offerte per la costruzione del Tempio”, da restituire al Presidente del Comitato, con l’indicazione della somma offerta.
Un’operazione tanto semplice quanto potente, che coinvolgeva l’intera rete di devozione mariana diffusa nel territorio e oltre. Il testo si concludeva con un saluto riconoscente e fiducioso: “Per questo scopo nobile e santo il Comitato si rivolge alla S.V. pregandola vivamente di voler mandare una generosa offerta. Il Comitato, sicuro appieno ch’Ella accoglierà benignamente la sua preghiera, Le anticipa i più sentiti ringraziamenti, pregando la Vergine Santissima che gliene renda merito. Parabita, Maggio 1912. Il Comitato.”
Questo documento, di tono semplice e popolare, ma intriso di fede e partecipazione, è oggi una preziosa testimonianza del sentimento religioso e del dinamismo civile che animava la comunità di Parabita nel primo Novecento. La nuova chiesa che sorse da quello sforzo collettivo resta il monumento visibile di una devozione che sapeva trasformarsi in azione concreta e condivisa.