
Il Patavino, il protettore acclamato dal popolo
Aneddoti e vicende sulla plurisecolare festa di Sant’Antonio di Padova a Seclì
di Antonio Epifani
L’uomo per sua natura è sempre alla ricerca di qualcosa che gli permetta di vivere appieno la sua stessa esistenza. In ogni modo di fare e in ogni realtà sociale c’è sempre una dinamica storica, religiosa e antropologica che ci permette di delineare in maniera attenta e documentaria una vicenda, un fatto o una realtà di varia natura. Con l’approssimarsi delle festività antoniane nella piccola Seclì, risulta interessante capire il legame che unisce ormai da secoli questa piccola comunità al Santo dei miracoli. Appare quasi spontaneo e naturale associare questo Santo a Seclì, ma le motivazioni o per meglio dire i tanti documenti e testimonianze che attestano tale devozione sono sconosciute ai più.
Sfogliando l’archivio storico, conservato nell’attuale chiesa parrocchiale, ci si accorge della vastità di documenti, fogli, elenchi, foto che delineano figure, personaggi e vicende che hanno segnato la storia di questo piccolo centro. In realtà una documentazione molto antica non esiste più. Purtroppo è andata persa per varie vicende che hanno interessato lo spostamento dell’archivio parrocchiale dalle abitazioni private dei prelati del posto alla chiesa matrice antica.
Tuttavia in alcune mozioni degli arcipreti di Seclì leggiamo: “in queste sacre mura da secoli il popolo di Seclì invoca il tuo nome, oh Santo amabile” del Sac. don Giovanni Cardinale, mentre agli inizi del 1900 il Sac. don Luigi Piccinno scrive a chiare lettere: “il simulacro di S. Antonio di Padova – Angelo tutelare del popolo di Seclì – è fresco di riparazione”.
Poche annotazioni che delineano un profilo importante riguardo a questa devozione particolare degli abitanti di Seclì.
Altri fogli annotano donazioni e Messe a maggior gloria del Santo Patavino.
Si conserva anche un foglio, purtroppo deteriorato e ricalcato nella scrittura che non ci permette di compiere un’analisi scientifica a livello storico, ma che annota l’elezione del Santo a protettore secondario della comunità.
Anche sfogliando il Registro dei morti e dei battesimi, così come quello delle nascite conservato nell’archivio del Comune di Seclì, si nota un numero considerevole di registrazioni con il nome di Antonio, Antonia, Fernando, Fernanda che interessava la maggior parte della comunità di Seclì e questo annovera la devozione popolare degli abitanti che imponevano il nome del Santo alla propria prole.
Mettendo da parte queste significative testimonianze, tuttavia interessante risulta capire quando questo culto sia stato introdotto a Seclì. E in aiuto ci vengono le fonti. Già sul finire del 1500, quando Guido D’Amato insieme alla moglie Giulia Spinelli commissionarono la chiesa e il convento fuori le mura per voto fatto alla Vergine per lo scampato pericolo di morte durante la famosa battaglia di Lepanto, i frati che alloggiarono nel convento introdussero questo culto con la realizzazione di un altare laterale dedicato al Santo, rimaneggiato poi nel 1700. Inoltre promossero una serie di momenti di preghiera e devozioni varie che interessarono tutto l’apparato delle pie pratiche che ancora oggi si celebrano nella Rettoria di S. Antonio.
Una chiesa che nel 1587 fu intitolata alla Vergine degli Angeli, ma che fin da subito fu chiamata dal popolo con il nome del Santo dei miracoli, come è tutt’ora in uso.
A livello architettonico interessante è l’arco che permette l’accesso al piazzale antistante l’ingresso principale del convento. Lo stesso è sormontato da una statua di recente fattura che raffigura il Santo di Padova. Tuttavia quella originale seicentesca voluta e commissionata dai frati fu trafugata nella seconda del 1900.
Fondamentale per il culto di Sant’Antonio a Seclì fu frate Francesco da Seclì, uomo dotto e di grande cultura, che oltre a scrivere il famoso testo Viaggio a Gerusalemme, elabora un opuscolo intitolato “Opusculum Francisci a Seclì in laudes S. Antonii Patavini” edito a Trani nel 1637. Stiamo tra il tardo Cinquecento e la prima metà del Seicento e il culto verso il Santo è ben radicato.
Nel 1649 si conclude la realizzazione del ciclo di affreschi del chiostro del convento di Seclì, commissionata molto probabilmente da Antonio D’Amato primo duca del borgo e uomo di grande cultura che volle affrescare anche le stanze del Palazzo. La mano del pittore che lavora nella dimora gentilizia è simile a quella che lavora nel chiostro del convento. Ad essere raccontati, nelle lunette che stabiliscono un percorso regolare e quadrangolare, sono le storie e i miracoli della vita di San Francesco d’Assisi e di quella del suo primo seguace Sant’Antonio di Padova.
Molto probabilmente fu proprio questo il periodo di massimo rilievo a livello devozionale che portò allo spostamento dei festeggiamenti del Santo alla fine di luglio. Una data insolita che coincideva con la fine della raccolta nei campi, soprattutto con la mietitura del grano. Chiesa e convento divennero meta di continui pellegrinaggi che iniziavano con la Tredicina e terminavano con la festa civile di fine luglio. Tale data non era fissa, tant’è vero che da un documento dell’archivio di Stato di Lecce si legge: “Seclì, 19 luglio 1739: festività di S. Antonio. Botte da orbi tra Galatonesi e Seclioti”.
Una testimonianza importante che ci permette non solo di comprendere la storicità di tale festa ma ci dà uno spaccato di quella che era Seclì nel 1739. La presenza di una porta dove avvenne il fatto e il nome utilizzato per la chiesa del convento ovvero: la chiesa di S. Antonio extra moenia di Seclì dove si solennizza la festività del medesimo Santo.
Nella relazione del Sac. don Luigi Piccinno redatta agli inizi del 1900, la festa di Sant’Antonio oltre a quella religiosa del 13 giugno, si celebrava la quarta Domenica di Luglio in pompa magna.
Tali circostanze che hanno dunque una motivazione storico/sociale hanno portato gli abitanti di Seclì ad utilizzare un appellativo quasi curioso nel denominare le due feste, ma che assume un significato storico importante. Sant’Antoni Picciccu la festa liturgica del 13 giugno preceduta dalla tradizionale e sentita Tredicina e la festa di Sant’Antoni Crande che da più di 300 anni scandisce la vita della piccola Seclì alla fine del mese di Luglio.
Una denominazione che allude all’evento religioso ma che è legata alla presenza nel piccolo centro di ben due strutture religiose dedicate al Santo una dentro le mura ovvero S. Antoni Picciccu e una fuori le mura ossia S. Antoni Crande.
L’avvento dell’emigrazione all’estero dei seclioti ha portato poi a stabilire una data fissa che è quella del 29,30,31 luglio. I figli di Seclì ritornavano puntuali per onorare il Santo che tutta la comunità sente proprio come se fosse uno di famiglia.
Un altro dato interessante da sottolineare è la presenza nella Rettoria del Convento della statua in pietra di sant’Antonio di Padova che sostituisce quella settecentesca in legno. Il basamento della stessa riporta la data 1932.
Pochi sanno che è un dono dei reduci della Prima Guerra Mondiale. Un voto che soprattutto le mamme dei seclioti fecero al Santo durante il grande conflitto armato. Dinanzi a queste vicende devozionali si intrecciano tuttavia dinamiche come abbiamo detto storiche importanti.
Facendo un passo indietro risulta fondamentale stabilirci al secolo 1700, quando a Seclì c’era la famiglia Severino. Antonio Maria Severino nella seconda metà dello stesso secolo commissiona a Napoli il reliquiario del Santo e fa incidere oltre al suo nome e al titolo ducale anche lo stemma della famiglia.
Molto probabilmente in questa occasione commissionò la statua settecentesca del Santo che tutt’ora si venera nella chiesa del convento, alla quale fu donata la corona in argento e un giglio sempre in argento andato perduto.
Tali manufatti sono menzionati nell’interessante relazione del 1867 redatta a Nardò dal ricevitore Giovanni Orsi quando chiuso il convento, la chiesa rimase aperta al culto e tutti gli arredi sacri furono affidati alla custodia temporanea del sindaco dell’epoca. Anche la duchessa Severino, non si sa con certezza se Camilla Filomarino, fa dono a S. Antonio della sua personale collana in oro. Gli stessi duchi saranno sepolti nella chiesa del Santo.
Un legame che senz’altro è rimarcato anche dalla presenza a Pisignano, un piccolo centro in provincia di Lecce, di un altare dedicato sempre a S. Antonio di Padova nella chiesa Matrice, con un tumulo riservato alla famiglia Severino, in quanto le figlie di Anna D’Amato sorella del duca di Seclì andranno in spose a Francesco Severino che si stabilisce a Seclì e ad Antonio Severino che si stabilisce a Pisignano.
Anche il 1800 fu segnato da un episodio importante. Fu realizzata, sul finire del 1800 da una famiglia del posto una statua in cartapesta di piccole dimensioni che per voto fatto al Santo doveva peregrinare per le abitazioni di Seclì. Tale statua da più di 100 anni compie un viaggio silenzioso ma importante nelle famiglie del paese.
Sempre nel 1800 i sacerdoti di Seclì fecero dono alla chiesa matrice di un quadro con l’effige del Santo, per maggior gloria del Santo Patavino.
La stessa chiesa, conserva una campana dedicata al Santo in cui si nota in maniera chiara l’effige dello stesso caratterizzata dalla presenza di S. Antonio con in braccio il Bambino, nella mano destra il giglio e il tutto sorretto da una nuvola. Anche la chiesa del convento conserva una campana ottocentesca dedicata a Sant’Antonio di Padova con l’immagine sbalzata del Santo e realizzata da Francesco Olita da Lecce.
Anche la nuova campana realizzata nel 1995 in sostituzione di quella antica è dedicata al Santo con la seguente iscrizione: a devozione del popolo di Seclì.
Anche la nuova parrocchiale ha dedicato una delle sue cinque campane a Sant’Antonio di Padova.
Nella relazione della visita pastorale di Mons. Ursi nel 1955 nella scheda relativa alla Rettoria di S. Antonio come speciali solennità si annovera soltanto la festa di S. Antonio mentre per le Messe feriali si fa cenno a qualcuna in giorni feriali ad onore di S. Antonio.
Un culto dunque ben radicato testimoniato anche dalla presenza di numerosissime edicole votive dedicate al Santo disseminate all’interno del paese così come nelle campagne.
Interessantissimo è l’affresco settecentesco di S. Antonio di Padova, che fiancheggia la Vergine insieme a San Paolo Apostolo che è posto in un’abitazione denominata “la casa del canonico”, in aperta campagna.
Devozione, religiosità, fede, architettura e scultura si intrecciano insieme nel comunicare un messaggio affettivo importante.