di Gianluigi Lazzari
Alla cara memoria del professore Carlo Guido
D(EO) O(PTIMO) M(AXIMO)
IN HONOREM
DEIPARAE VIRGINIS ANNUNTIATAE
A(NNO) D(OMINI) 1685
(“A Dio Ottimo Massimo / In onore della divina Madre di Dio, Vergine Annunziata / Nell’anno del Signore 1685”).
Così recita l’iscrizione sulla cimasa dell’altare maggiore della Cattedrale di Castro, dedicata anch’essa alla Divina Madre (Deipara) di Dio, la θεομήτωρ, la Meter Theou, ovvero la Santa Zzi Mita, la Madonna Santissima Annunziata.
In questo breve contributo, eviteremo di soffermarci sul gruppo scultoreo in cartapesta policromata dell’Annunciazione“, documentato in Cattedrale sin dal 1835, concentrandoci su tre dipinti, due dei quali conservati nella Cattedrale e uno situato in via don Gabriele Ciullo, su un muro esterno dell’abitazione che fu dell’arciprete Gabriele Ciullo, parroco di Castro dal 1880 al 1934.
I due dipinti presenti nella Cattedrale si trovano nella parte centrale e nella cimasa dell’altare maggiore, opera insigne in pietra leccese dello scultore Ambrogio Martinelli da Copertino (1616-1684 circa).

Il primo dipinto, olio su tela, è databile tra il 1680 e il 1685 ed è attribuito a frate Angelo da Copertino, al secolo Giacomo Maria Tumolo (1609-1685 circa). Misura 255 cm in altezza per 200 cm di base. La scena raffigura l’arcangelo Gabriele (a sinistra) nell’atto di annunciare alla Madonna genuflessa su un inginocchiatoio ligneo (a destra). Uno stuolo di angeli arricchisce la composizione, immersa nella cultura barocca, con uno sfondo architettonico che include un balcone con finestra e una colonna. In alto, al centro, l’Eterno Padre con lo scettro in mano e, poco sotto, la colomba dello Spirito Santo. Sulla parte destra, in basso, si trova un vaso di fiori, mentre sul lato opposto compare lo stemma di mons. Francesco Antonio de Marco, vescovo di Castro dal 1666 al 1681, committente dell’opera.
Due dipinti quasi identici, sia nello stile che nell’impostazione iconografica, dello stesso frate Angelo da Copertino, si trovano nella chiesa di San Francesco a Matera e nella chiesa confraternale dell’Immacolata di Spongano.


Il secondo dipinto, anche questo olio su tela, è attribuito al pittore e architetto spagnolo Pedro Machuca (Toledo 1485 – Granada 1550), attivo in Spagna e nel Regno di Napoli nella prima metà del XVI secolo. La tela, databile intorno agli anni Trenta del Cinquecento, potrebbe provenire da una collezione privata di mons. De Marco. Rimasta in Cattedrale alla sua morte (1681), fu inserita successivamente nella parte alta dell’altare maggiore, sotto il vescovado di mons. Giovan Bernardo Capreoli (1683-1712).

Dal punto di vista iconografico, la composizione presenta la Madonna genuflessa su un inginocchiatoio ligneo coperto da un drappo verde scuro con sopra un libro. Al centro della tela si trova la colomba dello Spirito Santo, mentre sul lato destro, leggermente arretrato rispetto alla Vergine, è raffigurato l’arcangelo Gabriele. L’intera scena si sviluppa all’interno di una quinta architettonica caratterizzata da arcate e un balcone. La particolarità di quest’opera risiede nella raffigurazione della Madonna già gravida nel momento dell’Annunciazione, con una colomba dalle forme rotondeggianti.
Entrambe le tele furono restaurate negli anni 1985-1986 dal prof. Carlo Guido e dai suoi collaboratori della Scuola di Restauro di Arezzo.
Il dipinto in Via Don Gabriele Ciullo è a tempera su lastra di pietra leccese (80 cm di altezza per 65 cm di base) ed è attribuito al pittore Alessandro Bortone di Diso (1848-1939), databile verso la fine del XIX secolo.

La scena si svolge in un interno con prospettiva appena accennata, con la Madonna inginocchiata a terra sul lato destro e l’arcangelo Gabriele inginocchiato su una nuvola sul lato sinistro. In alto, al centro, tra un gioco di nuvole e luci, compare la colomba dello Spirito Santo. L’attribuzione dell’opera a Bortone è confermata dalla testimonianza di maestro Antonuccio Lazzari (1911-2003) in un’intervista del marzo 1997, nonché da comparazioni stilistiche con altre opere dello stesso artista.
L’autenticità delle opere di frate Angelo da Copertino e Pedro Machuca è certificata dallo storico dell’arte Giovanni Giangreco, già funzionario della Soprintendenza ai beni artistici, ambientali e architettonici per la Puglia e la Basilicata, oltre che da studi e pubblicazioni in ambito storico-artistico. Analogamente, l’attribuzione dell’opera di Bortone è avvalorata da testimonianze dirette e riscontri stilistici.
L’arte, espressione viva del tempo nella storia umana, manifesta il divino che da sempre accompagna l’umanità. Questi dipinti di Castro, oltre a rappresentare un patrimonio artistico di inestimabile valore, hanno da sempre ispirato preghiera e conforto. Quanti occhi si sono posati su di loro tra lacrime di gioia e di dolore? Quante anime hanno trovato in essi un rifugio spirituale?
Possiamo immaginare che anche il poeta Armando Perotti abbia elevato la sua preghiera a Dio e alla Vergine Annunziata attraverso queste opere, trovando in esse ispirazione per celebrare la sua Castro, la nostra Castro, “ULTIMA TERRA DI POESIA”.
Annotazioni:
Le foto del dipinto di frate Angelo da Copertino è tratta da: Fernando Russo, Otto secoli di storia, la chiesa Maria SS. Annunziata a Castro dall’edificazione al restauro, Firenze, Nardini editore, 2021.
La foto del dipinto di frate Angelo da Copertino nella chiesa di San Francesco a Matera ci è gentilmente stata concessa dall’amico Emanuele Ciullo.
La foto del dipinto della chiesa confraternale di Spongano è tratta da: Filippo Giacomo Cerfeda, Loquar ad cor eius, La chiesa confraternale dell’Immacolata di Spongano e l’omonima Confraternita, Castiglione (Le), Giorgiani editore, 2014.
Le foto dei dipinti di Pedro Machuca e di Alessandro Bortone sono invece di proprietà personale.
Le notizie storiche su Castro sono tratte da: Vittorio Boccadamo, Castro, note storiche, Galatina, Editrice Salentina, 1971.