di Marcello Gaballo e Armando Polito
Molto probabilmente anche il vino, come la penicillina, è frutto di una scoperta casuale, ma questo strano gemellaggio non si ferma qui, perché, insieme con gli effetti benefici legati al loro uso sensato, vanno registrati anche quelli negativi, per non dire nefasti, quali, rispettivamente, l’alcolismo e la resistenza dei batteri. Un alimento siffatto non poteva bon trovare ospitalità in molti proverbi di diffusione nazionale, a partire da Nel vino la verità (traduZione del latino In vino veritas, a sua volta dal greco Ἐν οἴνῳ ἀλήθει α) e continuare con Bacco, tabacco e Venere riducono l’uomo in cenere, Non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca, Nella botte piccola c’è il vino buono ed altri, in cui l’intento moralistico è una costante, come nelle due tavole che seguono.
Vi si legge uno degli Adagia (VII, 10) di Erasmo da Rotterdam (1466 c.-1536):
Plato, temulentiae deditis suadebat ut poti ad apeculum sese contemplarentur, ita fore ut ab eo vitio recederent, conspecta foeditate (Platone consigliava a quelli dediti all’ubriachezza di guardarsi allo specchio dopo aver bevuto, (diceva) che sarebbe sarebbe accaduto che, visto quello schifo, avrebbero abbandonato quel vizio)
SCORTATIO ET VINUM ENERVANT COR HOMINIS (Il libertinaggio e il vino snervano il cuore dell’uomo). Scortatio è da scortum=prostituta. In calce i due esametri Balnea, vina, Venus iuvenilia corpora sternunt./Exemplum tibi praebet in hoc audax Holofernes (I bagni, i vini, l’amore giovanile prostrano i corpi. In questo ti offre un esempio l’audace Oloferne). Qui auax ha una calenza se non sarcastica, almeno ironica perché a quanto si legge nella Bibbia, Oloferne fu decapitato da Giuditta dopo essere stato da lei ubriacato.
Olio e vino sono stati da sempre i prodotti di punta dell’agricoltura e se il primo sta ancora pagando lo scotto ad un batterio contro il quale non è stato ancora scoperto l’antibiotico efficace, il vino ha assunto una salda notorietà ed un indiscusso gradimento internazionale. I proverbi dialettali, non fosse altro che per riconoscenza, non potevano certo trattarlo col registro delle tavole appena viste. La dimostrazione è in questa piccola antologia.
Buon S. Martino a tutti e, se volete unirvi al nostro coro, cliccate sull’icona finale …
1) ALLU MALATU: BROTU TI IADDHINA/E SSCIROPPU TI CANTINA
Al malato: brodo di gallina e sciroppo di cantina (vino
2) BBUENU MIERU1 FINU A FFEZZA,/BBONA FEMMINA FINU A BBICCHEZZA
Buon vino fino alla feccia, donna buona fino a vecchiaia
3) BBUENU MIÈRU SINU A FFEZZA,/BBUENU PANNU SINU A PPEZZA
Buon vino fino alla feccia, buono panno fino a pezza
Ancora una similitudine forse meno galante di altri, ma, in fondo, pure il vino era ed è rimasto (almeno lui …) uno dei prodotti fondamentali della nostra terra.
4) CINCA2 ‘EVE MIERU PRIMA TI LA MINESSCIA,/SALUTA LU MIÈTICU TI LA FINESSCIA
Chiunque beve vino prima della minestra, saluta il medico dalla finestra
5) CI ‘OLE BBÌSCIA LU ‘MBRIACU VERU,/SUSU LU DOCE CU BBIA MIERU
Chi vuole vedere il vero ubriaco, che beva vino sul dolce
6) LA ‘OTTE TAE LU MIERU CA TENE
La botte dà il vino che tiene (contiene)
Vale, fra l’altro, per l’educazione (il fallimento non è imputabile all’allievo ) e per la politica (se un governo fallisce, la colpa è di chi lo ha formato).
7) LA SANITATE TI L’OMU GGH’È3 LA ‘UZZEDDHA4
La salute dell’uomo è la piccola boccia
Il diminutivo (uzzeddha) ridimensiona quello che poteva sembrare un inno all’alcolismo e che, al contrario, è un invito a bere, sia pur moderatamente il vino, le cui proprietà benefiche, se così consumato, sono state confermate scientificamente.
8) LU MIERU SI CHIAMA CARUSU5:/PRIMA SCENDE SOTTA E PPOI SALE SUSU6
Il vino si chiama caruso: prima scende sotto e poi sale su
9) MIERU ‘ÈCCHIU E UÈGGHIU NUEU
Vino vecchio e olio nuovo
10) QUANTI BICCHIERI TI MIERU MI BBEU,/TANTI PINSIERI TI CAPU MI LLEU
Quanti bicchieri di vino mi bevo, tanti pensieri dal capo mi levo.
La cura, però, ha effetti collaterali disastrosi quando i pensieri sono più di uno …
11) PICCA PANE E PPICCA VINU,/PICCA ZZAPPA LU MARTINU
Poco pane e poco vino, Martino zappa poco
12) SANTU MARTINU TI ROMA INÌA/CIRCAVA ‘LLOGGIU E NO ND’ABBÌA./SOBBRA PAGGHIA E SSOTTA SARMENTE,/FAMME PASSARE ‘STA TOGGHIA TI ‘ENTRE
- Martino veniva da Roma, cercava alloggio e non ce n’era. Sopra paglia e sotto sarmenti, fammi passare questa doglia di ventre
Più che un proverbio (a mo’ di quest’ultimo sono risultati più spesso usati i due versi finali) appare come l’esito del progressivo dimagrimento di una historiola abbastanza diffusa, in cui il protagonista (a seconda dei territori, è ora Cristo, ora s. Martino, entrambi plausibili pensando a sarmente, sinonimo metaforico di vino). Nel corso di un viaggio è in una casa ospite, gradito per il marito, meno dalla moglie, che per punizione è colta da mal di pancia. Tuttavia l’ospite la libererà dal malessere per riconoscenza verso il marito. Questa trama si ricava dalla versione più estesa, che è quella di Stigliano (provincia di Matera). La riportiamo da Ernesto De Martino, Sud e magia, Feltrinelli, Milano, 1959: Sante Martine de Roma venia/tutte mpusse ca forte chiuvia/sceve dicenne./Arrivate a na casa nova,/’o marite vulia, a mugghiere non volia./Pesce cutte se mangiai./’Nzott’acqua, sopa sarmente/fa passà stu dolore de ventre. (San Martino veniva da Roma, tutto bagnato perché pioveva forte. Andava dicendo l’Ave Maria. Arrivato a una casa sconosciuta, il marito voleva, la moglie non voleva. Si mangiò pesce cotto. Sotto acqua, sopra sarmenti fa’ passare il mal di ventre)
13) TICE FRIBBARU: “FRATE MARZU, FRATE MARZU, ‘MPRÈSTAME TTRE GGIURNI CA ‘ITI A ‘STA ‘ÈCCHIA CCE LLI FAZZU,/CA CI LI GGIURNI MIA L’ABBÌA TUTTI,/FACÌA QQUAGGHIARE LU MIERU INTRA ‘LLI ‘UTTI”
Dice febbraio: “Fratello marzo, fratello marzo, prestami tre giorni così vedi a questa vecchia che le faccio, che, se i miei giorni l’avessi tutti, farei cagliare il vino nelle botti”
________
1 Dal latino merum=puro, quasi per sottolineare la differenza rispetto ai progenitori che di norma lo annacquavano.
2 Come l’italiano chiunque, dal latino quicumque.
3 Da egli per aferesi e passaggio –gl->-gh– come in ‘ccugghire” rispetto a cogliere.
4 Diminutivo di ozza (grande vaso di creta per conservare il vino), che ha il suo corrispondente italiano boccia, di etimo oscuro.
5 Carusu, che significa ragazzo, è voce siciliana di etimo incerto; il sua uso generico qui è in funzione della rima, probabilmente per la difficoltà a trovare un nome di persona terminante in -usu.
6 Dal latino sursum=in alto.