A Brindisi non ci si va e non ci si ferma, si arriva e si parte

Porto di Brindisi: piroscafo della Valigia delle Indie – 1905

 

Brindisi: città ‘al limite’ e ‘città ‘limes

da meta ideale d’ogni fuga a frontiera verso l’immaginario

 

di Gianfranco Perri

Parecchi anni fa scrissi di Buenos Aires1 e raccontai di quella bella e interessante città sudamericana che in più occasioni ho avuto il piacere di visitare, sia per lavoro che per diletto. Il contesto di quel mio scritto mi portò a tentare un improbabile parallelismo tra Buenos Aires e Brindisi, che feci, in realtà, per segnalare una specifica ed in apparenza incongruente differenza tra le due città, pur entrambe portuali e pur entrambe – in senso geografico – estreme: Brindisi, con il suo porto intagliato presso l’estremità del tacco dello stivale italico propenso a sudest nel Mediterraneo a mo’ di spartiacque tra i due mari Adriatico e Ionio e Buenos Aires, con il suo porto anch’esso situato prossimo ad una estremità geografica, addirittura la punta dell’intero continente americano, propensa a sud a mo’ di spartiacque tra i due oceani Atlantico e Pacifico.

Ebbene, mente Buenos Aires è, in apparente pieno rispetto della logica, un luogo estremo dal quale non si passa, ma al quale si arriva di proposito, per fermarsi – non si va a Buenos Aires per poi proseguire il viaggio, o ci si ferma o si torna indietro – a Brindisi, invece, normalmente e storicamente parlando, non ci si va, non ci si ferma, a Brindisi si arriva e da Brindisi si parte.

Quale sarà, allora, la ragione di tale sostanziale differenza? Ebbene, la spiegazione è semplice e va ricercata nel fatto che, pur essendo geograficamente entrambe città luoghi ‘al limite’, solamente Brindisi è – anche – luogo ‘di limes’, cioè ‘di frontiera’: di separazione ossia tra due entità e, nel caso specifico, nientemeno che tra due mondi, Occidente e Oriente. Ed è proprio a tale singolarità, a tale doppia peculiarità, che Brindisi deve gran parte – nel bene e nel male – della sua plurimillenaria storia nonché della sua indiscussa fama nel mondo: essere una città di frontiera è attributo abbastanza comune, ma essere allo stesso tempo città sita all’estremo di una propaggine geografica, di fatto continentale, è invece attributo decisamente singolare, forse unico.

Molto probabilmente lo aveva ben scoperto anche Ernest Hemingway quando nel suo famoso ‘Addio alle armi’, nel dialogo tra Frederic – il giovane tenente medico volontario americano, protagonista del romanzo – e Gino, ufficiale medico italiano incontrato nelle retrovie del fronte del Carso, tra Gorizia e Caporetto nell’autunno del 1917, fa dire al secondo: «Tu cosa faresti se avessi una frontiera fatta di montagne?» E Frederic risponde: «Una volta gli austriaci venivano sempre bastonati nel Quadrilatero attorno a Verona, li lasciavano scendere in pianura e li bastonavano lì.» E Gino: «Ma i vincitori erano francesi, in casa d’altri è più facile risolvere i problemi militari.» E Frederic: «E già, quando si tratta del tuo paese non lo puoi usare così scientificamente.» E Gino: «Eppure i russi l’hanno fatto, per intrappolare Napoleone.» E Frederic: «Sì, ma quelli avevano un paese veramente enorme, se in Italia tentaste di ritirarvi per intrappolare Napoleone, vi ritrovereste a Brindisi! …» Quindi, come a voler significare “in Italia, il luogo più remoto dove si potrebbe pensar di andare per fuggire da un nemico, è Brindisi: un luogo sito all’estremo geografico ed in più, luogo di frontiera”.

Qualcuno ha finanche avanzato la suggestiva idea che Hemingway in quel suo romanzo scritto nel 1928 abbia prefigurato per Brindisi – città limite e città limes – la meta della fuga del re nel ’43 per da lì, come fecero i russi dalla Siberia con Napoleone, attendere pazientemente la ritirata degli invasori: intrigante l’ipotesi della prefigurazione e, comunque, una citazione certamente premonitrice.

Del resto, già ben prima del ’43, praticamente da sempre nel corso della storia, a Brindisi erano fuggiti – se pur con fughe dalle cause e dagli esiti dissimili – veramente in tanti: a cominciare da Falanto, Spartaco, Cicerone, Pompeo, per solo citare i primi tra quelli divenuti famosi, e via via molti altri. E anche proprio subito prima e subito dopo quel ’43 si registrarono alcune tra le più eclatanti fughe a Brindisi, con tanti arrivi e tante partenze: a cominciare dall’inverno del 1915-1916 con il biblico esodo dell’esercito serbo – con più di 270.000 tra soldati serbi, re Pietro I di Serbia e re Nicola I di Montenegro inclusi, profughi e prigionieri austroungarici – e continuando, nel 1945, con il continuo affluire a Brindisi dei profughi giuliani, fiumani, dalmati, e quindi degli ebrei che venivano dall’Europa orientale e dall’Africa settentrionale. E poi ancora, solo trenta anni fa nel 1991, con l’impressionante arrivo in massa di varie decine di migliaia di Albanesi.

E tra i primi fuggitivi a Brindisi sopra citati, vissuti prima di Cristo, e gli ultimi giunti in fuga a Brindisi, vissuti sul finire del secondo millennio, quanti altri più o meno famosi ce ne furono? Sarebbe certamente troppo lungo e troppo arduo poterli menzionare e pertanto: meglio rinunziare a farlo. Solamente provo ad accennare a quanto accadde a Brindisi, sempre in relazione a fughe arrivi e partenze, nel bel mezzo dei due estremi epocali sopra indicati, già entrato cioè il secondo millennio, nell’epopea delle crociate, fin dalla prima – nel 1100 Goffredo, signore normanno di Brindisi, accoglie i reduci della prima crociata e sposa sua figlia Sibilla al reduce Roberto Courteheuse, duca di Normandia, sfarzosamente dotandola grazie alle ricchezze che aveva accumulate proprio in Brindisi2 – e lo faccio alimentando il mio racconto con parte di quanto richiamato da Rosanna Alaggio in un suo interessante articolo sulle frontiere nell’occidente medievale3.

Risultano numerose, per tutta la durata del fenomeno crociato, le attestazioni di spostamenti che assegnano al porto di Brindisi il ruolo di terminale di scambio per le armate al seguito di alcuni dei più importanti membri dell’aristocrazia d’Oltralpe, oltre che di alcuni sovrani europei di ritorno da Gerusalemme, di dignitari e di alti prelati – forse mai si era verificata un’affluenza numericamente paragonabile a quella che la spedizione federiciana del 1227, la sesta crociata, riuscì a coinvolgere. Per tutti quei tempi, tra la fine dell’XI secolo e il XIV infatti, numerose testimonianze pervenute attribuiscono a Brindisi una importante funzione negli spostamenti degli eserciti cristiani per e dalla Terra Santa, che comportarono un gran numero di transiti, imbarchi e sbarchi, anche di nobili, dignitari e membri delle più importanti dinastie regnanti europee con il loro seguito armato, o comunque di soggetti spesso rappresentanti di istituzioni aventi a diversi livelli rapporti – compresi intricati legami familiari – con la monarchia normanno-sveva, cui Brindisi apparteneva.

L’eco delle loro imprese, diffusa in tutta Europa dai tanti racconti dei protagonisti e dai resoconti di cronisti che molte volte erano loro stessi membri delle spedizioni, contribuì in buona misura a consolidare nella coscienza collettiva della civiltà occidentale la percezione di Brindisi quale avamposto di una frontiera, e non solo in termini meramente geografici. Brindisi inoltre, allo stesso tempo, con il suo porto divenne base strategica fondamentale per tutti i principali potenti ordini monastico cavallereschi, quali giovanniti teutonici e templari: vi svernavano le flotte dei monaci guerrieri e mentre nei cantieri navali si dava corso alle necessarie riparazioni, in città si producevano contatti e incontri tra personaggi di prim’ordine, provenienti da tutta Europa e dal vicino e lontano Oriente.

Rosanna Alaggio riferisce del grandissimo numero di citazioni ricevute dalla città di Brindisi proprio a proposito della sua duplice condizione di ‘città estrema’ e di ‘città limes’: “Brindisi si trova menzionata in diciotto opere, tra romanzi e cronache redatte in antico francese e in altre lingue romanze, e in ben ventiquattro Chanson de Geste.” E anche se i rimandi a Brindisi nella maggioranza dei casi sono citati in relazione a postazioni di transito e d’imbarco per le imprese crociate di protagonisti eroici e temerari, spesso sono utilizzati anche come termine di riferimento per voler esplicitamente esprimere per quella Brindisi “la dimensione di una distanza ai limiti del raggiungibile e del conosciuto”. Un’immagine che non necessariamente derivava da una conoscenza diretta, ma che piuttosto risentiva dell’influenza di proiezioni fantastiche e che per tal motivo in certi casi aggiungeva alla realtà accenti suggestivi di una dimensione addirittura esotica, enfatizzando i parametri che ne mettevano maggiormente in risalto le caratteristiche proprie di una terra di frontiera – la Puglia – elaborata dall’immaginario collettivo come limite estremo di un’intera civiltà: il luogo della separazione che diventava anche momento di coesistenza tra il reale, la consuetudine e l’ideale:

«Nel Galeran de Brertagne l’eroina protagonista è descritta come la più bella che si possa trovare fino a Brindisi, e nel Tournoi Chauvency viene fatta menzione di un uomo come il migliore che possa esistere fino a Brindisi. Nell’Ugo Capeto si cita Brindisi per ben tre volte: non è possibile trovare cavalieri valenti come Beuve de Tarse fino al porto di Brindisi; un figlio di Brabante si vanta dell’opulenza della casa di suo padre che non ha pari in tutta la Francia e neppure a Brindisi; e, infine, lo stesso Hugo Capeto è un cavaliere che non ha pari fino al porto di Brindisi. Nel Le Batard de Bouillon la regina Margalie è la più bella che esiste fino al porto di Brindisi. Nell’Enfances Renier il porto di Brindisi è menzionato come riferimento per esprimere una distanza enorme. Nel Lion de Bourges si fa riferimento all’oro di Brindisi. Nel Garin de Loheren un elmo di notevole fattura proviene da Brindisi. Nell’Elie de Sant Gilles Brindisi è una città pagana. L’Ipodemon è ambientato nella Brindisi medievale. E Brindisi, infine, nel Roman du Chastelain de Coucy et de la dame de Fayel, viene scelta come città in cui si spegne e viene seppellito il Castellano de Coucy, verosimilmente Guy de Ponciaus, morto in Terra Santa al seguito di Riccardo Cuor di Leone: un’ambientazione, quella a Brindisi, privilegiata per la descrizione della morte di un valoroso cavaliere cristiano al ritorno dalla Terra Santa.»3

Riavvicinandosi poi, a poco a poco ai tempi nostri, si scopre che tra fine 800 e inizi 900, proprio mentre si inaugurava il canale di Suez, da Brindisi il visionario professor Sapeto e l’ammiraglio Acton il 12 ottobre 1869 salpavano verso la baia di Assab in Eritrea, muovendo il primo passo dell’avventura coloniale italiana, e poco dopo «…con lo scalo dei grandi piroscafi della Valigia delle Indie, Brindisi ritorna nell’immaginario europeo non più, come era stato nei secoli immediatamente precedenti, quale limes della cristianità innanzi al turco, ma nuovamente quale porta verso l’esotico. Fogg, per compiere il suo Giro del mondo in ottanta giorni è verso Brindisi che deve muovere, come del resto lo fanno anche molti personaggi creati da Agata Christie o da Gide. Sulle banchine del porto per mesi, prima d’essere coattivamente rimpatriato, s’aggirò Rimbaud [in realtà non vi giunse perché in camino da Milano a Brindisi, nel 1875, fu colto da un’insolazione che gli impedì raggiungere la meta]. E qui sarebbe sbarcato Tagore che riconobbe in una appena intravista ragazza di Brindisi il volto giovane dell’Europa. Finanche Emilio Salgari, l’idea del suo oriente immaginario è possibile l’abbia colta a Brindisi, capolinea, con Venezia, dell’unica tratta di mare che si sa da lui percorsa. La storia della città, del resto, può riassumersi in quella delle fortune del suo porto e intendersi nel più generale quadro di riferimento offerto dall’evoluzione dei rapporti fra gli stati rivieraschi del Mediterraneo e dei grandi itinerari saldanti Europa, Africa e Asia.»4

Ed eccomi di ritorno al mio articolo su Buenos Aires; iniziava con queste esatte parole:

«Caro direttore Gianmarco, nel mio andare per il mondo avrò incontrato forse un centinaio, e anzi molte più, di persone che di fronte alla mia affermazione di essere di Brindisi rispondendo alla naturale domanda che tra conoscenti circostanziali ci si scambia sul rispettivo luogo di provenienza, mi hanno replicato con decisione: certo Brindisi, io la conosco, ci son stato per andare in… ‘oriente’ via mare, un bellissimo porto!»1

Naturalmente quel mio “andare per il mio mondo” si riferiva ad anni che ormai son trascorsi da parecchio, quanto meno, naturalmente, ad anni precedenti la data – 2011 – dell’articolo. Anni, comunque, in cui non imperversavano ancora i voli low cost, anni in cui per andare dall’Europa in Oriente, in Grecia, Albania, Turchia, Egitto, India, eccetera, generalmente si ‘prendeva’ una nave e molto spesso la si prendeva proprio da Brindisi.

E adesso? Certo, Brindisi continua ad esistere nella sua posizione geografica di sempre, quindi di ‘città al limite’. Ma continua ad essere città limes? Probabilmente sempre meno, in un mondo che sembra voler tendere, pur tra tanti ostacoli, all’eliminazione delle frontiere, anche se per ancora un po’ ci si dovrà accontentare d’averne solo spostato più in là alcune avendone eliminato alcune altre: Dubrovnik, Durazzo, Vallona, Corfù, Pireo e tanti altri posti per Brindisi non sono più dall’altro lato del limes. Un percorso ancora lungo e accidentato che sull’altra sponda del limes vede tuttora rimaste la Turchia, l’Egitto, l’India, eccetera. In entrambi i casi però, si tratta pur sempre di luoghi, vicini o lontani che siano, che oggi di fatto si raggiungono tutti con l’aereo. E anche se Brindisi ha il suo bell’aeroporto, non è assolutamente la stessa cosa!

Porto di Brindisi: – 1910

 

Dubito fortemente – con un poco di malinconia – che i miei figli, e ancor più i miei nipoti, al comunicare le loro origini brindisine ad un qualche interlocutore incontrato circostanzialmente, si possano sentir rispondere: “Ah! Brindisi, io la conosco, ci son stato per andare a…” Ma, magari e spero, mi sbaglio.

Porto di Brindisi: faro isola Traversa delle Pedagne – costruito nel 1859

 

BIBLIOGRAFIA

  • Perri Gianfranco Brindisi, perla in un pianeta di bellezze – Senzacolonne dell’11 novembre 2011
  • Ordericus Vitalis Historia Ecclesiastica – Patrologia Latina, Parigi 1835
  • Rosanna Alaggio “Finis est Europae contra meridiem” Immagini da una frontiera dell’Occidente medievale – Incontri di studio del Mæs, 2005
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Un commento a A Brindisi non ci si va e non ci si ferma, si arriva e si parte

  1. 1- Perri Gianfranco Brindisi, perla in un pianeta di bellezze – Senzacolonne dell’11 novembre 2011
    2- Ordericus Vitalis Historia Ecclesiastica – Patrologia Latina, Parigi 1835
    3- Rosanna Alaggio “Finis est Europae contra meridiem” Immagini da una frontiera dell’Occidente medievale – Incontri di studio del Mæs, 2005
    4- Giacomo Carito Brindisi e la storia del mare – Pubblidea, 2005

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