Ortelle. Una piccola personale di murales di Antonio Chiarello

Una piccola personale di Murales: Antonio Chiarello adorna il suo borgo di dipinti murali molto interessanti e gradevoli

 

di Giuseppe Corvaglia

Quest’anno, dopo la necessaria astinenza dell’anno trascorso col COVID 19,  come ogni terzo fine settimana di ottobre, a Ortelle si è tenuta la tradizionale Fera de Santu Vitu.

La gente ha partecipato  numerosa (e speriamo che non ci siano conseguenze): il richiamo di una delle feste più amate dell’autunno,  la carne “de porcu paesanu”, “ddilissata con pepe e sale” o arrostita con i suoi effluvi inebrianti, il vino , la birra, le castagne, le noccioline, i fichi siccati, la cupeta, i mustazzoli e tante e tante cose buone, sono state per moltissimi un’attrattiva irresistibile.

Quest’anno, però, a Ortelle, nelle immediate prossimità della fiera, c’era anche un piccolo evento che non è stato pubblicizzato, perché nato spontaneamente e non previsto come tale, che però a un occhio attento non poteva sfuggire.

Andando dalla “Madonna de a Crutta” verso via Provinciale era ed è possibile godersi una piccola personale di murales di Antonio Chiarello.

Da qualche anno Antonio, che è pittore del Salento, pittasanti, come spesso si definisce, che non disdegna lavori di decorazione e di murales,  ha sperimentato questa forma espressiva con buoni risultati e sembra prenderci gusto.

A pochi metri dalla chiesetta ipogea si può ammirare il murales dedicato a Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Francesca Morvillo e agli uomini della scorta caduti con loro. I due magistrati sono rappresentati in atteggiamento confidenziale, come in una famosa fotografia, e il murales evoca quella confidenza che, quasi, si può sentire il loro bisbigliare. Nei pressi l’Amministrazione ha piantato un albero della legalità perché chi muore può generare buoni frutti, se è un buon seme.

Procedendo oltre su via Provinciale si incontrano le altre due pitture murali. Sono poste una davanti all’altra, ma una è visibile a chi va verso il mare e una è visibile a chi torna.

Entrambe hanno il dono della leggerezza, ma sono collegate alla terra, a questa Terra, il Salento.

 

Uno raffigura un aquilone che vola nel cielo e una scritta che dice “la sola cosa che non sopporto degli aquiloni è lo spago che li tiene legati“, un inno alla libertà estrema che rappresenta il volo, ma l’autore della frase, nell’impeto dell’entusiasmo, omette di dire che senza quel filo e quel legame l’aquilone non potrebbe volare. Un po’ come tutti noi che ci stacchiamo dalla nostra casa, dai nostri cari e andiamo nel mondo, liberi, ma legati a un sottile, invisibile filo che ci guida nelle nostre scelte.

È il filo delle nostre radici, dell’imprinting che ci hanno dato i nostri maggiori, dell’amore dei nostri cari che ci lega a questi luoghi.

L’altro è il più recente e anche più complesso dove Antonio esprime tutto l’amore e la simpatia per Francesco d’Assisi.

Nel cielo terso si alza un frondoso albero di fico che rappresenta il rivoluzionario messaggio di Francesco, dal Cantico delle creature, che ci dice che per amare e lodare Dio dobbiamo prenderci cura e amare il mondo. E allora lodiamo il Signore per nostra sorella Terra, per nostra sorella Acqua, per frate Foco e frate Aere, rispettiamoli, prendiamocene cura come cose nostre, care e indispensabili alla nostra sopravvivenza e alla nostra felicità. Il messaggio è impegnativo per chi, alla ricerca della felicità nel consumismo e nei bagordi, rovina questi tesori comuni e non si  cura del loro bene, che poi è il nostro, ma è anche un messaggio leggero perché si serve di parole semplici, antiche, seppure ancora attuali ed efficacissime, per questo degne di essere “scolpite” nella pietra a monito.

E leggerezza esprime il fanciullo vestito di bianco che in bilico sulla pietra imita il volo degli uccelli che si librano nell’aria e ci fanno sentire tutta la sua malinconia (che poi è la nostra), per non poter spiccare il volo: lui gioca a volare, ma i suoi piedi restano a terra, su quella terra fatta di muretti a secco, erba e papaveri, con una lucertola e una gazza che lo guardano perplesse. Una terra, il Salento, che ha partorito un Pittore che dalla semplicità di un piatto muro bianco sa evocare, con un formidabile “tromp-l’oeil”, un mondo fantastico.

 

Ho incontrato Antonio nel suo studio e gli ho chiesto:

La scelta dei muri, a parte quello della tua casa natale, è stata casuale, dettata da una commissione o l’hai fatta tu?

È stata una mia iniziativa, ma direi che alla fine è stata l’una e l’altra cosa. Il primo, quello della casa dei miei, è nato per mia spontanea volontà: i miei figli erano piccoli e volevo fare una cosa gioiosa che riprendesse quella frase,  e gli aquiloni che mi ispiravano. All’epoca, gli anni ’90, di murales  a Ortelle non ce n’erano.

Poi mi sono appassionato ai murales che stanno diventando un fenomeno diffuso e che mi piace proprio come forma espressiva.

In quei muri bianchi ci vedo una risorsa, un’occasione e allora, quasi per gioco, ho proposto al padrone di casa un dipinto dedicato a Falcone e a Paolo Borsellino e lui ha accettato senza enfasi, con naturalezza. Il contesto era adatto; un parco frequentato dalle giovani generazioni che più di ogni altro hanno bisogno di chiedere giustizia, legalità, senso civico.

Mi sono interessato io delle autorizzazioni al Sindaco e all’Ufficio tecnico, del materiale e l’idea l’ho elaborata, come anche per il terzo murales, parlandone con amici e maturandola poi da solo.

La cosa procede così anche ora: ci sono luoghi che mi ispirano e mi appartengono: un muro che vedo tutti i giorni di fronte a casa mia, il muro della mia casa natale e il muro di fronte dove prima c’era un benzinaio e che ora era piatto, anonimo, mi stimolano, allora propongo l’idea al padrone di casa e se viene accolta si procede.

 

Insomma il murales può coprire qualsiasi muro oppure ha bisogno di un contesto suo?

Ecco, questo è il vero nocciolo della questione: è opportuno che l’opera si realizzi in un contesto adeguato, altrimenti il rischio è che ci si faccia prendere la mano e si realizzino cose esteticamente discutibili complicando situazioni che dovrebbero essere fruite con leggerezza, riflessione e serenità.

 

Beh, ma questo succede già nel mondo nel senso che i writer meno noti e meno dotati dipingono dove capita, su muri abbandonati della periferia, su carrozze della metropolitana o dei treni, ma anche su muri di una certa importanza storica e architettonica, senza pensare ad eventuali danni, ma volendo solo comunicare , spesso usando un linguaggio criptico noto solo a loro e ai loro ambienti, mentre i writer di un certo peso scelgono accuratamente i contesti dove realizzare le loro opere…

Infatti in molte città il murales viene realizzato per valorizzare posti abbandonati o deteriorati. Resta il fatto che il contesto deve essere adeguato all’opera.

 

Secondo me c’è una differenza fra tromp-l’oeil e murales: il primo evoca un mondo e te lo fa vedere in una illusione ottica che lo rende reale. Il murales libera la creatività e manda sempre un messaggio. Sei d’accordo? E i tuoi dipinti murali sono più tromp l’oeil o più murales? Oppure sono tutte e due le cose?

Non c’è mai stato da parte mia la ricerca dell’illusione ottica come nel tromp-l’oeil anche perché non avrei i mezzi tecnici per fare quello, ma ho sempre pensato a una forma artistica come il murales che avesse nella sua espressione un messaggio.

 

Il murales di Falcone, Borsellino, Morvillo e degli altri agenti caduti facendo il loro dovere, è una cosa a cui pensavano molti cittadini democratici e anche chi, come me, non sa disegnare, nel vederlo realizzato si emoziona. Quale è stata la genesi di questo dipinto?

Le figure dei due giudici, eroi del nostro tempo, sono state proposte in tanti posti e in tanti modi diversi, quasi fosse una specie di moda, e potrebbe sembrare un messaggio quasi inflazionato, ma ripensando alla storia dei due giudici e vedendo quello che succede in Italia e nel mondo ho pensato che il messaggio evocato da loro è ancora un messaggio forte e importante e una riproposta avrebbe avuto ancora una grande utilità e una grande valenza educativa. Qui c’è un parco che è frequentato da bambini, giovani e mi sembrava bello coinvolgerli visivamente, ricordar loro che due uomini hanno dato la vita per rendere migliore la loro. Il proprietario della casa aveva per queste due figure grande ammirazione e il progetto è andato a buon fine.

 

Il terzo murale parla del tuo rapporto con San Francesco che sembra molto particolare. Ce ne vuoi parlare? È una simpatia per la figura del Santo o ti solletica soprattutto l’attualità del suo discorso ambientalista che pure ha sollecitato il Santo Padre?

Intanto devo dire che nella mia famiglia c’è sempre stato un legame con questo Santo: mio padre si chiamava Francesco, ho chiamato mio figlio Francesco e poi conoscendo la sua vita e le sue gesta, l’ho sentito molto vicino, come un modello da imitare ancora prima che emergesse questo legame solido con l’ecologia che oggi viene molto spesso evidenziato.

Francesco è una figura di uomo e di santo che non è catalogabile in modelli stereotipati o in liturgie, ma esprime l’uomo che sposa il messaggio cristiano con consapevolezza, rigore, serietà, profonda umanità.

L’idea del murales prende origine da un lavoro su tela che si ispirava ai quattro elementi della natura, da quell’idea nasce una elaborazione e un confronto con altri amici che ha portato a quella figura.

Come per tutte le opere si parte da una intuizione che viene elaborata per giungere al risultato finale frutto di pensieri, discussioni, confronti…

 

Qual è l’attualità di San Francesco?

Francesco è sempre attuale perché tutti noi dobbiamo fare i conti con la nostra coscienza, con quello che facciamo, di buono e di non buono. Francesco è un uomo che aveva fatto cose discutibili, poi ha preso coscienza di quello che faceva cambiando radicalmente il suo modo di vivere e il suo modo di operare e anche noi dovremmo fare i conti con quello che siamo e con quello che facciamo.

Questi sono stati i passi che mi  hanno portato a fare una piccola galleria a cielo aperto in questo borgo e per il momento, nonostante non manchino richieste mi sembra un progetto concluso o quantomeno giunto a un termine. La cosa mi è piaciuta e mi piace per cui potrebbe continuare anche in altri luoghi. Vedremo.

 

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