Una nuova classe feudale in Terra d’Otranto (I parte)

di Mirko Belfiore

Nel Vicereame di Napoli, dalla seconda metà del XVI secolo, si assistette allo sviluppo di uno dei più lunghi e proficui rapporti politico-economico che la storia europea ricordi, quello fra la Corona spagnola e la Repubblica di Genova.

Un gruppo di potere, rispondente alla potente oligarchia mercantile ligure, forte di una posizione privilegiata all’interno delle complesse dinamiche finanziarie iberiche, seppe sbaragliare concorrenze molto agguerrite come i banchieri toscani, portoghesi e tedeschi, inserendosi in un mercato vastissimo connesso ai domini dell’Impero spagnolo. Quest’ultimo oltre a concernere vasti territori inseriti nell’Europa occidentale (Spagna, Portogallo, Fiandre, territori tedeschi, Ducato di Milano, Vicereame di Napoli) comprendeva vasti domini siti nel Nuovo Mondo, nonché diversi punti commerciali disposti lungo le coste africane e asiatiche, entità sovranazionale passata alla storia come l’Impero dove non tramontava mai il sole.

mappa massima estensione Impero spagnolo (XVI secolo)

 

Nei primi decenni del XVI secolo, in questo complesso ed eterogeneo organismo, i genovesi si fecero spazio e divennero protagonisti, in prima battuta, tramite la fornitura di galee (navi da carico o da combattimento) e in seguito come i principali referenti di un fitto e redditizio sistema di accordi finanziari denominato asientos. Essi indicavano l’accordo stipulato fra un individuo privato o una compagnia commerciale e la Corona di Spagna, per cui la stessa concedeva nei territori soggetti al proprio governo, tramite il pagamento di diritti stabiliti, lo sfruttamento in situazione di monopolio di determinati settori commerciali.

Ritratto di Andrea Doria (Sebastiano del Piombo, 1526, olio su tavola, 153x107cm, Roma, Galleria Doria Pamphili)

 

Questo straordinario risultato fu agevolato dalla nuova linea politica che l’ammiraglio Andrea Doria, uomo forte della Superba nei primi decenni del Cinquecento, condusse nei confronti dell’alleato-padrone, l’Imperatore Carlo V d’Asburgo. Il patriziato locale riunito nel cosiddetto sistema di Alberghi, consorzio di famiglie nobili legate da vincoli di sangue o da comuni interessi commerciali, delineò un nuovo modello economico, spostando il baricentro finanziario del Vecchio Continente verso la piccola ma influente Genova, inaugurando quel periodo aureo conosciuto come il Sieglos de los Genoveses. Ricapitolando, dunque, la potenza e la ricchezza della Repubblica non fu il risultato di un’azione militare strategica su terra o su mare, ma costituì l’esito di un disegno politico-finanziario complesso di cui l’aristocrazia della Repubblica ne fu la protagonista indiscussa.

Ritratto di Carlo V d’Asburgo a cavallo (Tiziano Vecellio, 1548, olio su tela, 332×279 cm, Madrid, Museo del Prado)

 

Questa condizione favorevole permise ai genovesi di divenire, in pochi decenni, i principali partner finanziari degli imperatori Carlo V e Filippo II, i quali vista la cronica difficoltà nel reperire denaro liquido, dovettero richiedere ripetutamente enormi capitali, i quali venivano corrisposti in tempi brevi ma con tassi d’interesse dalle cifre esorbitanti.

Ritratto di Filippo II d’Asburgo (Tiziano Vecellio, 1550-1551, olio su tela, 193x111cm, Madrid, Museo del Prado)

 

Ma già alla fine del Cinquecento, a questa iniziale fase speculativa molto proficua, si sostituì una seconda, volta a contenere le continue e inesorabili interruzioni di pagamento dichiarate dal governo centrale di Madrid, sorte al manifestarsi in Europa di quei segni di una recessione economica che nei territori della Corona era figlia di un sistema coloniale basato solo sulla sistematica spoliazione delle risorse minerarie provenienti dal Nuovo Mondo e dall’immissione senza controllo di oro e argento.

Parte attiva in questa parabola discendente è sicuramente rappresentato dalla presenza di numerosi focolai di rivolta sparsi nei territori dell’Impero come la guerra contro le Sette Province Unite, i movimenti centrifughi sfociati nelle rivoluzioni del Portogallo, della Catalogna e del Regno di Napoli o la difesa delle rotte mediterranei dagli assalti turchi; tutte campagne militare dispendiose e particolarmente deleterie per le già fragili casse asburgiche. Il punto di svolta si ebbe quando alle ripetute insolvenze ad opera dell’imperatore Filippo II, intercorse durante gli anni 1575, 1596, 1607 e 1627, i banchieri liguri si convinsero a ideare strategie finanziarie alternative; se gli Asburgo non sarebbero stati in grado di far fronte ai debiti contratti, essi avrebbero pagato i numerosi debiti con terre demaniali, uffici, monopoli o donativi. I genovesi, quindi, focalizzarono le loro attenzioni in uno dei mercati fra i più prolifici del Sistema Imperiale Spagnolo, il Regno di Napoli, dove ci fu un vero e proprio radicamento sistematico e ramificato.

Immagine di Genova risalente al XVI secolo

 

Si passava dalle colture tessili e lanifere all’accaparramento di cariche pubbliche, dal commercio di grano e vino alle attività creditizie, per giungere all’ingresso nel debito pubblico di numerose Università mentre un numero considerevole di terre demaniali passò per le mani di famiglie nobiliari genovesi per un valore di quasi due milioni di ducati, comprendenti oltre un migliaio di centri abitati.

In questo contesto variopinto va inserita l’affinità che molte famiglie genovesi ebbero con l’atmosfera di omertà e di corruzione tipicamente meridionale, un elemento di costume e cultura alla quale questi nobili non rifuggirono e che, specificando le dovute eccezioni, fu una caratteristica peculiare di tutto il panorama genovese nel Vicereame.

La resa di Breda, episodio relativa alla guerra contro le Sette Province unite (Diego Velasquez, 1634-35, olio su tela, 307x367cm, Madrid, Museo del Prado)

 

Bibliografia essenziale

A. Musi, Mercanti Genovesi nel Regno di Napoli, Ed. Scientifiche Italiane, Coll. “L’identità di Clio”, Napoli 1996.

G. Galasso, Alla periferia dell’impero. Il Regno di Napoli nel periodo spagnolo (XVI-XVII secolo), UTET, Torino 1994.

A Musi, Mezzogiorno spagnolo. La via napoletana allo stato moderno, Guida editori, Napoli 1991.

R. Villari, Storia moderna, Laterza, Bari 1987.

G. Doria, Conoscenza del mercato e del sistema informativo: il Know-how dei mercanti-finanzieri genovesi tra XV e XVII secolo, in “La Repubblica internazionale del Denaro tra XV e XVII secolo”, a cura di A. De Maddalena e H. Kellenbenz, Il Mulino, Bologna 1986.

R. Colapietra, I genovesi in Puglia nel ‘500 e 600’, in “Archivio Storico Pugliese”, Bari 1982 (XXXV).

E. Grendi, Andrea Doria, uomo del Rinascimento, in “Archivio Storico Ligure”, ns XIX, Firenze 1979.

F. Caracciolo, Il Regno di Napoli nei secoli XVI e XVII – Economia e società, Università degli Studi, Messina 1966.

G. Coniglio, Il Regno di Napoli al tempo di Carlo V, Ed. Scientifiche Italiane, Napoli 1951.

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5 Commenti a Una nuova classe feudale in Terra d’Otranto (I parte)

  1. STORIA E STORIOGRAFIA…

    LA SPAGNA DI CARLO V, IL REGNO DI NAPOLI, E LA “STORIA” DI CONTURSI (SALERNO)

    CONSIDERATO CHE “Nel Vicereame di Napoli, dalla seconda metà del XVI secolo, si assistette allo sviluppo di uno dei più lunghi e proficui rapporti politico-economico che la storia europea ricordi, quello fra la Corona spagnola e la Repubblica di Genova” (Mirko Belfiore, cit. – sopra) e, E VISTO CHE la Fondazione di Otranto ha portato e sta portando avanti un eccezionale lavoro di ricerca proprio sull’epoca d’oro (non solo della Spagna e dei Genovesi ma anche) del Regno di Napoli, forse, non è male ricordare e riportare nello scenario della “grande storia” due piccoli “fatti”, legati allo stesso Carlo V, a Filippo II e al Principe di Eboli, e agli stessi Genovesi:

    A. L’AMICIZIA DELLA “UNIVERSITAS” DI CONTURSI (SALERNO) CON L’IMPERATORE CARLO V:

    “Fù onorata questa Terra dall’imperatore Carlo V, il quale passò per Contursi e l’Auletta, ed in Contursi nobilitò quei cittadini dicendo “nobilitamus omnes cives contursinos” e perciò li cittadini di detta Terra sin’al presente giorno si vanno vantando essere nobili e tengono un certo libro de’ loro privilegi e capitolazioni, volgarmente detto il livro rosso, ove sono tutte le raggioni e decreti fatti nel S. C. [Sacro Consiglio] e R. C. [Regia Camera] à pro dell’Università e vi è in detto libro una cosa curiosa ed è che L’arciprete di Contursi antichissimo haveva non so che teneva col padrone di detta Terra ed il detto se n’andò à ritrovare Carlo V sino à Spagna e detto Imperatore ordinò al padrone di detta Terra, sotto rigorose pene, che non molestasse il detto Arciprete, mà perché detto padrone di Contursi prese à malo tal fatto, perciò ritornò un’altra volta il detto Arciprete à Spagna ed otten’ordine dal detto Imperatore diretto al detto padrone di Conturso che in ogni mese mandasse fede di quale verità della salute che godeva detto Arciprete e ciò à proprie spese dal detto Barone e sin’hora in detto libro se ne conservano le lettere originali” (Cfr. “La Cronista Conzana del Castellani”, a cura di don Franco Celetta, Circolo Culturale Cristiano “Santa croce”, Montella […] : cfr. il Libro rosso dell’Università della Terra di Conturso, A cura di Salvatore Bini, Arci Postiglione 2018, vol. I, pp. 21-22: http://www.lavocedifiore.org/SPIP/article.php3?id_article=5018#forum3158343).

    B. FILIPPO II E IL PRINCIPE DI EBOLI: LA PRESENZA DEI CARMELITANI SCALZI A CONTURSI TERME:

    CARMELITANI SCALZI ED ECUMENISMO:STORIA E MEMORIA. Ritrovato nel salernitano “file” perduto del tardo Rinascimento (http://www.lavocedifiore.org/SPIP/breve.php3?id_breve=659).

    Federico La Sala

  2. Studiando la storia e genealogia della famiglia di mia nonna, i Clavica di Francavilla, ho trovato alcuni spunti che farebbero pensare ad una loro provenienza da Genova. Di sicuro il cognome è presente in quella città, riportato in documenti notarili sin dal 1100, successivamente nel ‘500 la famiglia ebbe un Doge, Pietro Cybo Clavica, sepolto a San Lorenzo. Di sicuro, un ramo da Genova passò in Marsala prendendo il titolo di baroni di Rabici, ma con stemma differente da quello francavillese (torre sormontata da tre stelle e un volatile); ho ipotizzato che un esponente della famiglia si spostasse da Genova in Terra d’Otranto nel XVII secolo forse al seguito degli Imperiali stessi, se non prima. In famiglia la tradizione vuole che i Clavica siano spagnoli, discendenti da un ammiraglio (il Conde Clavijo effettivamente fu ammiraglio della flotta spagnola in Italia, ma siamo nel ‘700) Di sicuro il palazzo Clavica a Francavilla, del secolo XVII, nelle forme riprende in maniera inequivocabile la prua di una nave. Genovesi o Spagnoli? Prima o poi lo scoprirò.

    • Salve Signor Filotico
      mi scuso per la risposta tardiva.
      Il suo spunto è molto interessante e la sua ipotesi non è priva di fondamento.
      E’ certo che i membri della famiglia Imperiale si siano fatti accompagnare da altre famiglie nella nuova avventura pugliese e quindi può essere possibile che i Clavica (o Chiavica) possano essere arrivati così a Francavilla.
      Mi sorge la curiosità sul secondo cognome del Doge PIETRO CYBO CHIAVICA, può essere che sia stato modificato perchè simile a un termine poco edificante in un contesto come il Meridione ?
      Altra questione che potremmo analizzare e verificare insieme,
      i Chiavica o Clavica, può essere che si siano inseriti nell’Albergo della famiglia Imperiale al tempo della Repubblica di Genova ?
      Si spiegherebbero molte cose.
      Mi tenga aggiornato visto che da questi interessanti studi si potremmo scrivere qualcosa a quattro mani e dare lustro alla famiglia di sua madre che a Francavilla è molto conosciuta ma poco studiata.
      le lascio il mio contatto mirko.belfiore@hotmail.it
      Saluti

      • caro Mirko leggo solo ora la tua risposta di mesi or sono !!!, nel frattempo siamo già a discorrere degli Imperiali a Manduria! comunque a proposito dei Clavica, che così sono denominati a Genova in età medievale e rinascimentale (e non Chiavica) probabilmente prendono il nome da un quartiere (la Clavica, o Chiavica) che corrisponde all’attuale via Giustiniani.
        “Via “chiavica” o Clavica (attuale Via dei Giustiniani), secondo l’antico toponimo che indicava la presenza di un rivo poi interrato”
        Il notaio Azone de Clavica fu uno dei più attivi a Genova, autore di tantissimi atti attorno al 1250 circa, facilmente reperibili negli archivi.

        Non ritrovo tuttavia i Clavica in nessuno degli elenchi degli alberghi cinquecenteschi, ma il doge Pietro Giovanni Cybo Clavica anch’esso notaio, è di quel secolo, inoltre i Clavica di Marsala sono di sicura origine genovese.

        Da internet apprendo poi che nell’archivio Pallavicini di Genova vi è traccia di una corrispondenza con Defendino Clavica di Francavilla (1652).

        Inoltre esisterono dei Clavica a Verona sempre in epoca remotissima, ad esempio Boninsegna de Clavica suocero di Federico della Scala.
        Andiamo avanti!

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