
di Matteo Milelli
Il chirografo, datato 30 agosto 1923, è conservato presso l’archivio storico della parrocchia “San Giovanni Battista” di Parabita. Tale documento, caduto nell’oblio, per puro caso è stato rinvenuto nei giorni dell’epidemia del coronavirus, durante dei lavori di inventariazione dell’archivio, in preparazione alla visita pastorale del Vescovo. Trattasi di un segnale da parte del santo di Montpellier per ricordare ai propri devoti che lui protegge la città? O, per i più diffidenti, un richiamo a guardare al passato per affrontare la presente epidemia?
Certo è che nell’ultimo periodo il culto verso san Rocco è andato via via affievolendosi… Non esiste più una processione, né un triduo. Il parroco e pochi fedeli si ritrovano il 16 agosto di ogni anno per fare memoria del santo invocato contro la peste. L’unico momento solenne riservato a questo santo è quello della festa patronale della Madonna della coltura quando, nella rievocazione storica del ritrovamento del monolito, scorta la Regina dei Santi, insieme al compatrono san Sebastiano.
Parabita, 30 agosto 1923
Carissimo don Gaetano[1],
eccovi le poche notizie intorno alla devozione dei parabitani verso san Rocco.
In una triste giornata dell’indimenticabile giugno 1867, quando Parabita al pari di altri Comuni veniva funestata dal colera, mio padre entrava in un pubblico caffè con l’idea di risvegliare nel nostro popolo la devozione verso san Rocco, da cui soltanto sperava un pronto sollievo.
Per terrorizzarli non parlava che delle gesta del morbo, rivolse delle domande per sapersi le notizie ultime di cronaca circa qualche possibile progresso della scienza atto a fermare la violenza della epidemia.
Rispose che l’Igiene non manca mai di suggerire salutari consigli, ma disgraziatamente rimanevano inascoltati per l’ignoranza del popolo, altrimenti non mancherebbe un po’ di sollievo.
D’altronde non c’era da scoraggiarsi, chè un po’ di fede ha compiuto in ogni tempo grandi miracoli.
I nostri antenati riposero ogni loro fiducia in san Rocco, cui si attestano dei Santi benefici delle nostre mura, e la dotarono di rendite in beni rustici che, incamerati, conservano tuttora il nome del Santo. Mio padre si dichiarò prontissimo a risvegliare tra i parabitani l’antica devozione sopita, insieme a qualche buon volenteroso.
Ed ecco già che il proprietario di quel caffè mette un tavolo fuori della bottega, in piazza, esponendo a vista una microscopica e sozza statua di creta, raffigurante il Santo, con accanto un piatto per ricevere l’obolo dai passanti, i quali già comprendono il bel pensiero, e senza esitazione corrono a dar la loro moneta.
Una Messa solenne, in onore del Santo, con la precedenza del triduo viene celebrata, e la Chiesa è gremita di popolo implorante pietà.
Il Santo non è sordo, e per la sua intercessione l’epidemia d’un tratto s’arresta.
In segno di riconoscenza, intanto, fu decretata l’erezione d’una Statua; e, detto fatto, si corre a Lecce, si contratta con l’artista Antonio Maccagnani, il quale sa mettere tutta la migliore attenzione, perché il lavoro ricerca magnificenza.
Il 14 novembre del detto anno 1867, si leva la statua ed è portata a spalla e depositata nella Cappella della Coltura, dove benedetta il dì seguente col concorso del Capitolo e del popolo riconoscente, è portata processionalmente alla Chiesa Parrocchiale. Nella stessa giornata vien deliberata la festa preceduta dal Triduo per il 16 agosto, dal 1868 in poi.
La spesa della statua ammonta a £ 425 =.
La ricca corona d’argento, avuta il 25 marzo del ’68 da un’artista napoletano costa £ 184 =.
La reliquia è un regalo ricevuto da un padre in compenso dei suoi lavori. Essa perviene al sottoscritto per eredità, e sarà sempre disponibile come nel paragrafo per la sua esposizione in Chiesa, in riconoscenza della festa e delle calamità.
Mio padre seguì ad occuparsi della devozione del santo fino alla sua decrepitezza. E fino ad oggi non mancano i buoni volenterosi di seguire il suo esempio, segno questo di grande gratitudine di un popolo per i tanti benefici ricevuti.
Questo è quanto posso dirvi dietro vostra richiesta.
Aggiungo che la Cappella di San Rocco, a memoria di mio padre, trovavasi ov’è oggi la Farmacia Ferrari. Abbandonata e cadente fu demolito in un momento quando l’esigenza della edilizia lo richiesero per una più moderna disposizione demaniale di Parabita.
Gratitudine ai sensi della mia più espressa stima, unita ai più cordiali saluti.
Dino F. Serino
[1] Don Gaetano Fagiani, allora arciprete di Parabita.


Anch’io sono debito di San Rocco. Questo nome è stato portato da diversi uomini della famiglia di mia madre e di lui ho letto anche la biografia. So che la festa è il 16 agosto , avendovi partecipato parecchie volte a Leverano (Lecce).