Spigolature sulla chiesa Madre di Spongano

di Giuseppe Corvaglia

 

La chiesa Madre di Spongano è dedicata a San Giorgio Martire. In origine era costituita da un’unica navata; così fu riedificata nella seconda metà del ‘700, mentre le due navate laterali furono edificate soltanto verso la metà del 1800; l’abside è posta a oriente e la chiesa è orientata sull’asse est-ovest.

Alla fine del ‘700 l’altare maggiore era dedicato all’Immacolata Concezione; venne poi rifatto nella forma attuale e dedicato a San Giorgio nel 1830. Di pregio sono gli stucchi dorati modellati da Vito Tedesco da Monopoli.

 

Sul lato destro della chiesa antica, a navata unica, c’erano tre altari: il primo, all’ingresso, eretto nel 1684, era dedicato a Santa Teresa ed era di patronato della famiglia Scarciglia; il secondo era dedicato a Sant’Antonio, di patronato della famiglia Bacile, ed era adorno di un quadro che raffigurava il Santo con il Bambino Gesù e una statua di pietra che ora è posta di fianco alla porta di ingresso laterale destra; il terzo altare era dedicato alla Madonna del Rosario ed era di patronato della famiglia Morelli.

La navata sinistra fu edificata successivamente, verso la metà del 1800, a spese della famiglia Bacile fino alle volte e fu completata, con le volte e gli altari, con il contributo della popolazione e il fattivo interessamento dell’Arciprete don Pietro Scarciglia.

Gli altari, in origine, erano tre: il primo altare, oggi sostituito dal Battistero, era dedicato alla Madonna Assunta con un quadro che può essere osservato sopra il Battistero stesso e raffigura, ai piedi della Vergine, San Giorgio che sottomette il drago e San Luigi Gonzaga; il secondo altare è dedicato a Santa Vittoria e il suo patronato apparteneva alla Confraternita della Buona Morte; il terzo è l’altare dedicato a San Giuseppe.

Proprio di quest’altare vi voglio parlare. È l’altare della navata più prossimo all’altare maggiore ed è dedicato, come detto, a San Giuseppe o alla Sacra Famiglia.

Fu costruito nel 1843, con il medesimo stile di quello dedicato a Santa Vittoria che è coevo.

Altare di San Giuseppe
Altare di San Giuseppe, dipinto della Narività

 

Il dipinto centrale è posto in mezzo a due colonne con capitelli corinzi, come in un proscenio di teatro, abbellito da elementi floreali e ghirlande, e rappresenta la Natività con l’adorazione dei pastori.

San Giuseppe, quasi defilato rispetto al centro del dipinto, mostra, con candido e genuino stupore, ai pastori e al popolo dei fedeli, il piccolo Gesù, vero centro dell’attenzione, su cui convergono gli sguardi di tutti gli astanti.

Ai lati vi sono due statue in pietra leccese, raffiguranti Sant’Anna e Santa Lucia, di recente fattura. L’ovale sulla mensa raffigura San Lazzaro, in abiti vescovili, ruolo che, dopo la morte di Gesù, può aver ricoperto.

Intorno all’effigie si legge l’epigrafe “LAZARUS FUERAT MORTUUS QUEM SUSCITAVIT JESUS” ([Sono] Lazzaro colui che era morto e fu resuscitato da Gesù Cristo).

Altare di San Giuseppe, San Lazzaro
Lecce, statua di San Lazzaro

 

Il Santo era venerato nel Salento. Qui, durante il periodo che precedeva la Pasqua, piccole compagnie improvvisate di musici e cantanti usavano proporre, in giro per le masserie, in una specie di questua di prodotti della terra, un canto chiamato “Santu Lazzaru” che, partendo dalla resurrezione dell’amico di Gesù, narrava la sua Passione e la sua Resurrezione.

Lazzaro morì giovane e fu resuscitato da Gesù, poi assistette alla sua dolorosa passione e dopo l’Ascensione del Signore, quando i discepoli si dispersero, con le sorelle Marta e Maria, secondo la Legenda aurea di Iacopo da Varagine, approdò a Marsiglia, dove si conservano ancora le sue reliquie. Qui Lazzaro convertì e battezzò molti pagani e resse, quale vescovo, la chiesa di quella città. Morì in età molto avanzata, ricco di meriti e di virtù. Un’altra fonte lo colloca a Cipro, a Cizio (oggi Larnaca), sempre come vescovo. Secondo questa versione le sue reliquie sarebbero state ritrovate a Cipro e portate in Francia dai Crociati.

In alto, nell’altro ovale, collocato sulla sommità dell’altare, è raffigurata la Sacra Famiglia.

Negli ultimi anni, proprio su questo altare, aveva trovato posto una pregevole statua in cartapesta della Sacra Famiglia fatta dall’artista salentino Antonio Papa e fortemente voluta e donata da Don Vittorio Corvaglia.

Sommità dell’altare di San Giuseppe

        

Chiesa del Carmelo a Loano: ai lati S. Teresa e S. Giovanni della Croce

 

Sempre sulla sommità dell’altare ci sono altre due statue che non hanno indicazioni.

Le statue sono rappresentate con abiti talari e un rosario in vita. Quella alla destra dell’osservatore rappresenta una religiosa con un angelo che la ispira, evidenza che si tratta di una donna Dottore della Chiesa, mentre quella alla sinistra rappresenta un religioso con una croce in metallo davanti.

Si può ipotizzare che siano raffigurati San Domenico e Santa Caterina da Siena: il primo, raffigurato con una croce nell’atto di predicare, e la seconda ispirata da un angelo.

Consideriamo però che la Santa senese è già effigiata da una delle statue in pietra, poste ai lati dell’altare di Sant’Antonio, e San Domenico viene in genere rappresentato con un giglio, una fiaccola o un cane.

In realtà sembra più plausibile identificarli con due mistici della famiglia carmelitana: San Giovanni della Croce e Santa Teresa d’Avila che riformarono l’ordine del Carmelo e che spesso si trovano raffigurati insieme, anche a Spongano, nella cappella del Carmine, di patronato della famiglia Ruggeri e ora di proprietà della famiglia Rini.

La devozione verso la Vergine del Carmelo a Spongano era molto sentita. Lo testimoniano la presenza di quadri, una statua processionale fatta modellare da Urbano Corvaglia e poi fatta restaurare negli anni ’50 da Emanuela Falco, edicole votive e altre espressioni della devozione popolare.

 

statua processionale della Madonna del Carmine

                                          

A Lei si rivolgevano preghiere e suffragi per la salvezza delle anime del purgatorio e Lei si invocava per non morire nel peccato in caso di morte improvvisa.

Un’espressione della devozione popolare era una giaculatoria rivolta a Lei per chi era in punto di morte o anche per sé stessi, pensando a quel momento di trapasso.

La Giaculatoria diceva:

“Madonna del Carmine,

mia bella Signora,

assistetemi Voi

nell’ultima mia ora .”

oppure “assistete – e qui si citava il nome dell’agonizzante – nell’ultima sua ora”.

Particolarmente devote alla Vergine del Carmine erano due famiglie patrizie di Spongano: i Ruggeri e gli Scarciglia che hanno annoverato fra i loro congiunti diversi parroci.(1)

Gli Scarciglia avevano patronato sul primo altare della parete di destra, nell’antica chiesa a navata unica, dedicato a Santa Teresa d’Avila e ornato da un quadro, oggi collocato nel cappellone con l’altare del Santissimo Sacramento che fu costruito dall’arciprete Pietro Scarciglia (2), figlio di Gerolamo, con il contributo della madre e del fratello, dottor Fisico Giuseppe, proprio per trasporre il patronato dell’altare di Santa Teresa.

Nel quadro la Santa in estasi viene raffigurata nell’atto di ricevere il velo monastico da San Giuseppe e dalla Madonna.

Santa Teresa riceve il velo dalla Madonna e da San Giuseppe

 

Ritratto di Don Pietro Scarciglia

 

Un altro quadro della stessa famiglia si può ammirare in sacrestia e raffigura la Madonna del Carmine con le anime purganti fra San Giovanni Battista e S. Oronzo.

I Ruggeri dedicarono alla Madonna del Carmine la propria cappella gentilizia che si trova in via Carmine, di fronte al loro palazzo, Ruggeri ora Rini.

particolare di Palazzo Ruggeri

 

Il tempio fu costruito da Francesco Antonio Ruggeri, padre di Giovanni Tommaso che fu Arciprete di Spongano dal 1714 al 1751, e la consacrò nel 1690. Per costruirla, Francesco Antonio aveva comprato, nel 1687, due fondi e la dotò pure di due vigneti e tre orte di vigna, oltre ad altri fondi, che costituivano un legato per 52 messe delle quali una parte doveva essere celebrata con canti, primi e secondi vespri, nei giorni in cui si festeggiava la Madonna.Nelle visite pastorali viene sempre lodata per arredi e paramenti; ancora oggi, dopo i restauri voluti dal Dottor Gaetano Rini e dalla moglie Anna Rizzelli, mostra nella sua bellezza quello stile barocco con cui era stata concepita.

Della Dedicazione alla Madonna del Carmelo è attestazione l’epigrafe posta sulla porta di ingresso (D(EO) O(PTIMO) M(AXIMO)/ DIVAE MARIAE A CARMELO/ D(OMINUS) IO(ANN)ES THOMAS ROGGERIUS DICAVIT/A(NNO). D(OMINI). MDCXC – Traduzione: A Dio Ottimo Massimo/ E alla Madonna del Carmelo/ Don Giovanni Tommaso Ruggeri dedicò (questo tempio) / Nell’Anno del Signore 1690).

Don Bernardo Ruggero

 

Don Scipione Ruggero

 

All’interno si nota la volta a botte in pietra viva e un altare barocco, sfarzoso per stucchi e colori, che accoglie un quadro che raffigura la Madonna con il bambino mentre porge lo scapolare a due santi in ginocchio: San Giovanni della Croce, con una Croce adagiata presso le sue ginocchia, e Santa Teresa d’Avila che reca i simboli della passione di Cristo, fra cui la canna con alla sommità una spugna, infilzata per dissetare il Redentore sulla Croce, e la lancia con cui i romani ne trafissero il costato.

 

Note

(1) Nella famiglia Ruggeri, oltre a Giantommaso, parroco dal 1714 al 1751, ricoprirono il ruolo di Parroco a Spongano anche Scipione e Bernardo (1771-1779), mentre nella famiglia Scarciglia, oltre a Pietro, fu parroco anche Girolamo dal 1679 al 1684.

(2) Il quadro raffigura Don Pietro Scarciglia, parroco di Spongano dal 1826 al 1836. L’epigrafe recita: D(ON) PETRUS SCARCIGLIA ARCHIPRESBYTER SPONGANI, PIETATIS AC RELIGIONIS LAUDE MAXIME ENITENS, OMNIBUS DESIDERATISSIMUS. OBIIT DIE 18 NOVEMBRIS 1836 AETATI- che vuol dire “Don Pietro Scarciglia, arciprete di Spongano che merita la lode più grande per pietà e religione, ricercatissimo da tutti. Morì il 18 novembre 1836 all’età di …” (Il libro aperto cita la lettera di San Paolo agli Ebrei). Don Pietro Scarciglia fu Arciprete per quasi tre decenni, in due periodi, dal 1808 al 1825, quando decise di dimettersi dalla carica per poi riaccettarla nel 1826 fino al 1836, anno della sua morte. Questi furono anni intensi per la progettazione e la costruzione della navata sinistra con gli altari citati. La Famiglia Scarciglia, originaria di Minervino, si stabilì a Spongano nel ‘600 con Pompomio Scarciglia, che fece costruire la cappella di San Teodoro. Il palazzo principale della famiglia è quello che si trova di rimpetto alla chiesa e fu costruito nel 1620 ma anche gli altri palazzi a sinistra sullo stesso lato di via chiesa, sono della famiglia Scarciglia. Su questo palazzo è posta una epigrafe che recita Hic sunt patera frondes.

 

Si ringraziano Antonio Corvaglia e Mirella Corvaglia per le foto che mi hanno fornito e si ringrazia l’Ufficio diocesano per l’arte Sacra e i Beni Culturali per le autorizzazioni alla pubblicazione delle immagini

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3 Commenti a Spigolature sulla chiesa Madre di Spongano

  1. Grazie a Giuseppe Corvaglia per questo importante e pregevole lavoro di ricerca storica e di arricchimento culturale.
    Mirella Corvaglia

  2. Grazie Giuseppe molto interessante per le ricerche che continui a fare Vittoria Rizzo Ginevra

  3. RIPARTIRE DAL “PRESEPE”: GIUSEPPE, MARIA, E IL “CANTICO DEI CANTICI”… *

    === “[…] Particolarmente devote alla Vergine del Carmine erano due famiglie patrizie di Spongano: i Ruggeri e gli Scarciglia che hanno annoverato fra i loro congiunti diversi parroci.
    Gli Scarciglia avevano patronato sul primo altare della parete di destra, nell’antica chiesa a navata unica, dedicato a Santa Teresa d’Avila e ornato da un quadro, oggi collocato nel cappellone con l’altare del Santissimo Sacramento che fu costruito dall’arciprete Pietro Scarciglia, figlio di Gerolamo, con il contributo della madre e del fratello, dottor Fisico Giuseppe, proprio per trasporre il patronato dell’altare di Santa Teresa.

    Nel quadro la Santa in estasi viene raffigurata nell’atto di ricevere il velo monastico da San Giuseppe e dalla Madonna […]” (cfr. Spigolature…: https://www.fondazioneterradotranto.it/2020/01/03/spigolature-sulla-chiesa-madre-di-spongano/).===

    ALLA LUCE del Convegno su “De Domo David e l’edizione di Nardò, dalla Congregazione degli Oblati di San Giuseppe” (cfr. https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/11/12/de-domo-david-e-ledizione-di-nardo-dalla-congregazione-degli-oblati-di-san-giuseppe/) e, mi sia consentito, delle note di commento al post relativo al libro realizzato dalla “Fondazione Terra d’Otranto” (cfr. “De Domo David. 39 autori per i 400 anni della confraternita di San Giuseppe di Nardò”: https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/11/10/de-domo-david-39-autori-per-i-400-anni-della-confraternita-di-san-giuseppe-di-nardo/#comment-257181), le “Spigolature sulla chiesa Madre di Spongano” di Giuseppe Corvaglia (cfr. https://www.fondazioneterradotranto.it/2020/01/03/spigolature-sulla-chiesa-madre-di-spongano/) appaiono essere degne di grande attenzione, non solo perché offrono un ulteriore tassello sulla figura di san Giuseppe e sulla sua tradizionale “sacra famiglia” (collocata all’interno di un orizzonte “cosmoteandrico” da “sacro romano impero”: https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/11/10/de-domo-david-39-autori-per-i-400-anni-della-confraternita-di-san-giuseppe-di-nardo/#comment-262319), ma anche e soprattutto perché sottolineano e fanno emergere con forza il profondo legame di Giuseppe con Maria (e Gesù) con la figura di Teresa D’avila (e dei Carmelitani Scalzi) e, in questa direzione, aprono a un’interpretazione che colloca Giuseppe e Maria, nel solco delle teresiane “Meditazioni sul Cantico dei cantici” e dello Spirito-Colomba che “vola” sui genitori di Gesù come di Teresa (come di ogni bambino come di ogni bambina – naturalmente!).

    *

    Sul tema, in rete, si cfr.:

    La costruzione del ’presepe’ cattolico-romano … e la ’risata’ di Giuseppe!!!
    MEMORIA DI FRANCESCO D’ASSISI. “VA’, RIPARA LA MIA CASA”!(cfr. http://www.lavocedifiore.org/SPIP/article.php3?id_article=1123

    CARMELITANI SCALZI ED ECUMENISMO: STORIA E MEMORIA. Ritrovato nel salernitano “file” perduto del tardo Rinascimento (http://www.lavocedifiore.org/SPIP/breve.php3?id_breve=659).

    GUARIRE LA NOSTRA TERRA: VERITÀ E RICONCILIAZIONE (cfr. http://www.lavocedifiore.org/SPIP/article.php3?id_article=5269).

    L’AMORE NON E’ LO ZIMBELLO DEL TEMPO: “AMORE E’ PIU’ FORTE DI MORTE” (Cantico dei cantici: http://www.lavocedifiore.org/SPIP/article.php3?id_article=385).

    Federico La Sala

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