L’obelisco di Porta Napoli a Lecce (3/5)

di Armando Polito e Marcello Gaballo

DISTRETTO DI TARANTO

Anche per il distretto di Taranto iniziamo con la descrizione del Cepolla: “1) Il Delfino, che indossa Taras, o Nettuno col tridente, e la Nottola col motto Tarentini Achaei1; 2) L’Aquila colle ali aperte, ed avente negli artigli i fulmini, col motto Tarentini Cretenses2; 3) La clava di Ercole, e l’eroe Falanto a cavallo, col motto Tarentini Parthenii, sive Spartiates3“.4

Come già avvenuto per il distretto di Lecce, non c’è nessun riferimento alla prima iscrizione che si incontra partendo dal basso; da notare l’errore dello scalpellino che ha inciso EH per ET.

 

Per le ultime due sezioni di questo distretto si rimanda alle analoghe del distretto di Lecce.

La commistione tra Achei, Cretesi, Parteni o Spartiati si basa sulle seguenti fonti: Strabone (I secolo a. C.-I d. C.; Antioco da lui citato è del V secolo a. C.), op. cit., VI, 3: Περὶ δὲ τῆς κτίσεως Ἀντίοχος λέγων φησὶν ὅτι τοῦ Μεσσηνιακοῦ πολέμου γενηθέντος οἱ μὴ μετασχόντες Λακεδαιμονίων τῆς στρατείας ἐκρίθησαν δοῦλοι καὶ ὠνομάσθησαν Εἵλωτες, ὅσοις δὲ κατὰ τὴν στρατείαν παῖδες ἐγένοντο, Παρθενίας ἐκάλουν καὶ ἀτίμους ἔκριναν· οἱ δ᾽ οὐκ ἀνασχόμενοι  πολλοὶ δ᾽ ἦσαν)  ἐπεβούλευσαν τοῖς τοῦ δήμου. Αἰσθόμενοι δ᾽ ὑπέπεμψάν τινας, οἳ προσποιήσει φιλίας ἔμελλον ἐξαγγέλλειν τὸν τρόπον τῆς ἐπιβουλῆς. Τούτων δ᾽ ἦν καὶ Φάλανθος, ὅσπερ ἐδόκει προστάτης ὑπάρχειν αὐτῶν, οὐκ ἠρέσκετο δ᾽ ἁπλῶς τοῖς περὶ τῆς βουλῆς ὀνομασθεῖσι. Συνέκειτο μὲν δὴ τοῖς Ὑακινθίοις ἐν τῷ Ἀμυκλαίῳ συντελουμένου τοῦ ἀγῶνος, ἡνίκ᾽ ἂν τὴν κυνῆν περίθηται ὁ Φάλανθος, ποιεῖσθαι τὴν ἐπίθεσιν· γνώριμοι δ᾽ ἦσαν ἀπὸ τῆς κόμης οἱ τοῦ δήμου. Ἐξαγγειλάντων δὲ λάθρᾳ τὰ συγκείμενα τῶν περὶ Φάλανθον καὶ τοῦ ἀγῶνος ἐνεστῶτος, προελθὼν ὁ κῆρυξ εἶπε μὴ περιθέσθαι κυνῆν Φάλανθον. Οἱ δ᾽ αἰσθόμενοι ὡς μεμηνύκασι τὴν ἐπιβουλὴν οἱ μὲν διεδίδρασκον, οἱ δὲ ἱκέτευον. Κελεύσαντες δ᾽ αὐτοὺς θαρρεῖν φυλακῇ παρέδοσαν, τὸν δὲ Φάλανθον ἔπεμψαν εἰς θεοῦ περὶ ἀποικίας· ὁ δ᾽ ἔχρησε “Σατύριόν τοι δῶκα Τάραντά τε πίονα δῆμον οἰκῆσαι, καὶ πῆμα Ἰαπύγεσσι γενέσθαι”. Ἧκον οὖν σὺν Φαλάνθῳ οἱ Παρθενίαι, καὶ ἐδέξαντο αὐτοὺς οἵ τε βάρβαροι καὶ οἱ Κρῆτες οἱ προκατασχόντες τὸν τόπον. Τούτους δ᾽ εἶναί φασι τοὺς μετὰ Μίνω πλεύσαντας εἰς Σικελίαν, καὶ μετὰ τὴν ἐκείνου τελευτὴν τὴν ἐν Καμικοῖς παρὰ Κωκάλῳ συμβᾶσαν ἀπάραντας ἐκ Σικελίας κατὰ δὲ τὸν ἀνάπλουν δεῦρο παρωσθέντας, ὧν τινὰς ὕστερον πεζῇ περιελθόντας τὸν Ἀδρίαν μέχρι Μακεδονίας Βοττιαίους προσαγορευθῆναι. Ἰάπυγας δὲ λεχθῆναι πάντας φασὶ μέχρι τῆς Δαυνίας ἀπὸ Ἰάπυγος, ὃν ἐκ Κρήσσης γυναικὸς Δαιδάλῳ γενέσθαι φασὶ καὶ ἡγήσασθαι τῶν Κρητῶν· Τάραντα δ᾽ ὠνόμασαν ἀπὸ ἥρωός τινος τὴν πόλιν [Parlando della fondazione (di Taranto) Antioco dice che, finita la guerra messenica, quelli degli Spartani che non avevano partecipato alla spedizione (divenuti) schiavi) furono pure chiamati iloti, chiamavano parteni i loro figli nati durante la spedizione e li ritenevano indegni. Questi non sopportandolo, erano molti, cospirarono contro i rappresentanti del popolo. Questi essendosene accorti, mandarono alcuni che fingendo amicizia avevano il compito di trarre informazioni sul complotto. Tra questi (i congiurati) c’era anche Falanto che sembrava essere il loro capo, anche se non era gradito generalmente a tutti i (congiurati) nominati. Si era stabilito che nel corso delle feste in onore di Apollo Giacinzio mentre la gara si svolgeva nell’Amicleo quando Falanto si fosse messo in testa il cappello l’attacco sarebbe stato scatenato. I rappresentanti del popolo erano riconoscibili dalla  erano riconoscibili dalla capigliatura. Avendo i compagni di Flanto rivelato involontariamente il piano e celebrandosi i giochi, un araldo fattosi avanti disse che Falanto non doveva mettersi il cappello. Accortisi che la congiura era stata scoperta, alcuni fuggirono, altri si misero a supplicare. (I rappresentanti del popolo) dopo aver ordinato loro di farsi coraggio li misero sotto custodia e inviarono Falanto al tempio del dio (Apollo) perché lo consultasse circa il suo esilio da commutare in fondazione di una colonia.Egli (il dio) rispose: – Ti concedo Satyrion e il ricco paese di Taranto e di diventare la rovina per gli Iapigi -. I Parteni dunque andarono con Falanto e li accolsero i barbari e i Cretesi che avevano occupato il luogo. Dicono che fossero quelli  che avevano navigato con Minosse alla volta della Sicilia e che, dopo la sua morte sopraggiunta a Camico alla corte di Cocalo, salpati dalla Sicilia, durante il ritorno capitarono qui; che alcuni di loro poi, avendo percorso a piedi la costa adriatica finio alla macedonia furono chiamati Bottiei. (Dicono che) furono chiamati tutti Iapigi fino alla Daunia da Iapige, il quale sarebbe nato a Dedalo da una donna cretese e che egli abbia guidato i Cretesi. Chiamarono la città Taranto da un eroe).

Lo stesso Strabone ci tramanda poco dopo nello stesso capitolo dello stesso libro la testimonianza di un altro storico del V secolo a. C., Eforo:   Οἱ δὲ σταλέντες κατελάβοντο τοὺς Ἀχαιοὺς πολεμοῦντας τοῖς βαρβάροις, μετασχόντες δὲ τῶν κινδύνων κτίζουσι τὴν Τάραντα [Essi (i Parteni) dopo essere partiti (da Sparta per fondare una colonia) trovarono gli Achei che combattevano con i barbari e condividendo i pericoli fondano Taranto).

Le fonti successive a queste non dicono nulla di diverso: Giustino (II secolo d. C.) nell’Epitome delle Storie Filippiche (l’originale è andato perduto) di Pompeo Trogo (I secolo a. C.-I secolo d. C.): III, 4, 10-18: Itaque nec salutatis matribus, e quarum adulterio infamiam collegisse videbantur, ad sedes inquirendas proficiscuntur; diumque et per varios casus iactati tandem in Italiam deferuntur et occupata arce Tarentinorum, expugnatis veteribus incolis, sedem ibi constituunt. Sed post annos plurimos dux eorum Phalantus per seditionem in exilium proturbatus Brundisium se contulit, quo expulsi sedibus suis veteres Tarentini concesserant. His moriens persuadet ut ossa sua postremasque reliquias conterant et tacite spargi in foro Tarentinorum curent; hoc enim modo recuperare illos patriam suam posse Apollinem Delphis cecinisse. Illi arbitrantes eum in ultionem sui civium fata prodidisse praeceptis paruere. Sed oraculi diversa sententia fuerat. Perpetuitatem enim urbis, non amissionem hoc facto promiserat. Ita ducis exulis consilio et hostium  ministerio possessio Tarentina Partheniis in aeternum fundata, ob cuius benefici memoriam Phalanto divinos honores decrevere [E così (i Parteni) senza neppure salutare le madri dal cui adulterio sembravano aver assunto l’infamia, partono per cercare (nuove) sedi; sballottati a lungo e da varie peripezie finalmente sono sospinti in Italia e qui pongono le loro sedi dopo aver espugnato la rocca dei Tarentini e cacciato i vecchi abitanti. Ma dopo parecchi anni il loro capo Falanto colpito da una condanna all’esilio nel corso di una rivolta si portò a Brindisi, dove si erano rifugiati i Tarentini espulsi dalle loro sedi. In punto di morte li convince a ridurre in polvere le sue ossa e gli ultimi resti e a curare che siano in silenzio sparsi nella piazza dei Tarentini; (dice che) Apollo a Delfi aveva vaticinato che essi in questo modo potevano recuperare la patria. Essi, pensando che per vendicarsi dei suoi cittadini avesse ad inganno svelato l’oracolo, obbedirono all’ordine. Ma diverso era stato il responso dell’oracolo. Con quel gesto infatti aveva promesso il possesso perpetuo, non la perdita della città. E così, grazie alla saggezza del capo esule e alla disponibilità dei Tarentini fondato in eterno il possesso di Taranto per i Parteni, a ricordo di questo beneficio decretarono a Falanto onori divini).

Servio (IV secolo a. C.), Commentarii in Vergilii Aeneidos libros, III, 551): HERCULEI SI VERA EST FAMA TARENTI  fabula talis est: Lacones et Athenienses diu inter se bella tractarunt et, cum utraque pars adfligeretur, Lacones, quibus iuventus deerat, praeceperunt ut virgines cum quibuscumque concuberent. Factum est ita et cum post sedata bella iuventus incertis parentibus nata et patriae erubesceret et sibi esset obproprio, nam partheniatae dicebantur, accepto duce Phalanto, octavo ab Hercule, profecti sunt, delatique ad breve oppidum Calabriae, quod Taras, Neptuni filius, fabricaverat, id auxerunt et prisco nomine appellaverunt Tarentum (SE È VERA LA FAMA DELL’ERCULEA  TARANTO il mito è questo: I Laconi e gli Ateniesi a lungo furono in guerra e poiché entrambe le parti soffrivano, i Laconi ai quali i giovani erano venuti meno, stabilirono che le vergino giacessero con chiunque. Avvenne così che a guerra finita,  essendo la gioventù nata da padri incerti motivo di vergogna per la patria e di disonore a se stessa, infatti erano chiamati parteniati [alla lettera figli di vergini o, più correttamente, di donne non sposate], accolto come capo Falanto, ottavo discendente di Ercole, partirono e, sospinti verso una piccola città della Calabria, che Taras, figlio di Nettuno, aveva edificato, la ingrandirono e la chiamarono Taranto con l’antico nome).

Per completezza va detto che anche gli Spartani entrarono in contatto con i Tarentini secondo Dionigi di Alicarnasso (I secolo a. C.), Antiquitates Romanae, XIX, 3: Λευκίππῳ τῷ Λακεδαιμονίῳ πυνθανομένῳ ὅπου πεπρωμένον αὐτῷ εἴη κατοικεῖν καὶ τοῖς περὶ αὐτόν, ἔχρησεν ὁ θεὸς πλεῖν μὲν εἰς Ἰταλίαν, γῆν δὲ οἰκίζειν, εἰς ἣν ἂν καταχθέντες ἡμέραν καὶ νύκτα μείνωσι. Καταχθέντος δὲ τοῦ στόλου περὶ Καλλίπολιν ἐπίνειόν τι τῶν Ταραντίνων ἀγασθεὶς τοῦ χωρίου τὴν φύσιν ὁ Λεύκιππος πείθει Ταραντίνους συγχωρῆσαί σφισιν ἡμέραν αὐτόθι καὶ νύκτα ἐναυλίσασθαι.  Ὡς δὲ πλείους ἡμέραι διῆλθον, ἀξιούντων αὐτοὺς ἀπιέναι τῶν Ταραντίνων οὐ προσεῖχεν αὐτοῖς τὸν νοῦν ὁ Λεύκιππος, παρ᾽ ἐκείνων εἰληφέναι λέγων τὴν γῆν καθ᾽ ὁμολογίας εἰς ἡμέραν καὶ νύκτα· ἕως δ᾽ ἂν ᾖ τούτων θάτερον, οὐ μεθήσεσθαι τῆς γῆς. Μαθόντες δὴ παρακεκρουσμένους ἑαυτοὺς οἱ Ταραντῖνοι συγχωροῦσιν αὐτοῖς μένειν (Allo spartano Leucippo, che aveva chiesto dove fosse destinato a lui e ai suoi compagni aver la sede, il dio rispose di navigare verso l’Italia, di abitare una terra in cui una volta sbarcati fossero rimasti un giorno e una notte. Sbarcata la spedizione nei pressi di Gallipoli, uno scalo dei Tarantini, Leucippo, estasiato dalla natura del posto, convince i Tarantini a consentire loro di accamparsi lì un giorno e una notte. Dopo che passarono parecchi giorni e i Tarantini gli chiesero di andar via Leucippo non diede loro retta, dicendo di aver ricevuto  da loro la terra secondo l’accordo per giorno e notte: finché ci fosse stato uno di questi, non avrebbe restituito la terra. I Tarantini, avendo capito di essere stati imbrogliati, permisero loro di restare).

 

Questo lavoro è stato pubblicato integralmente nel periodico della Fondazione  Terra d’Otranto Il delfino e la mezzaluna, anno III, n. 1 (ottobre 2014), pp. 171-189. 

Per la prima parte: https://www.fondazioneterradotranto.it/2017/10/20/lobelisco-porta-napoli-lecce-1-4/

Per la seconda parte: https://www.fondazioneterradotranto.it/2017/10/23/lobelisco-porta-napoli-lecce-24/

Per la quarta parte: https://www.fondazioneterradotranto.it/2017/10/31/lobelisco-porta-napoli-lecce-45/

Per la quinta parte: http://www.fondazioneterradotranto.it/2017/11/04/lobelisco-porta-napoli-lecce-55/

 

 

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1 Tarentini Achaei=I Tarentini Achei. “Sotto il nome di Tarentini Achaei debbono intendersi i primi coloni di questa Città, che furono i Noachidi, ossia i discendenti de’ nipoti di Noè, qual fu Taras, ovvero Tiras figlio di Giapeto. Presso tutt’i popoli primitivi della Grecia venne generalmente consacrato questo nome collettivo di Achaei, che significò nel loro linguaggio Aborigini, o senz’alcun capo, e principio, perciocché eglino si gloriavano di esser solamente indigeni del loro paese. L’emblema quindi, che fu sin dal principio da essi adottato, rappresentò bastantemente la loro origine, non che la fosoca posizione di questa Città da essi prima fondata sotto il nome di Taranto” (L. Cepolla, op. cit., pag. 10).

2 Tarentini Cretenses=I Tarentini Cretesi. “La venuta de’ Cretesi in Taranto nacque dall’aver voluto essi vendicare la morte del loro Re Minos accaduta presso Cocalo Re della Sicilia; e fu perciò, che dopo di aver trucidati gli Achei dominatori di Taranto, i Cretesi vi si stabilirono colle loro genti sino alla venuta della colonia condotta da Falanto Spartano. Ecco perché in una dell’antiche Medaglie di detta Città si osserva l’Aquila colle ali aperte, ed avente negli artigli i fulmini. Questo emblema fu proprio de’ Cretesi, come si è osservato di sopra, perché da loro si adorava Giove, a cui dall’antichità fu consacrata l’Aquila” (L. Cepolla, op. cit., pagg. 10-11).

3 Tarentini Spartiates=I Tarentini Spartiati. “L’ultimo periodo dell’antica storia di questa Città si trova essere stato quello della venuta della colonia di Falanto co’ suoi Parteni, ossia Spartani. Quindi è assai facile di dar la ragione dell’emblema rappresentante l’Eroe Falanto a cavallo, e della clava di Ercole; perciocché gli Eraclidi, da’ quali direttamente procedevano gli Spartani, erano i veri discendenti di Ercole” (L. Cepolla, op. cit., pag. 11).

4 L. Cepolla, op. cit., pag. 4.

 

 

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