Uno stemma dei Del Balzo D’Orange in San Pietro in Bevagna

MINIMA ICONOGRAPHICA

di Nicola Morrone

Come avemmo modo di osservare qualche tempo fa, per ricostruire il contesto storico in cui un dato bene culturale è stato prodotto, si può partire anche da alcuni dati minimi, come gli elementi araldici che, eventualmente, lo contrassegnano.

Nel santuario di San Pietro in Bevagna vi è uno stemma gentilizio, più volte segnalato dagli studiosi, che, se correttamente interpretato, può fornire importanti indicazioni di carattere storico-cronologico circa la dinamica costruttiva della chiesa stessa. L’emblema, collocato sopra l’arco ogivale che qualifica la parete est dell’attuale presbiterio, è stato scoperto nel 1991, in seguito ad una campagna di saggi condotti dalla Soprintendenza ai Monumenti di Taranto, miranti a fare chiarezza sulle fasi storiche del complesso chiesa-torre[1].

Stemma Del Balzo d'Orange nel santuario di San Pietro in Bevagna
Stemma Del Balzo d’Orange nel santuario di San Pietro in Bevagna

 

L’emblema in oggetto, di cui forniamo un’immagine[2], è dipinto a tempera. Esso è sormontato da una corona reale e circondato da un nastro nero, ed è qualificato nella parte superiore dalla presenza di una stella a sedici raggi su campo chiaro e un corno azzurro legato su campo rosso, che si invertono nella parte inferiore[3].

Dello stemma si era già occupato lo storico locale L.Tarentini, che ne aveva dato una descrizione, tra l’altro imprecisa[4]. Un altro storico locale, il Lopiccoli, aveva riprodotto l’emblema nel suo compendio storico su Manduria, fornendone anch’egli una breve descrizione. Da ultimo , F.Musardo Talò ha dedicato allo stemma un’attenta disamina, finalizzata ad una contestualizzazione dello stesso nell’ambito della bimillenaria storia del santuario petrino[5]. La studiosa, sulla base di alcuni confronti , riferisce lo stemma alla famiglia gentilizia degli Orsini Del Balzo, che governò il Principato di Taranto a partire dal sec.XV.

Secondo la studiosa , la presenza dello stemma nella cappella di Bevagna potrebbe giustificarsi sulla base di un intervento di restauro operato per volontà di G.A. Orsini, principe di Taranto (+ 1463), che avrebbe voluto così lasciare un ricordo perenne della sua munificenza nei confronti del santuario petrino.

Tale stemma , operando come una sorta di “marcatore territoriale”, potrebbe inoltre rimandare alla definitiva inclusione del santuario nelle terre del Principato di Taranto. Tale ricostruzione, puntigliosa ed in parte accettabile, si fonda però su un’errata interpretazione dello stemma in oggetto. Infatti,in corrispondenza dell’arco ogivale dell’area presbiteriale della chiesa di San Pietro in Bevagna non è dipinto lo stemma degli Orsini Del Balzo, ma quello dei Del Balzo D’Orange, nobile casata di origine francese, che solo più tardi si imparenterà con quella degli Orsini[6].

Nell’emblema di Bevagna mancano, di fatto, le insegne della famiglia Orsini, cosicchè la cronologia della vicenda va ricostruita in modo differente.

Blasone Orsini del Balzo, tratto da commons.wikimedia.org
Blasone del Balzo Orsini, tratto da commons.wikimedia.org

I Del Balzo d’Orange governarono il Principato di Taranto nella seconda metà del sec.XIV: titolare del grande feudo fu Giacomo Del Balzo, che lo tenne dal 1374 al 1383[7]. Fu Giacomo del Balzo , dunque, e non G. A. Orsini , a voler legare la memoria della sua famiglia a quella del santuario bevagnino. Quest’ultimo, evidentemente, ricadde nei territori del Principato ben prima della metà del sec.XV, epoca della nota controversia tra Taranto ed Oria circa il controllo della piccola fiera (il “paniere”) che si svolgeva da tempo immemorabile nei pressi della piccola cappella, di cui riferisce il Coco[8].

Precisata l’attribuzione dello stemma, restano da chiarire le motivazioni della presenza di quest’ultimo nella cappella di Bevagna. In questo senso , concordiamo sostanzialmente con le ipotesi formulate dalla Talò: lo stemma dei Del Balzo d’Orange dovette fungere da “marcatore territoriale”, ribadendo visivamente che la cappella petrina , oggetto di una devozione secolare, era collocata nei domini del Principato. Verosimilmente, il feudo di Bevagna, pur in capite ai Benedettini d’Aversa , dovette ricadere nei territori del Principato già a partire dal 1381-82, cioè dagli anni in cui Giacomo Del Balzo si impossessò con la forza del Principato, pretendendo dagli abitanti delle terre occupate il giuramento di fedeltà e l’omaggio [9]. Lo stemma principesco fu quindi dipinto al tempo del “restauro” della zona absidale della cappella medievale di Bevagna, corrispondente all’area presbiteriale della chiesa attuale.

L’abside originaria fu parzialmente tompagnata con un arco ogivale (di cultura, cioè, gotica) probabilmente per ragioni statiche. Si distinguono tuttora i differenti profili delle nicchie: a tutto sesto quella primitiva (secc. X-XI), a sesto acuto quella posticcia (sec. XIV).

Partendo dall’ interpretazione di un indizio “minimo”, quale può essere uno stemma, abbiamo voluto ricostruire il contesto storico e politico in cui esso trova la sua ragion d’essere. La vicenda proposta ci pare confermi quanto asserisce lo studioso B. Vetere , il quale magistralmente sostiene che “attraverso la serie di figure e segni di cui si serve l’araldica è possibile leggere parti di un libro che narra, con la storia di famiglie importanti per i ruoli di natura pubblica di cui furono investite, le vicende di ben più ampie realtà che non quelle semplicemente familiari. Nel linguaggio simbolico di quelle figure e di quei segni, accostati nei quarti in cui si divide uno scudo nobiliare, viene fissata la memoria di potenziamenti di natura politica, di ampliamenti territoriali, di nuovi equilibri ed alleanze tramite i meccanismi di strategie matrimoniali rispondenti molto spesso a concreti progetti di natura politica”[10].

 

[1]Cfr. A.Ressa, Torre-Santuario di San Pietro in Bevagna. Problematiche di restauro, in “Quaderni Archeo”, 1 (1996), pp.13-15.

[2] La foto è tratta da V.M.Talò, San Pietro in Bevagna, un bene culturale da salvare (Manduria 2011), p.102.

[3] La descrizione dello stemma è in V.M.Talò, op.cit., p117.

[4] Cfr.L.Tarentini, Manduria Sacra (Manduria 1899), p.36.

[5] Cfr V.Musardo Talò, op.cit., pp.117-120.

[6] Lo stemma dei Del Balzo d’Orange è presente, tra l’altro, in Santa Caterina a Galatina (riferibile a R.Del Balzo, conte di Soleto e Galatina)e in Santa Maria del Casale a Brindisi (riferibile a Giacomo del Balzo). Sul rapporto tra i Del Balzo d’Orange e gli Orsini, cfr. A.Cassiano-B.Vetere, Dal Giglio all’Orso (Galatina 2006), p.XIII. La lapide sepolcrale di Giacomo Del Balzo è ancora collocata nel Duomo di Taranto. L’arme del principe è inquartata con quella della moglie, Agnese D’Angiò Durazzo, che egli sposò nel 1382.

[7] Sul personaggio cfr. G.Antonucci, Giacomo del Balzo principe di Taranto, in “Rinascenza Salentina”, II, (1934),pp.184-188. Cfr.anche S. Fodale, Giacomo del Balzo, in DBI, vol.36 (1988).

[8] Cfr. A.P. Coco, Il santuario di San Pietro in Bevagna (Taranto 1915), pp.122-130.Ci ripromettiamo di approfondire la vicenda della fiera di Bevagna in un prossimo contributo.

[9] Cfr. G.Antonucci, op.cit., p.184.

[10] Cfr. A.Cassiano-B.Vetere, op.cit., pp.IX-X.

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19 Commenti a Uno stemma dei Del Balzo D’Orange in San Pietro in Bevagna

  1. Concordo sul fatto che non si tratti dell’arma dei del Balzo Orsini principi di Taranto, ma di quella innalzata dal ramo del Balzo Orange. L’assenza dello scudetto sul tutto parla chiaro. Chiedo all’autore: esistono testimonianze araldiche del principe di Taranto Giacomo del Balzo recanti il predetto inquartato del Balzo/Orange? Sarebbero utili per fare un raffronto e confermare definitivamente l’attribuzione.

    • Nella chiesa di Santa Caterina a Galatina c’è lo stemma di Raimondo del Balzo, in Santa Maria del Casale a Brindisi c’è quello di Giacomo del Balzo. Essi sono identici allo stemma bevagnino, e questo ci autorizza a formulare le congetture di cui sopra. Ben vengano, naturalmente, ulteriori conferme…

      • Che sia lo stemma dei Del Balzo Orange non ci sono dubbi. Tuttavia, esso non può essere attribuito a Giacomo Del Balzo semplicemente perché egli non apparteneva al ramo dei Del Balzo Orange (a cui fa riferimento l’inquartato con la stella dei Del Balzo e la cornetta dei principi d’Orange), ma a quello di Berre dei duchi d’Andria (Giacomo, infatti, era figlio di Francesco I del Balzo, duca di Andria,) i cui membri portavano lo stemma primitivo dei Del Balzo (la sola stella d’argento in campo rosso), a volte brisato con una bordura spinata. A riprova di ciò si veda l’esemplare presente sulla tomba di Giacomo nella chiesa di San Cataldo a Taranto: un interzato in palo recante, rispettivamente, le armi del principato di Taranto, dei Del Balzo (la sola stella della diramazione dei duchi d’Andria) e del despotato di Romania. Il quarto centrale è quello gentilizio e dimostra che Giacomo non usò lo stemma inquartato, ma solo l’arma primitiva dei Del Balzo. Caso diverso quello di Raimondo del Balzo, conte di Soleto, da lei prima citato. Egli sì che apparteneva al ramo del Balzo d’Orange dei conti di Soleto e, dunque, utilizzò lo stemma inquartato tipico di questa diramazione, come si vede in un esemplare presente nella basilica di Santa Caterina d’Alessandria a Galatina. In conclusione, allo stato attuale delle nostre conoscenze possiamo solo dire che l’esemplare di San Pietro in Bevagna sia genericamente attribuibile ad un importante ma (finora) anonimo personaggio della linea dei Del Balzo Orange. Per quanto riguarda l’esemplare da lei citato visibile nella chiesa di Santa Maria del Casale, dovrei visionarne un’immagine, ma credo che anche lì possano essere dimostrati scientificamente eventuali errori di attribuzione.

  2. Tempo fa iniziai a lavorare ad un saggio sull’araldica delle varie diramazioni dei del Balzo. Spero di poter pubblicare gli esiti di tale ricerca al più presto.

    • Buongiorno, mi farebbe molto piacere se tu potessi mostrarmi quell’argomento perché sono molto interessato a questo, perché, da quello che mia nonna mi diceva, “presumibilmente” discendiamo da quella famiglia (non direttamente)

  3. Fatta salva l’attribuzione dello stemma alla famiglia dei Del Balzo d’Orange , occorre a questo punto stabilire se esso si trova in San Pietro in Bevagna perché funge da “marcatore territoriale”, come io credo, o perché un personaggio anonimo ha voluto finanziare il “restauro ” dell’abside bevagnina.Quest’ultima mi pare un’ipotesi debole, anche in ragione del fatto che il feudo di San Pietro fu a lungo conteso tra Principato e Contea di Oria: il confine tra i due potentati cadeva a pochissima distanza dal santuario, presso il quale si svolgeva una fiera “appetibile” sul piano fiscale.A meno che non si voglia ammettere che l’anonimo personaggio sia Raimondo del Balzo, conte di Soleto, che potrebbe essere intervenuto, per mero sfogo devozionale, nel santuario petrino, noto in tutto il Salento.La ricerca è aperta: ai fini cronologici, comunque, mi pare che l’intervento nel santuario non possa andare oltre la fine del sec.XIV.Nel sec.XV, infatti, saranno i Del Balzo Orsini a tenere il campo.La ringrazio delle sue osservazioni , e la saluto…

    • Io qualche idea ce l’ho ma preferisco fare una ricerca in loco prima di esprimerla.

  4. L’attribuzione dello stemma a Giacomo del Balzo è errata. Ne spiego i motivi sul sito della Fondazione.

  5. Attendo il suo contributo, che spero chiarisca meglio anche i termini cronologici della questione.Posto che nessuno è depositario della verità, mi accontento di aver corretto il tiro su uno stemma interpretato erroneamente, finora , da tutti coloro che se ne sono occupati (Tarentini, Lopiccoli, Talò).Saluti.

  6. In attesa del suo intervento, e senza intenti polemici, la invito ad osservare la scena rappresentata nei pressi dell’arco trionfale (lato sx) della chiesa di Santa Maria del Casale a Brindisi.Secondo G.Curzi, vi sono raffigurati verosimilmente Giacomo Del Balzo e consorte.Lo studioso, molto opportunamente, e con una serrata argomentazione, ritiene che il nobiluomo raffigurato sia Giacomo, poiché alle sue spalle, in segno di protezione, vi è appunto rappresentato il santo omonimo, come era in uso nell’iconografia medievale.A destra dell’uomo vi è un cavallo bardato con le insegne dei Del Balzo d’Orange. E’ vero che nella fascia bassa dell’affresco lo stemma dei Del Balzo d’Orange è inquartato con un altro, non riconoscibile, ma è indubitabile che il cavallo, strettamente collegato al nobiluomo, rechi le insegne della casata di cui trattasi.Evidentemente , Giacomo, titolare del Principato, non era nuovo a gesti munifici nei confronti della chiesa.

    • Ho letto il contributo di Curzi e ho avuto modo di vedere gli stemmi cui lei si riferisce. Purtroppo la qualità delle immagini riprodotte sul volume del Curzi non consente un’attenta disamina degli esemplari in esame. Se, come mi sembra di intravedere, lo stemma sulla gualdrappa riproduce le insegne dei Del Balzo Orange, allora esso non può essere attribuito a Giacomo Del Balzo perchè si tratterebbe di una vera e propria usurpazione araldica, una pratica sconosciuta e inaccettabile nel XIV secolo. E poi, vista l’importanza del personaggio e dei titoli che egli portava, perché mai Giacomo avrebbe dovuto rubare le insegne di un’altra diramazione dei Del Balzo a cui egli non apparteneva? Ricordiamoci sempre che gli emblemi araldici fanno riferimento a precisi status giuridici e sono l’espressione visiva dell’indentità del titolare. Lo stesso Curzi, contraddicendosi (evidentemente non è un araldista), descrive lo stemma di Giacomo Del Balzo visibile sulla sua tomba nel Duomo di Taranto, stemma completamente diverso rispetto a quello di Santa Maria del Casale. Lo studioso, infatti, parla di “uno stemma che coniuga quello dei principi di Taranto con la stella dei Del Balzo e un’aquila”. Si tratta dello stesso stemma da me descritto in precendenza, nei corretti termini araldici, come “un interzato in palo recante, rispettivamente, le armi del principato di Taranto, dei Del Balzo (la sola stella della diramazione dei duchi d’Andria) e del despotato di Romania”. Gliene allego una riproduzione: (https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t34.0-0/p206x206/13187893_10209180484978085_26202838_n.jpg?oh=d9728e9296647226d6883fb41b2004d2&oe=57355A42).

      Concludo affermando che nessun serio araldista si sognerebbe mai di attribuire a Giacomo Del Balzo lo stemma inquartato Del Balzo/Orange.

  7. Quasi affondato.Attendo naturalmente il suo saggio esplicativo, ma come la mettiamo con l’analogia Giacomo del Balzo/San Giacomo, evidenziata da Curzi,che non mi sembra poi tanto peregrina, e che trova perfetto riscontro nella mentalità medievale?Possiamo davvero essere certi che a Brindisi non vi sia raffigurato Giacomo, che fu capitano della stessa città?Al di là di ogni conclusione, comunque, sono lieto che il mio contributo abbia suscitato una discussione.La “verità” è sempre frutto di molteplici apporti.Si abbia ancora i miei saluti.

  8. L’araldista, nel fare la sua operazione di attribuzione, deve ovviamente tenere conto del “contesto” del quale lo stemma è l’espressione visiva. Sotto questo punto di vista, l’araldica esplica al meglio la sua funzione di scienza documentaria della storia. Molto spesso la corretta identificazione degli stemmi può fornire dati utili alla comprensione del contesto e della commitenza dell’opera su cui essi sono riprodotti, un concetto, quest’ultimo, che peraltro ha ribadito anche lei nel suo articolo. Quindi, se quella di Santa Maria del Casale – come mi sembra di dedurre dall’illustrazione presente nel volume del Curzi – fosse davvero l’arma Del Balzo/Orange, allora il suo titolare non potrebbe essere Giacomo Del Balzo per le motivazioni da me precedentemente riportate. Se così fosse, l’ipotesi fatta dal Curzi circa un’analogia San Giacomo/Giacomo Del Balzo sarebbe suggestiva ma prima di qualsiasi fondamento scientifico. Si consideri che non stiamo parlando di una famiglia sconosciuta, ma di una delle più importanti casate del regno di Napoli, suddivisa in varie diramazioni, ognuna delle quali faceva uso di uno stemma diverso e codificato. Lei arriverebbe mai a mettere in discussione la titolarità della sua carta d’identità o del suo suo codice fiscale? Ecco gli stemmi avevavo questa funzione. Lo stemma di Giacomo raffigurato sulla sua tomba nel Duomo di Taranto esprime al meglio l’importanza e la grandezza del personaggio, che era allo stesso tempo principe di Taranto (primo quarto dello scudo interzato) e despota di Romania (terzo quarto). Alla luce di ciò, perché mai egli avrebbe dovuto rubare le insegne araldiche appartenenti ad un altro ramo della sua famiglia?

  9. Per quanto mi riguarda, le ipotesi si restringono a due: o lo stemma bevagnino è riferibile a Giacomo del Balzo, principe di Taranto (1383), oppure a Raimondo Del Balzo, conte di Soleto, ecc.(+ 1375).E’ possibile che il personaggio che volle lasciare memoria di sè nel santuario petrino sia quello rappresentato, con le stesse insegne,nella chiesa di Santa Maria del Casale a Brindisi.Ma non credo che questo “mistero” possa essere risolto facilmente.Mi pare cada,a questo punto, la congettura secondo cui lo stemma fungerebbe da “marcatore territoriale” di un feudo, opzione alla quale avevo dato io stesso credito precedentemente.Sono piuttosto convinto, come ho scritto in un recente post, che lo stemma , riferibile a uno dei due Del Balzo, sia stato apposto semplicemente a testimonianza di chi aveva finanziato l’intervento di restauro , in un santuario noto in tutto il Salento (e meta di pellegrinaggi secolari) che i membri dell’illustre casata non potevano ignorare.

  10. Grazie del conforto , Marcello.Come che sia, mi pare che l’intervento di restauro si possa circoscrivere entro il sec.XIV.

  11. Gentile Tigersuit, mi pare opportuno, come dicevo, correggere il tiro.Credo che lo stemma bevagnino possa essere attribuito a Raimondo Del Balzo, che avrebbe finanziato l’intervento di restauro.A me premeva soprattutto, nel mio contributo, mettere in evidenza il fatto che l’attribuzione all’Orsini Del Balzo era errata, e di conseguenza era errata anche la cronologia proposta.Dopo un serrato confronto di opinioni, dunque,credo si possano tirare le conclusioni.Resta il problema dell’identificazione del personaggio in Santa Maria del Casale a Brindisi, che reca le insegne dei Del Balzo d’Orange, e che rimane tuttora sconosciuto.Ma questa è un’altra storia.

    • Gentile Signor Morrone, l’ipotesi Raimondo Del Balzo è fino a questo momento quella più solida. Ulteriori ricerche potrebbero fornire a questa pista i necessari riscontri di carattere storico e chiudere defitivamente la questione. Un esemplare del suo stemma, recante l’inquartato Del Balzo/Orange, è visibile nella Basilica di Santa Caterina d’Alessandria (http://galatina2000.it/images/stories/notizie/orsini-2.jpg). Va osservato, poi, che la biografia del personaggio ben si addice alla committenza di un intevento di restauro come da lei ipotizzato sopra

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