Li mort…ars uèsci! (I mort…ai vostri!)

di Armando Polito

L’anglofilia da tempo in atto ha assunto negli ultimi tempi dimensioni ipertrofiche anche tenendo conto della naturale evoluzione di qualsiasi lingua, oggi esponenzialmente accelerata dalla globalizzazione. Gli effetti devastanti per il nostro idioma non si riducono, però, solo all’aspetto formale, incidono profondamente, purtroppo, sul nostro patrimonio culturale esponendolo al ludibrio del ridicolo (e fosse solo per la pronuncia … casereccia). C’è da meravigliarsi, perciò, se il luogo che teoricamente dovrebbe fedelmente rappresentarci , il parlamento (l’iniziale maiuscola la trovo incongruente …), lo fa in modo impeccabile? Che senso ha, allora, di fronte al profluvio di singole parole o locuzioni inglesi che le nostre orecchie sono costrette giornalmente ad ascoltare, uscirsene nell’espressione che in neretino suonerebbe ancora  parla comu t’ha ffattu màmmata! (parla come ti ha fatto tua madre!). Suonerebbe, perché il lessico delle madri, e non solo loro, moderne (esperte di fashion, beauty cases e simili1)  è costituito prevalentemente da parole inglesi in cui annegano, bene che vada, isolate parole italiane di cui, fra l’altro, ignorano per lo più l’esatto significato. E tutte mi scambierebbero per un vile truffatore se solo mi azzardassi ad accennare all’origine latina delle voci articolate dal loro grazioso e raffinato apparato fonatorio. Per non essere accusato di bieco maschilismo: ho messo in campo solo le madri perché loro erano le protagoniste del proverbio in tempi in cui anche l’educazione al linguaggio (eccetto la sua sezione scurrile …) era compito quasi esclusivamente loro; oggi i padri, per quanto riguarda il fenomeno in esame, sono come le madri, scurrilità non esclusa.

Non potendo più, dunque, stigmatizzare il fenomeno con un proverbio ormai obsoleto, l’ho fatto nel titolo con un gioco di parole in cui la voce inglese mortar assume la funzione di un eufemismo in sostituzione della ben nota parola romanesca. – Bella coerenza ! – dirà qualcuno – Hai fatto rientrare dalla finestra l’inglese che prima volevi cacciare dalla porta -.  Mi difenderò dicendo che pure mortar (alla lettera mortaio, ma in senso traslato malta, intonaco) è dal latino mortarium=mortaio (ma anche droga preparata col mortaio) e che la voce inglese (attestata dalla fine del XIII secolo) molto probabilmente è meno antica del neretino murtieri (usato solo nella locuzione fare a murtieri=ridurre ad impasto), che è dal francese mortier attestato dalla metà del XII secolo. E uèsci è solo un aggettivo possessivo di seconda persona plurale (parente stretto del tu generico); perciò non è riferito a nessuno dei miei affezionati, per quanto pochi, lettori, dai quali mi congedo con questa esilarante intervista che, tenendo conto delle imitazioni di Crozza, potrebbe a buon diritto far parte della serie Quando la realtà supera la fantasia o, meglio, Quando l’imbecillità, accoppiata all’ignoranza, supera la genialità della satira …

io trovo inquietante che ancora non sia stato nominato, magari solo ad honorem, membro dell’Accademia della crusca (in testa); anzi, visto che non si tratta di forfora, dell’Accademia della crusca (nella testa); e così ho pure dimostrato quanto un semplice articolo determinativo può essere enormemente più determinante di qualsiasi articolo (di legge) scritto da questa torma di cialtroni che da troppo tempo ci governa.

Vuoi vedere che il paladino della nostra lingua prima o poi, esperto com’è del salto della quaglia,  proporrà il brevetto del neonato significato metaforico di canguro e costringerà, lui sì, pure gli inglesi ad adottare la nostra parola? Anche perché (è proprio il caso di dire …) con kangaroo pronunziato da lui lascio immaginare cosa verrebbe fuori …

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1 Per chi, come quelle madri, non lo sapesse: fashion è dal latino factione(m)=modo d’agire, associazione, partito, congiura, frode, inganno (dai due ultimi significati negativi, insomma, nasce, anche se per qualcuno può essere duro ammetterlo,  il concetto di moda, parola  con cui potrebbe essere resa in italiano la voce inglese);  beauty è dal provenzale beltat, a sua volta da un latino *bellita(tem), dal classico bellus=grazioso; case è dal latino capsa=cassetta, a sua volta da càpere=prendere, contenere.

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