L’Epifania e l’”ufanetà”

di Armando Polito

Se la prima voce non ha bisogno di alcun commento (anche perché la sua etimologia è chiarissima ed universalmente accettata), è la seconda che richiede qualche delucidazione. Intanto ufanetà1 è parola salentina e, più precisamente, brindisina e significa vanagloria. Essa è derivata da ufane2=vanitoso, a sua volta dallo spagnolo ufano=orgoglioso, presuntuoso, borioso; la parola spagnola, infine, è di origine incerta, forse dal catalano ufana e questo dal gotico ufiò=abbondanza, eccesso3. Le immagini, quelle connesse col tema, che seguono sono stampe custodite nella Biblioteca Nazionale di Francia, dal cui sito, come spesso è avvenuto in altre occasioni, le ho tratte.

Questa prima è un’incisione di Jacques Callot (1592-1635) ed è una rappresentazione canonica della visita dei re Magi a Gesù Bambino. Sull’incisore francese mi piace aprire una parentesi per ricordare in questa circostanza l’opera più famosa, Les Misères et les Malheurs de la guerre (Le miserie e i mali della guerra), una serie di diciotto tavole. Ecco la prima (come le successive è tratta da http://commons.wikimedia.org/w/index.php?search=Les+mis%C3%A8res+et+les+malheurs+de+la+guerre+&title=Special%3ASearch&go=Go&uselang=it), quella contenente il titolo.

Le successive sedici rappresentano le violenze perpetrate dalla soldataglia ai danni delle popolazioni civili (siccome odio la violenza ne riproduco solo una).

Nell’ultima, in un tragico ma eloquentissimo contrasto, è rappresentata la distribuzione delle ricompense ai generali e ai nobili.

Chiudo qui la parentesi su Jacques Callot e riprendo l’argomento principale con la seconda tavola con esso connessa.

L’incisione, questa volta, è di Nicolas De Poilly (1627-1696). Nel dettaglio che segue il titolo.

La Royalle et précieuse naissance de Monseigneur le/Daufin présentée pour Estrene à la France par leurs Majestez/Comme l’unique sujet de leur Joye, et de leur Esperance,/ou sont aussy représenté les homage des Province (La reale e preziosa nascita del Signor Delfino presentata per strenna alla Francia dalle loro maestà come l’unico motivo della loro gioia e della loro speranza, in cui sono rappresentati anche gli omaggi delle provincie).

Per celebrare se stesso il potere non perde l’opportunità di mescolare il sacro con il profano e, anticipando di secoli gli almanacchi pubblicitari, sfodera il suo per il 1662 (vedi il dettaglio che segue), destinato probabilmente a impreziosire le collezioni dei ceti più abbienti o più titolati ma, nonostante questo, a non perdere il suo potere di suggestione, anzi, di rincoglionimento delle masse (funzione oggi assolta da quasi tutte le tv e da quasi tutti i giornali).

Credo che il lettore condividerà questa mia riflessione avendo riconosciuto in questa tavola la trasposizione identitaria e, di conseguenza, onomastica dei personaggi della prima come di qualsiasi altra rappresentante l’Epifania. Capirà meglio i motivi della parentesi che mi è sembrato doveroso dedicare al Callot e converrà che non sarebbe stata audacia la mia intitolare, con l’uso di un neologismo, questo post Epifania e epofania

______________

1 Ofanità  in siciliano e in napoletano, ufanarìe in abruzzese.

2 Ofanu in siciliano, ofano in napoletano, ufanu in calabrese, ufane in abruzzese.

3 Nel Vocabolario degli Accademici Filopatridi, Porcelli, Napoli, 1789 si propone, dubitativamente, la derivazione dello spagnolo ofano dal latino vanus.

 

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5 Commenti a L’Epifania e l’”ufanetà”

  1. Buonasera Prof Polito, articolo interessante specie pe nui Noulari ca ne ngiurane Ufani puru subbra Wikipedia, una mia domanda oltre a tutti i significati segnalati da lei sulla parola Ufane può starci pure Patriottico?
    I migliori saluti
    E. Teifreto Novolese

    • La ringrazio per l’aggiunta di questa simpatica nota di colore sugli abitanti di Novoli che, per dirla tutta, hanno nel tempo accumulato,oltre a quello da lei ricordato, altri nomignoli: da “facce te quatari” a “trapulini”, da nasi chiusi” a “pupi te Nòule”. Proprio quest’ultimo è la variante più sferzante e pittoresca di “ufani”. Io capisco che lo spirito campanilistico induca in qualche modo ad addolcire la pillola, ma non credo proprio che ”ufanità” possa arrivare a diventare sinonimo di “patriottismo”, anche se proprio la tavola relativa alla nascita del Delfino voleva, secondo me, darla a bere in questo senso.

      • Buonasera Professore grazie per tenerci sempre correttamente informati, è possibile che ci siano tutti questi nomignoli sui paesani Novolesi che molti come me non conoscevano?
        Cerco di dare dei significati:
        Quatari= la faccia scura ricordo si parlava di carbonai a Novoli
        Trapulin = come è noto i Novolesi erano abili commercianti
        Nasi chiusi= sicuramente e disprezzativo proprio per la loro dialettica nel convincere ad acquistare la dote per gli sposi.
        Pupi te Noule = Il popolo dei pupi di Novoli brulica nel presepe
        Ma lei può sicuramente dare altri significati a questi nomignoli e perché poi tutti a Novoli?
        Non ho capito bene la tavola relativa alla nascita del Delfino.
        E vero nei sinonimi patriottismo e orgoglio non esiste ufaneria.
        un cortese saluto
        Ersilio Teifreto Noularu

        • Premetto che raramente, come succede per le persone, dei nomignoli restano testimonianze che non siano orali e che, perciò, essi si conservano solo se qualcuno prima o poi li registra in un qualunque scritto, sia esso un saggio o un’opera letteraria. Sotto questo punto di vista preziosa è una pubblicazione dal titolo Babbarabbà, agenda allegata al Quotidiano, uscita una prima volta nel dicembre 1990 e una seconda nel novembre 1991 (quest’ultima edizione è stata ripubblicata nel dicembre 1996). A tal proposito le segnalo https://www.fondazioneterradotranto.it/2013/05/02/quando-unagenda-vale-come-e-piu-di-un-libro/.

          Nella mia precedente risposta ho riportato i nomignoli dei Novolesi a memoria; ora, invece, riproduco integralmente dalla fonte appena citata:
          “A Campi Salentina, secondo le più antiche testimonianze, dicevano dei vicini “Noulari, facce te quatari” (Novolesi dalla faccia tinta con il nero del fondo della pentola) come dire scuri di viso. Ciò poteva essere oggettivamente vero tenuto conto delle origini medioorientali dei primi Salentini e della presenza a Novoli di schiavi neri catturati dai predatori cristiani. E poi, Sant’Antonio Abate, patrono del paese, non veniva dall’Egitto e non aveva forse la pelle scura? Ma ai Novolesi quell’epiteto non andava giù, e per tutta risposta dicevano dei Campiensi “camauri te Campie (neri più del nero).
          Stando sempre ad antiche testimonianze, i Novolesi sono chiamati dagli abitanti di Trepuzzi “Noulini trapulini” (Novolesi imbroglioni). Si riferivano all’intraprendenza dei Novolesi la cui economia è stata sempre caratterizzata dal commercio del vino e dell’olio in un primo momento, e più recentemente da quello dei tessuti (famosi sono infatti “li marcanti te Nóule” (i mercanti di Novoli). In passato, si sa, il commercio non aveva una nomea del tutto positiva, il commerciante era sempre un po’ lesto di mano oltre che di parola, ecco spiegato allora quel “trapulini”. Il nomignolo (in dialetto “ngiúru”, ingiuria), tuttavia, se pure rispecchiava un luogo comune, non era ovviamente ben accetto; da qui la reazione immediata dei Novolesi: “Fessianti te Tripuzze” (Fessi di Trepuzzi).
          Anche gli abitanti di Carmiano avevano da dire la loro su quelli di Novoli, così li chiamavano “nasi uddhati” (nasi chiusi) per via della parlata nasale. Ma anche in questo caso, pronta la replica: “Carmignoti senz’iddhìcu” (Carmianesi senza ombelico). I Novolesi, si è detto, avevano un atteggiamento di distacco nei riguardi degli abitanti dei paesi vicini. La cosa non andava giù e, d’altro canto quel loro essere “ufàni “ (vanitosi), sempre lustri e azzimati, non suscitava certo le simpatie. Ecco allora l’epiteto sferzante: “Pupi te Nóule”, come dire belli, perfetti, ma somiglianti ai pupi del presepe.”.

          Per quanto riguarda la tavola non mi sono lasciato sfuggire l’occasione di mostrare le miserie del potere (questa volta è toccato a quello politico) che mescola il sacro (nel quale, non so se sinceramente o per convenienza, crede) con il profano, per cui la rappresentazione della nascita dell’erede al trono di Francia ricalca l’adorazione dei Magi. Il delfino corrisponde a Gesù Bambino, il re a san Giuseppe, la regina alla Madonna, i cortigiani ossequianti ai Magi. Manca solo il popolo, che ben sarebbe stato rappresentato dal bue e dall’asinello (chiedo scusa a questi cosiddetti animali) … ma, se Cristo in povere fasce poteva sopportare la loro puzza (e non solo), poteva farlo un re vestito (lo dico a costo di essere tacciato di ignoranza totale della storia della moda) da buffone? …

          Quanto all’auspicata “intromissione” debbo amaramente constatare che, a parte isolate eccezioni, sono apparsi fino ad ora più partecipi gli “stranieri”, gli ”immigrati” (per così dire salentini d’adozione) o gli “emigrati” come lei.

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