Donato Maria Capece Zurlo di Copertino, poeta e … agente del fisco.

di Armando Polito

L’immagine stereotipa del poeta, anche moderno, è quella di un uomo che, pur senza essere un astronauta, ha sempre la testa nelle nuvole, come se la più nota figura retorica, cioè la metafora, non avesse come punto di partenza la realtà diventandone, forse, una delle sue più profonde interpretazioni possibili e come se pure il poeta per poter esser tale non avesse bisogno di avere la pancia, se non piena, almeno non completamente vuota … I puntini di sospensione del titolo tradiscono l’omaggio momentaneo, pure da parte mia, a questa consolidata opinione per cui sarebbe difficile immaginarsi un macellaio-poeta e tanto meno, come nel nostro caso, un agente del fisco-poeta, prigionieri del pregiudizio che ci fa pensare, chissà perché, che un macellaio e un agente delle tasse siano persone poco sensibili e, per giunta incapaci, di dare, a quel poco, espressione efficace. Se applicassimo coerentemente questo principio, non dovremmo riconoscere a priori nemmeno a Virgilio il titolo di poeta, essendo egli stato, in fondo, uno dei leccaculo di Augusto; tanto meno dovremmo farlo con una miriade di autori di ogni epoca, la cui produzione abbia un intento celebrativo che vada al di là dell’immancabile dedica iniziale, quella che in passato coinvolgeva re, principi, papi e cardinali e che oggi rivive nella citazione, pur sinteticamente espressa, dello sponsor privato e delle istituzioni pubbliche patrocinanti. E poi, nel caso del nostro letterato di Copertino, se non ci fosse stato un documento galeotto (ancor più galeotto chi lo scrisse …), mi sarei pure risparmiato questa introduzione e sarei passato direttamente a parlarne, come faccio ora. Di Donato Maria Capece Zurlo non conosco dati biografici se non quelli che ho desunto in ordine sparso da testimonianze indirette a lui contemporanee, ragionevolmente attendibili. Per evitarmi il fastidio della trascrizione le riporterò in formato immagine con le indicazioni bibliografiche e il link relativo, dove il lettore interessato potrà trovare l’intera opera.

1) Comentari del canonico Giovanni Mario Crescimbeni custode d’Arcadia, intorno alla sua Istoria della volgar poesia, Basegio, Venezia, 1730, v. III, p. 263 (http://books.google.it/books?id=rkwTAAAAQAAJ&pg=PA263&lpg=PA263&dq=donato+maria+capece+zurlo&source=bl&ots=iXhu0KnVpD&sig=bm2eKXphb2s5SdoY4gaCU5C-v-Y&hl=it&sa=X&ei=c35HVMjtOozXPJDAgPAJ&ved=0CD4Q6AEwCDgK#v=onepage&q=donato%20maria%20capece%20zurlo&f=false) La scheda ci informa che il nostro fece parte di una delle colonie (così erano chiamate le sedi staccate), la Sebezia (di cui si dirà dopo)  dell’accademia dell’Arcadia, col nome di Alnate Driodio. Riporto ora un passo da Vita degli Arcadi illustri, De’ Rossi, Roma, 1708, v. I, pp. 47-48, dal quale risulterebbe la parentela con gli Zurlo di Napoli; l’egli del primo rigo è Francesco d’Andrea, altro arcade. (http://books.google.it/books?id=3YjxFKAkKx4C&pg=PA48&lpg=PA48&dq=donato+maria+capece+zurlo&source=bl&ots=GnmvGhWRns&sig=2TmxOBncSXcvoZgm4dvqPYx9Y0k&hl=it&sa=X&ei=c35HVMjtOozXPJDAgPAJ&ved=0CCAQ6AEwADgK#v=onepage&q=donato%20maria%20capece%20zurlo&f=false) Ecco ora il frontespizio della raccolta di Lucca stampata l’anno 1709. So che la quantità non è sinonimo di qualità; tuttavia non sarà stato un caso che il nostro è presente nella raccolta con 28 sonetti, numero che non sfigura rispetto a quello esibito dagli altri poeti della silloge, indicato tra parentesi tonde dopo il rispettivo nome nell’elenco che segue. Agostino Spinola genovese (6), Alessandro Guidi pavese (32), Alessandro Marchetti pistoiese (24), Angelo paolino Balestrieri lucchese (10), Angelo Antonio Somai di Rocca Antica (8), P. Antonio Tommasi lucchese (32), Antonio Gatti pavese (11), Antonio Zampieri imolese (8), Basilio Giannelli napoletano 21), Biagio Maioli De Avitabile napoletano (13), Domenico Moscheni lucchese (12), Donato Maria Capece Zurlo leccese (28), Eustachio Manfredi bolognese (6), Ferdinando Passarini di Spello (4), Francesco Passarini di Spello (7), Francesco Maria Baciocchi veronese (32), Gaetana Passarini di Spello (9), P. Giovanni Battista Cotta Tendasco agostiniano della congregazione di Genova (21), Giovanni Battista Riccheri genovese (27), Giovanni Bartolomeo Casaregi genovese (12), Giovanni Benedetto Gritta genovese (5), Giovanni Battista Zappi imolese (8), Giovanni Battista di Vico napoletano (3), Giovanni Giuseppe Felice Orsi bolognese (10), P. Giovanni Tommaso Baciocchi genovese (16), Giuseppe Lucina napoletano (24), Giuseppe Paolucci di Spello (7), Giuseppe Maria Tommasi lucchese (10), Giovanni Mario Crescimbeni maceratese (11), Girolamo Maria Stocchetti lucchese (14), Giulio Cesare Grazini ferrarese (12), Lorenzo De’ Mari genovese (19), Matteo Franzoni genovese (14), Matteo Egizi napoletano (6), Matteo Regali lucchese (9), Niccolò Garibaldi genovese (12), Niccolò Cicognari parmigiano (2), Niccolò Di Negro genovese (5), Niccolò Amenta napoletano (13), Paolo Antonio Del Negro genovese (18), Petronilla Paolini Massimi romana (7), Pompeo Figari genovese (9), Prudenza Gabrielli Capizucchi romana (8), Salvator Squarciafico genovese (16), Teresa Grilli Panfili romana (1), Tiberio Carrafa napoletano (12), Vincenzo da Filicaia fiorentino (15), Vincenzo Nieri lucchese (2), Vincenzo Leonio da Spoleti (12), Virginio Maria Gritta genovese (15). Di questo volume uscì una seconda edizione nel 1720 per i tipi di  Venturini a Lucca.

Dei 28 sonetti commemorativi di personaggi importanti del copertinese mi piace riportarne due per ragioni che il lettore non faticherà a comprendere (la trascrizione a fronte è il solito espediente per aggiungervi le mie note): A riprova del fatto che il Crescimbeni era considerato all’epoca un punto di riferimento (magari da sfruttare senza citarlo …) debbo far notare che il sonetto da lui prima riportato Esca mia dolce … (celebrazione dello sguardo dell’amata come fonte di gioia e dolore, un topos della poesia d’amore già percorso, tra gli altri, sia pure con sensibilità diverse, da Guittone d’Arezzo, Giacomo da Lentini, Guido Cavalcanti, Dante, Petrarca) compare da solo in Annibale Antonini, Rime de’ più illustri poeti italiani, Musier all’Insegna dell’Uliva, Parigi, 1732, p. 77  (http://books.google.it/books?id=t4sHAAAAQAAJ&pg=RA1-PA77&dq=%22Donato+Maria+Capece+Zurlo%22&hl=it&sa=X&ei=PplHVIy0DsLmyQOapoA4&ved=0CCQQ6AEwATgU#v=onepage&q=%22Donato%20Maria%20Capece%20Zurlo%22&f=false) ripubblicato sempre a Parigi per i tipi di Prault nel 1744 nel secondo tomo di Raccolta di rime italiane (http://books.google.it/books?id=lPRdAAAAcAAJ&printsec=frontcover&dq=editions:yxfnnjQ_E8gC&hl=it&sa=X&ei=eaJHVNygFobOygPU7oCYCw&ved=0CCoQ6AEwAQ#v=onepage&q&f=false).

2) Comentari del canonico …, op. cit. v. VI, Basegio, Venezia, 1730, pp. 424 e 286 (http://books.google.it/books?id=mHjNAAAAMAAJ&printsec=frontcover&dq=editions:p2jmoLdqLUAC&hl=it&sa=X&ei=F79IVLmXG-qrygP7pICwDQ&ved=0CCAQ6AEwAA#v=onepage&q&f=false). Natura, finalità e regole dell’accademia dell’Arcadia sono estesamente espresse dallo stesso Crescimbeni in L’Arcadia, De’ Rossi, Roma, 1708 (http://books.google.it/books?id=ez4dFjf-xsMC&pg=PA212&dq=crescimbeni+arcadia&hl=it&sa=X&ei=7RRKVNi1MY7YPMiLgeAJ&ved=0CCwQ6AEwAg#v=onepage&q=crescimbeni%20arcadia&f=false). Al momento dell’adesione all’accademia l’interessato riceveva dall’assemblea un nuovo nome il cui primo componente veniva assegnato per sorteggio mentre il secondo veniva da lui liberamente scelto e convalidato dall’assemblea a patto che facesse riferimento o a un luogo o ad un ricordo mitologico della regione greca di cui l’accademia portava il nome. Dalla prima scheda sopra riprodotta abbiamo la conferma della notizia che il nostro aveva assunto lo pseudonimo di Alnote Driodio. Per Alnote non son riuscito ad individuare il suo rapporto con il greco; Driodio è forma aggettivale dal greco δρίος (leggi drios)=boschetto. La seconda scheda reca lo stemma della colonia di appartenenza con il simbolo particolare (il fiume Sebeto) e quello comune (la siringa) tratto dall’insegna dell’Accademia (immagine in basso tratta dalla stessa opera, p. 283). Va aggiunto che ogni colonia aveva dei propri rappresentanti e va sottolineato che il nostro è l’unico salentino tra quelli della colonia Sebezia, come deduco dall’elenco completo che traggo da Il catalogo degli Arcadi per ordine alfabetico colla serie delle colonie e rappresentanze arcadiche, s. l., s. d., pp. 152-153 (tuttavia la data di pubblicazione dovrebbe collocarsi attorno al 1720; l’intero volume è consultabile e scaricabile in http://books.google.it/books?id=Iioj0mUX5qsC&pg=PR117&lpg=PR117&dq=sorasto+trisio&source=bl&ots=IHYz04R8dW&sig=eb3ZuBa6Z3Tnd5PSKoyMREpfYoM&hl=it&sa=X&ei=BGhnVLWDHcPgyQODvIK4CQ&ved=0CC0Q6AEwAg#v=onepage&q=sorasto%20trisio&f=false. 3) Componimenti in lode del nome di Filippo V monarca delle Spagne, recitati dagli Arcadi della Colonia- Sebezia il dì 2 di Maggio del 1706, nel Regal Palagio, e pubblicati per ordine di Sua Eccellenza dal dottor Biagio Majola De Avitabile, Vice-Custode della stessa Colonia, Parrino, Napoli, 1706, s. p. (http://books.google.it/books?id=lPRdAAAAcAAJ&printsec=frontcover&dq=editions:yxfnnjQ_E8gC&hl=it&sa=X&ei=eaJHVNygFobOygPU7oCYCw&ved=0CCoQ6AEwAQ#v=onepage&q&f=false). Viene ribadita la nobile origine e, quindi, una parziale conferma della parentela con i Capece Zurlo di Napoli, il cui stemma riproduco di seguito , tratto da http://www.nobili-napoletani.it/Capece-Zurlo.htm 13Per dare un quadro forse completo della produzione del nostro va ricordato che il volume appena citato contiene 8 suoi sonetti  (i primi 7 alle pp. 40-46, l’ultimo a p. 59) e due componimenti in latino alle pp. 60-62.

4) Giovanni Mario Crescimbeni, Notizie istoriche degli Arcadi morti, De Rossi, Roma, 1703,  tomo II, p. 173 (http://books.google.it/books?id=kDGwVjrOzgEC&pg=PA173&dq=%22Donato+Maria+Capece+Zurlo%22&hl=it&sa=X&ei=Ho5HVPzuN6j6ywOejoDYCg&ved=0CE8Q6AEwCTgK#v=onepage&q=%22Donato%20Maria%20Capece%20Zurlo%22&f=false), a proposito della morte di Bartolomeo Ceva Grimaldi, avvenuta nel 1707, a p. 173: 5) Un manoscritto dal titolo 1723. Difesa delle ridecime a favore del Capitolo di Cupertino custodito nell’Archivio capitolare della chiesa madre della città, pubblicato da Giovanni Greco per i tipi di Congedo a Galatina nel 1995 col titolo 1723: Viaggiatori barocchi da Copertino a Napoli, descrive il viaggio compiuto a Napoli da una delegazione del clero locale per difendere presso la Camera della Sommaria gli antichi privilegi negati dall’agente baronale che si chiamava Donato Maria Capece Zurlo. Tasse o non tasse, il documento è prezioso perché mi consente di affermare senz’ombra di dubbio, che il nostro a quella data era ancora vivo. Se poi qualche lettore copertinese riuscisse a desumere la data di nascita e di morte dalla lettura dei relativi registri e ce la comunicasse io gli sarei grato ma, quel che più conta, la biografia del nostro non resterebbe priva di due elementi fondamentali1.

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1 Domenico De Angelis in Le vite de’ letterati salentini, parte prima, s. n., Firenze, 1710 verso la fine del volume in un Catalogo degli Autori, che si conterranno nella Prima parte dell’Istoria de’ scrittori salentini include anche il nome del nostro. L’opera annunziata, però, non vide mai la luce e non si sa neppure se ne sopravvive il manoscritto.

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