Lu Nanniuèrcu

di Armando Polito

Mi meraviglio che tra le tante giornate celebrative non sia stata istituita anche quella dedicata al ladro, al truffatore, all’ipocrita, etc. etc. Perché, per fare più presto, non ho detto al politico? Se è il lettore a chiedermelo (per l’Europa rimango in attesa …) non ho nulla in contrario, anche perché ormai il proverbio non fare di ogni erba un fascio mi sembra inapplicabile nella fattispecie e, oltretutto, la festa proposta non sarebbe dissimile nei risultati  da quella appena celebrata nei riguardi del nonno, con la differenza che il politico continua a far festa (cioè a rubare, mentire etc. etc.) e al nonno si continua a fare la festa, visto che ormai con la sua pensione (chissà se la percepirà, magari parzialmente, fino alla morte …) è stato costretto a sfamare figli e nipoti.

Da sempre, purtroppo, l’economia è stata il faro predominante dell’umanità e man mano che essa è passata da uno stato di salute accettabile a quello di una malattia che sembra non lasciar scampo (ai più deboli …) la figura del nonno è stata rivalutata, sia pur, forse, solo materialmente. Non più quel vecchio rincoglionito e bavoso della cui presenza ingombrante disfarsi, da  ghettizzare (la separazione dagli affetti è una ghettizzazione finché uno non se ne costruisce, faticosamente, di nuovi; ma nel nostro caso il tempo stringe per poterlo fare con possibilità di successo) collocandolo in qualche ospizio, ma un essere da amare e, soprattutto, curare perché la sua morte significherebbe, probabilmente, quella, pure per fame, del figlio idiota e, per mancata ricarica del telefonino, del nipote, ancora più idiota di suo padre.

Ci saranno pure delle eccezioni ma è triste pensare che esse, se ci sono, rappresentano la regola di un passato anche non molto lontano in cui il nonno, pur divorato dalla demenza senile o da qualche altra malattia degenerativa delle capacità cerebrali o fisiche, era considerato, comunque, un simbolo da rispettare concretamente.

Ma, da dove deriva nonno? Per fare giustizia delle imprecisioni che già sono presenti in alcuni vocabolari cartacei1 e, a cascata, in rete, riporto la scheda tratta dal glossario2 del Du Cange con la mia traduzione a fronte e le  note esplicative in calce.

 

Tra tutte le etimologie proposte nella scheda, a parte la voce egizia che viene messa in campo ma non riportata, a parte le difficoltà fonetiche poste da domnus>nonnus, l’unica convincente è proprio la finale, ascritta al Fleetwood ed alla quale sembra aderire pure il Du Cange.  Mostra di essersene accorto a suo tempo il Pianigiani dal cui dizionario on line (http://www.etimo.it/?term=nonno&find=Cerca) riporto la scheda relativa.

Conclusione: nonno è dal latino medioevale nonnu(m)=monaco anziano, a sua volta dall’analoga voce del latino tardo che in S. Girolamo (IV-V secolo) significa monaco, così come nonna nello stesso autore significa monaca. Il corrispondente greco è  νάννας (leggi nannas) o νέννας=zio materno o paterno. E il collegamento tra la voce greca e la latina è proprio nella voce salentina nanni e nel suo composto nanniuèrcu (=nonno orco), per il quale, come contraltare della figura del nonno esaltata all’inizio, rinvio il lettore a https://www.fondazioneterradotranto.it/2012/07/10/spauracchi-di-ieri-e-di-oggi/.

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1 Un esempio per tutti: Dizionario italiano De Mauro (2000): “latino tardo nŏnnu(m)=balio, di origine espressiva, cfr. greco nónnos=padre”. Nonnos sarebbe la trascrizione di νόννος; peccato che tale parola in greco non esiste.

2 Glossarium mediae et infimae Latinitatis, Favre, Niort, tomo V, p. 606.

 

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