Gallipoli, 18 aprile 1948: una scrutatrice d’eccezione!

manifesto di propaganda elettorale tratto dal sito www.cronologia.leonardo.it

di Piero Barrecchia

1948– Da circa cento anni, un simulacro aveva preso possesso della devozione dei gallipolini. Da circa cento anni, confidenzialmente, quel popolo invocava, nel mese di maggio, “l’augustissima Regina dè Fiori” e si deliziava nell’elencare le più disparate specie florensi, in una nenia incessante, cingendo idealmente il capo, il seno, la chioma, le mani, i piedi e le vesti, della “bella Figlia di Gioacchino” e puntualmente, dopo aver posato quel fiore, sul posto recitato, non contento, quello stesso popolo diceva :“…ma il fiore a Te più grato è l’Ave Maria!”.

Così, all’infinito, dall’inizio!

Da quando il presule dell’epoca, Mons. La Scala, volle quel simulacro, di fattura romana, ispirato alla Madonna di Francia. Ma, se già i danteschi versi : “… qual vuol grazia ed a Te non ricorre sua disianza vuol volar senz’ali” anticiparono la potenza di Maria, non si conosceva, fino al 1948 la sua influenza politica. Quella statua, tra le navate della Cattedrale gallipolina, assisteva ogni giorno al via vai dei fedeli ed ascoltava dal popolo, oltre alle preghiere rivoltele, le considerazioni sulle imminenti elezioni, tra un’Ave Maria ed un’altra!

Quella statua fu anche testimone della preoccupazione di un Pastore, che non riusciva proprio a concepire la sostituzione del simbolo sturziano, con una falce ed un martello. Ci sarebbe stato questo rischio, da scongiurare a botta di preci, intronizzando anticipatamente quel magnifico simulacro, al quale il popolo si rivolgeva, concludendo le sue preghiere con la provvidenziale frase “… i fiori della campagna Ti salutano…”.

Ed a chi ci si poteva rivolgere, allora, se non a chi di campagna si intendeva? Certamente, la prece non precisava di qual tipo di campagna si trattasse e proprio l’imprecisione delle iniziali ispirazioni, non poteva escludere la Campagna elettorale!

il simuacro della Madonna dei Fiori nel Duomo di Gallipoli
il simuacro della Madonna dei Fiori nel Duomo di Gallipoli

Fu allora che la Regina della campagna (elettorale) non disdegnò di farsi presente, di confortare il preoccupato presule (all’epoca del fatto Mons. Nicola Margiotta) e di guardare, con pietà, quei poveri figli, combattuti tra il simbolo dello spirito e quello riportante arnesi di lavoro, contrastati sul come portare a casa quel necessario pane quotidiano.  E miracolo fu!

Gli occhi del simulacro si mossero, più volte, alla vigilia del 18 aprile 1948 e ne fu testimone tanta gente, mentre Togliatti, da Milano, si scagliava contro il vescovo di Gallipoli, che a suo dire, tra le litanie, inseriva gli elogi sull’onorevole Codacci-Pisanelli. Inutile soffermarmi sull’esito (scontato) tra divino ed umano.

Né entrerò nel merito del soprannaturale. Anzi, 66 anni dopo il primo sacro intervento, alla vigilia di nuove elezioni, in presenza di tanti fiori di Campo, apparendo la scelta più difficoltosa, sarebbe auspicabile un vero miracolo!!!

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8 Commenti a Gallipoli, 18 aprile 1948: una scrutatrice d’eccezione!

  1. Alla luce di quanto già consumato, non saprei riferire se vi sia stato un intervento soprannaturale, ma non mi sembra fuori luogo richiederlo per il futuro! Anzi, riconducendo l’attenzione alla materia specifica, sarebbe auspicabile che qualche umano muova una rapida occhiata sul caso degli ulivi salentini, senza far scomodare la Regina delle campagne!

  2. Ma quale sovrannaturale in un periodo denso di visioni, di prodigi e di Madonne pellegrine? Dalle cronache di fine aprile e di maggio 1948 si apprende Un prodigio a Gallipoli: La Madonna della Basilica pare che movesse gli occhi. Folle di fedeli nel tempio. Cinque sanitari attestarono il fenomeno. Il riserbo del clero; Pellegrinaggi da tutta la zona. Il miracolo si ripete. Il clero mantiene sempre il suo riserbo; La Vergine miracolosa sarà esposta nella Basilica per tutto maggio; Cinquanta mila fedeli a Gallipoli per onorare la Vergine del Miracolo: Da alcuni testimoni si è appreso anche che nello stesso periodo un giovane tale Giuseppe Quarta da Campi Salentina, iscritto al PCI approfittando della gran confusione presente in basilica avesse scoperto quel sistema meccanico di cordicelle collegato con il simulacro della Madonna! Certo è che i giornali non riportarono più cronache e notizie su i fatti della basilica di Gallipoli.
    E mentre a Lecce le cronache registrano nel gennaio 1949 La prodigiosa guarigione di una novizia nell’Asilo tenuto dalle Suore d’Ivrea: la giovane ventiquattrenne Rosa Toma da Botrugno, il medico dott. Francesco Tinelli rilascia una dichiarazione comprovante la ingiustificabile guarigione. Il miracolo della Beata Verna: la guarigione soprannaturale della Toma confermata da una dichiarazione medica. Nuovi particolari sulla prodigiosa apparizione; Prodigioso fatto verificatosi nell’Asilo Infantile “Saraceno”.

  3. Mi stupisce sempre vedere nel web le rimasticature sia pure dotte di tanti praticoni della cultura. E a volte mi cresce lo sconforto nel constatare come il web sia tramite di una inaffidabile pletora di imitatori, scopiazzatori e plagiari dei lavori altrui.
    Non capisco come si possa arrivare a tanto quando sarebbe molto più semplice dare atto che l’articolo riproposto o segnalato è stato letto da qualche parte, magari citando doverosamente la fonte. Nella fattispecie la fonte è quella del L’Uomo e il mare, A.V, n. 19 in cui fu pubblicato nel lontano un mio intervento Iconographia historica: di tre inedite stampe devozionali dell’800 gallipolino dal titolo: “Iconographia historica: di tre inedite stampe
    devozionali dell’800 gallipolino”
    Illustrando una rarissima litografia dell’800 così scrivevo:
    “La Madonna dei fiori «che si venera nella chiesa Parrocchiale di S. Maria della Lizza in villa picciotti» con deliziosa veduta della chiesa e del borgo civico una, e «che si venera nella Cattedral Chiesa di Gallipoli» l’altra, raffigurano le due ultime stampe disegnate da Luigi Consiglio, datata 1863 la prima e litografata da Delfino la seconda. Questo culto particolare per la Beata Vergine Maria fu introdotto in Gallipoli ad opera del zelante vescovo La Scala in concomitanza con il giubileo del 1 858 proclamato da Papa Pio IX nel concistoro deI 25 Settembre 1857 e determinato in Gallipoli per tutto il mese di maggio, sacro alla Madonna. Mons. La Scala, che resse la cattedra Gallipolina dal giugno del 1 852 aI settembe del 1 858, fu pastore devotissimo della Vergine Immacolata, e dalla pronuncia dogmatica del 1854 aveva introdotto in Diocesi la pratica del mese di Maggio per come l’aveva codificata un secolo prima P. Annibale Dicnisi della Compagnia di Gesù seguito in ciò da P. Mazzolari, autore di un metodo da tenersi nella pia pratica che ebbe la più ampia diffusione in tutto il mondo cattolico.
    E al fine di poter dotare convenientemente la Cattedrale di una statua della Madonna «affinché se ne decorasse questa chiesa pel prossimo maggio» Mons. La Scala aveva incaricato tal Padre Rignano in Aracoeli a Roma perché, valutata l’opportunità di stabilirne la foggia secondo la moda in uso nella capitale cattolica, ne commissionasse l’opera presso un artista romano.
    Pio IX aveva inaugurato l’8 settembre del 1 857 la statua della Madonna Immacolata, realizzata in marmo dal modenese Luigi Poletti, e collocata in piazza di Spagna di fronte al Collegio di Propaganda della fede, sull’alta colonna ch’era stata recuperata dai giardini del palazzo di Monte Citorio. Ma l’opera non era piaciuta ai romani e non solo ad essi se il Gregorovius annotava nei «Diari romani» sotto la data del 1 7 settembre di quell’anno: «In roma ho trovata scoperta la statua della Madonna della Piazza di Spagna: la cattiva sua struttura assomiglia ad un turacciolo di bottiglia di champagne capovolto. Pasquino lo ha riproodotto con una satira. Siccome alla statua di Mosé la bocca è rimasta troppo piccola, Pasquino gli grida. «parla». Mosé con bocca fischiante risponde «non posso». Pasquino: «Dunque fischia». Mosé: «Sj io fischio lo scultore».
    E medesima fu la risposta che il Padre Rignano diede il 10 ottobre di quell’anno a Mons. La Scala: «Ho tardato sino ad ora di darmi fretta pel noto dovere della Madonna, che ella desidera per far bella cod. ta sua Chiesa, poiché ho creduto vedere che effetto facesse nell’estimazione artistica del pubblico la statua per ordine del S.P. innalzata nella piazza di propaganda in Roma. Perché si credeva che dovesse essere un capolavoro, da stordirne il mondo di meraviglia: che poi non è piaciuta si può dire a nessuno. Se fosse stato questo un bel disegno, la sua Madonna, caro Monsignore, l’avremmo a questa romana di Pio IX fatta fare rassom,igliante».
    Il risultato fu che tra i due tipi alternativi consigliati dal Rignano «quel del Murillo (antico) e il recente di Gagliardi che è forma di molta modestia e presso a poco alla così detta Madonna di Francia, senza l’irradiazione delle braccia come quei”, si finì con lo scegliere quello del Gagliardi con l’unica raccomandazione del Vescovo che il volto, realizzato in materiale plastico, avesse «una espressione animata, ciocché mi pare che non si avveri nella Madonna di Francia” e che «l’altezza dovrebb ‘essere, credo al di là del vero, e colossale anziché no» come pure «che la statua dovrà essere da noi vestita di abiti di seta, dei quali l’artista dovrebbe darci il solo regolamento».
    Giunta in Gallipoli la statua non saprei dire se migrò dopo qualche anno, al termine dell’episcopato del La Scala, in quel di Alezio, o Villapicciotti come allora si chiamava il vicino borgo.
    Vero è che nella Chiesa della Lizza la statua, se non fu copia dell’originale romano, nel 1863 veniva certamente venerata. Oggi invano purtroppo si cercherebbe di saperne qualcosa, lo stesso parroco don Schirinzi non ricorda, a memoria d’uomo, nè statua nè rito della Madonna dei fiori.
    È possibile perciò che con l’episcopato di Mons. Carfagnini, che fu devotissimo dell’immacolata la cui immagine campeggiava nel suo stemma episcopale al motto «Tuta stat», la statua sia rientrata nella Cattedrale gallipolina dove tuttora è fervidamente venerata in maggio con processione solenne nell’ultimo del mese.
    Un episodio singolare, avvenuto nel 1948 nel clima rovente di lotte politiche, si lega a questa statua gallipolina, quando cioè qualcuno credette di vedere la Madonna muovere ripetutamente gli occhi in Cattedrale.
    Com’è facile immaginare l’emozione fu viva e l’eco immediata ed altrettanto puntuale la speculazione.
    Ci fu chi scrisse su La Gazzetta del Mezzogiorno che: «Il prodigioso I movimento degli occhi della statua della Madonna dei Fiori, venerata nel Duomo di Gallipoli non è soltanto – come si potrebbe pensare – diquasti tempi, circa un secolo fa, nel maggio del 1856, il signor Pietro Brunner svizzero del Testoat, di religione protestante, ufficiale del Re nel Castello di Gallipoli lo notò nel guardare la medesima statua. Egli ne fu tanto e intensamente commosso e toccato, che corse ai piedi del Vescovo Mons. La Scala per pronunziare l’abiura e per essere quindi battezzato e cresimato, come si legge nel latino curiale dei registri parrocchiali».
    Che l’abiura solenne del Brunner sia stata pronunciata il 31 maggio del 1856 è dato incontestabile, ma che questi abbia mai potuto veder gli occhi muoversi di una statua che ancora doveva essere ideata, è cosa provata in queste pagine.
    Il Brunner si sarà certo convertito al Cattolicesimo nella speranza di guadagnarsi i favori celesti, chè di quei tempi era preoccupazione comune.
    La conversione del 1948 certamente non arrecò grazie divine al presunto.., visionario, ma c’è chi assicura che le promesse di favori… politici facessero allora tremare anche gli occhi ad un bisognoso.
    Come sentenzia il popolo ancor oggi: «Ogni suttile ‘ngegnu vene de gran basognu e ci nu se pruvide sulu, mara la ventre ca ave male padrunu»

    STAMPE E DEVOZIONE
    Querelle
    L‘articolo «Iconographia historica: dì tre inedite stampe devozionali dell’800 gallipolino». pubblicato sullo scorso numero della rivista, ha suscitato un vivo interesse tra i lettori, ma siamo lieti che almeno uno dei commenti si sia tradotto in una nota indirizzata all’autore, Elio Pindinelli dal noto pubblicista Luigi De Tommasi. Ne pubblichiamo pertanto volentieri il testo insieme con la risposta dell’autore lasciando ai lettori ogni valutazione.(Giuseppe Albahari, Direttore de “L’Uomo e il Mare)
    Carissimo Pindinelli,
    ho letto il tuo articolo sull’icono­grafia dell’800 Gallipolino, incisivo ed interessante come tutti i tuoi scritti.
    Esigenza impellente ed imprescindibile di valore storico mi impone di intervenire relativamente all’episodio avvenuto nel 1948 nella nostra Cattedrale, quando si gridò al miracolo per il prodigioso movimento degli occhi della statua della «Madonna dei Fiori». io ero presente, ho visto gli occhi della Madonna muoverssi e lo attesto nella piena consapevolezza di quello che dico.
    La descrizione dei fatti, così come li vissi, e sempre vivi e presenti nella mia memoria, con richiami a persone, luoghi ed even­ti può offrirti un quadro realistico di quel che avvenne quasi 42 anni fa.
    Mancavano pochi giorni al fatidi­co 18 aprile 1948 che – sia detto tra parentesi – salvò l’italia e forse anche l’Europa occidentale da quell’abbraccio di morte del comunismo, come gli avvenimenti ecce­zionali ed imprevedibili di questi giorni stanno confermando. Serata serena e temperatura piacevolmente mite! Erano terminati i comizi, allora molto affollati, e mi aggiravo con amici in piazza Municipio facendo, con trepidazione, previsioni sull’esito delle imminenti ele­zioni. Erano passate le ore 21 e quindi la gente diradava! La Cattedrale era aperta perché il Vescovo aveva autorizzato funzioni e pre­ghiere particolari per impetrare l’intervento della Madonna nella vicenda politica italiana! Ad un tratto avvertiamo un certo movimento: gente che entra e che esce dalla Chiesa! Non ce ne diamo conto! Ma il movimento si fa sempre più consistente; ci inte­ressiamo ed apprendiamo del pro­digio! Entriamo in Cattedrale: una discreta folla si accalcava sotto la statua della Madonna scrutan­done il volto. Il Vescovo – Mons. Nicola Margotta – (1936-1953, successivamente traslato alla diocesi di Brindisi) – sul presbiterio con alcuni canonici, tra cui don Carlo Corvaglia parroco della Cat­tedrale, commentava, anch’egli emozionata, quanto si diceva fosse avvenuto. lo mi accompagnavo con il giovane amico, studente del locale liceo classico, Antonio Solidoro, del Borgo. Non notammo alcun movimento sul volto della Statua, ma molti dei presenti ci assicurarono che effettivamente la statua aveva mosso gli occhi.
    L’emozione era grande; molti piangevano!
    Augusto Piccinno, dopo aver visto il prodigio, esprimeva, con decisione, il desiderio di portare in processione la statua della Madonna. Incontrammo anche l’Avv. Carlo Milella, oggi Questore, il quale si aggirava, come noi, per la Cattedrale in cerca di notizie sull’accaduto.
    Sempre sotto la Statua il gruppo di fedeli, in osservazione! Dopo una mezzoretta di questo nostro indagare, piuttosto scettici su quanto si asseriva essersi verifica­to, io ed il mio amico, decidemmo di andare via, essendo ormai tardi e dovendo raggiungere a piedi il Borgo dove abitavamo. Eravamo, ormai, sul punto di uscire, dalla porta laterale a destra, quando un grido generale – carico di emozione – ci richiamò indietro: le persone che stavano sotto la statua gridavano, con le mani alzate verso la Madonna «Ecco, li sta muovendo (gli occhi)!» Accor­remmo anche noi. Tra le persone facenti parte del gruppo c’era sempre Augusto Piccinno che con gesti perentori e sicuri gridava, con il braccio alzato «Ecco, ecco! La Madonna muove gli occhi». Ci appostammo tra gli osservatori; qualche attimo di pausa e poi fummo toccati anche noi – benché indegnamente – della’ prodigiosa visione del movimento degli occhi della Statua della Madonna dei fiori. Gridai anch’io: «È vero, è vero! La Madonna muove gli oc­chi!» Mi accorsi di essere sudato! Non era cosa da poco! La gioia e l’emozione ci invase.
    Questi i fatti!
    Ora qualche considerazione di natura psicologica.
    Io ed il mio amico lasciavamo la Cattedrale sicuri che il fenomeno era da attribuire a suggestione collettiva!
    In quel momento, quindi, eravamo immunizzati contro un’eventua­le coinvolgimento e, pertanto, nelle migliori condizioni di spirito per discernere il vero dalla fantasia. Inoltre, la visione non fu di una o di poche persone ma investì tutti i presenti. Uno o pochi possono suggestionarsi, ma tante persone che sono in osservazione, appare improbabile.
    Ognuno – ben s’intende – può credere e può non credere! Io ho esposto quello che vidi 42 anni fa; ho citato testimoni viventi!
    Sono certo di non essere rimasto vittima di illusione! Tanto per portare un contributo alla verità storica di un fatto e di un momento su cui molto si è fantasticato e a volte anche malignamente.
    E poi perché non ammettere, sia pure per ipotesi, l’intervento del soprannaturale? Non si chiede­va una grazia da nulla, ma la salvaguardia della libertà di un popolo intero, che usciva dalla catastrofe della guerra, e forse dell’intera Europa!!
    E non sembri fatto di poco conto, specie dopo quello che abbiamo visto e saputo in questo fine anno 1 989.
    Ti saluto cordialmente.
    UIGI DE TOMMASI

    Egr. sig. Direttore,
    ho ricevuto proprio oggi da parte del dr. Luigi De Tommasi la lettera, che ti accludo, nella quale non ho capito bene se voglia o meno smentire quanto da me scritto nell’ultimo numero de «L ‘uomo e il mare» circa il presunto prodigio del movimento degli occhi della statua della Ma­donna dei fiori in Gallipoli.
    Dico così perché il Dr. De Tommasi che mi scrive per confermare l’avvenuto prodiqio, in effetti afferma testualmente: «Io ed il mio amico lasciavamo la Cattedrale sicuri che il fenomeno era da attribuire a suggestione collettiva», salvo a contraddirsi subito dopo scrivendo «sono certo di non essere rimasto vittima di illusione».
    Io ho compreso perfettamente il messaggio che tra le righe cerca di lanciare il corrispondente da Brindisi per altro noto ed apprezzato pubblicista collaboratore anche di riviste storiche regionali, sul finire di un anno, il 1989, caratterizzato soprattutto per i sensazionali capovolgimenti politici nell’Est europeo.
    Un po’ meno comprendo quella sua preoccupazione di testimoniare, sulla fede personale, di un avvenimento, quello del presunto movimento degli occhi della statua della Madonna, circa il quale a me sembra sia stato, in sede di sintesi storica, riferito il reale oggettivo svolgimento dei fatti non basato perciò su convinzioni ideologiche di parte o peggio ancora su sviscerata professione di fede.
    Chi scrive, cioè il sottoscritto, è certamente un credente, profondamente convinto che il proprio personale rapporto con la Divinità travalica i meschini confini del sensazionale e che i segni od i messaggi divini verso l’uomo sono leggibili nell’intimo dei cuori più che nella platealità del prodigioso.
    Nonostante ciò credo vada qui riaffermato il principio, a me sempre ben presente, che fare storiografia significa in primo luogo sapersi emotivamente distaccare dagli avvenimenti che si intendono trattare, assumendo verso di essi un atteggiamento indagatore circa le cause ed i motivi del loro svolgersi in rapporto all’ambiente ed alle persone.
    Per questo ho rimandato al particolare clima in cui si svolse la campagna elettorale del 1948, clima per altro ben noto ed in altra sede ampiamente analizzato da ben altri specialisti Perciò ho evitato, ma non era per altro mio compito farlo, di parlare della strumentale scelta, documentata, di agire sul sentimento religioso delle nostre genti al fine di orientare le coscienze ma ancor più bassamente le preferenze politiche verso quel partito più che verso altri; e ve ne erano di anti-comunisti!
    Avrei evidenziato altrimenti coi documenti che per la prima volta veniva esposta in Cattedrale in Aprile la statua della Madonna dei Fiori, in Gallipoli tradizionalmente venerata solo nel mese di Maggio, mentre la Madonna di Finibusterrae pellegrinava per tutto il Salento, Nardò e Gallipol compresi, ed in tutt’Italia erano vive le celebrazioni mariane e le processioni solenni, a Boiàno con la Maria Addolorata, a Bovino e a Candela con l’incoronata, a Cittanova con la Madonna dei Poveri e a Gaeta con quella della Civita e a Sora con la Madonna del Canneto, che suscitavano tutte, come scrivevano i giornali alla vigilia della fatidica consultazione elettorale, «un’ondata di santo entusiasmo e un salutare risveglio di fede» ancor più significativo «nel momento attuale della violenza del nemico, che mira a sconvolgere le basi della fede cristiana del popolo italiano».
    E assisteva così quel popolo alle prodigiose conversioni di comunisti incalliti o presunti tali mentre Togliatti tuonava da Milano che il Vescovo di Gallipoli recitando le litanie in Cattedrale propagandava il nome dell’on. Co­dacci-Pisanelli «Dunque il vescovo comincia a dire le litanie in questo modo: «chi è il più vicino a Dio? e la folla deve ripetere «l’on. Pisanelli» Il Vescovo continua «chi è l’amico dei lavoratori?» quelli sono costretti a rispondere «l’on. Pisanelli» poi il Vescovo dice «a chi darete il vostro voto il 1 8 Aprile? e la folla dietro «all’on. Pisanelli».
    Certo non sarò proprio io a dar fede di verità alle parole elettoralistiche del buon Palmiro, come mi sembra non sia proprio il caso di scomodare un presunto salutare intervento divino in que­ste faccende, che, me lo consenta il dr. De Tommasi, furono innega­bilmente orientate da meschinissime menti umane.
    Anche perché, ragionando di­versamente da così, finiremmo fatalmente col trovare in Cristo un impossibile partigiano della faziosità umana, che fece scrivere, tra le altre tante cose, quel lontano 1948, anche questo:
    «se la falce prevarrà
    come l’arma di Caino
    il fratello ucciderà…
    Se lo scudo assurgerà
    come Cristo dal sepolcro
    tutto il mondo esulterà».
    Una bestemmia certamente, che pur fu benedetta nell’aprile del 1948, non posso credere col beneplacito di Maria.
    ELIO PINDINELLI
    Querelle pubblicata su: L’Uomo e il mare, A.V, 1989, n.20, Gallipoli.

    Tutto qui, ma solo per un principio di sana metodologia. La divulgazione di studi altrui merita (forse?) comportamenti più trasparenti

    Elio Pindinelli

  4. Come affermato nell’intervento precedente, si usa il web per divulgare. Quel che avviene nel territorio è cosa risaputa e non è certo un’esclusiva di pochi eletti, ai quali va, sicuramente, il ringraziamento per aver mantenuto e mantenere vivo l’interesse, ma, ribadisco, non detengono l’esclusiva. Cosa che è pur valida per il sottoscritto! Volutamente, per il lettore, non nominerò il gradito ospite, per non essere additato di plagio! Pur avendo letto il suo studio appassionato, la mia fonte non è l’intervenuto studioso, nè il De Tommasi a cui egli fa riferimento. Più semplicemente, la mia fonte è quell’amabile, umile eppur sapiente figlio del popolo, lu N’Zinu De Rosa, che nulla ha scritto, ma che tanto ha fatto per tramandare, a noi allora piccoli, convocati alla sua cattedra, tra gli stalli della chiesa degli Angeli. La nostra esuberanza si arrestava di fronte ai suoi racconti appassionati. La formula narrativa usata nell’articolo e qualche espressione è frutto di quei ricordi, di quelle espressioni, di quelle persone. Quindi, colgo l’occasione che mi è data dal veemente intervento, per ringraziare chi, realmente, ha consentito di farmi conoscere il passato delle nostre coorti e mi ha invogliato a studiare, consentendomi di conseguire un titolo che ogni giorno, ricordo che viene dall’humus di quei semplici signori! Per correttezza di metodologia, giustamente, invocata, inserisco nella bibliografia: – tratto da: “la tradizione orale di vita vissuta” -N’Zinu De Rosa -Gallipoli, 1980 ca. Ora penso di aver riparato alla mia lacuna! Grazie!

  5. Il buon De Rosa Le ha raccontato anche della storia di mons. La Scala, visto che afferma: “Da quando il presule dell’epoca, Mons. La Scala, volle quel simulacro, di fattura romana, ispirato alla Madonna di Francia”. Ma siccome tali deduzioni sono frutto di ricerca documentale inedita la conclusione è innegabile nonostante il tentativo di una qualche puerile giustificazione.

  6. Da tempo attendevo di dare anche questa risposta, che si leggerà alla fine. Il buon De Rosa, insigne signore, poco sapeva del La Scala, anzi per lui era Muller. Cronologicamente sarebbe stato impossibile e da questa curiosità è nata la mia ricerca, (per tal motivo il mio accenno nel mio intervento precedente, nel quale ringraziavo il figlio del popolo, per avermi spronato nello studio) molto materiale, delle fonti che mi hanno portato all’individuazione di Mons.La Scala (per il quale mi è servita solo la collocazione temporale della fattura del simulacro) . Forse, la veemenza dell’accademico ha superato la lettura, evitando, anche di soffermarsi su una mia affermazione e cioè, quella di aver letto anche il suo studio e che, seppur interessante storiograficamente, poco importava al mio fine narrativo? Ritornando alle fonti, le mie scarpe le ho sporcate, recandomi in alcuni luoghi della tradizione, dove ho recuperato una rilevante testimonianza nel territorio aletino, (dove in precedenza nulla si era raccolto!) ed un dipinto ottocentesco di ridotte dimensioni, forse per devozione privata. Peraltro, Mons.La Scala fu abbondante in istituzioni di culti a seguito di interventi celesti, ben noti ed ai quali almeno due, hanno il loro esplicito riverbero ai giorni nostri. Come si può notare,anche a m,indegnamente, il La Scala si è svelato, soprattutto nella sua indole estatica e la tendenza alla fenomenologia (?) sovrannaturale, che ha più volte trovato valido appiglio nella sua persona. Ribadisco, che alcune tradidioni sono supportate dal suo nulla osta. Per competenza, lascio il compito di rintracciare le fonti ancora tutte visibili e non segrete all’insigne accademico. Il lettore può leggere i due testi e distinguere serenamente e sebbene non nego l’umana inconscia influenza, che in questo caso riverbera nella frase incriminata “Da quando il presule dell’epoca, Mons. La Scala, volle quel simulacro, di fattura romana, ispirato alla Madonna di Francia”. Si può ben rilevare che l’articolo non è composto da una frase e che il breve accenno ci costringerebbe tutti a tacere, per non rivangare le citazioni altrui. Tutto il fatto narrato sarebbe, dunque un plagio nei confronti di chi lo avrebbe vissuto e ne ha reclamato la presenza, il De Tommasi, citato dall’intervenuto. In caso affermativo rileggo la storia al contrario e mi sembra, solo ora, di aver rintracchiato la reale causa del movimento degli occhi della “Augustissima Regina dè Fiori”, altra fonte coeva,che mosse il ciglio, non per politici effetti, ma in previsione di stesure di articolo. Preveggenza divina! Tutto ciò per pavoneggiare, perchè richiestomi, la mia conoscenza su Mons.La Scala, che anche a me si è degnato di svelarsi, quando, ancora era in vita l’altra mia fonte, autorevole su questa storia, Mons. Gino Piccinno, guarda il caso, aletino! Peraltro, sul cognome De Tommasi, forse sfugge l’influenza che ebbe, in concomitanza di certe manifestazioni che hanno, poi, tracciato culto e tradizione locale. Congedo il lettore, abusato nella sua pazienza, non prima di aver riportato le cronache di una vicenda, ormai storica ed in quanto tale corredata da fonti. A proposito di un mio precedente articolo la Fondazione redigeva un appello “La Fondazione di Terra d’Otranto sollecita il recupero dell’antica fontana di Gallipoli”, rintracciabile su queste pagine,al quale il nostro, tra le altre cose, tuonava:”… Detto ciò, chiudo per sempre questa parentesi evitando, così, ulteriori defatiganti querelles, costruite addirittura sui sillogismi….”. Salvo poi ritornare con il presente intervento, svelando il suo articolo integralmente, oltre ad altri interventi sparsi di forma pubblicitaria. Ebbene, compreso personalmente l’intento, lascio alla libera interpretazione. Ma,sedunque,lo scritto di mia stesura fosse solo servito per l’ostensione di uno studio nascosto, allora, sono lieto che a tale scopo sia servito. Sarei ben lieto se cotanta firma si assumesse l’intera paternità dell’articolo scritto da me, che cedo volentieri, perchè quel che ho ricevuto lo trasmetto, sapendo che non è cosa nostra e che la fonte che irriga, necessariamente deve defluire, altrimenti stagna ed imputridisce. Stranamente, intere pubblicazioni locali non recano la bibliografia, nè vengono citate le fonti fotografiche, pittoriche o musicali, eppure nessuno,per coerenza di trattamento, si è stracciato le vesti! Ma una frase, qui, può cambiare il mondo e a tal proposito, non mi si potrà negare una testuale citazione pubblicitaria, che mi sembra calzante “Vodafone: tutto intorno a te!” . Mi sono abbeverato alle fonti che mi hanno offerto, come chiunque ed in qualche caso, anche meglio. Studiare non è una prerogativa di qualcuno e lo ho dimostrato, anche se l’imprudenza nel parlare è prerogativa di tutti. Sarà giudicato puerile il risultato, ma colgo quel che mi interessa il resto tralascio e prima di puntare il dito sono attento alle possibili risposte. Raccolgo la freccia che mi è stata scagliata e depongo nella mia faretra, potrà essermi utile! Prenda pure chi vuole, tanto non mi appartiene e gratuitamente ho ricevuto. Lasciando libertà di pensiero e richiedendo medesima libertà, rispondendo o omettendo risposte, se interpellato, nei tempi nei modi e nelle facoltà che riterrò opportune, secondo le mie necessità. Rimarrebbe la questione “…di Francia”, ma non si è scoperto nulla se si afferma che le madonne di Francia, in genere, sono quelle che hanno quel determinato atteggiamento riprodotto, non riferibili al modello romano di piazza di Spagna, che è egli stesso una copia, ma al modello parigino, indicato il 27 novembre 1830. C’è peraltro un’opera teatrale del De Matteis che trae spunto dall’evento gallipolino. Avendo fornito prova del mio, autonomo, rifornimento storiografico, posso affermare che semmai vi fosse una semplice reminiscenza nell’uso, non uguale, di certe locuzioni, mai coinciderà l’intento al quale, obiettivamente, i due scritti tendono. Non mi resta che dimostrare l’attribuitami puerilità! Ebbene puerilmente, molto puerilmente, me ne infischio! Ognuno, autonomamente, pensi come crede! Grazie.

  7. Ribadisco che non sarebbe male dare atto che le storie si inventano magari leggendo quà e là. Onestà intellettuale impone fare riferimento, doverosamente, alla fonte. Poi chi possa essere il cattedratico lo decide la bibliografia che si suole citare nei saggi di spessore scientifico.
    Certo dimostrare tanta caparbia puerilità non salva nessuno da quella che ritengo debba essere una questione di corretta divulgazione della nostra storia, e in definitiva di corretto uso delle fonti, che non sono nè Pindinelli nè Barrecchia ma solo i documenti criticamente letti nel loro contesto storiografico. Esattamente come per la citata questione della presunta fontana settecentesca di Gallipoli. È difficile entrare in questo ordine di idee?

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