Un letterato salentino da riscoprire. Raffaele Marti

di Paolo Vincenti

Fratello del più noto Pietro Marti, fu scienziato e letterato di non poco momento. Raffaele Marti nacque a Ruffano nel 1859 da Elena Manno e Pietro. Suoi fratelli accertati: Luigi Antonio, nato nel 1855, Francesco Antonio, nato nel 1856, Maria Domenica Addolorata, nel 1858, Pietro Efrem (che morì dopo 3 mesi) nel 1861, Pietro Luigi, nel 1863[1]. Tuttavia, sappiamo da alcuni fogli autobiografici di Pietro Marti, ritrovati in una biblioteca privata, che erano quindici i fratelli, di cui Pietro, l’ultimo[2]. Fra questi, anche Giuseppe, al quale il poeta Luigi Marti dedica la sua opera, Un eco dal Villaggio (Alla memoria di mio fratello Giuseppe morto giovanissimo vissuto a bastanza per conoscere e patire”), ma su di lui, fino ad ora, alcun riscontro.

La notorietà di Raffaele, probabilmente, fu offuscata da quella di Pietro Marti.[3] Nella prima parte della sua vita, il suo percorso si intreccia strettamente con quello del più illustre fratello, per formazione e per le prime esperienze lavorative. Ma è giunto il momento che anche Raffaele raccolga la messe che i suoi indiscutibili meriti hanno prodotto.

Come i fratelli Pietro e Luigi, anch’egli frequentò il corso primario inferiore e quello superiore, a costo di grandi sacrifici per la madre, per altro vedova. Come i fratelli, fu maestro elementare a Ruffano, e poi a Lecce, dove fondò, insieme a loro, nel 1884, un istituto secondario di istruzione privato, che era uno dei due ginnasi privati leccesi insieme a quello del Padre Argento.[4] Come Pietro, si trasferì a Comacchio, dove insegnò per alcuni anni.

Raffaele, insigne scienziato, doveva godere della stima della comunità scientifica dell’epoca se il grande Cosimo De Giorgi scrive anche una Presentazione della sua opera Golfi di Taranto, Napoli e Valli di Comacchio, definendolo “un benemerito della scienza e della nostra provincia”.[5]Il prof Marti, il matematico insigne, che per tanti anni ha illustrato la scuola, s’appalesa oggi uno scienziato di alto valore”, scrive di lui Don Pasquale Micelli, recensendo l’opera Le coste del Salento su “L’Ordine” (Lecce, 9 maggio 1924), e continua “Il recente lavoro è un insieme armonico di tutto ciò che forma una solida cultura moderna; la Geologia, la Fisica, la Litologia, l’Idrografia, la Flora, la Fauna, la Mineralogia, la Storia, la Preistoria, la Politica, la Letteratura, l’Arte, l’Agraria, la Pesca, ecc. sono trattate con pennellate da maestro”[6].

Nel 1894, pubblica L’acqua conferenza letta nella sala del consiglio comunale di Norcia e Operazioni del calcolo e loro analogia.[7]  Nel 1896, pubblica Golfi di Taranto, Napoli e Valli di Comacchio (loro produzione alimentare),[8]con Presentazione di Cosimo De Giorgi, in cui si occupa della fauna marina nei due golfi tarantino e napoletano e nelle valli di Comacchio: uno studio approfondito sulle specie ittiche che vivono nei tre mari Ionio Adriatico e Tirreno. Inoltre pubblica Elementi di Algebra.[9] Nel 1907, pubblica Dalla P. della Campanella al C. Licosa [10]e, nello stesso anno, Foglie sparse[11]. Nel 1913, dà alle stampe Gli acari o piaghe sociali. Dramma in quattro atti e cinque quadri.[12]Quest’opera viene premiata dalla Reale Accademia Filodrammatica di Palermo nel 1910 e dal Teatro Italiano di Roma il 31 luglio 1911, come opera edificante e di elevata valenza sociale[13].

Lunga fu la collaborazione di Raffaele come pubblicista nelle riviste fondate o dirette dal fratello, l’infaticabile promoter Pietro Marti. Pietro, infatti, diresse, fra gli altri, i periodici “L’Indipendente”, nel 1891, “Il Salotto” di Taranto, nel 1896, “L’avvenire”, di Taranto, nel 1897, e sempre nella città ionica collaborò a “Il lavoro” e “La palestra”; inoltre a Lecce fondò e diresse “La democrazia”, dal 1893 al 1896, poi divenuto “Il corriere salentino”, dal 1902 al 1920, “Fede”, dal 1923 al 1926, “La voce del Salento”, dal 1926 al 1933, per citare solo i più importanti. In particolare, su “La voce del Salento”, Raffaele collaborò con articoli di carattere storico e archeologico e recensioni di libri.[14]

Se con Pietro condivideva l’amore per il patrimonio artistico della nostra terra d’Otranto e la necessità di una sua strenua difesa (Pietro fu anche Regio Ispettore ai Monumenti della Provincia di Lecce, dal 1923 al 1929, nonché Direttore della Biblioteca Provinciale “Bernardini”), quindi un interesse di carattere più erudito, con l’altro fratello, Luigi, (1855-1911), condivideva l’amore per la poesia e le belle lettere.[15]  Ma, come detto, gli interessi culturali in casa Marti coinvolgevano tutti i fratelli maschi. Infatti, anche Antonio (1856- 1926) fu un letterato.[16]

Raffaele scrive anche diverse commedie, a conferma della poliedricità e della varietà dei suoi interessi, come: Un’ora prima di scuola. Commedia in un atto; Patriottismo. Commedia in un atto; Il ciabattino di Sorrento. Dramma in tre atti; Gli orfani del vecchio impiegato. Queste composizioni, a quel che ci risulta, restano manoscritte e non trovano sbocco editoriale. Non sappiamo neppure se esse siano state rappresentate in teatro ma è certo che vengono fatte circolare in versione manoscritta, se ricevono alcuni premi e menzioni d’onore, come si rende noto nell’opera Le coste del Salento, che riserva una pagina alle “Opere di stampa del Prof. Raffaele Marti”, ossia una sintetica sua bibliografia degli scritti. Ed è appunto del 1924 Le coste del Salento Viaggio illustrativo, per i tipi della Tipografia Conte di Lecce:[17] un excursus storico- letterario fra le coste della penisola salentina, condito anche dalle tante leggende che avvolgono queste contrade. Nella sua nota iniziale, Marti si rivolge “Ai giovani”, invitandoli a trarre profitto da questo suo lavoro di “Geografia fisica, della Fisica terrestre, della Mineralogia, della Geologia, della Paleontologia, della Fauna, dell’Ittiofauna e della Malacologia, della Flora terrestre e marina”. Un programma certo ambizioso, forse troppo, che si propone anche di parlare delle torri, dei castelli, dei villaggi e della varia architettura salentina sparsa fra i due mari Ionio e Adriatico. Occorre però rapportare questo pur vasto programma alle conoscenze del tempo, che erano certo più scarse, per cui certe ricerche apparivano quasi pionieristiche, ed inoltre occorre tener conto dell’intraprendenza con cui taluni eruditi dagli interessi universali quale Marti si aprivano alla conoscenza.  Il libro dimostra di essere molto apprezzato dalla critica. Se ne occupano tutti i giornali locali, da “La Provincia di Lecce” a “Il Nuovo Salento”, da “La Gazzetta di Puglia” a “La Freccia”, periodico di Palermo. “In una sintesi mirabile”, scrive Pasquale Micelli  su “L’Ordine” (Lecce, 9 maggio 1924), “egli ha saputo raccogliere, in poco più di 100 pagine, quanto riguarda la penisola salentina, nella varietà delle coste bagnate dall’Adriatico e dallo Ionio, l’origine, la storia e l’antico splendore delle città sparse su di esse o nell’immediato hinterland, i costumi dei popoli, che la abitano, lo sviluppo intellettuale e commerciale, la natura e la fertilità del terreno […] In tutto il libro si trova mirabilmente concentrato quanto moltissimi scrittori hanno diluito in vari poderosi volumi”[18].“Il libro ci fa tornare alla memoria i magnifici prodotti della letteratura storica e scientifica francese, che tende a popolarizzare l’arte ed il pensiero”, scrive un articolista (probabilmente Pietro Marti) su “Fede” (Lecce, 20 giugno 1924)[19].“Mai mi era capitato di leggere un libro in cui fossero fermate tutte le espressioni del Salento”, sostiene Pietro Camassa sul periodico brindisino “Indipendente” (ottobre 1924), “Vi si parla di mitologia, di preistoria, di letteratura, d’arte, di storia militare, civile, politica, di pesca, di caccia, di industria…”[20].  Gli scrive anche il famoso archeologo Luigi Viola, in una lettera che Marti inserisce nel libro L’estremo Salento, insieme ai giudizi critici di cui stiamo riferendo.[21] Nel 1925 è la volta di Lecce e i suoi dintorni.[22] Anche questo libro è accolto molto bene dalla critica di settore. Ne scrive “L’Indipendente” di Brindisi (11 luglio 1925) come di un libro molto riuscito e interessante, giudizio condiviso da Nicola Bernardini su “La Provincia di Lecce” del 24 maggio 1925[23]. E sul “Corriere Meridionale” (Lecce, 20 agosto 1925), afferma Francesco D’Elia: “il presente volume del Prof. Marti ha un carattere popolare, in quanto le principali notizie storiche dei luoghi, esposte in forma spicciola, sono fuse insieme con numerose indicazioni delle varie forme di attività cittadina, culturale, artistica, industriale, che crediamo utilissime perché ci dimostrano il progresso raggiunto nella civiltà dei nostri luoghi, e quel migliore avvenire che attendono di raggiungere”[24]. Anche in questo libro Marti dà cenni di Geografia, idrografia, si occupa di storia e di arte dei principali centri dell’hinterland leccese, come Surbo, San Cataldo, Acaia, Strudà, Pisignano, San Cesario, Monteroni, Novoli, Campi, Trepuzzi, oltre naturalmente al capoluogo di provincia.

Nel 1931 esce L’estremo Salento,[25]  con Prefazione di Amilcare Foscarini, il quale afferma che “se i precedenti libri di questo benemerito ed instancabile autore sono riusciti dilettevoli e istruttivi per la generalità dei lettori, quest’ultimo li supera per un maggiore interesse, poiché tratta di una contrada incantevole, lussureggiante, ricca di memorie, di terreni fertilissimi e di prodotti commerciali, cinta da ridenti marine, da stazioni balneari e termo-minerali di eccezionale importanza, poco apprezzata perché poco conosciuta”[26]. Come recita il titolo, l’opera si occupa dell’estrema propaggine del Salento, il Capo di Leuca, ovvero il Promontorio Iapigio, che divide l’Adriatico dallo Ionio. Parte dalla preistoria, citando le fonti greche e latine e passando in rassegna tutte le più svariate e oggi abusate ipotesi sulle origini del nostro popolo.

Si occupa della storia antica del Salento, della storia medievale e moderna, delle famiglie gentilizie e dei grandi personaggi del passato, secondo uno schema paludato che se oggi è superato, ai tempi di Marti era ancora in auge e anzi era l’unico metodo storiografico in uso. Si può dunque apprezzare lo sforzo profuso dal Nostro, in questa notevole attività pubblicistica e nel suo impegno nella scoperta e parimenti nella valorizzazione dell’enorme portato culturale di cui è depositaria la terra salentina.

Pur essendo uno scienziato, di robusta formazione positivista, Marti fu amato dalla Musa e seppe coltivare generi letterari così diversi con immutata partecipazione.  Ulteriori approfondimenti potranno rendere più nitida una figura così interessante.

Raffaele Marti morì a Lecce il 5.2.1945, all’età di 86 anni.

 

Note

[1] Devo queste e le successive notizie anagrafiche all’amico studioso Vincenzo Vetruccio, il quale ha condensato le sue ricerche sulla famiglia Marti in un “Discorso Su Pietro Marti pronunciato il 19 febbraio 2015 presso la scuola primaria Saverio Lillo” Inedito.

[2] Si tratta di opera inedita, lasciata incompleta e segnalata da Alfredo Calabrese, Le memorie di Pietro Marti, in “Lu lampiune” n.1 Lecce, Grifo, 1992, pp.27-34.

[3] Sulla figura dell’erudito Pietro Marti (1863-1933), storico, giornalista, conferenziere, illustre concittadino di Ruffano, esiste una cospicua bibliografia. Tra gli altri:

Carlo Villani, Scrittori ed artisti pugliesi antichi, moderni e contemporanei, Trani, Vallecchi, 1904, p.578 (nuova edizione Napoli, Morano, 1920, pp-137-138);  Domenico Giusto, Dizionario bio-bibliografico degli scrittori pugliesi (dalla Rivoluzione Francese alla rivoluzione fascista), Bari, Società Editrice Tipografica, 1929, pp.187-188;  Aldo de Bernart, Nel I centenario della nascita di Pietro Marti, in “La Zagaglia”, Lecce, n. 21, 1964, pp.63-64;  Pasquale Sorrenti, Repertorio bibliografico degli scrittori pugliesi contemporanei, Bari, Savarese, 1976, pp.375-376; Ermanno Inguscio, La civica amministrazione di Ruffano (1861-1999). Profilo storico,  Galatina, Congedo Ed., 1999, pp.174-175; Paolo Vincenti, Pietro Marti da Ruffano, in “NuovAlba”, dicembre 2005, Parabita, 2005, pp-17-18; Aldo de Bernart, In margine alla figura di Pietro Marti,  in “NuovAlba”, aprile 2006, Parabita, 2006, p.15;  Ermanno Inguscio, Vanini nel pensiero di Pietro Marti, in “Note di Storia e Cultura Salentina”, Società Storia Patria Puglia, sezione di Maglie,  n. XX, Lecce, Argo, 2009, pp.137-148;Idem, Pietro Marti direttore di giornali, in “Terra di Leuca. Rivista bimensile d’informazione, storia, cultura e politica”, Tricase, Iride Edizioni, a. VII, n. 39, 2010, p. 6; Idem, L’attività giornalistica di Pietro Marti,  in “Note di Storia e Cultura Salentina”, Società Storia Patria Puglia, sezione di Maglie,  n. XXI, Lecce, Argo, 2010-2011, pp.227-234;Idem, Il giornalista Pietro Marti, in “Terra di Leuca. Rivista bimensile d’informazione, storia, cultura e politica”,Tricase, Iride Edizioni, a.VIII, n.40, 2011, p.7;Idem, Liborio Romano e le ragioni del Sud nel periodo postunitario. Il contributo di Pietro Marti sul patriota salentino, in “Risorgimento e Mezzogiorno. Rassegna di studi storici”, n.43-44, dicembre 2011, Bari, Levante Ed., pp.147-161; Idem, Pietro Marti e la cultura salentina. Apologia di Liborio Romano, in “Note di Storia e Cultura Salentina”, Società Storia Patria Puglia, sezione di Maglie, n. XXII, Lecce, Grifo,2012, pp.164-185;Aldo de Bernart, Cenni sulla figura di Pietro Marti da Ruffano, Memorabilia 35, Ruffano, Tip. Inguscio e De Vitis,2012; Ermanno Inguscio, Pietro Marti, il giornalista, il conferenziere, il polemista, in “Note di Storia e Cultura Salentina”, Società Storia Patria Puglia, sezione di Maglie, n. XXIII, Lecce, Argo, 2013, pp.40-58; Idem, Pietro Marti (1863-1933) Cultura e giornalismo in Terra d’Otranto, a cura di Marcello Gaballo, Fondazione Terra D’Otranto, Nardò, Tip. Biesse, 2013.

 

[4] Ermanno Inguscio, Pietro Marti (1863-1933) Cultura e giornalismo in Terra d’Otranto, a cura di Marcello Gaballo, Fondazione Terra D’Otranto, Nardò, Tip. Biesse, 2013, p.34.

[5] “…imitate questo vostro compagno di studio, che ha scritto il suo libro raccogliendone gli elementi dalla natura vivente e reale […] Fate, fate, fate voi come ha fatto lui, e vi renderete benemeriti, non solo alla scienza, col contributo che darete, ma anche alla nostra provincia” (Cosimo De Giorgi, Prefazione, in Raffaele Marti, Golfi di Taranto, Napoli e Valli di Comacchio (loro produzione alimentare), Lecce, Tip. Lazzaretti, 1896, p.6.)

[6] Giudizi sopra alcune opere del Marti, in Raffaele Marti, L’estremo Salento, Lecce, Stabil. Tipografico F.Scorrano e co., 1931, pp.8-9.

[7] Raffaele Marti, L’acqua conferenza letta nella sala del consiglio comunale di Norcia e Operazioni del calcolo e loro analogia , Lecce,  Tip. Cooperativa, 1894.

[8] Idem, Golfi di Taranto, Napoli e Valli di Comacchio (loro produzione alimentare), Lecce, Tip. Lazzaretti, 1896.

[9] Idem, Elementi di Algebra, Taranto, Tip. Latronico, 1896.

[10] Idem, Dalla P. della Campanella al C. Licosa, Taranto, Tip. Spagnolo, 1907.

[11] Idem, Foglie sparse, Taranto,  Tip. Spagnolo, 1907.

[12] Idem, Gli acari o piaghe sociali. Dramma in quattro atti e cinque quadri, Lecce, Tip. Conte, 1913.

[13] Ermanno Inguscio, Pietro Marti (1863-1933) Cultura e giornalismo in Terra d’Otranto, a cura di Marcello Gaballo, Fondazione Terra D’Otranto, Nardò, Tip. Biesse, 2013, p.195.

[14] , Ermanno Inguscio, Letteratura arte e storia nel periodico “La voce del Salento”, in Idem, Pietro Marti (1863-1933), op.cit.., pp.149-160.

[15] Luigi, sposato a Pallanza, in provincia di Novara, anch’egli firma de “La voce del Salento”, fu apprezzatissimo poeta e scrittore.  Fra le sue opere, per citare solo qualche titolo: Un eco dal villaggio, Lecce, Stab. Tip. Scipione Ammirato, 1880; Manfredi nella Storia e nella Commedia dell’Alighieri, Lecce, Tipografia Salentina, 1887; Liriche, Lecce, Tipografia Garibaldi, 1889; La verde Apulia, Lecce, Tipografia Salentina, 1889; Napoleone e la Francia nella mente di Foscolo, Pallanza, Tipografia Verzellini, 1891; Un secolo di patriottismo, Pallanza, Tipografia Verzellini, 1891; Il Salento, Taranto, Editore Mazzolino, 1896; Dalle valli alle vette, Milano, La Poligrafica, 1898; ecc. Luigi morì improvvisamente a Salerno nel 1911, all’età di 56 anni.

[16] Fra le opere di Antonio Marti, basti citare: il volume di poesie Povere foglie, Lecce Tip. Editrice Sociale- Carlino, Marti e Cibaria, 1891, e Scritti vari – Novelle e Viaggi, Intra, Tipografia Bertolotti Paolo e Francesco,1893

[17] Raffaele Marti, Le coste del Salento Viaggio illustrativo, Lecce, Tip. Vincenzo Conte, 1924.

[18] Giudizi sopra alcune opere del Marti, in Raffaele Marti, L’estremo Salento, Lecce, Stabil. Tipografico F.Scorrano e co., 1931, p.8.

[19] Ivi, p.10.

[20] Ivi, p.12.

[21] Ivi, p.11.

[22] Idem, Lecce e suoi dintorni. Borgo Piave, S. Cataldo, Acaia, Merine, S. Donato, S. Cesario ecc., Lecce Tip. Gius. Guido, 1925.

[23] Giudizi sopra alcune opere del Marti, in op.cit., p.14.

[24] Ivi, p.13.

[25] Idem, L’estremo Salento, Lecce, Stabil. Tipografico F.Scorrano e co., 1931.

[26] Amilcare Foscarini, Prefazione, in op.cit., p.3.

Libri/ L’antica Parrocchiale di Ruffano

di Paolo Vincenti

Lo studioso ruffanese Vincenzo Vetruccio, già apprezzato per il suo precedente lavoro, “La Chiesa di San Sebastiano in Ruffano” (2002-Congedo Editore), ha dato alle stampe questa nuova opera “L’antica Parrocchiale di Ruffano”, anch’essa edita da Congedo, per la prestigiosissima  collana “Biblioteca di Cultura Pugliese”, fondata da Michele Paone e diretta da  Mario Congedo.

Un lavoro articolato ed affascinante, che si addentra nei meandri della vecchia chiesa parrocchiale di Ruffano, dimenticata dai più, riscoprendo particolari artistici dell’antico tempio, ma offrendo anche uno spaccato sociale della comunità ruffanese del tempo.

Nel passaggio dal rito greco al rito latino, si avvertì l’esigenza di sostituire la vecchia parrocchiale, ormai troppo piccola ed indecorosa, con una nuova chiesa.

I lavori di ricostruzione vennero affidati ai fratelli Margoleo di Martano, dalla famiglia Grassi di Ruffano, e, nel 1706, si diede inizio ai lavori, grazie alle offerte dei cittadini e degli ecclesiastici. Nonostante gli immancabili

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