Agli americani fa gola il petrolio di Santa Maria di Leuca. Anche il mare del Salento, la bomboniera delle vacanze italiane degli ultimi anni, finisce nelle richieste di ricerca di idrocarburi. Sono tra le ultime in ordine di tempo ad essere state presentate, lo scorso 22 ottobre. Il ministero dello Sviluppo Economico ha avviato l’istruttoria già due settimane fa. Una doccia gelida per i diciannove Comuni rivieraschi interessati, da Otranto a Gallipoli…
Sono tornata a casa, e non ho fatto a tempo a partire e ad arrivare che già’ si parlava di liberalizzazioni delle trivelle, di ritiro annunciato – ma forse che c’e’ il barbatrucco – oltre che della manifestazione di Sabato 21 Gennaio a Monopoli, di altri scoppi di petrolio ENI, del petrolio al largo della Costa Concordia, dell’oleodotto Keystone per ora bocciato da Obama, e del diniego del pozzo della Audax al largo di Pantelleria.
Avrei tante cose da raccontare, tante impressioni, incontri: dibattere con un nuovo ENI-man a Muro Leccese – sweet revenge – incontrare le mamme di Viggiano, ricevere i premi a Pescara e a Palermo, ma non c’e’ tempo per tutto. Occorrerebbe un post per ciascuna di queste cose.
L’audizione al Senato: e’ andata bene.
Inizia tutto puntuale alle 2 del pomeriggio – ero un po’ preoccupata ed avevo speso moltissimo tempo prima per condensare tutto nei pochi minuti che avevo, perche’ volevo essere rispettosa del tempo altrui. Ma poi, una volta iniziato, la paura e’ passata ed e’ andata come sempre.
Con me c’era il mio amico Hermes Pittelli, giornalista e scrittore di Roma, che sono sicura sapra’ fare un resoconto piu’ obiettivo e distaccato.
Ai senatori in aula gli ho fatto vedere le mappe di tutte le regioni in dettaglio – Venezia, l’Abruzzo, la Sicilia, le isole Tremiti, il Salento, la Basilicata – ed ho evitato di parlare di royalties per non passare il messaggio che aumentando un po gli spiccioli che ci danno, si puo’ fare tutto.
Il mio discorso e’ durato circa 25 minuti ed e’ stato piu’ o meno una versione ridotta di quello che dico sempre. Alla fine ho detto loro che secondo me – ma anche secondo il buonsenso! – sarebbe opportuno sveltire l’istituzione dell’area marina protetta a Pantelleria e del Parco della Costa Teatina per l’Abruzzo, per dare cuscinetti in piu’, ma che meglio sarebbe interdire tutti i mari nazionali alle trivelle.
E poi gli ho detto che siccome l’Italia è il paese più ricco e più avanzato di quelli che si affacciano sull’Adriatico sarebbe opportuno che fosse il nostro paese a farsi promotore di una azione congiunta per chiudere Adriatico, e per
Il mare Adriatico deve essere difeso e tutelato dall’attività estrattiva del petrolio ed il progetto delle ispezioni sismiche è da ritenersi in forte e totale contrasto con l’ambiente, l’economia, la storia, le tradizioni che si svolgono lungo la costa adriatica da Rimini sino a Santa Maria di Leuca, peraltro un territorio ampiamente antropizzato che promuove e valorizza in ogni occasione il turismo di qualità, i prodotti ittici, i sempre più numerosi prodotti agricoli “slow food”, la consolidata immagine di territorio sano che si avvia verso uno sviluppo sempre più sostenibile.
Di seguito la lettera inviata alle Autorità dal Comitato per la tutela del mare del Gargano.
Ordine del Giorno – SALVAGUARDIA DELL’ADRIATICO E DELLE COSTE SALENTINE E PUGLIESI DALL’ESTRAZIONE IN MARE DI IDROCARBURI
IL CONSIGLIO COMUNALE
PREMESSO
– CHE è di pubblico dominio la proposta avanzata dalla ditta petrolifera ”Northern Petroleum Plc” per l’esplorazione della costa salentina pugliese fra Brindisi e Lecce, alla ricerca di idrocarburi, in particolare secondo i progetti d71 FR-NP e d72 FR-NP;
– CHE la sede legale della Northern Petroleum Plc e’ nel Regno Unito, in Martin House, 5 Martin Lane, London EC4R 0DP. In Italia la sua sede operativa è a Roma, in Viale di Trastevere 249 e sul suo sito ufficiale www.northpet.com afferma di avere come missione quella di acquisire siti esplorativi e produttivi a basso costo d’ingresso, allo scopo di aumentarne il valore per i propri azionisti, non per favorire la bilancia energetica italiana;
– CHE la Northern Petroleum Plc stessa menziona chiaramente nel suo Studio di Impatto Ambientale che gli studi condotti danno una visione solo parziale delle loro intenzioni e che le due istanze fanno in realtà parte di un ”ampio progetto unitario” che investe una ”vasta area dell’Adriatico Meridionale”, senza però mai discutere le conseguenze dei suoi nove progetti in maniera globale;
– CHE le zone in cui la Northern Petroleum Plc intende cercare idrocarburi secondo i progetti d71 FR-NP e d72 FR-NP – e gli altri sette su menzionati – sono nelle strette vicinanze di diverse aree protette dedite alla pesca o al ripopolamento ittico, di grotte carsiche marine, di parchi costieri e di ben nove siti di interesse comunitario (SIC), una riserva naturale statale (RNS), una zona di protezione speciale (ZPS), e una area marina protetta (AMP),
La giunta regionale della Puglia ha recepito con una propria delibera il parere negativo del Comitato di Valutazione di impatto ambientale regionale per diverse campagne di rilevamento sismico finalizzate alla verifica della presenza di idrocarburi che investe una vasta area dell’Adriatico Meridionale al largo delle coste pugliesi. Le proposte sono state presentate da un’unica societá, la Northern Petroleum, nell’ambito di distinti procedimenti di Via nazionale, di competenza del Ministero dell’Ambiente, «rispetto al quale – precisa l’assessore regionale all’Ambiente Lorenzo Nicastro – la Regione esprime un parere endoprocedimentale».
Tre richieste sono riferite ai permessi di ricerca giá autorizzati dal Ministero dell’Ambiente nel 2010 e dichiarati illegittimi dai Tribunali amministrativi regionali di Bari e Lecce, a seguito dei contenziosi attivati dalla Regione in
Come preannunciato, ieri ho inviato con Raccomandata RR (13126652015-0 e 12264844380-7) ai due Ministeri le sottoscrizioni raccolte online su Petizione Pubblica in questi mesi. Le adesioni continuano ancora e, fino a ieri, il numero era salito a 2766.
Per l’ennesima volta ringrazio di cuore quanti hanno aderito e con tutti i 2699 firmatari confido che il nostro appello venga tenuto nella debita considerazione.
Di seguito il testo inviato e i domicili dei firmatari, il cui lunghissimo elenco può leggersi in
Trivellazioni in mare, ne abbiamo parlato con Maria Rita D’Orsogna, abruzzese, che lavora come Associate Professor Mathematics Department California State University at Northrigde Los Angeles, CA. Che ci ha risposto da Los Angeles nonostante il fuso orario di 9 ore diverso dal nostro.
Il governo italiano ha dato concessioni per le trivellazioni in mare per ricerche petrolifere, ha senso spingere in questa direzione anzichè nella ricerca di energie alternative?
E’ ovvio che no, ma non soltanto perchè il futuro dell’energia è nelle fonti alternative – solare in primis – ma soprattutto perchè il petrolio che abbiamo in Italia è di qualita’ scadente, posto in profondità e non presente in grandi quantità. Il petrolio italiano non cambierà di una iota lo scenario energetico nazionale ma servirà solo per arricchire chi lo estrae. Basti pensare che il più grande giacimento europeo si trova in Basilcata e produce solo il 6% del fabbisogno nazionale italiano. Questo vuol dire che se vogliamo restare ancorati al petrolio, volenti o nolenti, continueremo a importarlo dall’estero a lungo. La Northern Petroleum stima che il petrolio presente nei mari di Puglia e’ pari a circa 50 milioni di barili – quanto basta all’Italia per un mese. Il gioco vale la candela?
In più il petrolio italiano in genere è “amaro e pesante” cioè carico di impurità sulfuree e le cui molecole non sono della lunghezza giusta per farci la benzina. Il petrolio migliore del mondo è dolce e leggero – tutto il contrario del nostro, che risulta particolarmente inquinante e che necessita di speciali trattamenti per eliminare lo zolfo. La maggior parte delle concessioni di cui si parla oggi arrivano dopo sondaggi gia’ eseguiti 40 o 50 anni fa. A suo tempo si decise che, a parte speciali situazioni come Cortomaggiore (Piacenza), poiche’ il petrolio italiano era di qualita’ pessima non era conveniente estrarlo, e si preferi’ importarlo dall’estero. Oggi c’e’ questo revival di petrolio italiano perche’ la materia prima inizia a scarseggiare, c’e’ molta piu’ competizione da parte di cinesi e indiani, anche per quello che l’ENI ha definito in mia presenza “il fondo del barile”. E siccome siamo nel mondo globale e ipervelocizzato, c’è molto da speculare anche da petrolio cosi scadente come quello italiano.
Quale impatto ambientale provocheranno le trivellazioni?
Quello a cui non sempre si pensa è che per trivellare e poi estrarre petrolio occorre iniettare grandi quantita’ di “fluidi e fanghi” perforanti nel sottosuolo, saturi di inquinanti, a volte di materiale radioattivo e cancerogeni. Si stima che nell’arco della sua vita – di 30 o 40 anni – una piattaforma marina produca circa 90 mila tonnellate di questi rifiuti classificati come speciali e tossici. In teoria queste sostanze dovrebbero essere smaltite in maniera ottimale, nella realta’ spesso finiscono in acqua: lontano dagli occhi della gente. E questo non solo in Italia, ma in tutto il mondo, lo fanno anche in
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