di Armando Polito
Credo che Wikipedia sia più consultata della versione on line della Treccani. È questo un altro segno di quella globalizzazione culturale resa possibile dalla rete e le cui conseguenze epocali sono state delineate nel recente post Tra globale e locale: riflessioni su diritti e mutamenti partendo da Rodotà (https://www.fondazioneterradotranto.it/2014/01/11/tra-globale-e-locale-riflessioni-su-diritti-e-mutamenti-partendo-da-rodota/) a firma di Leonardo Gatto. Così, può sembrare paradossale, tanta parte di conoscenza di realtà locali, prima immeritatamente e superficialmente bollata spesso come manifestazione di provincialismo, ha trovato nella rete il suo veicolo di diffusione e discussione (oltre che di aggiornamento e integrazione continui) e Wikipedia è diventato un contenitore globale, mentre le enciclopedie tradizionali anche nella loro versione digitale rischiano di diventare non solo statiche ma, in un certo senso, locali. Se, però, alcune smagliature possono anche comparire sulla Treccani (mi limito a risegnalarne una che è ancora lì a far bella mostra di sé all’intero globo: https://www.fondazioneterradotranto.it/2013/05/26/lettera-aperta-a-massimo-bray-titolare-del-mibac1/), il rischio in Wikipedia è di gran lunga più spinto, perché ho l’impressione che poco efficace sia, sul piano scientifico, il controllo della validità di certe schede. Non è la prima volta che faccio osservazioni del genere (non aggiungo altri links per non obbligare il volenteroso di turno a consumare un’intera giornata per leggere fino in fondo questo post …) e questa volta sono incappato in rete in Colimena, il nome della torre costiera in territorio di Manduria in provincia di Taranto.
Relativamente all’etimo del toponimo ecco quanto si legge in http://it.wikipedia.org/wiki/Torre_Colimena
Il significato del nome di questa località è ancora piuttosto incerto.
Tuttavia, l’etimologia del nome è di evidente derivazione ellenica, risalente al periodo della Magna Grecia.
Probabilmente il nome Colimena è dovuto alla contrazione di καλή λιμένων (kalì limènon, buoni porti), oppure da κολλημένα (kollimèna, attaccati), in quanto la baia di Torre Colimena e l’attuale Salina dei Monaci apparivano agli occhi dei navigatori come due sicuri porti attaccati, attigui.
O, ancora, il nome potrebbe essere la contrazione di κολύμπι μέρη (kolympi mèri, luoghi per nuotare).
Altri, invece, ritengono che il nome derivi dal latino columna (colonna) in quanto, sul luogo, sono state reperite diverse colonne risalenti al periodo romano.
Pur mantenendo la sua inequivocabile origine greca, il nome Colimena è ricorrente anche nella letteratura spagnola come nome proprio femminile che si rifà, secondo alcune altre fonti, presumibilmente al nome della ninfa Colimena, una nereide marina della mitologia greca.
Direi che le cose vanno male già dall’inizio con quella derivazione ellenica risalente al periodo della Magna Grecia, in cui l’ambiguità di quel risalente serve solo a giustificare tutte le locuzioni subito dopo messe in campo, che sono neogreche e che servono solo a bypassare le anomalie di ordine fonetico riguardanti l’evoluzione vocalica. Nonostante questa contraddizione iniziale che da sola basterebbe a smontare tutta la costruzione, passo ora ad esaminare le varie ipotesi facendo preliminarmente notare come non risultano citati i riferimenti alla fonte, neppure laddove questa viene genericamente messa in campo (debbo pensare che quando neppure genericamente si parla di fonte il padre dell’etimo sia lo stesso autore della scheda?).
1) καλή λιμένων (kalì limènon) In greco classico sarebbe stato καλοί λιμένεϛ (leggi calòi limènes). Facile notare come Colimena rispetto alla locuzione neogreca come a quella classica presenta una –o– che deriverebbe (e come?) da –α-(leggi –a-), nonché la –a che deriverebbe (e come?) da –ω(ν) [leggi -o(n)].
2) κολλημένα (kollimèna) Qui il vocalismo sarebbe compatibile ma risulterebbe molto strano lo scempiamento –λλ– (leggi –ll-)>l di fronte alla tendenza alla geminazione caratteristica del nostro dialetto. In greco classico è κολλωμένα (leggi collomèna) e rispetto a colimena bisognerebbe giustificare lo stesso presunto scempiamento di prima e il vocalismo –ω– (leggi –o-)>-i-.
3) κολύμπι μέρη (kolympi mèri) La presunta trafila sarebbe: κολύμπι μέρη>κολύμμι μέρη (assimilazione –μπ->-μμ-; leggi coliùmmi meri)>κολύμμι μένη (leggi coliùmmi meni). Peccato, però, che bisognerebbe giustificare nel primo componente lo scempiamento –μμ– (leggi –mm-)>–m- e nel secondo il passaggio -ρ->-ν-. In greco classico la locuzione sarebbe stata κολύμβῳ (leggi coliùmbo) μέρη e anche per questa valgono le stesse incongruenze appena rilevate per la neogreca.
4) columna Sarebbe interessante conoscere il nome degli altri che hanno formulato l’ipotesi etimologica che l’anonimo autore della scheda riporta dopo quelle che ritengo essere le sue. Intanto non sono al corrente di ritrovamento di colonne romane in loco e, oltretutto, se il toponimo fosse legato al latino columna, sarebbe stato culonna (forma unica per tutto il Salento) e non certo colimèna che supporrebbe l’inserimento di una –e– eufonica secondo la trafila: columna>columèna>colimena. Se così fosse stato colonna in salentino sarebbe stato non culonna ma columèna.
5) Pur mantenendo la sua inequivocabile origine greca, il nome Colimena è ricorrente anche nella letteratura spagnola come nome proprio femminile che si rifà, secondo alcune altre fonti, presumibilmente al nome della ninfa Colimena, una nereide marina della mitologia greca.
Siamo alla botta finale con la consueta genericità di secondo alcune altre fonti e il presunto rifacimento della voce spagnola alla nereide Colimena. Lasciando da parte la letteratura spagnola e guardando in casa nostra, dico che nessun autore ha mai attestato l’esistenza di Colimena ma che questa presunta ninfa diventa l’emblema di quel pressappochismo interessato (dunque, non sempre legato all’ignoranza) che non perdono nemmeno agli artisti. Le cose stanno così: si prende il nome di Climene [attestato, in riferimento non sempre alla stessa divinità, nella forma greca Κλυμένη (leggi Cliumène) nell’Iliade (XVII, 47), nell’Odissea (XI, 326), in Esiodo (VIII-VII secolo a. C.), Theogonia, 351, nello Pseudo-Apollodoro, Bibliotheca (compilazione del I-II secolo), II, 1, 5; nella forma latina Clymene in Igino (II secolo d. C.), Fabulae, praefatio, VIII], si aggiunge una –o-, si cambia la terminazione da –e in –a e il gioco è fatto. Ecco scodellata la ninfa Colimena pronta, addirittura, a diventare protagonista di uno spettacolo, la cui recensione dal titolo Sal Salina Salento a firma di Paolo Vincenti chiunque abbia interesse potrà leggere in https://www.fondazioneterradotranto.it/2013/12/05/sal-sal-ina-sal-ento/.
Sarebbe stato preferibile che il nome della nostra gente non fosse derivato dal sale ma che ne avessimo conservato in testa un pizzico in più …
Tornando al nostro etimo: come uscire dal pantano? Io credo che, senza considerare il Rohlfs un evangelista, chi affronta una questione etimologica riferita al salentino non possa prescindere, laddove essa esista, dalla proposta avanzata dallo studioso tedesco e almeno citarla, poi confutarla, se si è in grado.
Io nel mio piccolo mi limito alla prima azione: dal greco κωλυμένος=scostato. Poi, illudendomi per un istante di essere meno piccolo, mi avventuro ad aggiungere una correzione ed una glossa. Κωλυμένος (leggi coliumènos) nelle intenzioni del Rohlfs sarebbe dovuto essere il participio presente mediopassivo maschile del verbo κωλύω (leggi coliùo)=dividere. La forma corretta, però, è κωλυόμενος (leggi coliuòmenos). A questo punto qualcuno dirà che, per l’accento, al nostro toponimo è più vicino κωλυμένος di κωλυόμενος. Osservazione ineccepibile e, giacché ci siamo, faccio notare pure che se il nostro toponimo fosse derivato da κωλυόμενος sarebbe stato Coliòmeno, se, per assurdo (visto che, come ho detto, non esiste) da κωλυμένος sarebbe stato Colimèno.
Per risolvere il problema dobbiamo considerare non il maschile ma il femminile singolare del participio presente di κωλύω, che è κωλυομένη (leggi coliuomène). Da questo a Colimèna (attraverso *Coliomèna) il passaggio è immediato e la terminazione in -a del nostro toponimo (mentre la voce greca termina in –η) potrebbe riferirsi ad una forma dorica *κωλυομένα.
Da escludere una derivazione dal neutro plurale dello stesso participio che è κωλυόμενα (leggi coliuòmena) e avrebbe dato Colìmena (attraverso *Coliòmena).
Non escluderei, invece, κεκωλυμένη (leggi kekoliumène), nominativo femminile del participio perfetto mediopassivo dello stesso verbo; in questo caso, però, dovrei supporre l’aferesi di κε-, caratteristica del raddoppiamento tipica del perfetto, intesa quasi come inutile ridondanza sillabica.
Dopo aver fatto notare come in etimologia anche un accento ha la sua importanza e che il κωλυμένος del Rohlfs va corretto in κωλυομένη o in (κε)κωλυμένη, sul piano semantico la nostra voce, che alla lettera significherebbe impedita, potrebbe contenere un riferimento alla pericolosità (malaria?) e/o difficoltà di accesso (bosco, palude?) alla zona. Se è così, il luogo avrebbe prestato il suo nome alla torre e non viceversa.
E al fascino dei paraggi della torre e delle sue creature (troppo facile ambientarvi qualsiasi rappresentazione …) vi lascio grazie alle foto che, come le due precedenti, ha realizzato appositamente per me Corrado Notario, al quale va il mio ringraziamento.