di Paolo Rausa
Me ne aveva parlato con il coinvolgente entusiasmo che ci mette sempre quando si infila nel varco aperto dagli eventi di un certo rilievo, Tito Manlio Altomare. Ho avuto il privilegio di conoscerlo a Milano durante l’iniziativa organizzata lo scorso anno dall’Associazione Regionale Pugliesi a favore degli italiani, per lo più pugliesi, di Crimea deportati da Stalin nel 1942 e tuttora senza riconoscimenti, durante la quale aveva proiettato il suo toccante documentario “La Puglia oltre il Mediterraneo”, in questo caso verso il Mar Nero. L’iniziativa si è poi ripetuta al Palazzo della Cultura di Poggiardo, in Salento.
Tito portava con sé due libri, donati a me e all’animatore dell’Associazione Libera, Giuseppe Colafati, che poi sarebbe diventato sindaco del paese. Il libro era questo. Ne abbiamo poi riparlato durante la sosta di qualche mese fa a Milano, mentre era in procinto di raggiungere Kerč, in Crimea, laddove abitano i nostri connazionali sopravvissuti alla deportazione e i loro discendenti. In quella occasione riparlammo del libro, delle sue illustrazioni, del suo valore culturale e antropologico, ma – si rammaricava Tito – anche della importanza economica della “industria delle feste” in Puglia, ora in evidente crisi, che coinvolge dai 7 ai 10 milioni di persone e un impegno di 700 mila giornate lavorative. Dati di una certa importanza, soprattutto in una regione di emigrazioni come la Puglia.
Tito M. Altomare non è nuovo ad approfondimenti e ad avventure di questo genere. Si è sempre speso, nel corso della sua lunga carriera di giornalista Rai, nel documentare i fatti spesso tragici che hanno colpito le comunità, dalle guerre, ai terremoti, ai grandi disastri ecologici con le conseguenze nefaste che si possono immaginare. Ed ha avuto anche prestigiosi riconoscimenti per