di Armando Polito
Sono uno che mantiene le promesse, anzi le minacce, specialmente quando la responsabilità non è da ascrivere tutta al sottoscritto. Integro, perciò, la risposta sommaria data alle osservazioni di Marcello e Pier Paolo al recente post su strulicàre ribadendo anzitutto che, a quanto ne so, ha ragione Pier Paolo, nel senso che strulicàre non implica necessariamente uno stato mentale patologico1, cosa che avviene, invece, per sparliggiàre (può darsi che Marcello sia rimasto imbrigliato nella sequenza primo/secondo).
Sparliggiàre non è registrato dal Rohlfs ma credo che il suo corrispondente italiano, se esistesse, sarebbe sparleggiare, forma frequentativa di sparlare che già in italiano oltre che parlare con malignità e maldicenza significa pure parlare a sproposito. Il suffisso frequentativo della voce dialettale ha finito per conferire alla stessa il riferimento ai discorsi da un lato spesso ripetitivi, dall’altro, comunque, “strani”, tipici, si dice, della pazzia; e ho virgolettato “strani” e aggiunto ”si dice”per dare ragione, pure stavolta, a Pier Paolo….
Ma nel dialetto neretino sparliggiàre viene usato anche nel senso di smarrire: m’ha sparliggiatu lu cacciavite=mi hai spostato (volontariamente o no) il cacciavite da dov’era ed ora non si trova più.
Secondo me di tratta solo di un omografo e perciò ha un’etimologia diversa. Quale? In un primo momento sembra venire in soccorso il Rohlfs che nel senso di disperdere registra spalisciàre (Galatina, Scorrano, Surbo) e spaliggiàre (Casarano, Parabita, Spongano), che connette entrambi con