Sta fiàta tocca mmi la scardu sulu, o quasi, tra llana, pesce, cramègna e capìddhi… (Questa volta mi tocca cavarmela da solo, o quasi, tra lana, pesce, gramigna e capelli…)
di Armando Polito
Oggi parliamo di un verbo in passato molto familiare, anche nel senso che si riferiva ad un’attività che in famiglia era riservata alla donne, come la quasi totalità dei lavori domestici; verbo e attività che alle giovani donne di oggi appariranno, più che cose di altri tempi (dunque, pur sempre legate alla realtà umana), come qualcosa di strano e di marziano.
Il verbo in questione, destinato a scomparire come tutti i vocaboli legati ad un fenomeno estinto, è scramignàre, deformazione (con aggiunta di s- intensiva) dell’obsoleto italiano carminare nel significato di cardare la lana; va detto che esiste, sempre in italiano, anche un omofono, pure esso obsoleto, carminàre col significato di eliminare gas dall’intestino. Come è norma per gli omofoni, la loro etimologia è diversa. Mi riservo di lasciare per ultimo quello che a noi interessa per dire che carminàre nel significato poco elegante appena ricordato è dal latino carminàre=fare un incantesimo, guarire con un incantesimo, da carmen=canto; da esso derivato è l’aggettivo carminativo, voce tecnico-specialistica ad indicare una sostanza che favorisce l’espulsione dei gas di cui sopra.
Il carminàre che oggi ci interessa, invece, deriva dall’omofono latino carminàre=cardare, da carmen (omofono di quello prima citato1)=pettine per cardare la lana.
Tornando al nostro scramignàre dirò velocemente che esso è sinonimo, oltre che di cardare la lana, di scarmigliare, che, guarda caso, probabilmente nasce dall’incrocio fra (s)carminàre e scompigliàre, magari pure con la complicità di scapigliàre. È troppo intuitivo il rapporto tra il concetto di cardare la lana e quello di spettinare perché faccia perdere al lettore più tempo di quanto non ne abbia consumato fin qui leggendomi. Probabilmente sarà proprio questo significato traslato a conservare ancora