L’orrenda superfetazione del tempo che fu del Palazzo ducale di San Cesario di Lecce …

di Armando Polito

san cesario di lecce

 

La prima immagine (tratta da http://it.wikipedia.org/wiki/San_Cesario_di_Lecce#mediaviewer/File:San_Cesario_di_Lecce_Palazzo_Ducale.jpg) mostra lo stato attuale della facciata.
Nella seconda (tratta da http://www.alinariarchives.it/en/inventary/ACA-F-035452-0000), datata 1920-1930 circa, ho evidenziato nel riquadro in rosso la superfetazione opportunamente eliminata, credo perché comprometteva il simmetrico equilibrio della facciata, nonostante l’apertura della parte aggiunta ricalcasse la forma delle finestre limitrofe. Qualcuno sa dirmi la data precisa dell’aggiunta prima e della sua eliminazione poi?
Speriamo che in questa balorda Italia di oggi, dove si distruggono le testimonianze originali (non le loro superfetazioni!) del passato, anche quando sono bellissime, per insediarvi a futura memoria nostra gli sgorbi del presente, non venga in mente a qualcuno, nella fattispecie, di ripristinarne uno del passato …

 

 

San Cesario. Lu santu scarbatu

RELIGIONE POPOLARE NEL SALENTO FINE OTTOCENTO

Tutti presenti meno che San Cesario,

“lu santu scarbàtu”

di Nino Pensabene

Leggo fra gli appunti etnologici di Giulietta – e trascrivo quasi testualmente – che

“Per festeggiare la vita esorcizzando la morte, il primo di novembre –  periodo propizio per la facilità di raccolta – era di uso fra la popolazione salentina mangiare funghi. E tanto profondamente era sentito l’atto devozionale che, nel mettere la pietanza a tavola, automaticamente si salutavano tutti i santi, la cui presenza era assicurata, esclusa  quella di San Cesario, che per tanta defezione veniva chiamato “Lu santu scarbàtu” (“Il santo sgarbato”).

La ragione – si diceva – stava nel fatto che ricorrendo la sua festa proprio il 1 novembre ed essendo la stessa soppiantata da quella più importante di tutti i Santi, il ribelle, sentendosi defraudato della propria celebrazione, si ‘ncazzàa (si incavolava) e anziché partecipare al banchetto mannà tutti a ddhru paése (mandava tutti all’inferno) andandosene  a raccogliere funghi.

I più pii, invece, non attribuendo mai ai santi atti di ribellione o scortesie di sorta, correggevano la versione piuttosto laica  – opera ti lu tiàulu – ed asserivano che san Cesario era assente dalle tavolate perché, generoso com’era, andava a funghi pur di unirsi agli altri raccoglitori e vigilare sugli stessi affinché non avessero a sbagliare nello scarto fra commestibili e velenosi.

Secondo costoro, per questo motivo invece c’era l’uso di mangiare funghi il primo novembre, per rendere cioè onore a San Cesario, che per il bene altrui annualmente si privava della festa collettiva”.

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