di Massimo Vaglio
Lo storico Girolamo Marciano (1571-1628) nel suo, Descrizioni, origini e successi della Provincia d’Otranto, annovera la ricotta forte: …detta volgarmente uschiante, per il sapore alquanto mordace, che contrae nella confettura, che non si fa in altro luogo d’Italia…. ne riporta con precisione il metodo di preparazione e gli utilizzi gastronomici, e le riconosce persino ampie proprietà terapeutiche: …giova molto allo stomaco, ed è gratissima al gusto, provoca l’appetito, reprime il vomito, e stringe il flusso del ventre, uccide grandemente i vermini, e posta sulle piaghe verminose, ne fa subito cader i vermi, genera sangue e nutrisce molto. La menzioneranno nei loro testi anche V. Corrado (1738- 1836) e G.B. Gagliardo (1758-1826) che nel suo Catechismo Agrario (1793) da anche alcune dritte sull’uso della ricotta fresca e nel modo di ricavarne da questa “la manteca”, ossia il burro di ricotta..
La ricotta è un latticino che si ricava dal siero in seguito alla ricottura dello stesso, da cui il nome. Dalla ricotta, sottoponendola ad una sorta di fermentazione controllata, si ottiene la ricotta forte.
La ricotta può essere prodotta sia con siero proveniente dalla lavorazione dei formaggi ovi-caprini, che dei formaggi vaccini e a pasta filata, addizionando il 5-10 % di latte. Il siero, viene filtrato e riscaldato in caldaie di rame stagnato; la massa, sotto lenta agitazione, realizzata con il “ruotolo”, è portata a 70 °C circa. Si addiziona il latte, si sala, e con successivo riscaldamento si porta alla temperatura di 83-95 °C.
Così avviene l’affioramento dei fiocchi di ricotta che vengono prelevati con la schiumarola, e posti direttamente nelle fiscelle, se indirizzata al consumo fresco, la ricotta, va mantenuta in frigorifero e consumata entro 1-2 giorni.
La ricotta forte, nota pure come ricotta ‘scante, schianta o uschiante, ha consistenza morbida, cremosa e spalmabile, colorazione, generalmente dal bianco candido al giallo ambrato.
Sapore particolarissimo, molto piccante e sapido. Si ricava dalla ricotta che viene lasciata spurgare nelle fiscelle per qualche giorno, quindi trasferita nei tradizionali recipienti in terracotta smaltata dalla forma svasata, “limbi”, salata e diligentemente amalgamata, manualmente o con l’uso di spatole e lasciata riposare coperta con un telo.
L’operazione viene ripetuta con frequenza per 2-3 mesi. Durante queste fasi, il peso iniziale si riduce di circa un terzo. I particolarissimi, sapore e profumo, avvisano il casaro della perfetta maturazione. Viene adoperata come condimento, al posto del comune formaggio come farcitura di focacce e spalmata sul pane, in accoppiamento con sarde o alici, in quello che può essere considerato lo spuntino più tipico del Salento.
Fra le tante ricette che la vedono protagonista, abbiamo scelto la seguente perché, nonostante l’inserimento di un prodotto non proprio soft come la ricotta forte, rimane comunque un piatto sorprendentemente fresco e piacevolissimo.
Cocule, ovvero, polpette di patate
Lessate le patate rigorosamente di varietà pasta gialla. Sono particolarmente indicate le Sieglinde: pelatele e schiacciatele, aggiungete uova fresche intere in ragione di tre per ogni chilo di patate, abbondante pecorino piccante, pepe nero, prezzemolo o menta; impastate per bene e, facendo rotolare l’impasto fra le palme delle mani, formate delle polpette piuttosto grandi. Allineatele in un tegame dove avrete già rosolato della cipolla tritata e portato a cottura della passata fresca di pomodoro con qualche foglia di basilico. Con il dito, ricavate un incavo in ogni “cocula”, farcitele con un cucchiaino di ricotta forte e richiudetele.
Per dare al piatto un aspetto più invitante cospargetele ancora con un po’ di pecorino e passatele in forno per farle dorare in superficie. Queste polpette vengono normalmente servite come primo piatto, ma non infrequentemente anche come secondo.