di Armando Polito
Ormai non mi viene più da ridere, ma mi incazzo come so fare solo di fronte alle idiozie della burocrazia (non scomodo il trito paragone con gli animali per loro rispetto, anche se fra poco e alla fine sarò costretto a metterli in campo…) quando perfino in discussioni di un certo livello sento qualcuno che ancora manifesta in modo più o meno palese pregiudizi nei confronti del dialetto. Sulla infondatezza scientifica, oltre che antistoricità, di questo atteggiamento non mi soffermo neppure perché ho troppa stima dei lettori di Spigolature salentine e lo ritengo superfluo.
Passo perciò alle due voci dialettali del titolo, designanti, la prima, il piagnisteo, il frignare del bambino, la seconda il bambino stesso che in questo modo manifesta il suo disagio, in passato per lo più ascrivibile a motivi di salute, oggi, credo prevalentemente, a motivazioni di carattere psicologico, come la voglia di attirarre l’attenzione, fino all’espressione di un vero e proprio capriccio, la cui pronta soddisfazione da parte dei genitori ha il pronto effetto di propiziarne altri a breve scadenza…
Sorprendentemente il Rohlfs non avanza alcuna proposta etimologica, limitandosi solo all’invito ad un confronto “con il calabrese pìcciu e il