Gianni Ferraris e Maurizio Nocera a colloquio. Per parlare di partigiani

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di Gianni Ferraris

Il 3 aprile 2014 ANPI Lecce ha inaugurato la sede cittadina. La lotta di liberazione è sempre stata vissuta come qualcosa di lontano, che riguardava il nord. In realtà la Resistenza combattuta era lassù, il meridione era terra già liberata dallo sbarco in Sicilia in avanti. Qui si viveva l’altra Italia, a Brindisi arrivò anche il fuggiasco eccellente con tanto di corte e cortigiani. Tuttavia, faceva notare Maurizio Nocera, segretario provinciale ANPI Lecce, l’apporto dei meridionali è stato incredibilmente elevato. Dall’otto settembre molti sbandati a nord si unirono ai partigiani e prima ancora furono molti i salentini e i pugliesi che andarono ad affiancare gli jugoslavi nella lotta partigiana. Inoltre, sempre dopo l’otto settembre, numeri molto consistenti di soldati rimasti fedeli al re vennero deportati nei lager nazisti. Patrioti anche loro, non seguirono la famigerata repubblica di Salò e non si piegarono ai nazisti, rimasero fedeli al giuramento anche nonostante l’infame fuga della corte a Brindisi. Abbiamo parlato con Maurizio Nocera che, oltre alla carica ricoperta nell’ANPI, è poeta, storico, scrittore.

 

Come nasce l’ANPI di Lecce?

 

Praticamente l’Anpi di Lecce nacque all’indomani della fine della seconda guerra mondiale e alla fine della Resistenza partigiana. Uno dei promotori, che poi diverrà presidente del Comitato provinciale fino al 1993, fu Enzo Sozzo, che come partigiano operò nella zona di Imperia. All’inizio la sezione Anpi si occupò prevalentemente dell’assistenza ai partigiani e ai patrioti della guerra di Liberazione che rimpatriavano chi dai fronti di lotta, chi dai campi di lavoro e di sterminio nazisti. Successivamente, l’Anpi si occupò di tenere viva la memoria di quei salentini leccesi coinvolti nei vari fronti resistenziali. Numerosi furono gli interventi per dedicare strade e piazze ai Caduti leccesi della Resistenza.

 

La Resistenza come patrimonio del Nord, si è creduto per troppo tempo, ora però le ricerche ci dicono altro, qual è stato l’apporto del Salento leccese alla lotta di liberazione?

 

È vero, quando io sono entrato nell’Anpi negli anni ’70, era opinione comune, all’interno della stessa Anpi nazionale, che la Resistenza fosse stata solo un evento accaduto nel Nord Italia. E questo è vero perché al Nord si sono effettivamente sviluppati gli scontri e i conflitti contro i nazifascisti. Ma in quel momento nessuno aveva considerato il fatto che all’interno delle brigate partigiane vi fossero oltre a uomini e donne del Nord, anche uomini e donne del Sud. Fu Aldo Moro, membro d’onore dell’Anpi nazionale, che nel 1975, in un memorabile discorso tenuto al Petruzzelli di Bari, che fece capire a tutti che la Resistenza era stata un evento che aveva coinvolto l’intero paese, in quanto alla lotta antinazifascista avevano partecipato molti uomini e donne del Sud. Si trattava spesso di militari che, dopo l’8 settembre 1943 (armistizio tra gli alleati e la monarchia sabauda) rimasti senza comandi superiori e quindi allo sbando, avevano dismesso la diviso e si erano aggregati alla bande partigiane per combattere e ridare all’Italia quell’onore che Mussolini e la monarchia avevano gettato nel fango.

 

Di tutto questo non si è parlato per moltissimi anni, solo ora vengono fuori storie, numeri e nomi. Come mai questa reticenza?

 

Sì, è vero, in parte si è trattato di una ritardata presa di coscienza da parte della stessa Anpi, ma sostanzialmente il non riconoscimento del contributo dato dal Sud alla lotta di Liberazione fu dovuto al subdolo comportamento del partito egemone in Italia dopo la seconda guerra mondiale, cioè la Dc, il cui governo si protrasse per circa 50 anni, che, succube degli interessi imperialisti degli Stati Uniti e della Nato, e per una supposta paura di una ipoteca invasione sovietica del Paese, impedì quella presa di coscienza di cui sopra. In sostanza quel partito volle tenere ancora il Sud schiacciato alla sua condizione di subalternità al Nord, cosa che si era determinata sin dall’Unità d’Italia, che costò al Mezzogiorno un costo elevatissimo di sofferenze e sacrifici umani ed economici.

 

L’Anpi nazionale sta dedicando studi e ricerche ai patrioti del Meridione. Un primo convegno c’è stato a Torino. Non era meglio dare un segnale forte e farlo a sud? 

 

Anche questo è vero. Finalmente l’Anpi nazionale, con i suoi migliori studiosi e storici, sta finalmente colmando il vuoto che si era creato e molti stanno dedicando ricerche e studi specifici per quantificare il contributo dato dagli uomini e dalle donne del Sud alla Liberazione del Paese dal nazifascismo. È stato fatto un primo convegno a Torino, ma altri sono in programma non solo al Nord, ma anche qui da noi. A Lecce, per esempio, il prof. Pati Luceri, con il sostegno dell’Anpi di Lecce, ha iniziato una laboriosa ricerca per compilare gli elenchi dei Caduti, dei partigiani, delle staffette, dei patrioti, degli antifascisti, dei collaboratori, degli internati nei campi di lavoro e di sterminio nazisti. Questa sua ricerca ha visto già la pubblicazione di ben tre edizioni in volume, e tuttavia non è ancora ultima, perché ancora non sono consultabili alcuni archivi. Al momento, dalla ricerca di Luceri e della stessa Anpi di Lecce si evince che oltre 8500 sono stati gli uomini e le donne di questa provincia che hanno dato il loro contributo alla Resistenza. Come vede, si tratta di una cifra incredibile perfino a noi stessi che operiamo all’interno dell’associazione.

 

Fra pochi giorni è il 25 aprile, stiamo vivendo un periodo molto strano, il Presidente nazionale dell’ANPI ha stigmatizzato allarmato l’incontro del Presidente Napolitano con Silvio Berlusconi, condannato in via definitiva. Il governo Renzi vuole cambiare la Carta Costituzionale con i voti di parlamentari nominati e nonostante il fatto che la Corte Costituzionale abbia stabilito che il sistema elettorale con il quale sono stati eletti è anticostituzionale.  Era questa l’Italia che volevano i patrioti e i padri costituenti?

 

Quello che tu dici è l’incredibile paradosso del momento che viviamo. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, uomo i cui ideali sono di indubbia fedeltà ai valori della Resistenza e della Carta costituzionale, costretto a incontrare un personaggio squallido qual è il signor Silvio Berlusconi, uomo indegno che ha disonorato l’Italia negli ultimi 20 anni, e che ha rappresentato la continuità con l’odioso regime fascista mussoliniano. Dietro questo personaggio, arricchitosi con varie ruberie ai danni del popolo, c’è sempre stata la mano del peggiore sistema capitalista nostrano e mondiale, i cui interessi, soprattutto economico-militari, sono riconducibili alla Nato e all’imperialismo Usa. A questa parte del potere mondiale non è mai piaciuta la democrazia italiana sancita dalla Costituzione, scritta, non bisogna mai dimenticarlo, da circa tre quarti (partigiani) dei membri del comitato dei 72. Non voglio disprezzare nessuno e lungi da me dal credere che un evento di qui possa essere migliore di un evento accaduto in altre parti del pianeta, rifletto solo su una lettura fatta delle differenti Carte costituzionali dei diversi Paesi e Nazioni del mondo. Ebbene, la Carta costituzionale dell’Italia repubblicana è uno di quei fondamenti sociali più avanzati al mondo, perfino più avanzata di quella tanto decantata Carta costituzionale statunitense, ancorata ancora a ideali prerivoluzionari 1789 in Francia. È doloroso sapere oggi che anche i governi, che si sono succeduti all’odioso regime neofascista berlusconista, continuino sulla stessa strada tracciata dal sig. Berlusconi, cioè quella di voler stravolgere gli articoli fondamentale della Carta. Credo comunque che si tratti di tentativi, perché il disegno piduista, di cui il Berlusconi stesso era albero e radice, non è ancora del tutto andato in porto. Contro questo ennesimo tentativo, per di più proposto anche dall’ultimo arrivato sulla poltrona di Palazzo Chigi (Renzi), si è levata alta la voce del presidente nazionale dell’Anpi, Carlo Smuraglia, il quale ha affermato che cambiare la Costituzione oggi in senso autoritario significa tradire quei valori per i quali hanno combattuto contro il nazifascismo e sono morti i partigiani.

 

In questo quadro, qual è, secondo te, il ruolo di un’associazione come l’ANPI?

R. Primo: non far dimenticare quello straordinario patrimonio di lotta e di cultura libertaria e democratica sviluppatosi con la Resistenza. I partigiani e le staffette, i patrioti della guerra di Liberazione, e i tanti, moltissimi, che hanno sofferto la dittatura nazifascista con privazioni, sofferenze, carcere e campi di lavoro e di sterminio, non possono essere dimenticati sull’abisso dell’ignoranza di chi in questo momento domina il mondo.

Secondo: l’Anpi non è un’associaizone di privati cittadini/e dediti all’hobby del contare le stelle (contro cui personalmente non ho nulla da obiettare), ma un’associazione viva nel corpo sociale e politico del Paese. Pur essendosi dichiarata sempre apartitica, l’Anpi che, non bisogna dimenticare è stata la prima associazione della Repubblica ad essere riconosciuta Ente morale dello Stato (1946), è però un’associazione politica antifascista che interviene su ogni evento che accade a proposito degli assetti statutari dell’Italia come, ad esempio, sta facendo in questo momento, difendendo l’integrità della Carta costituzionale.

Partigiani e Antifascisti di Terra d’Otranto

Partigiani e Antifascisti di Terra d’Otranto

di Paolo Rausa

 

Il libro di Ippazio Antonio Luceri, detto Pati, nasce come omaggio postumo alle centinaia  di partigiani e antifascisti salentini, figli della Terra d’Otranto, comprendente le attuali Province di Lecce, Brindisi e Taranto, che “per garantire la loro libertà e donarmi la mia, hanno pagato in tanti modi, spesso con il sacrificio della propria vita”. Il capitolo della storia antifascista e partigiana è quanto mai attuale, soprattutto in questa terra dell’estremo sud, cosiddetta porta d’Oriente,  che non è stata direttamente interessata, salvo casi sporadici, da fatti d’arme ma che generosamente ha fornito uomini che operavano all’estero, in particolare nei Balcani (Albania, Grecia, Jugoslavia),  in Francia e nel resto d’Europa, e soprattutto nel Nord Italia. Ed eccoli questi combattenti per la libertà, catalogati scrupolosamente per nome, paese d’origine, data di nascita, nome dei genitori, brigate di appartenenza, periodo di militanza partigiana e il luogo, o i luoghi, della lotta contro il nazifascismo. Un’opera alla quale Pati Luceri ha lavorato per molti anni.

Il frutto di queste approfondite ricerche, condotte nei vari Archivi delle Sedi Provinciali dell’ANPI, soprattutto del nord Italia, degli Istituti Storici della Resistenza e del Movimento di Liberazione Nazionale, ha prodotto un elenco corposo di patrioti, partigiani, staffette, collaboratori della Resistenza e antifascisti oppositori del regime mussoliniano. La Resistenza in Italia è stato un grande movimento popolare, politico e militare, che si è sviluppato all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943 e che ha coinvolto cittadini di ogni tendenza politica e militari che si trovavano all’estero, soprattutto in Grecia e nei Balcani. Erano organizzati nel CLN, il Comitato di Liberazione Nazionale, e hanno dato vita a una vera e propria guerriglia armata contro le truppe di occupazione tedesca e fasciste della Repubblica Sociale Italiana di Salò, nelle città e nelle zone di montagna, soprattutto del Nord Italia. Le reazioni di rappresaglia sono state rabbiose e violente. Hanno trucidato inermi cittadini: a Roma si ricordano Le Fosse Ardeatine, a Sant’Anna di Stazzema la fucilazione con i mitra di 560 abitanti, a Marzabotto nei pressi di Bologna altra strage di innocenti con 800 morti. La ricerca di Pati Luceri alla luce dei fatti assume una valenza significativa perché dimostra inequivocabilmente che gli antifascisti e i partigiani c’erano anche nel Salento e che come afferma l’autore: “La nostra Terra non è stata soltanto quella degli Starace (segretario del fascio), ma anche quella degli Stampacchia, dei Pandiani, dei Mellone, dei Sozzo, dei Gigante, dei Refolo, degli Arditi del popolo di Taranto vecchia, degli eroici lavoratori della repubblica popolare neretina, ecc.”.

Dei tanti Baglivo Ugo di Alessano, fucilato alle Fosse Ardeatine, dei Caracciolo Emanuele, nato a Tripoli da genitori gallipolini, regista cinematografico, incarcerato a Regina Coeli e ammazzato con un colpo di pistola alla nuca, dei tanti martiri e combattenti, insigniti con le Medaglie d’Oro al Valore, dal tenente colonnello Giuseppe Izzo di Presicce, all’ufficiale del Reggimento San Marco Bernardini Fernando di Sannicola, all’ufficiale dell’aeronautica Di Palma Cosimo di Campi Salentina, al poeta e pittore Giuseppe Sozzo di Surbo, prigioniero nei lager in Polonia e poi in Germania. E dei tanti partigiani contadini e operai e professionisti e  semplici cittadini.

Ancor più significativa appare questa ricerca perché evidenzia il ruolo insostituibile nella lotta partigiana della donne, come Maria Teresa Sparascia di Caprarica del Capo, Caggiula Aida di Parabita, le sorelle Adele e Amelia Mileo di Lecce, ecc.

Maurizio Nocera, Segretario provinciale dell’ANPI di Lecce, è oltremodo orgoglioso perché all’elenco dei 300 nomi di partigiani e antifascisti pubblicati nel libretto “Il Salento per la libertà e la pace”, edito nel 1984, se ne sono aggiunti molti altri, “ormai più di 1200” – aggiunge Pati Luceri. Un elenco che è destinato a crescere per via dei tanti partigiani sfuggiti agli archivi e che parenti o amici ci tengono a riferire nel corso delle  presentazioni del libro nei vari paesi del Salento. Ai quali è giunto il momento di dedicare vie e piazze e lapidi, come monumenti perenni a questi eroi della Resistenza e della Libertà! – riprende Nocera. Pati Luceri, autore prolifico di saggi letterari dedicati alla storia locale (“Omaggio a Salvatore Trinchese” del 1988 e “Asterischi di storia martanese” del 1991), alle lotte popolari e alle letterature dei popoli oppressi (“La Memoria non tradita  delle lotte proletarie per l’emancipazione sociale” del 2010, “Dizionario italiano-kurdo” del 2004 alle “Poesie e Canzoni della resistenza Palestinese e di solidarietà con la sua lotta di liberazione/date Fiori ai cuori ribelli” del 2006) torna con orgoglio e commozione a quest’opera “Frutto di ricerca meravigliosa –  confessa – desiderata e conquistata, passo dopo passo, nome aggiunto a nome, ognuno dei quali andrebbe scolpito in caratteri d’oro!” e il ricordo va alle centinaia di uomini e donne di questa “nostra” terra del Sud, il Salento, la Porta d’Oriente, che hanno lottato per la libertà di tutti e che hanno subito “carcere e torture, confino e clandestinità” senza che nemmeno il lager e le fucilazioni abbiamo mai potuto nemmeno scalfire la loro dignità. Un esempio a venire per tutti!

 

Il libro è stato presentato a Poggiardo il 27 ottobre ore 10,00 alla Casa della Cultura, ex Municipio in piazza Umberto I, con la partecipazione dell’autore e dei familiari degli antifascisti e partigiani poggiardesi.

Maria Teresa Sparascio, staffetta partigiana salentina

sparascio
http://www.salogentis.it/2009/05/04/maria-teresa-sparascio-lunica-staffetta-partigiana-salentina/

di Gianni Ferraris

Il 16 ottobre 1906 nasce a Caprarica, comune di Tricase, Maria Teresa Sparascio. Cresce e vive nel basso Salento, nel comune dell’immensa quercia vallonea che ancora troneggia fra Tricase e il mare.

Nel 1932 nella caserma di Tricase arriva il carabiniere Licheri Efisio Luigi. E’ sardo di Villamar (Ca) ed dal1920 hatrovato il suo lavoro nell’arma, lui è nato nel 1901. I due sud si incontrano e si innamorano. Il 28 agosto del1934, inpieno regime fascista, si sposano a Lecce. Un incontro fra due sud, storia comune in fondo.

Ma lui è carabiniere, viene trasferito in Emilia, prima a Farini D’Olmo (Pc), poi a Langhirano (Pr). Intanto nascono Maria D’Itria nel 35, Irene nel 36, Antonietta nel 38 e Giacomo nel 42. Tutto sommato stanno bene, sono alloggiati nella caserma del Carabinieri. La situazione precipita l’8 settembre del 43. Lui diventa appuntato ma rimane fedele alla patria e si congeda dall’arma, sbanda e diventa partigiano nella brigata Pablo con il nome di “Torino”.

Nel luglio del 44 Langhirano subisce rastrellamenti e la ferocia prima della X mas, poi dei nazisti. La provincia di Parma è martoriata come tutto il nord Italia dalla violenza nazi fascista, i consuntivi parlano di 1675 civili caduti dall’inizio della guerra alla liberazione, di questi 506 erano donne, molte ammazzate senza pietà e senza motivi apparenti, come Adele Nardi, colpita da un proiettile nazista mentre giocava con la sua figlioletta in strada.

Maria Teresa intanto aiutava come poteva il marito e la resistenza era staffetta e basista.

Quel maledetto 26 settembre 1944 Efisio era fuori, lei era in casa con la figlia Maria D’Itria che così ricorda gli avvenimenti:

“… Ricordo che mentre si affrettava a mettere a posto alcuni documenti che il marito le aveva affidato per motivi che non potevo conoscere ma che intuivo, e poi a sistemare indumenti di noi bambini e infine a raccogliere da terra, presso al finestra, le scarpe della figlioletta più piccola, mi invitava a tenermi pronta per andare a ripararci anche noi  insieme all’altra sorellina Irene. Dopo qualche minuto una fucilata partita da un mitra piazzato di fronte alla nostra abitazione la colpiva ferendola a morte. Io, che stavo dietro di lei, fui salva per miracolo. Loro, i nemici tedeschi, avevano raggiunto il loro scopo: erano venuti per punire…”*

Maria Teresa, unica partigiana salentina,  morì il 7 ottobre 1944 all’ospedale di Parma, ferita mortalmente ad un polmone.

Scrive Nello Wrona che in prossimità del 50° anniversario della morte di Maria Teresa si spinse a Langhirano per fare ricerche:

“… Non ricordava il sindaco, ma promise ricerche: non ricordava l’arciprete… non ricordavano gli uomini della Resistenza, rintracciati e scovati sotto i nomi di battaglia, sempre disponibili, mai reticenti, spesso sorpresi: “La moglie di Torino? Si, successe qualche cosa, qualcuno sparò – i tedeschi, certo, durante una puntata – ma se fu per vendetta o per errore o per delazione non saprei dire” … Nella capitale del prosciutto la rimozione era totale, quasi fisica.

E così, di questa donna, morta di piombo tedesco per essere stata porta ordini e moglie di partigiano, si può solo scrivere una storia a togliere. E levando di scena tutto, tranne la morte e le origini. Solo in questo modo la sua storia ha un senso. Nella misura in cui Langhirano e Tricase sono sulla stessa latitudine antropologica: “cafoni” da una parte, “scariolanti” dall’altra; mercato della braccia a Lecce come a Faenza o a Parma; la stessa malaria; la stessa staffa di cavallo dietro la porta; gli stessi abiti di cotonina, lo stesso volto rugoso di aceto e tabacco, sotto lo stesso velo nero delle donne…. Così morire a Langhirano o a Tricase, ha solo un valore incidentale, perché il sud è sempre un meridione planetario, sempre uguale quando la storia la scrivono gli altri. Colpisce solo il silenzio di quarant’anni, quando la storia, a scriverla, è una donna, e una donna meridionale….” *

*Da: Maria Teresa Sparascio – Staffetta partigiana salentina. A cura di Francesco Accogli e Massimo Mura Ed. dell’Iride – dicembre 2004 –

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