Dialetti salentini: pisùlu

di Armando Polito

Dopo pèsule, di cui mi sono recentemente occupato in https://www.fondazioneterradotranto.it/2018/10/18/dialetti-salentini-pesule/, era fatale dedicare l’attenzione a pisùlu, perché si tratta di voce completamente di versa, non solo per l’accento che dovrebbe subito mettere in guardia.

Pisùlu è un paracarro in pietra viva collocato in coppia ai due lati di un portone o, da solo, all’angolo di una via. Oggi a Nardò, quando non siano stati eliminati o sostituiti da altri moderni di forma diversa, degli originali sopravvivono pochi esemplari nel centro storico.

Nardò, via De Pandi

Nardò, corso Giuseppe Garibaldi

Nel Presicce la voce è assente.

Nel Rholfs:

Nel Garrisi:

Indipendentemente dal fatto che convenzionalmente quando non vi è accento la parola deve intendersi piana, qui pesùlu non ha nulla a che fare, come mostra chiaramente la stessa definizione, col vocabolo oggi sotto esame. La variante neretina è pisùlu, ma è quella di Galatina (pezùlu) che consente di raffrontarlo con il neogreco πεζούλι (leggi pizùli) che significa blocco di pietra e a Creta indica un basso muro posto davanti alla casa. La voce neogreca è connessa con la classica πέζα (leggi peza) della quale appare come un diminutivo: πέζα che può significare, caviglia, sbarra di timone, orlo, sponda, a sua volta, è connessa con πούς (leggi pus), genitivo ποδός (leggi podòs), che significa piede. Per questo e ancor più per quanto dirò appare totalmente errato l’etimo proposto per questa voce dal Garrisi, anche perché pessulus significa catenaccio e da questo significato dev’essere partito per inventarsi il posto a difesa. Non rimprovero nulla. Nel campo dell’etimologia in particolare ritengo doveroso usare spesso il punto interrogativo, l’avverbio probabilmente e il modo condizionale. Il Garrisi sembra ignorarli non solo in questo lemma ma in tutto il suo dizionario. Essendo molto curioso, però, mi son chiesto, dopo aver individuato il padre di posto a difesa nel significato di catenaccio che pèssulus (la penultima sillaba è breve, quindi va pronunciato in base all’accento che ho appena finito di aggiungere; su questo tornerò a breve) ha in Terenzio1 (II secolo a. C.).

Nel latino medioevale (Glossario del Du Cange):

(1 PESSULUM, Come sopra peslum per gli abitanti di Grenoble volgarmente lou peslou, copertura appesa alla casa, qualsiasi piccola costruzione al di fuori di un muro, sporgente sulla via. Sentenza di Giovanni arcivescovo di Vienna anno 1228 tomo I Storia del delfinato pag. 142: Vogliamo e ordiniamo, tenuto il consiglio dei sapienti, che tutte le costruzioni che sono ed erano al di fuori dei muri presso il santo romano e nelle cappelle e nei posti di cambio sono sotto la giurisdizione del detto baiulo e dei suoi successori in perpetuo. Vedi pestillum e pessile.

2 PESSULUM per pessulus. Glossario latino-francese dal codice regio 7692. pessulum, chiavistello. Vedi sopra clingere 1).

Da notare come il Du Cange ha riportato pessulum in due lemmi distinti, il che significa che non attribuiva loro lo stesso etimo.

Prima di continuare riporto le voci citate nei pezzi precedenti, ad eccezione di Pestillum, per il quale vedi la nota n. 2.

(PESLUM.Archivio di Vendôme anno 1076 carta 321: Ascelino Cotardo ha mantenuto una casa quasi appendice (che volgarmente chiamano peslum, al muro della chiesa, dove riponga i suoi viveri e il vino che ivi abbia messo insieme. [vedi pessulum]).

Rimprovero al Du Cange il rinvio generico a pessulum quando sarebbe stato opportuno essere meno vaghi e rimandare a PESSULUM 1. Alla luce di quanto finora argomentato giungerei alle seguenti conclusioni:

1) Pessulum2 si legge pèssulum, come il pèssulus plautino (del quale lo stesso Du Cange sostiene essere variante di genere maschile).

2) pessulum1 si legge pessùlum, non ha nulla da spartire, etimologicamente parlando, con pessulum2 ed è probabilmente la trascrizione della voce  neogreca prima citata.

(PESSILE o PESSILIS sembra lo stesso che Pessulum ln Gregorio di Turon libro VIII della storia colonna 391: I parenti insieme si avventano contro questi (Guerpino) e lo uccidono dopo averlo circondato nella casa pensile. Questa variante [pessilem] preferisce l’ultima edizione dal codice manoscritto Colbert. Altre leggevano pensilem domum o pensilem domus. Vedi domus pensilis)

(DOMUS PENSILIS Eucherio di Lione nell’episola aò prete Filone: Questo tuttavia chiedo dallo stesso nostro fratello. che apprestasse per noi la casa pensile che gli ordinammo fosse fatta e le lastre. Columella libro 12 disse magazzino pensile un deposito alto e sollevato. Caneram pendente  [camera sospesa] disse Sidonio libro 2 epistola 2. Κρεμάστους περιβόλους [muri sospesi] Palladio in S. Crisostomo cap. 13. Κρέμαστον κῆπον [Manuel Chrysoloras in giardino pensile] in una lettera pubblicata dopo le Origini di Costantiniopoli di Cosino p. 127. Pensiles horti [giardini pensili] aun tempo memorabili a Tebe egizia. In verità domos pensiles [case sospese] chiamò quelle che sono state costruite sui ponti chiamò l’autore della vita di S. Leobino vescovo di Chartres n. 15 su Parigi: Il fuoco cominciò a bruciare le case sospese che erano stete costruite sul ponte)

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1 Heautontimorumenos, atto II, scena ii: Anus foribus obdit pessulum, ad lanam redIt (La vecchia mette il catenaccio alla porta, ritorna a lavorare la lana).

2

(PESTILLUM, per pistillum, strumento col quale si fa a pezzi, si sminuzza qualcosa; pestello per gli italiani, pestle per gli inglesi, Glossario greco-latino: ἀλετρίβανος, pestillum alias pestillus, col quale viene sminuzzato il sale; cylindrus per Senatore libro 12 epistola 24: Nel condurre le saline poi il compito è: invece degli aratri, invece delle falci usate i cilindri. Viene inteso anche come palo di legno: glossario latino-francese: pilus, poil o pestoil. Pilus è quello chesminuzza; pilus è il  capello in fronte. Parimenti: Pistillu, pesteil. Glossario arabo-latino: pessulum, pestum, pestilum. Giovanni di Hocsem in Enrico di Gueldre vescovo Liegi. cap. III: Avendo offeso per venire in soccorso del suo maestro un laico col colpo di un psetello, che è uno di quei bastoni proibiti nella legge di Lione. La storia di Garin: Davanti a lui in guardia vide stare un pestello, col quale soleva punire chi gli era dgradito, etc. [Il romanzo della rosa manoscritto: E vide gelosia che veniva tenendo nella sua mano un pestello. Cronaca di Bertrando del Guesclin manoscritto: L’uno tiene un palo, l’altro una forca aguzza di lance, di pali dei quali qualcuno ricurvo. Altrove: L’uno porta un pestello, l’altro un mortaio.

PESTALLUM Con lo stesso significato. Archivio di Compiègne; Due mortai con i loro pestelli. Pestail in Lettere di condono anno 1390 registro regio carta 174: Tanto s’accrebbe il dibattito che Ingrant prese un pestello e un manico di marra.

PESTELLUM In inventario anno 1342, dall’archivio di S. Vittore di Marsiglia: Un mortaio e un pestello).

Ho relegato in nota PESTILLUM e connessi perché deverbali da pistare (da cui l’italiano pestare). frequentativo di pìnsere=pigiare e quindi non aventi nulla in comune con gli altri del Du Cange, che sono tutti deverbali da pèndere=pesare,. a sua volta connesso con pendère=pendere.

Anonimi e desueti paracarri nel centro storico di Brindisi…

di Antonio Mingolla*

Percorrendo alcune vie del centro storico di Brindisi solo pochi osservatori più attenti possono notare la presenza di massicci blocchi di pietra, solitamente in marmo, aventi la funzione, fino a diversi anni fa, di proteggere gli angoli e i margini dei palazzi dai carri che percorrevano queste antiche vie, chiamate nel medioevo ruè. Ma quasi nessuno è a conoscenza che questi blocchi affondano le proprie origini in tempi molto più remoti. Infatti in molti casi si tratta di antichi resti romani.
Fra i tanti si possono riconoscere cippi marmorei e rocchi di colonne, a volte scanalati, come ad esempio quello che si trova sull’angolo di un palazzo dei primi del ‘900 di Via Villanova, sul quale si nota il foro centrale, tipico dei rocchi che formano il fusto delle colonne.

In altre parti della città possiamo notare altri rocchi , questa volta completamente lisci, come ad esempio quello che si trova ad angolo tra via Montenegro e il Lungomare Regina Margherita, oppure l’altro posto all’angolo della chiesa Medievale di Sant’Anna.
Altri paracarri sono cippi marmorei, come quello esposto nel cortile del Museo Archeologico Provinciale “Francesco Ribezzo” di Brindisi, sul quale vi sono delle iscrizioni latine.
Un tempo, ben lontano dal consumismo odierno, i materiali “pregiati”, come il marmo, proveniente solitamente dall’oriente, non erano cosi facili da reperire. Proprio per questo motivo nel medioevo molti edifici furono costruiti riutilizzando i materiali provenienti da resti romani.
Pertanto non c’è da meravigliarsi se fra un blocco e l’altro di molti monumenti medioevali brindisini si intravedono marmi romani.
E’ un esempio di reimpiego il Tempio di San Giovanni al Sepolcro, dove si possono ammirare elementi architettonici – decorativi come: capitelli, colonne, trabeazioni ecc. , di epoca romana. Per la realizzazione di uno dei leoni stilofori posti all’ingresso fu usato un cippo marmoreo. Nella parte posteriore del leone, infatti, si può notare una parte di epigrafe in latino.
Anche alcuni resti marmorei dell’abbazia di Sant’Andrea, ora custoditi nel museo, mostrano segni di riutilizzo, come ad esempio un capitello in stile romanico realizzato su un epigrafe romana visibile nella parte posteriore. Come noto, nel 1485, quando venne distrutta l’abbazia di Sant’Andrea dell’isola per costruire il castello Alfonsino, molti elementi decorativi marmorei di epoca romana, riutilizzati nel medioevo per la costruzione dell’eremo, vennero trasportati in città. Questi furono reimpiegati ancora una volta per edificare la chiesa del Carmine (distrutta nel XVIII secolo) che si trovava sull’omonima via.
Altri reperti sono ancora visibili, come parte di un architrave decorato con foglie di acanto spinoso inglobato nel Calvario, il grande blocco di marmo che giace al margine di porta Mesagne, un tempo con funzione di paracarro dell’ arco stesso, probabile base per un leone stiloforo messo a guardia del portone di ingresso della chiesa di San’Andrea.

Piccole riflessioni scaturite dal mio peregrinare tra vicoli e stradine della parte più antica di Brindisi. Resti di antiche colonne che un tempo sorreggevano il tetto di templi o sontuose dimore che forse hanno avuto l’onore di ospitare illustri personaggi: Giulio Cesare, Pompeo, Ottaviano, Marcantonio,Virgilio, Orazio, Traiano, Cicerone, Lenio Flacco, Marco Pacuvio… non lo sapremo mai con certezza.

*Gruppo Archeologico Brindisino

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