La paparìna (il papavero) (seconda parte)

di Armando Polito

SECONDA PARTE: LE TESTIMONIANZE DEGLI AUTORI LATINI

Le proprietà soporifere del papavero sono note da tempi antichissimi, perciò non fa meraviglia che esso sia presente, con tale particolare riferimento, nelle opere scientifiche e letterarie greche e latine. Comincerò da queste ultime e precisamente da Plauto (III-II secolo a. C.)  e dalla sua similitudine: [Il denaro] finisce subito, come se tu gettassi semi di papavero alle formiche1.

Più fortuna ha avuto, invece, un aneddoto (da cui è nato per papavero il significato traslato di persona di grande importanza che occupa un posto di primo piano nella vita pubblica di un paese) riportato dallo storico Tito Livio (I secolo a. C.-I secolo d. C.): Presso i soldati poi, [Sesto, figlio di Tarquinio il Superbo] condividendo con loro pericoli e fatiche, elargendo il bottino con tanta generosità, aveva accresciuto il suo carisma al punto che il padre Tarquinio non era a Roma più potente di quanto lui lo fosse a Gabi. E così, quando vide che aveva radunato uomini sufficienti per ogni tentativo, mandò a Roma uno dei suoi per chiedere al padre che cosa voleva che lui facesse, visto che gli dei gli avevano concesso il potere assoluto a Gabi. A quel messaggero poiché sembrava, credo, poco credibile, nulla fu risposto a voce; il re come se volesse riflettere si recò nel giardino del palazzo seguito dal messaggero del figlio e qui passeggiando si dice che col bastone abbia percosso in silenzio le alte teste dei papaveri. Il messaggero, stanco di porre domande e non ottenere risposta, credendo che la sua missione fosse fallita, se ne tornò a Gabi e riferì quello che aveva detto e quello che aveva sentito e che il re o per ira o per odio o per congenita superbia non aveva detto una sola parola. Quando a Sesto fu chiaro che cosa il padre voleva con il suo oscuro comportamento, eliminò i più importanti cittadini discreditando alcuni presso il popolo e approfittando dell’invidia che era nutrita nei loro confronti. Molti furono uccisi direttamente, altri, contro i quali non poteva essere formulata un’accusa specifica, di nascosto. Fu concessa ad alcuni che lo volevano la fuga o furono mandati in esilio e i beni degli assenti e degli uccisi furono spartiti. Così il sentimento del male pubblico fu lenito dalla dolcezza della elargizione e della preda e dell’interesse privato finché Gabi, privata di potere e di aiuto, passò nelle mani del re romano senza alcun contrasto2.

Se la soluzione appena vista non fosse il classico cadere dalla padella (del figlio) nella brace (del padre) essa sarebbe l’ideale per risolvere i tanti problemi attuali causati dai moderni papaveri. Mi resta, però, un dubbio atroce, cioé che veramente pappa, con stabilizzazione del significato con riferimento esclusivo al mondo degli adulti (compreso il pappa in cui la forma abbreviata per pappone certamente non ha comportato una parallela riduzione della voracità), sia l’etimo di base di papavero

In fondo, alle stesse conclusioni era giunto il testo della canzone Papaveri e papere di Panzeri3, Rastelli e Mascheroni classificatasi al secondo posto al Festival di Sanremo del 1952 nell’interpretazione di Nilla Pizzi, testo inteso da alcuni, nella sua apparente demenzialità, come allusivo agli esponenti del partito allora dominante, la Democrazia Cristiana; da quest’ultima la risposta non si fece attendere poiché i suoi comitati civici  per le elezioni di quell’anno idearono un manifesto in cui campeggiavano papaveri (simboleggianti, questa volta, il Partito Comunista Italiano) svettanti in un campo di grano e attraversati da un grande paio di forbici nell’atto di tagliarli.

È meglio tornare ad un passato più remoto…

La coltivazione del papavero (è il colmo per una specie infestante…) e il suo uso culinario sono attestati da Marco Porcio Catone il Censore (III-II secolo a. C.): Se non potrai vendere la legna e i ramoscelli e non hai pietre da

Tra le verdure più gustate dai Salentini: li paparine

LA PAPARÌNA (il papavero)

di Armando Polito

PRIMA PARTE: NOMENCLATURA ED ETIMOLOGIE

Un campo di papaveri costituisce ancora oggi, fortunatamente, almeno nel Salento, uno di quei fenomeni naturali che, al pari del sorriso di un bambino, della sensibilità di un animale, della bellezza di un tramonto e di una donna non ritoccata (ormai il come mamma l’ha fatta è stato soppiantato da come il chirurgo estetico l’ha trasformata e, in più di un caso, ridotta…), mi emozionano e mi commuovono.

Claude Monet, Musée d’Orsai, Parigi

Questo lavoro vuole essere, perciò, un omaggio a questo nostro compagno di avventura sulla Terra e solo alla sua varietà innocua, con tutto il rispetto per le altre (mi riferisco a quelle da oppio) che la perversione umana, in una delle sue innumerevoli contraddizioni (in cui, nonostante la loro da noi presunta inferiorità non incorrono le restanti specie animali) ha fatto assurgere da un lato a rimedio del dolore (e chi, meglio degli animali, conosce le proprietà terapeutiche delle piante?), dall’altro a folle evasione nel tentativo disperato di superare la propria debolezza. Se però, qualcuno conosce il caso di un solo animale non umano morto, dico morto, per aver abusato di qualche erba, me lo faccia sapere. Quella delle droghe è una piaga antica quanto l’uomo e tra le testimonianze del passato sulle innumerevoli varietà del papavero non è azzardato supporre che più di una faccia riferimento proprio a quelle con proprietà profondamente e in qualche caso irriversibilmente stupefacenti. Io mi limito solo a riportarle, lasciando a chi ha la preparazione scientifica, che io non ho,  il compito di riconoscerle.

nome  scientifico: Papaver rhoeas L.

famiglia: Papaveraceae

nome italiano: papavero rosso, rosolaccio

nome dialettale: paparìna

Papaver e rhoeas erano i due nomi usati dai Romani per indicare la nostra pianta (vedi più avanti le relative testimonianze).

Comincio dal primo. Papaver è troppo lungo perché non sia un nome

La Fondazione Terra d'Otranto, senza fini di lucro, si è costituita il 4 aprile 2011, ottenendo il riconoscimento ufficiale da parte della Regione Puglia - con relativa iscrizione al Registro delle Persone Giuridiche, al n° 330 - in data 15 marzo 2012 ai sensi dell'art. 4 del DPR 10 febbraio 2000, n° 361.

C.F. 91024610759
Conto corrente postale 1003008339
IBAN: IT30G0760116000001003008339

Webdesigner: Andrea Greco

www.fondazioneterradotranto.it è un sito web con aggiornamenti periodici, non a scopo di lucro, non rientrante nella categoria di Prodotto Editoriale secondo la Legge n.62 del 7 marzo 2001. Tutti i contenuti appartengono ai relativi proprietari. Qualora voleste richiedere la rimozione di un contenuto a voi appartenente siete pregati di contattarci: fondazionetdo@gmail.com.

Dati personali raccolti per le seguenti finalità ed utilizzando i seguenti servizi:
Gestione contatti e invio di messaggi
MailChimp
Dati Personali: cognome, email e nome
Interazione con social network e piattaforme esterne
Pulsante Mi Piace e widget sociali di Facebook
Dati Personali: Cookie e Dati di utilizzo
Servizi di piattaforma e hosting
WordPress.com
Dati Personali: varie tipologie di Dati secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio
Statistica
Wordpress Stat
Dati Personali: Cookie e Dati di utilizzo
Informazioni di contatto
Titolare del Trattamento dei Dati
Marcello Gaballo
Indirizzo email del Titolare: marcellogaballo@gmail.com

error: Contenuto protetto!