di Armando Polito
Nel post di Emilio Panarese del 29 u. s. si rivendica per panìri (la variante neretina è panièri) come etimo il greco moderno πανηγύρι. La paternità di tale attribuzione spetta al solito (quanto affetto e stima in quest’aggettivo che, riferito a qualcun altro, assumerebbe una sfumatura spregiativa!…) Rohlfs, che la ribadisce ai lemmi panaìri e panìri, rispettivamente alle pagine 446 e 447 del suo vocabolario. Io non so cosa abbia indotto il maestro tedesco ad attribuire alla voce un’origine relativamente recente, anche se egli sembra aggiustare il tiro in Scavi linguistici nella Magna Grecia, Congedo, Galatina, 1974, dove a pag. 83 leggo: “leccese panìri, panièri, festa popolare in occasione di una fiera=otrantino panaìri, panìri, idem, dal greco volgare πανηγύρι(ον)”. Dunque, prima il “greco moderno”, poi il “greco volgare” per una voce con un chiaro suffisso diminutivo (-ιον), normale nel greco classico, del quale, poi, sarebbe caduta la parte finale (ον). Proprio nel greco classico, oltre che in alcuni intermediari latini, esistono secondo me degli elementi che potrebbero retrodatare di molti secoli la nostra voce, almeno rispetto a quel “greco moderno”1 e allo stesso, artificioso, “greco volgare” .
Un ruolo di protagonista assume , sempre per me, il greco, classico, πανηγύρις, evidente genitore di πανηγύρι (senza, peraltro, scomodare un presunto diminutivo πανηγύρι(ον), e va subito detto che non è certamente l’assenza della consonante finale ad essere prova determinante di un’origine più moderna per panìri/panièri.
Preliminarmente va detto che πανηγύρις ècomposto da due parole delle quali sarò costretto a riportare la trascrizione fonetica perché alcuni caratteri