Lecce. Trasformazioni e ampliamenti del convento di Santa Maria del Tempio

di Giovanna Falco

 

Come tutti i leccesi appassionati di storia locale, attendo la relazione degli scavi archeologici preventivi nell’area dell’ex Caserma Massa (eseguiti sotto la direzione dello staff composto da esperti di Archeologia Classica del Prof. Francesco D’Andria), per apprendere la natura dei cunicoli riportati alla luce, il tipo di reperti che hanno custodito per tanto tempo e da quale area del sito proviene il capitello fotografato dall’esterno del cantiere da più persone tra fine marzo e inizio di aprile, probabile testimonianza della fase architettonica più antica di questo ex edificio.

Riscuotono un certo fascino le gallerie sotterranee voltate a botte emerse dal sottosuolo, attorniate dai vari piani di calpestio dell’immobile, testimonianza delle varie trasformazioni cui è stato sottoposto tra il 1432 e i primi decenni del Novecento. Com’è possibile definirle non rilevanti? Non sono forse state realizzate antecedentemente e/o in contemporanea di tante glorie monumentali presenti in città?

Purtroppo non vi è più l’alzato dell’edificio, ma la peculiarità di questo sito sta proprio nel fatto che l’area è sgombera di strutture sovrastanti ed è ubicata fuori dal perimetro storico della città: è un interessantissimo percorso a vista di storia dell’architettura.

Cunicoli del convento emersi nei recenti lavori

Le dicerie che sono circolate in città, attorno a quest’area, sono dovute al fatto che molte persone non conoscono la storia del convento di Santa Maria del Tempio, più noto come ex Caserma Massa. Finalmente sabato 2 luglio 2012 Valerio Terragno ha pubblicato su il Paese Nuovo una bella sintesi delle sue vicende storiche, fugando dunque qualsiasi leggenda metropolitana.

L’ex convento di Santa Maria del Tempio – poi Caserma Massa – attuale ginepraio di cunicoli, è stata una grande e gloriosa struttura, le cui vicende costruttive possono essere sintetizzate in quattro fasi principali legate alla sua storia, magistralmente raccontata da padre Benigno Francesco Perrone nel primo volume di I Conventi della Serafica Riforma di S. Nicolò in Puglia (1590 – 1835) (Congedo Editore Galatina 1981).

Stratificazioni del piano di calpestio

Fondato nel 1432 come convento dell’Osservanza della Vicaria di Bosnia dipendente da Santa Caterina in Galatina, assorbita nel 1514 dalla Provincia minoritica di San Nicolò (diventata già nel 1446 Vicaria di San Nicolò di Puglia), nel 1591 passa ai padri della Serafica Riforma di San Nicolò in Puglia, diventandone nello spazio di alcuni decenni la casa provinciale più grande. Allontanati i frati una prima volta nel 1811, costoro tornarono nel 1822 per abbandonare il convento definitivamente il 14 settembre 1864. Concesso al comando distrettuale nel 1872, in seguito l’immobile fu adibito a sede della Caserma del Tempio, dedicata nel 1905 a Oronzo Massa. L’1 febbraio 1971 l’edificio è stato demolito.

È preliminare a queste quattro fasi e alla nascita della fondazione monastica, l’inventario dei beni posseduti a Lecce dai Templari stilato nel 1308, recentemente analizzato da Salvatore Fiori nel suo I Templari in Terra d’Otranto. Tracce e testimonianze nell’architettura del Basso Salento (Edizioni Federico Capone, Torino 2010). Ebbene, l’area dov’è sorto il convento era il Feudum Domus Templi, una delle proprietà più importanti dell’ordine cavalleresco nel basso Salento. Il feudo era prospiciente un importante asse viario (attuale via San Lazzaro), che conduceva all’Ospedale di San Lazzaro nei cui pressi s’incanalava la strada verso l’entroterra salentino.

Alla soppressione dei Templari, avvenuta nel 1310, probabilmente il feudo diventò di dominio dei conti di Lecce: nel 1634 Giulio Cesare Infantino in Lecce Sacra, confidando nella tradizione, attribuisce ai conti la proprietà di un’antichissima cappella ubicata in uno dei fertili giardini di pertinenza del convento (da non confondere con la chiesa ipogea di Santa Lucia, l’attuale misero buco pieno di erbacce occultato da un muro, situata di fronte all’area in questione).

Non si conoscono ancora documenti che si riferiscono al passaggio di proprietà a Nuzzo Drimi: costui nel 1432 volle erigere nel suo podere una piccola chiesa e conventino, che dedicò alla Presentazione della Vergine al Tempio e affidò ai francescani dell’Osservanza della Vicaria di Bosnia, gli stessi frati che gestivano il monumentale complesso di Santa Caterina in Galatina fondato dai principi di Taranto.

Giovanni Antonio Orsini del Balzo, erede universale di Drimi, volle donare al convento leccese una teca d’oro, ottenuta dalla fusione di una sua collana, dove fu custodita la reliquia di un chiodo della Croce. L’Orsini del Balzo, inoltre, nel 1449 presentò a Nicolò V una petizione affinché intercedesse presso il vescovo di Lecce, per far sì che nella chiesa extraurbana fosse sepolto il cavaliere gerosolimitano Giacomo da Monteroni. Nel 1440 il convento fu ingrandito grazie alle elemosine offerte dai leccesi. Il complesso monastico, all’epoca, era costituito da un convento la cui area è stata inglobata dall’infermeria seicentesca e da una piccola e bassa chiesa che custodiva una miracolosa immagine della Vergine molto venerata.

Un secondo e più significativo ampliamento fu voluto a partire dal 1508 da padre Riccardo Maremonti, ministro della Provincia di S. Nicolò in Puglia dal 1515, nonché architetto che progettò un quadriportico sul lato nord della chiesa medievale. Costui fece abbattere l’antico convento e tra il 1508 e il 1517, realizzò il lato sud e l’ala est su cui si affacciavano le cucine e le officine. Il portico era formato da sei archi ogivali per lato, sostenuti da possenti colonne sormontate da capitelli decorati da quattro semplici volute (così come si può riscontrare nelle fotografie pubblicate nel libro di Perrone). Maremonti che realizzò, così come ha già illustrato Terragno, anche la sacrestia, il refettorio, e, al primo piano, un corridoio su cui si aprivano dodici stanze, volle ornare i gradini delle scale e le soglie delle stanze con un materiale di pavimentazione duro, adoperato in seguito come modello per lastricare le strade di Lecce.

Subentrati nel 1591 i padri della Serafica Riforma di San Nicolò in Puglia, costoro vollero apportare nuove modifiche allo stabile, dettate dalla necessità di accogliere un maggior numeri di frati e novizi, oltre agli ammalati provenienti da altri conventi. La grande infermeria, menzionata nel 1634 da Infantino, era allineata al prospetto della chiesa ed era dotata di refettorio, cucina, dispensa, farmacia e un numero cospicuo di celle per gli ammalati e di un piccolo chiostro. Prima del 1641 furono completati i due bracci mancanti del portico, realizzati secondo lo stile di Maremonti. Al piano superiore furono costruite nuove celle per i frati e fu aggiunto il corridoio sul lato nord, così da arrivare a ospitare fino a settanta religiosi. A fine secolo fu realizzata una grande biblioteca a uso dei novizi che si acculturarono in questi luoghi. Risale a questa fase l’ingrandimento della chiesetta medievale, essendo state aggiungente le cappelle laterali; la nuova chiesa comprendeva tredici altari e un coro superiore.

Il convento di Santa Maria del Tempio diventò la più grande struttura di tutta la provincia francescana. L’edificio è rimasto sostanzialmente immutato sino alla soppressione del 1864, e nell’inventario redatto per l’occasione, sono elencati i vari vani dello stabile.

materiale emerso durante i lavori

Adibito nel1872 a caserma, nell’edificio furono apportate profonde modifiche dettate dalla nuova destinazione d’uso con le relative esigenze funzionali.

in primo piano uno dei capitelli emersi durante gli scavi

Il convento di Santa Maria del Tempio a Lecce, ricordo di un monumento scomparso

Il convento di Santa Maria del Tempio a Lecce, ricordo di un monumento scomparso…

 Che c’era in Piazza Tito Schipa?

 

di Valerio Terragno

 

Pochi mesi fà, durante gli scavi effettuati per la creazione di un parcheggio sotterraneo in piazza Tito Schipa, nel cuore di Lecce, sono  venuti alla luce i resti di colonne e di ambienti sotterranei, forse tombe.

In questo luogo, sorgeva il convento di Santa Maria del Tempio, una delle principali dimore francescane del Salento, divenuto caserma nell’ottocento, a seguito dell’abbandono da parte dei religiosi.

Il convento, in origine tenuto dai Francescani Osservanti, fu costruito nel 1432 per volontà del barone di Corigliano d’Otranto Nuzzo Drimi e di suo figlio Lorenzo.

Sorto al di fuori delle mura di Lecce, verso sud- est, per volontà del barone Nuzzo Drimi esso venne ampliato ed abbellito grazie alle offerte dei fedeli leccesi, molto legati alla figura del fraticello d’Assisi e della Vergine, desiderosi così di avere un nuovo punto di riferimento religioso.

Questo complesso sorse accanto ad un’ antica chiesa, in stile tardo-gotico, dedicata alla Presentazione della Madonna al Tempio detta della Candelora eretta al tempo dei Principi angioini di Taranto.

Il primo rifacimento

Nel corso del 500, gli Osservanti, diramazione dell’ordine francescano, demolirono l’originario convento e lo ricostruirono, ampliandolo, in stile gotico – rinascimentale, su disegno di Padre Riccardo Maremonti ministro provinciale dei Francescani Osservanti. Frate Maremonti progettò la sacrestìa, le cucine, il refertorio ed il bel chiostro costituito da una fuga di archi ogivali sorretti da colonne con capitelli di tipo ionico.

Dopo padre Riccardo furono i suoi parenti Silvia e Filippo Maremonti ad interessarsi dell’ampliamento del chiostro e dell’arricchimento della residenza monastica.

Nel 1591 i Francescani Osservanti donarono il Convento ai Riformati, altra diramazione monastica dell’ordine, per farne la sede di noviziato in cui poter istruire tutti i fanciulli che volevano diventare frati.

Grazie alla presenza dei Francescani Riformati, Santa Maria del Tempio accrebbe sempre di più il proprio prestigio, fino a diventare la prima sede conventuale della provincia minoritica di San Nicola, che nel 600 comprendeva gran parte dei conventi della Terra d’Otranto.

Tra le sue mura sorsero una biblioteca ricca di importanti testi e documenti, un’infermerìa, un dormitorio ed una scuola di teologìa e di pittura. Nel Convento del Tempio dipinsero fra Giacomo da San Vito e fra Giuseppe da Gravina, il quale affrescò il chiostro con scene della vita di San Francesco d’Assisi, a somiglianza di quello della Basilica di Santa Caterina d’Alessandria a Galatina. In questo convento fiorì la scuola teologica leccese nella quale operarono molti insegnanti prestigiosi.Tra i nomi dei francescani illustri vissuti nella dimora di Santa Maria del Tempio spiccano  Padre Gregorio Scherio, il poeta Serafino d’Alessandro da Grottaglie, Giacomo da Lequile, l’architetto Nicola Milelli o da Lequile che costruì il santuario barocco del Crocifisso a Galatone e Bonaventura da Lama, famoso storico-teologo.

La chiesa

La parte più bella di tutta la dimora conventuale doveva essere la chiesa, realizzata ad una sola navata, sulla quale si affacciavano un coro, i matronei e le cappelle laterali, appartenute a nobili famiglie leccesi e salentine come i Condò , i Lecciso, i Maremonti, i Di Giorgio ed i D’Andrea.

Questa chiesa custodiva al suo interno preziose opere d’arte, come l’affresco mariano proveniente dal primitivo edificio, la statua di Sant’Antonio da Padova scolpita da Gabriele Riccardi, la tela dell’Immacolata attribuita a Francesco da Martina Franca, una tavola bizantineggiante raffigurante la Vergine, un Crocefisso opera di fra Angelo da Pietrafitta, la statua di Santa Lucìa attribuita a Francesco Maria Palmieri, la pala conla Presentazione della Vergine al Tempio  ed il meraviglioso tabernacolo eseguito da Frà Giuseppe da Soleto. Molte di queste opere, disperse a seguito della soppressione risorgimentale del convento, sono oggi collocate in alcune chiese salentine come quelle di San Lazzaro, di Santa Maria della Grazie e la Parrocchiale di Merine.

Il soffitto ligneo fu commissionato dal devoto Lelio Bozzi che si fece raffigurare inginocchiato nel quadro raffigurante la Presentazione della Madonna al Tempio, collocato al centro della volta.

Nella chiesa di Santa Maria del Tempio si conservavano alcuni oggetti venerati dai fedeli come reliquie, quali un pezzo di legno della Croce ed una spina della Corona di Cristo.

L’attigua sacrestìa era provvista di alcuni armadi realizzati in legno d’ulivo, completamente istoriati e al cui interno si custodivano preziose suppellettili. La chiesa fu pure luogo di sepoltura non solo per i frati ma pure per parte dei cittadini leccesi.

Nel 1811, al tempo del governo napoleonico, il convento fu soppresso e chiuso per la prima volta, venendo adibito ad ospedale per accogliere i malati di tifo petecchiale. Qualche anno più tardi, nel 1822, su interessamento dell’attivo frate Angelo da Lecce, Santa Maria del Tempio ritornò nelle mani dei Francescani Osservanti . Intorno al1850, inquesto convento fu impiantato lo Studio Generale dell’Ordine, ma la dimora non raggiunse, dal punto di vista culturale, l’originario prestigio culturale religioso. A seguito della seconda soppressione, quella sabauda, il complesso smise, definitivamente, di essere un convento, venendo trasformato in caserma nel 1872.

Chi era Oronzo Massa?

Il primo nome di questo distretto militare fu quello di ” Caserma Tempio”, sostituito poi, nel 1905, con l’intitolazione ad Oronzo Massa, ufficiale salentino che partecipò alla rivoluzione partenopea del 1799, fucilato nell’agosto di quell’anno nel carcere del Carmine a Napoli, per aver sostenuto la causa repubblicana, rivelandosi così ostile e nemico della monarchìa borbonica.

Negli anni 40 e 50 del 900, l’ex convento fu adibito sia a scuola media che abitazione di militari; i suoi ampli e rigogliosi giardini e frutteti scomparvero per dar posto a nuove costruzioni.

Poco fuori l’edificio si trovava inoltre un monumento eretto in onore dei Caduti del ’95 Reggimento Fanteria, realizzato, in pietra di Ostuni, dallo scultore Angelo Cocchieri.

Nel febbraio 1971, iniziarono i lavori di demolizione di tutta la struttura, per realizzare l’attuale piazza sulla quale sarebbe dovuta sorgere una struttura tesa a divenire punto di riferimento per la vita pubblica e culturale della città, opera tuttavia ancora non realizzata.

In questo modo Lecce ha perso uno dei suoi monumenti più belli ed importanti del XVI secolo, la cui esistenza oggi è rappresentata soltanto da sbiadite fotografìe in bianco e nero ed è custodita nei ricordi dei pochi anziani leccesi che ebbero l’opportunità di vivere una testimonianza di cultura e di arte, oramai  inesorabilmente scomparsa.

 

pubblicato su Paesenuovo del 2 luglio 2011. Si ringraziano il direttore della testata Mauro Marino e l’Autore per la gentile concessione.

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