Il Museo Diocesano di Taranto

Il cortile interno del Museo Diocesano di Taranto
Il cortile interno del Museo Diocesano di Taranto

di Elisa D’Urso

Inaugurato il 6 maggio 2011, il Museo Diocesano di arte sacra di Taranto (MuDi) nasce dall’intuizione di S.E. Mons. Benigno Papa, il quale, recependo l’importanza di promuovere la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio storico e artistico della Diocesi di Taranto, dà avvio ad un accurato progetto museografico condotto dall’Ufficio Diocesano per i beni culturali ecclesiastici, in primo luogo nella persona di mons. Giuseppe Russo e in seguito in quella di don Francesco Simone, attuale direttore dell’Ufficio stesso.

La scelta dell’immobile destinato ad ospitare il Museo è ricaduta sull’antico Seminario Arcivescovile, posto all’interno del centro storico in un triangolo formato, oltre che da esso, dall’Arcivescovado e dalla Cattedrale di San Cataldo e oggetto negli anni di diversi interventi di restauro che hanno permesso di recuperare e valorizzare un bene che per la sua storia costituisce da sé un percorso museografico.

L’antico Seminario fu istituito nel 1568 dall’arcivescovo Marco Antonio Colonna in seguito alla chiusura del Concilio di Trento, durante il quale si decise che ogni diocesi dovesse dotarsi di un Seminario. La diocesi di Taranto fu tra le prime a recepire tale direttiva ma, non disponendo di un edificio di nuovo impianto, destinò allo scopo preesistenze edilizie. Nacque,così, un primo nucleo che, quasi certamente, si sviluppava sui lati nord, est e ovest intorno ad un cortile in parte porticato, e risultava delimitato a sud da un muro, secondo una frequente tipologia degli affacci a mare di molti edifici del tempo, così come si può tuttora osservare nell’articolazione della facciata meridionale del Palazzo Arcivescovile.

Con l’accrescersi del numero dei seminaristi si manifestò l’esigenza di una fabbrica più adeguata, rendendosi necessario l’ampliamento della stessa già nel secolo successivo con l’arcivescovo Tommaso Caracciolo. I lavori furono proseguiti dall’arcivescovo Tommaso Sarria, relativamente alla zona di affaccio su Mar Grande, come si può dedurre dalla presenza del suo stemma sulla chiave di volta del ballatoio al termine della prima rampa di scale che conduce al primo piano, e dall’arcivescovo Francesco Pignatelli, il quale probabilmente fece sopraelevare la fabbrica, come si può ipotizzare dalla presenza del suo stemma sulla facciata interna settentrionale tra il primo e il secondo piano. Dopo successivi interventi minori si giunse alla configurazione attuale dell’immobile con l’arcivescovo Francesco Saverio Mastrilli, il quale ampliò ulteriormente l’edificio sistemando il fronte meridionale e collocandovi il portale principale che reca il suo stemma.

L'Auditorium
L’Auditorium

Gli interventi successivi consistettero quasi esclusivamente in opere di consolidamento della struttura, che risultava fortemente sollecitata. Tra questi i lavori eseguiti nel 1827 nell’ambiente al piano terra in origine destinato a cappella dedicata all’Assunta, come dimostra il dipinto a tempera sulla volta databile alla fine del ‘700 e attribuibile con buona probabilità alla ‘bottega’ del Carella. Tale intervento portò alla realizzazione di arconi di scarico, con conseguente interruzione dell’unità spaziale originaria e con la parziale occultazione del dipinto stesso. Ulteriori lavori di consolidamento furono eseguiti nel 1858 sulle strutture murarie a Nord del cortile, che portarono alla tamponatura degli archi del relativo sottoportico.

Fatta eccezione per brevi interruzioni che videro la struttura occupata prima dalle truppe francesi agli inizi dell’ ‘800, poi dal liceo classico “Archita” dopo l’Unità d’Italia e in ultimo dalle truppe militari durante la prima guerra mondiale, il Seminario rimase attivo per quattro secoli durante i quali il numero degli iscritti crebbe talmente che alla fine dell’ ‘800 si decise di metterlo in comunicazione con il palazzo di proprietà della diocesi posto oltre vico Seminario attraverso un passaggio aereo tuttora esistente, in modo da ampliare gli spazi a destinazione dei seminaristi.

sala Ordini Religiosi e Confraternite
sala Ordini Religiosi e Confraternite

Quando nel 1965 fu costruito il nuovo Seminario a Poggio Galeso, più adeguato alle moderne esigenze, l’antica struttura fu abbandonata e rimase tale fino al 1983, quando l’arcivescovo Mons. Guglielmo Motolese diede concreto avvio ai lavori di restauro dell’immobile, seguiti in tempi recenti da quelli di adeguamento strutturale e impiantistico necessari per l’allestimento del Museo Diocesano.

Partendo dal presupposto che il compito del Museo Diocesano non è limitato alla tutela e valorizzazione delle sole opere esposte ma si estende ad un’attività di promozione culturale sull’intero territorio, è stato concepito un intervento che oltre all’allestimento degli spazi espositivi dedicati alla mostra permanente prevede due ampie sale dedicate a mostre temporanee, una sala convegni dotata di impianto di proiezione, una biblioteca multimediale e un laboratorio di restauro, il tutto nell’ottica di garantire la piena accessibilità anche a persone diversamente abili.

Il percorso espositivo permanente, articolato in sette sezioni tematiche, mette in mostra oltre 300 opere esplicative della storia della diocesi di Taranto, tra cui una discreta quantità di manufatti scultorei chiaramente riferibili ad ambiti culturali di grande interesse, una ricca documentazione pittorica, che testimonia le grandi scuole meridionali, tra cui “Il sogno di San Giuseppe” di Corrado Giaquinto, pregiati paramenti sacri, numerosi sportelli di tabernacolo, tra cui quello dal valore inestimabile in oro zecchino e topazio inciso che fu commissionato dal re Ferdinando II e che giunse a Taranto grazie a una generosa donazione di una importante famiglia tarantina, oltre a una svariata quantità di suppellettile liturgica. Di notevole valore sono, inoltre, gli argenti e gli ori provenienti prevalentemente dal cosiddetto Tesoro di San Cataldo, tra cui l’antica crocetta aurea rinvenuta, secondo le più antiche fonti agiografiche, sul petto del santo nel 1071 al momento del ritrovamento del corpo all’interno del sarcofago marmoreo.

Nell’ottica della sua funzione di promozione culturale sul territorio, nel suoi primi venti mesi di apertura il Museo Diocesano ha ospitato importanti manifestazioni locali, tra cui l’inaugurazione e la relativa mostra del“Festival Paisiello 2011”, la rassegna fotografica “Fotoarte 2012”, in occasione della quale le due sale per mostre temporanee sono state accuratamente allestite per esporre le opere del maestro Ferdinando Scianna e dell’emergente fotografo grottagliese Carlos Solito e tre serate del “Festival Paisiello 2012”.

L’attuale gestione del Museo, a cura di “Custodes Artis s.c.a.r.l.” composta da sei giovani qualificatie supervisionata dal Direttore don Francesco Simone, si pone come obiettivo quello di consentire una maggiore fruizione della struttura e dare notevole impulso alle attività offerte, al fine di rendere il MuDi un riferimento culturale attivo sul territorio.

 

 

 

Un ritratto d’autore a firma di Riccardo Tota nel Museo Diocesano di Taranto

di Nicola Fasano

 

Il Museo Diocesano di Taranto, inaugurato nel 2011, diretto con passione da Don Francesco Simone e gestito dalla cooperativa Custodes Artis, costituita da giovani qualificati, continua a riservarci molte sorprese.

Bernardi

Il museo organizzato in sezioni, presenta in quella dedicata agli arcivescovi, e più precisamente nella saletta dedicata a Ferdinando Bernardi, oltre al rarissimo tessuto in bisso con la raffigurazione del Buon Pastore realizzato negli anni ‘30 del Novecento da Rita Del Bene e donato alla diocesi, un ritratto dello stesso arcivescovo (mis.70 x 61) di elevata fattura.

firma dell'autore

La firma inconfondibile in basso a destra, ci rivela l’autore dell’opera: Riccardo Tota. L’artista (Andria 1899 – Napoli 1998), formatosi presso l’Accademia di Belle Arti a Roma con docenti quali Camillo Innocenti e Giulio Bargellin, era specializzato nella ritrattistica (come conferma il nostro dipinto), nella pittura di paesaggio, riprendendo la tradizione pugliese che ha visto in De Nittis il suo maggiore esponente, e nell’illustrazione rivolta soprattutto a testi scolastici e per l’infanzia, come ad esempio il Pinocchio di Collodi.

Bernardi è ritratto a mezzobusto in abiti vescovili, con straordinaria forza introspettiva e sapiente taglio fotografico. Il volto di una intensa vivezza espressiva è colto con un leggero abbozzo di sorriso, quasi di compiacimento, e una realistica intensità nello sguardo, rafforzata dai riflessi bianchi nelle pupille, e da piccole rughe che gli solcano le borse sotto gli occhi. Un tenue accenno di chiaroscuro lambisce la parte sinistra del volto modellandolo plasticamente; l’incipiente calvizie è resa con crudo naturalismo da una luce proveniente dalla destra dell’Arcivescovo, mentre un timido rossore ne ravviva il volto. Il fondo neutro e la posa a trequarti rende più dinamica la composizione.

Molto probabilmente il ritratto realizzato da Tota, risale ai primissimi anni ‘30 del Novecento, quando l’Arcivescovo di origini piemontesi si insediò sulla Cattedra di Andria ed era naturale che l’artista nativo del posto, si offrisse per realizzare un ritratto della maggiore personalità religiosa.

Successivamente Bernardi avrà portato questo superbo ritratto a Taranto, quando prese possesso della cattedra. A conferma di quanto detto, l’alto prelato dimostra un aspetto fresco e giovanile di età non superiore a 60 anni, non ancora imbolsito dall’avanzare dell’età.

volto Bernardi

Ma chi era Ferdinando Bernardi? Nato a Castiglione Torinese il 10 luglio del 1874, fu nominato vescovo di Andria nel 1931 e il 21 gennaio del 1935 da Papa Pio XI, Vescovo di Taranto. Si distinse per la sua intensa attività pastorale, in particolare si segnala nel 1937 il primo congresso eucaristico diocesano. Nelle attività del congresso, Bernardi, accogliendo un’idea dell’Avvocato Pasquale Imperatrice, costituì nel mese di gennaio un apposito comitato per la realizzazione della storica Prima Mostra Ionica di Arte Sacra. Esposizione che vedeva nel comitato scientifico l’allora direttore del Reale Museo Nazionale di Taranto, l’Onorevole Milziade Magnini, personalità di spicco del Fascismo, Monsignor Giuseppe Blandamura, insigne storico della chiesa tarantina, Vito Forleo, Mario D’Orsi, etc. Nel Palazzo del Governo dove si tenne la mostra, vennero esposte opere dell’Olivieri, del Giaquinto, del Carella, di Luca Giordano e dei Fracanzano, solo per fare qualche nome.

Tornando all’attività di Bernardi, bisogna sottolineare la sua spiccata generosità e il suo altruismo nel mettere a disposizione l’Episcopio, durante il delicato periodo bellico, come centro di informazioni per i prigionieri e i dispersi di guerra, direttamente collegato con l’omonimo ufficio del Vaticano. Nel difficile dopoguerra portò assistenza e conforto ai poveri, agli sfollati e alle tante vittime della atroce guerra. Con lungimirante vaticinio, capendo l’espansione della città sul versante orientale, con la costruzione di nuovi quartieri, fece costruire nuove chiese tra le quali va segnalata quella di Sant’Antonio. Dal 1952 le sue condizioni di salute cominciarono a peggiore, tant’è che un giovane Monsignore Guglielmo Motolese venne consacrato Vescovo e ordinato suo vicario per amministrare la diocesi. Dopo un lungo calvario Bernardi si spense il 18 novembre del 1961. Tornando al nostro dipinto, possiamo osservare la tavolozza imbevuta di luce e la purezza nel colore, segno distintivo del pittore, il quale risponde ad una ritrattistica ufficiale e come tale mette da parte quel tratto rarefatto che lo contraddistingue negli anni ‘30.

Questa mia personale scoperta, cade proprio durante lo svolgimento di un’importante mostra sul pittore, tuttora in corso, allestita nella Pinacoteca Provinciale di Bari ed organizzata dalla direttrice Clara Gelao, che si è avvalsa di un’equipe di studiosi. L’esposizione che gode dell’Alto Patronato del Capo dello Stato e del finanziamento della Fondazione Cassa di Risparmio di Puglia., è stata inaugurata il 14 dicembre del 2012 e si concluderà il 30 aprile 2013.

Il Museo Diocesano di Taranto

Il cortile interno del Museo Diocesano di Taranto
Il cortile interno del Museo Diocesano di Taranto

di Elisa D’Urso

Inaugurato il 6 maggio 2011, il Museo Diocesano di arte sacra di Taranto (MuDi) nasce dall’intuizione di S.E. Mons. Benigno Papa, il quale, recependo l’importanza di promuovere la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio storico e artistico della Diocesi di Taranto, dà avvio ad un accurato progetto museografico condotto dall’Ufficio Diocesano per i beni culturali ecclesiastici, in primo luogo nella persona di mons. Giuseppe Russo e in seguito in quella di don Francesco Simone, attuale direttore dell’Ufficio stesso.

La scelta dell’immobile destinato ad ospitare il Museo è ricaduta sull’antico Seminario Arcivescovile, posto all’interno del centro storico in un triangolo formato, oltre che da esso, dall’Arcivescovado e dalla Cattedrale di San Cataldo e oggetto negli anni di diversi interventi di restauro che hanno permesso di recuperare e valorizzare un bene che per la sua storia costituisce da sé un percorso museografico.

L’antico Seminario fu istituito nel 1568 dall’arcivescovo Marco Antonio Colonna in seguito alla chiusura del Concilio di Trento, durante il quale si decise che ogni diocesi dovesse dotarsi di un Seminario. La diocesi di Taranto fu tra le prime a recepire tale direttiva ma, non disponendo di un edificio di nuovo impianto, destinò allo scopo preesistenze edilizie. Nacque,così, un primo nucleo che, quasi certamente, si sviluppava sui lati nord, est e ovest intorno ad un cortile in parte porticato, e risultava delimitato a sud da un muro, secondo una frequente tipologia degli affacci a mare di molti edifici del tempo, così come si può tuttora osservare nell’articolazione della facciata meridionale del Palazzo Arcivescovile.

Con l’accrescersi del numero dei seminaristi si manifestò l’esigenza di una fabbrica più adeguata, rendendosi necessario l’ampliamento della stessa già nel secolo successivo con l’arcivescovo Tommaso Caracciolo. I lavori furono proseguiti dall’arcivescovo Tommaso Sarria, relativamente alla zona di affaccio su Mar Grande, come si può dedurre dalla presenza del suo stemma sulla chiave di volta del ballatoio al termine della prima rampa di scale che conduce al primo piano, e dall’arcivescovo Francesco Pignatelli, il quale probabilmente fece sopraelevare la fabbrica, come si può ipotizzare dalla presenza del suo stemma sulla facciata interna settentrionale tra il primo e il secondo piano. Dopo successivi interventi minori si giunse alla configurazione attuale dell’immobile con l’arcivescovo Francesco Saverio Mastrilli, il quale ampliò ulteriormente l’edificio sistemando il fronte meridionale e collocandovi il portale principale che reca il suo stemma.

L'Auditorium
L’Auditorium

Gli interventi successivi consistettero quasi esclusivamente in opere di consolidamento della struttura, che risultava fortemente sollecitata. Tra questi i lavori eseguiti nel 1827 nell’ambiente al piano terra in origine destinato a cappella dedicata all’Assunta, come dimostra il dipinto a tempera sulla volta databile alla fine del ‘700 e attribuibile con buona probabilità alla ‘bottega’ del Carella. Tale intervento portò alla realizzazione di arconi di scarico, con conseguente interruzione dell’unità spaziale originaria e con la parziale occultazione del dipinto stesso. Ulteriori lavori di consolidamento furono eseguiti nel 1858 sulle strutture murarie a Nord del cortile, che portarono alla tamponatura degli archi del relativo sottoportico.

Fatta eccezione per brevi interruzioni che videro la struttura occupata prima dalle truppe francesi agli inizi dell’ ‘800, poi dal liceo classico “Archita” dopo l’Unità d’Italia e in ultimo dalle truppe militari durante la prima guerra mondiale, il Seminario rimase attivo per quattro secoli durante i quali il numero degli iscritti crebbe talmente che alla fine dell’ ‘800 si decise di metterlo in comunicazione con il palazzo di proprietà della diocesi posto oltre vico Seminario attraverso un passaggio aereo tuttora esistente, in modo da ampliare gli spazi a destinazione dei seminaristi.

sala Ordini Religiosi e Confraternite
sala Ordini Religiosi e Confraternite

Quando nel 1965 fu costruito il nuovo Seminario a Poggio Galeso, più adeguato alle moderne esigenze, l’antica struttura fu abbandonata e rimase tale fino al 1983, quando l’arcivescovo Mons. Guglielmo Motolese diede concreto avvio ai lavori di restauro dell’immobile, seguiti in tempi recenti da quelli di adeguamento strutturale e impiantistico necessari per l’allestimento del Museo Diocesano.

Partendo dal presupposto che il compito del Museo Diocesano non è limitato alla tutela e valorizzazione delle sole opere esposte ma si estende ad un’attività di promozione culturale sull’intero territorio, è stato concepito un intervento che oltre all’allestimento degli spazi espositivi dedicati alla mostra permanente prevede due ampie sale dedicate a mostre temporanee, una sala convegni dotata di impianto di proiezione, una biblioteca multimediale e un laboratorio di restauro, il tutto nell’ottica di garantire la piena accessibilità anche a persone diversamente abili.

Il percorso espositivo permanente, articolato in sette sezioni tematiche, mette in mostra oltre 300 opere esplicative della storia della diocesi di Taranto, tra cui una discreta quantità di manufatti scultorei chiaramente riferibili ad ambiti culturali di grande interesse, una ricca documentazione pittorica, che testimonia le grandi scuole meridionali, tra cui “Il sogno di San Giuseppe” di Corrado Giaquinto, pregiati paramenti sacri, numerosi sportelli di tabernacolo, tra cui quello dal valore inestimabile in oro zecchino e topazio inciso che fu commissionato dal re Ferdinando II e che giunse a Taranto grazie a una generosa donazione di una importante famiglia tarantina, oltre a una svariata quantità di suppellettile liturgica. Di notevole valore sono, inoltre, gli argenti e gli ori provenienti prevalentemente dal cosiddetto Tesoro di San Cataldo, tra cui l’antica crocetta aurea rinvenuta, secondo le più antiche fonti agiografiche, sul petto del santo nel 1071 al momento del ritrovamento del corpo all’interno del sarcofago marmoreo.

Nell’ottica della sua funzione di promozione culturale sul territorio, nel suoi primi venti mesi di apertura il Museo Diocesano ha ospitato importanti manifestazioni locali, tra cui l’inaugurazione e la relativa mostra del“Festival Paisiello 2011”, la rassegna fotografica “Fotoarte 2012”, in occasione della quale le due sale per mostre temporanee sono state accuratamente allestite per esporre le opere del maestro Ferdinando Scianna e dell’emergente fotografo grottagliese Carlos Solito e tre serate del “Festival Paisiello 2012”.

L’attuale gestione del Museo, a cura di “Custodes Artis s.c.a.r.l.” composta da sei giovani qualificatie supervisionata dal Direttore don Francesco Simone, si pone come obiettivo quello di consentire una maggiore fruizione della struttura e dare notevole impulso alle attività offerte, al fine di rendere il MuDi un riferimento culturale attivo sul territorio.

 

 

 

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