Libri| Dall’Urna della Storia. Melendugno 1683

Dall’Urna della Storia. Melendugno 1683

Libro in cui vengono annotati i Decreti e gli ordini emanati dall’ill.mo e rev.mo Mons. Don Michele Pignatelli Vescovo di Lecce nell’atto della visita della chiesa parrocchiale della terra di Melendugno, iniziando dalla prima che avvenne il 13 noveMbre 1683, e scritta da me Don Serafino Potì arciprete della medesima Parrocchiale.

di Oronzo Mazzeo

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(dalla prefazione)

Capita, a volte, che dall’urna della Storia riemerga un tesoro che per anni e secoli è rimasto sepolto e quasi condannato all’oblìo del tempo.

E allora, il passato riappare sotto i nostri occhi quasi un’iride dopo una oscura e tumultuosa tempesta, come il riflesso in uno specchio, che altro non è che il nostro stesso riflesso oggi, quando sembra che gli insegnamenti della Storia siano stati dimenticati e vengano calpestati in nome di un’antica barbarie mai superata, con tutte le sue pagine di discriminazione e di morte.

L’arcobaleno della nostra esistenza può così immergersi in una dimensione di eternità, splendido come il sentiero della messaggera degli dei in una perenne giovinezza, se solo riusciamo a liberarci da ogni sovrastruttura che ci allontani dalla nostra umanità e tenda a giustificare ogni errore.

E’, purtroppo, un sogno che non alberga in tutte le intelligenze e che corre il rischio di non diventare mai realtà concreta, ma è un sogno che vogliamo ancora accarezzare, un sogno che nell’alba di ogni domani ci fa guardare il nuovo sole con occhi colmi di speranza in una palingenesi di pace, di convivenza e di solidarietà.

Se il futuro non ci appartiene, se il presente ci sfugge, se la “numerata mensuratio rerum”, è una “categoria a priori” della nostra facoltà gnoseologica, che non possiamo cogliere nella sua pienezza, è unicamente ciò che prima eravamo la sola possibilità di porre un piede nel divenire del “panta rei”, l’unico valido aiuto per poter progettare il futuro sulle basi dell’esperienza di ieri.

Succede, quindi, che il forziere di quell’urna si schiuda e ci faccia rivivere giorni che sembrerebbero tramontati per sempre, ma che rivediamo in noi stessi, nel nostro ambiente e nel sangue di quanti ci hanno preceduti e che continuerà a scorrere nelle vene di quanti verranno dopo di noi, ai quali siamo obbligati a consegnare tempi nuovi.

Un semplice invito ci ha fatto riaprire l’urna di tre secoli addietro e la realtà dei nostri antenati, una realtà diversa dalla nostra, tragica e amara forse, ma ricca di vita, riappare sotto i nostri occhi, ormai disincantati, pur tuttavia attoniti, e ci fa riscoprire una Melendugno, la cui storia continua a voltare le pagine dei nostri passi.

Le nostre strade, le nostre campagne, le nostre coste e i nostri nomi e cognomi riemergono e ci proiettano indietro in una dura esperienza di vita.

La macchina del tempo ci ha offerto il fascino di un giorno lontano ormai passato che vogliamo regalare a tutti i cittadini di Melendugno, ai nostri figli e ai nostri nipoti.

La bellezza di un documento eccezionale, vergato da una penna eccezionale ci ha offerto l’eredità di un uomo eccezionale: Don Serafino Potì.

 

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Indice del volume

Pag. 5              Prefazione

Pag. 7              Annotazione di Antonio Nahi

Pag. 8              La parola al parroco Don Leonardo Giannone

Pag. 10            Nota dell’autore

Pag. 11            Il perché dell’opera

Pag. 15            Struttura dell’opera

Pag. 16            Serafino Potì chi era

Pag. 21            Versione italiana del manoscritto di Don Serafino Potì

Pag. 77            Manoscritto latino di Don Serafino Potì

Pag. 131          Note al manoscritto

Pag. 149          Il suo latino e le sue tecniche

Pag. 155          Il suo italiano ed il suo dialetto

Pag. 157          Don Serafino Potì e la sua famiglia ecclesiastica

Pag. 159          La nostra chiesa matrice

Pag. 173          Gli altri luoghi di culto

Pag. 184          Quale società ci ha tramandato

Pag. 187          Qualche curiosità storica

Pag. 194          I nostri antenati

Pag. 198          Toponomastica

Pag. 200          Valore del manoscritto

Pag. 202          Tre Vescovi “Pignatelli” a Lecce

Pag. 206          Barone Placido d’Afflitto

Pag. 208          Melendugno

Pag. 209          Bibliografia

 

Bandiere Blu 2016. Il mare del Salento è sempre più blu

 

Torre dell'Orso, Melendugno
Torre dell’Orso, Melendugno

 

di Giuseppe Massari

Castro, Otranto, Melendugno e Salve hanno ricevuto per il 2016 l’ambito riconoscimento assegnato dalla Fondazione Europea per l’Educazione Ambientale. Il Programma Bandiera Blu, comunque, premia tutte quelle località marine che si sono impegnate nella promozione del territorio a salvaguardia dell’ambiente, secondo criteri di assegnazione che vanno dalla qualità delle acque di balneazione, alla depurazione di quelle reflue, passando per la facile accessibilità alle marine fino alla gestione dei rifiuti.

Veterana della classifica da oltre un decennio, Otranto si riconferma come uno dei borghi marini più attrattivi del Salento, un riconoscimento che il sindaco Luciano Cariddi commenta così: È la conferma di un lavoro portato avanti da tutta la città. Posso dire però che non ci sentiamo appagati: c’è ancora molto da fare nel settore dei rifiuti, ad esempio. Un ambito in cui l’amministrazione può agire fino a un certo punto, poi tocca ad altri enti .

BAIA DI PUNTA DELLA SUINA, GALLIPOLI, PUGLIA

Stessa soddisfazione aleggia intorno alle parole del sindaco di Melendugno Marco Potì, che è gonfio di orgoglio per il premio ottenuto dalle marine di Torre dell’Orso, Roca e San Foca, le quali possono vantare di aver conquistato, contemporaneamente, la Bandiera Blu, le Cinque Vele e la Bandiera Verde.

Anche Castro non nasconde la sua soddisfazione per la gratificazione alla propria qualità nei servizi.

Ma il Salento nel suo insieme, inteso come penisola salentina, comprensiva delle province di Brindisi e Taranto, può vantare analoghi riconoscimenti per le spiagge e le marine di Fasano, Ostuni e Carovigno e per Ginosa e Castellaneta.

Nove comuni in tutto, su gli 11 pugliesi, tra i quali Polignano a Mare (nona bandiera consecutiva), l’unico in provincia di Bari, e Margherita di Savoia, comune solitario nella Barletta-Andria-Trani.

Grotta della Zinzulusa, Castro
Grotta della Zinzulusa, Castro

In definitiva, la Puglia alza le sue 11 bandiere conquistate l’anno scorso. Con una sola eccezione e un avvicendamento: esce Monopoli ed entra Carovigno. L’auspicio, per il prossimo anno, è che i vessilli aumentino e che la Puglia si confermi nel suo primato di qualità balneare e balneabile.

L’insediamento ciclopico rupestre nella campagna di Melendugno (Le)

di Paolo Rausa

Campagna di Melendugno, struttura fortificata

Ulivi e menhir, la terra del Salento nasconde tesori che la natura e il tempo hanno preservato per noi. A Minervino di Lecce e Giurdignano si allineano le pietre itifalliche erette verso il cielo come per innalzare la potenza umana sull’Olimpo. Con il maestro scultore nel duro e venato legno di ulivo Vincenzo de Maglie, originario di qui, raccogliamo l’invito di Donato Santoro a Melendugno per una introspezione bucolica, in dolce compagnia, alla scoperta di tracce del passato, massi sovrapposti in ordine a simulare una casa o un tempio, un luogo sacro.

Partiamo per la zona posta nell’entroterra di Roca Vecchia, porto antico, messapico, posto di fronte a Dyrrachium, punto di arrivo della rotta marittima  che proseguiva la via Appia e di partenza della via Egnazia verso l’oriente, a Bisanzio.

Donato Santoro è un personaggio conosciutissimo a Melendugno, un territorio che ama e che perlustra alla ricerca dei suoi segreti ancora lì da rivelare nella sua compiutezza. Cavaliere e ufficiale al merito, ha dedicato la vita agli altri, amato tanto che i giovani prima di compiere un viaggio o una scelta risolutiva per la loro vita, per es. il corso di studi o la  ricerca di un lavoro lontano, si consultano con lui come fosse un oracolo, che parla a nome della Pizia che a sua volta ha ricevuto l’ispirazione da Febo-Apollo. Donato gira per il territorio, trova un segno dell’uomo e annota, segni vetusti di strutture primordiali, dolmen, specchie, presenze umane che connotano il territorio. Attraversiamo la campagna salentina che rifulge in tutta la sua bellezza primaverile  non prima di una sosta benefica alla pasticceria Elia. A pochi km dal paese sulla vecchia strada Vernole-Calimera ci conduce in aperta campagna, fra gli ulivi verdeggianti non colpiti dal batterio. Le mire su questo territorio minacciano la sua trasformazione da luogo integro e incantato in terminale della linea Tap che porta il gas dal lontano Kazakistan. La gente teme che quest’opera trasfiguri i luoghi e si oppone con tutta la forza possibile. Ci fermiamo in una radura.

Il palazzo ciclopico rurale, Meledugno

All’improvviso appare un imponente castello ciclopico, una struttura mai vista in Salento che ha dei simili nei complessi nuragici di Barumini e di Tharros in Sardegna e nelle mura ciclopiche di Tirinto, nel Peloponneso. E’ un allineamento murario con delle finestrelle in alto che si congiungono in una torre di forma circolare che proietta fuori il suo volume mentre all’interno una feritoia permetteva di ricevere luce e nello stesso tempo di difendere il complesso che si avvale di locali addossati alle mura.

Dai due lati opposti si intravedono dei dolmen sottoposti in parte al terreno forse per successivi riempimenti e fra questi una struttura a tolos, un furnieddhru, consentiva il riparo delle provviste e delle persone. Veramente impressionante questo palazzo nuragico in terra di Salento! Distante da questo qualche centinaio di metri una piccola costruzione con una scritta in latino sul frontone che allude alle messi e al vino, come attività e come piacere. Una chiesa rurale, una locanda? Alla fine della scritta una data: 1715. Si comprende come questo posto abbia conservato un’aurea di sacralità, nei resti di queste pietre che lottano contro il tempo. Ci avviamo a ritornare. Abbiamo cercato di carpire l’anima di quei luoghi, anzi di conservarla. Si vede il segno del tempo su quelle pietre consumate e preservate dal verderame e dai funghi della pietra, mentre con Donato osserviamo le stratificazioni delle ere geologiche su un frammento di roccia raccolto dal suolo. E’ ormai tempo di andare. Salutiamo i luoghi e le persone che intravediamo muoversi e lavorare e pregare e vivere in un ambiente rurale magico, intoccabile.

 

La cappella di santa Caterina nella chiesa dei Francescani Neri di Specchia

 

di Stefano Cortese

Il complesso dei Francescani Neri a Specchia Preti, fondato secondo la tradizione da san Francesco reduce dall’oriente[1], presenta ancora oggi -oltre ai locali del convento e un frantoio ipogeo con i suoi torchi alla calabrese- una chiesa conventuale che custodisce pregevoli altari e frammenti decorativi bassomedievali.

In prossimità del lato destro dell’ingresso nel 1532 Antonio Mariglia fa costruire una cappella a pianta quadrata e coperta da una volta a crociera, espediente che ricorre -sia per la posizione che per la tecnica costruttiva- nella cappella dei Tolomei nel convento di santa Maria la Nova a Racale, collocabile qualche decennio prima[2]. Un altro confronto per l’ubicazione della cappella e datazione può essere effettuato con la cappella dell’Annunciazione nel santuario della Madonna della Strada a Taurisano[3], dove anche le tematiche affrescate sembrano essere di gusto francescano.

Il ciclo decorativo della cappella di Specchia risulta essere complesso: lo sguardo viene catalizzato dall’episodio frontale, ovvero Gesù con la croce che incontra

Melendugno. Giù le mani dal furnieddhu cranne!

di Dora Elia

Care amiche e cari amici, vi racconto una storia. In una campagna assolata, appena fuori da Melendugno, nei pressi della strada vecchia che porta ad Acquarica di Lecce, c’è uno stradone bianco che conduce ad uno dei più bei monumenti rurali del nostro territorio: lu Furnieddhu Cranne.

I melendugnesi e le genti vicine conoscono bene la straordinaria bellezza di questo imponente monumento rurale, dalla cui cima è possibile osservare tutto il Comune e, se guardi benebene in fondo, il mare. Tanti ricordi sono legati alla grande costruzione a secco: chi ci è andato in bici con gli amici quando era poco più che bambino, chi l’ha raggiunto in motorino con la ragazzina del primo bacio o con il gruppo delle uscite, chi ci è andato da solo per riflettere, chi si è fatto una birra liberatoria ai suoi piedi, chi, salito sul solaio si è messo a gridare la sua rabbia o la sua gioia come sfogo… tutti, ma proprio tutti i melendugnesi almeno una volta nella loro vita sono andati o

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