Gli oltre quattrocento anni dell’Osanna di Nardò

osanna

di Marcello Gaballo

Furono certamente intraprendenti e di buon gusto i sindaci neritini che nei primissimi anni del XVII secolo vollero realizzare una espressione artistica ed architettonicamente originale come l’Osanna. Ancora oggi il monumento emerge nella sua bellezza stilistica all’inizio della “villa”, nell’ omonima piazza, un tempo subito fuori dalla cinta muraria.

Sia stata essa un capriccio umano, un elemento di arredo urbano oppure una eclettica testimonianza storica o ancora solamente un simbolo della fede del popolo neritino, certo è che  essa rimane un’opera davvero singolare, aldilà  delle intenzioni dei costruttori o dei committenti.

Ultimata nel 1603, l’ Osanna fu edificata su aere publico, ad Dei cultura, per interessamento dei sindaci di allora, Ottavio Teotino e Lupantonio Dimitri, rispettivamente sindaco dei nobili e del popolo, come ci è dato di leggere attorno al cornicione della cupola: HOC HOSANNA AD DEI CULTURA À FUNDAMENTIS AERE PUBLICO ERIGENDUM CURARUNT OCTAVIUS THEOTINUS ET LUPUS ANTONIUS DIMITRI SINDICI, 1603.

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Il luogo dove sorge doveva già allora essere rinomato, trovandosi di fronte alla porta San Paolo o Lupiensis, che il neritino Angelo Spalletta aveva ricostruito circa quindici anni prima. Era il biglietto da visita della città per quanti giungevano da Lecce e la sua piazzetta doveva essere piuttosto animata per quanti vi si recavano ad attingere l’acqua o per gli acquisti: lì, come risulta dai documenti, vi erano perlomeno “la fontana” e la “beccaria di fore” (la macelleria fuori dalle mura).

Un altro edificio  dominava la piazzetta, l’antichissima chiesetta di S. Maria della Carità, oggi in deplorevole abbandono, che nel 1310 già versava i dovuti tributi ecclesiastici. Fungevano da sfondo le mura aragonesi della città con i suoi coevi torrioni circolari.

È possibile che il nostro monumento dovesse semplicemente riempire un vuoto e quindi essere stato inventato di sana pianta. Piuttosto credibile appare invece un’altra ipotesi, che  dovesse racchiudere al suo interno una preesistente colonna commemorativa, come tante altre possono osservarsi in varie cittadine del Salento ed anche lì poste all’ ingresso del paese.

Qualche Autore infatti ha felicemente ipotizzato che la colonna centrale del nostro monumento sia costituita da un’antica pietrafitta, cioè una delle antichissime stele votive erette dagli avi per le loro credenze votive, successivamente cristianizzata apponendo in cima il simbolo della Croce.
Di fatto le pietrefitte venivano issate su una piattaforma a gradinata, erano di un solo blocco di pietra leccese ed erano alte circa 3-4 metri.

Al di là delle ipotesi, la nostra costruzione  per la sua posizione strategica e struttura architettonica inusuale resta unica, risultando una delle più belle espressioni  del  “rinascimento” neritino, che in quel ventennio si manifesta con incredibile ripresa delle arti, delle lettere, dell’ architettura. Il benessere dei suoi baroni, la pinguedine dei suoi terreni, l’accresciuto numero di residenti e forestieri, la stanno rendendo infatti una tra le più interessanti città del Salento: ovunque vi sono cantieri e ogni convento, chiesa e palazzo viene ampliato ed abbellito.

La rinascita culturale e sociale fa nascere anche ottime maestranze, che da Nardò si attivano in ogni luogo di Terra d’Otranto. Sono gli anni di Giovan Maria Tarantino, degli Spalletta, dei Dello Verde, dei Bruno e di tanti altri abili mastri, tra i quali va senz’ altro ricercato l’artefice del nostro monumento.

Al suo valore storico si associa infine l’affetto dei neritini, che da sempre vi si attorniano la domenica delle Palme, per celebrare il rito della benedizione dei ramoscelli da parte delle autorità ecclesiastiche, in memoria dell’ ingresso trionfale di Cristo in Gerusalemme.

Riguardo l’ ingegnosa struttura ricordiamo solo che la sua cupola poggia su otto colonne, di cui le esterne congiunte tra loro mediante archetti plurilobati di epoca successiva. La base ottagonale fa pendant con l’omonima pianta della vicina chiesetta della Carità ed il binomio, non casuale, richiama ad usi e tradizioni assai importanti per la vita cittadina, tra i quali certamente  i festeggiamenti della prima settimana di agosto in occasione dell’ antichissima fiera dell’ Incoronata.

L’ ultimo restauro dell’Osanna risale al 1996, mentre l’ area antistante è stata completata nel 2001, riportando all’ integrità numerica i gradini su cui si erge il monumento, dei quali cinque erano rimasti coperti dagli innalzamenti del manto stradale. Con i lavori è stata rimossa la ringhiera di ferro degli anni ’40 che la circondava per proteggerla da danneggiamenti.

A distanza di  400 anni il monumento resta un gioiello, unico ed irripetibile, e come tale da conservare e da esibire con orgoglio… perché lo merita!

Gli oltre quattrocento anni dell’Osanna di Nardò

di Marcello Gaballo

Furono certamente intraprendenti e di buon gusto i sindaci neritini che nei primissimi anni del XVII secolo vollero realizzare una espressione artistica ed architettonicamente originale come l’Osanna. Ancora oggi il monumento emerge nella sua bellezza stilistica all’inizio della “villa”, nell’ omonima piazza, un tempo subito fuori dalla cinta muraria.

 

Sia stata essa un capriccio umano, un elemento di arredo urbano oppure una eclettica testimonianza storica o ancora solamente un simbolo della fede del popolo neritino, certo è che  essa rimane un’opera davvero singolare, aldilà  delle intenzioni dei costruttori o dei committenti.

Ultimata nel 1603, l’ Osanna fu edificata su aere publico, ad Dei cultura, per interessamento dei sindaci di allora, Ottavio Teotino e Lupantonio Dimitri, rispettivamente sindaco dei nobili e del popolo, come ci è dato di leggere attorno al cornicione della cupola: HOC HOSANNA AD DEI CULTURA À FUNDAMENTIS AERE PUBLICO ERIGENDUM CURARUNT OCTAVIUS THEOTINUS ET LUPUS ANTONIUS DIMITRI SINDICI, 1603.

Il luogo dove sorge doveva già allora essere rinomato, trovandosi di fronte alla porta San Paolo o Lupiensis, che il neritino Angelo Spalletta aveva ricostruito circa quindici anni prima. Era il biglietto da visita della città per quanti giungevano da Lecce e la sua piazzetta doveva essere piuttosto animata per quanti vi si recavano ad attingere l’acqua o per gli acquisti: lì, come risulta dai documenti, vi erano perlomeno “la fontana” e la “beccaria di fore” (la macelleria fuori dalle mura).

Un altro edificio  dominava la piazzetta, l’antichissima chiesetta di S. Maria della Carità, oggi in deplorevole abbandono, che nel 1310 già versava i dovuti tributi ecclesiastici. Fungevano da sfondo le mura aragonesi della città con i suoi coevi torrioni circolari.

È possibile che il nostro monumento dovesse semplicemente riempire un vuoto e quindi essere stato inventato di sana pianta. Piuttosto credibile appare invece un’altra ipotesi, che  dovesse racchiudere al suo interno una preesistente colonna commemorativa, come tante altre possono osservarsi in varie cittadine del Salento ed anche lì poste all’ ingresso del paese.

Qualche Autore infatti ha felicemente ipotizzato che la colonna centrale del nostro monumento sia costituita da un’antica pietrafitta, cioè una delle antichissime stele votive erette dagli avi per le loro credenze votive, successivamente cristianizzata apponendo in cima il simbolo della Croce.
Di fatto le pietrefitte venivano issate su una piattaforma a gradinata, erano di un solo blocco di pietra leccese ed erano alte circa 3-4 metri.

Al di là delle ipotesi, la nostra costruzione  per la sua posizione strategica e struttura architettonica inusuale resta unica, risultando una delle più belle espressioni  del  “rinascimento” neritino, che in quel ventennio si manifesta con incredibile ripresa delle arti, delle lettere, dell’ architettura. Il benessere dei suoi baroni, la pinguedine dei suoi terreni, l’accresciuto numero di residenti e forestieri, la stanno rendendo infatti una tra le più interessanti città del Salento: ovunque vi sono cantieri e ogni convento, chiesa e palazzo viene ampliato ed abbellito.

La rinascita culturale e sociale fa nascere anche ottime maestranze, che da Nardò si attivano in ogni luogo di Terra d’Otranto. Sono gli anni di Giovan Maria Tarantino, degli Spalletta, dei Dello Verde, dei Bruno e di tanti altri abili mastri, tra i quali va senz’ altro ricercato l’artefice del nostro monumento.

Al suo valore storico si associa infine l’affetto dei neritini, che da sempre vi si attorniano la domenica delle Palme, per celebrare il rito della benedizione dei ramoscelli da parte delle autorità ecclesiastiche, in memoria dell’ ingresso trionfale di Cristo in Gerusalemme.

Riguardo l’ ingegnosa struttura ricordiamo solo che la sua cupola poggia su otto colonne, di cui le esterne congiunte tra loro mediante archetti plurilobati di epoca successiva. La base ottagonale fa pendant con l’omonima pianta della vicina chiesetta della Carità ed il binomio, non casuale, richiama ad usi e tradizioni assai importanti per la vita cittadina, tra i quali certamente  i festeggiamenti della prima settimana di agosto in occasione dell’ antichissima fiera dell’ Incoronata.

L’ ultimo restauro dell’Osanna risale al 1996, mentre l’ area antistante è stata completata nel 2001, riportando all’ integrità numerica i gradini su cui si erge il monumento, dei quali cinque erano rimasti coperti dagli innalzamenti del manto stradale. Con i lavori è stata rimossa la ringhiera di ferro degli anni ’40 che la circondava per proteggerla da danneggiamenti.

A distanza di  400 anni il monumento resta un gioiello, unico ed irripetibile, e come tale da conservare e da esibire con orgoglio, ma sarebbe stato opportuno commemorarlo e propagandarlo in maniera appropriata… perché lo merita!

La Fondazione Terra d'Otranto, senza fini di lucro, si è costituita il 4 aprile 2011, ottenendo il riconoscimento ufficiale da parte della Regione Puglia - con relativa iscrizione al Registro delle Persone Giuridiche, al n° 330 - in data 15 marzo 2012 ai sensi dell'art. 4 del DPR 10 febbraio 2000, n° 361.

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