Ancora su Paolo Emilio Stasi, con una sua foto

di Riccardo Carrozzini

Nel trascorso anno 2022 è caduto il centenario della morte, oltre che di Cosimo De Giorgi, anche di Paolo Emilio Stasi. Il 22 dicembre il Museo Castromediano ha inaugurato la mostra Paolo Emilio Stasi, pittore e archeologo in terra d’Otranto tra otto e novecento, che sarà visitabile fino al 31 gennaio prossimo.

Mi sono occupato di lui non come pittore, ma come ricercatore – archeologo, nel volume Liborio Salomi, un illustre salentino quasi sconosciuto, edito da Milella nel 2015, annoverandolo tra i personaggi che Salomi conobbe o con cui fu in contatto. Metto qui a disposizione di chi lo volesse utilizzare quanto è contenuto nel volume citato su Paolo Emilio Stasi.

Riporto in apertura una parte della presentazione del volume su Salomi sopra citato, scritta da Livio Ruggiero, utile come inquadramento generale, specie per i “non addetti ai lavori”:

Il patrimonio culturale di Lecce e del suo territorio sembrerebbe non pre­sentare elementi legati alle scienze in senso lato, a causa delle emergenze letterarie, artistiche e archeologiche che sembrano aver relegato nell’ombra dell’oblio tutto il resto; ma la Terra d’Otranto ha dato i natali ad una schiera piuttosto numerosa di studiosi in varie discipline scientifiche, non escluse quelle più strettamente legate allo sviluppo dell’agricoltura e alla gestione del territorio. Antonio Miglietta, Oronzo Gabriele Costa, Salvatore Trin­chese, Filippo Bottazzi sono personaggi noti a livello internazionale per i contributi determinanti dati allo sviluppo delle scienze mediche e di quelle biologiche, del presente e del lontano passato, ma il loro ricordo, vivo nei testi di specialisti italiani e stranieri, è presentato ai conterranei, che igno­rano anche che siano vissuti, solo dalla toponomastica stradale. Altri hanno fatto dono alla città del frutto dei loro studi e del loro impegno sociale, come Giuseppe Candido, il sacerdote scienziato che realizzò a Lecce, tra il 1868 e il 1874, la prima e unica rete, non solo in Italia, di orologi pubblici sincronizzati elettricamente, o come i numerosi agronomi che hanno con­tribuito allo sviluppo e all’ammodernamento dell’agricoltura locale. Anche per essi il velo dell’oblio si è steso inesorabile sulla loro vita e sulle loro opere. E non vanno dimenticati i non salentini che hanno contribuito in maniera determinante alla conoscenza del passato e del presente di questa regione, come Ulderigo Botti, scopritore di numerose testimonianze del­la presenza dell’uomo preistorico, del prezioso ricco giacimento di fossili quaternari di Cardamone e della breccia ossifera che diede a Paolo Emilio Stasi l’opportunità di scoprire la Grotta Romanelli, prezioso archivio di dati paleoclimatici, e come Pietro Parenzan, che negli anni Sessanta del Secolo scorso fondò la Stazione di Biologia Marina di Porto Cesareo, dan­do un impulso determinante per la conoscenza degli ambienti costieri e subacquei non solo del Salento.

Di uno solo non si è potuta cancellare la memoria, Cosimo De Giorgi, perché i numerosi scritti da lui lasciati, frutto di una pluridecennale attività di ricerca appassionata sulla sua terra, hanno costituito da sempre il punto di partenza obbligato per chi ha voluto interessarsi in seguito di questa parte d’Italia.

Negli ultimi decenni si è avviata, da parte di alcuni studiosi, un’azione di recupero della memoria di questi personaggi, nella speranza che l’accre­sciuto interesse per loro e per le loro opere possa suscitare, soprattutto nelle giovani generazioni, il desiderio di permetterne la valorizzazione nello svi­luppo della formazione culturale di tutti.

 

Ed ecco (con qualche piccola modifica e/o adattamento a questo contributo) quanto ho scritto nell’introduzione alla sezione del libro in cui ricordo alcuni personaggi di rilievo, tra cui Stasi, con cui Salomi fu in contatto, al fine di fornire un quadro più completo del clima e di alcune vicende, anche di rilevante importanza, in certi ambiti scientifici salentini nei primi decenni del XX secolo nonché dei rapporti e delle frequentazioni tra i personaggi culturalmente più in vista in quegli anni, che tutto sommato si riducevano, per l’ambito di nostro interesse, a una ristretta cerchia di persone.

Salomi fu per diversi anni a stretto contatto con Cosimo De Giorgi, che negli ultimi anni di vita lo prese come assistente personale e del quale prese il posto nella cattedra di Scienze naturali presso l’Istituto “Costa”. La scuola nominò Salomi, che anche in questo succedette al più illustre predecessore, direttore del Museo / Gabinetto di scienze naturali. Pochi documenti attestano le frequentazioni e la familiarità tra Salomi e Cosimo De Giorgi. Quello più noto lo troviamo nel libro di De Giorgi “Descrizione geologica e idrografica della Provincia di Lecce” pubblicato postumo a cura proprio di Salomi.

Nella presentazione dello scritto, datata 4 novembre 1922 (meno di un mese prima della sua morte), dopo l’esternazione della sua delusione nei confronti della Provincia, che dopo 5 anni non si era ancora decisa a pubblicare il suo scritto, l’autore così si esprime: “Un giorno dell’estate scorsa passeggiavo con l’amico Liborio Salomi nel bel giardino del nostro Circolo cittadino, quando questi d’un tratto si rivolse a me e disse: ‘Professore, mi assumo io la pubblicazione dell’opera sua’. Accettai commosso da questo atto spontaneo e lo ringraziai ‘Con quel tacer pudico che accetto il don ti fa’.”

Ricordo anche il contenuto della breve prefazione di Salomi, riportato in parte nelle note biografiche.

Durante la frequenza al Liceo “Capece” di Maglie Salomi ebbe come docente, tra gli altri, Pasquale De Lorentiis, padre di Decio (quest’ultimo fu il primo direttore del Museo Paleontologico di Maglie) e Salvatore Panareo.

Furono suoi compagni di corso presso l’Università di Napoli e amici carissimi, sino alla morte, Augusto Stefanelli, Geremia D’Erasmo, Giulio Cotronei. Relatore della sua tesi fu il prof. Francesco Bassani. Conobbe e frequentò un altro grande personaggio salentino: Paolo Emilio Stasi. Fu in contatto epistolare con il prof. G. A. Blanc, che lo tenne in grande considerazione e lo consultò per le sue pubblicazioni geologiche salentine; lo accompagnò, alcune volte, anche nelle esplorazioni della grotta Romanelli, a Castro.

Pur non avendolo ancora citato, ritengo necessario ricordare Ulderigo Botti. Questi fu personaggio troppo importante per il Salento della fine del XIX secolo per ignorarne l’esistenza; ebbe inoltre tanta parte nell’istituzione del Museo / Gabinetto dell’Istituto “Costa”, ed i suoi scritti furono tenuti in grande considerazione dal Salomi nella sua tesi di laurea (nella bibliografia ne sono riportati sette).

Botti, su segnalazione di C. De Giorgi, scoprì la grotta di Cardamone, tra Lecce e Novoli, oggi non più esistente, i cui abbondantissimi reperti osteologici di fauna fossile, compresi nel patrimonio del Gabinetto del “Costa”, attendono ancora che qualche studioso se ne occupi.

 

Di Stasi, che nelle sue ricerche fu coadiuvato dal paleontologo parmense Ettore Regalia (1842-1914), del Gabinetto Paleontologico di Firenze, la bibliografia della Tesi di Salomi, che ho ricopiato nel mio volume, riporta i seguenti tre scritti:

  1. LXXVIII 1904 Stasi P. E e Regalia E. Grotta Romanelli (Castro, Terra d’Otranto) stazione con faune interglaciali e di steppa (Arch. per l’Antr. e l’Etnol. vol. XXXIV, fasc. I)
  2. LXXXI 1905 Stasi P. E e Regalia E. Due risposte ad una critica (Arch. per l’Antr. e l’etnol. vol. XXXV, fasc. 2°)
  3. LXXXV 1906 Stasi P. E Grotta funeraria di Badisco (Terra d’Otranto) (Arch. per l’Antr. e l’Etnol. vol. XXXVI, fasc. I°)

 

Ecco, inoltre, quanto ho scritto nel volume su Salomi di Paolo Emilio Stasi, che insegnò disegno al liceo Capece di Maglie dal 1870 al 1911 (le notizie appresso riportate sono state – nel 2015- prese dal sito del Museo civico di Paleontologia e Paletnologia “Decio de Lorentiis” di Maglie www.maglie.cchnet.it ).

A Paolo Emilio Stasi (1840-1922), agiato pittore di Spongano, risale l’antefatto della nascita del Museo di Maglie. Appassionato di paleontologia già dalla seconda metà del 1800, grazie anche alla presenza nel Salento di uno dei capostipiti italiani di questa disciplina, Ulderigo Botti, e autore di diverse segnalazioni lungo la costa di Castro, come il deposito a fauna pleistocenica di Grotta delle Striare (i cui materiali prontamente sottopose al Botti), conobbe Pasquale de Lorentiis, padre di Decio, al Real Ginnasio Francesca Capece di Maglie, dove entrambi insegnavano, stringendo una leale amicizia che non avrà termine. Nel 1900, penetrando in una cavità presso Castro, già segnalata nel 1871 dal Botti, grotta de’ Romanelli, ne svelò al mondo la fondamentale importanza nell’ambito della preistoria italiana. I primi saggi di scavo, condotti dallo stesso Stasi, aiutato dal De Lorentiis e da altri amici fidati, tra il 1900 e il 1903 misero in luce resti di fauna pleistocenica associata a strumenti litici di epoca paleolitica, la cui esistenza in territorio italiano era allora negata dal Pigorini, la più autorevole voce in tal campo, e i primi documenti in Italia di arte preistorica in grotta. Nel 1904, insieme a Ettore Regalia, del Gabinetto Paleontologico di Firenze, pubblica la nota introduttiva alle ricerche condotte in Romanelli, attirando non solo le ire e lo sdegno del Pigorini, ma anche l’acredine di autorevoli voci salentine, come quella di Cosimo De Giorgi che, sulle pagine del Corriere Meridionale, ne stroncava la figura, rispondendo con veemenza e sarcasmo alle note di Pasquale de Lorentiis sull’importanza e il valore scientifico della scoperta realizzata dall’amico. Ne seguì una damnatio memoriae dello scopritore e della cavità, che non solo amareggiò a lungo Stasi, ma lo relegò in un ruolo quasi secondario nella vicenda di Grotta Romanelli. La sua figura fu ridimensionata, nella memoria collettiva salentina, a quella di un pittore per nulla interessato alla ricerca preistorica e che per un puro caso fortuito si imbattè in Grotta Romanelli, mentre vagava tra gli scogli di Castro alla ricerca di un anfratto suggestivo dove ritrarre una Madonna, e così è giunta fino a noi. Venivano così cancellate, fino a tempi recenti, la passione di un uomo e la trentennale attività di ricerca nel territorio precedente alla scoperta di Grotta Romanelli.

Dopo 10 anni di assoluto silenzio ufficiale, sebbene schizzi delle prime manifestazioni artistiche (prime in assoluto per l’intero territorio italiano), scoperte sulle pareti di Romanelli dallo stesso Stasi, facessero il giro dei salotti scientifici europei, nel 1914 lo scienziato di fama internazionale Barone Gian Alberto Blanc ottenne autorizzazione a scavi sistematici in Grotta Romanelli, dando così avvio al più felice e fecondo periodo di ricerche. L’anziano Paolo Emilio seguì sempre appassionatamente le campagne di scavo fino al 1922, accompagnato dal suo amico de Lorentiis, a cui presto si aggiunsero i giovani Decio de Lorentiis, Alberto Carlo Blanc, Paolo Graziosi, Antonio Lazzari ed i figli di Stasi, Gino e Giovanni. Nascevano, in quei momenti, i presupposti che avrebbero portato alla nascita del Museo di Maglie. In esso confluirono, infatti, le collezioni provenienti dalle “terre rosse” e dalle “terre brune” di Grotta Romanelli delle Famiglie Stasi e De Lorentiis, divenendone il nucleo fondamentale delle esposizioni del Museo.

 Ed infine ecco la foto che Stasi dedicò al suo carissimo amico Liborio Salomi. La foto, pubblicata nel volume citato in apertura, mi è stata fornita da Teresa Salomi, figlia di Liborio, che ha lasciato questo mondo proprio pochi giorni fa, il 4 gennaio 2023, alle soglie dei 90 anni.

Gesuiti salentini e i fratelli Antonio e Angelo Stefanizzi

di Alfredo di Napoli

 

Voluto dall’Associazione Autori Matinesi e dal Centro Studi Aldo Bello di Matino, è stato recentemente pubblicato, per le cure di Paolo Vincenti, A Maggior Gloria di Dio. I Fratelli Antonio e Angelo Stefanizzi: da Radio Vaticana allo Sri Lanka.

Il libro ripercorre la vita e la carriera di due straordinari personaggi, entrambi gesuiti e originari della città di Matino: Padre Antonio, tecnico e scienziato, e Padre Angelo, missionario in Sri Lanka e operatore di pace.

Un libro interessante che fa luce sulla vita di due gesuiti contemporanei, ma si pone in ideale continuità con la ricerche proficuamente avviate dal curatore del libro e con un filone di studi inaugurato già da alcuni anni dalla Società di Storia Patria di Lecce teso alla rivitalizzazione di numerose figure dei gesuiti del passato, come sottolinea Mario Spedicato, Presidente della SSPP, Sezione di Lecce, che firma la Prefazione del libro.

Scrive Spedicato: “In questi ultimi anni la ricerca storica ha focalizzato l’attenzione sul ruolo esercitato da non pochi salentini nel settore della scienza, delle arti e dello sviluppo economico-sociale. Sono stati disseppelliti uomini di grande e indiscutibile valore culturale di cui si era persa la memoria, caduti nell’oblio per una colpevole distrazione. Sono emersi via via dalla polvere degli archivi personaggi cui il Salento dovrebbe essere fiero di aver dato i natali, ma che per ragioni oscure sono stati a lungo relegati nel dimenticatoio. La sorpresa più grande è stata quella di scoprire che un numero sempre crescente di queste straordinarie figure si sono formate nella Compagnia di Gesù. Hanno scelto di abbracciare la religione di S. Ignazio di Loyola e di servire la Chiesa in ogni parte del mondo, gesuiti che in modo particolare hanno svolto la loro missione evangelizzatrice lontani dal Salento, ma del Salento sono rimasti fulgida espressione […] Abbiamo iniziato con l’emersione di due gesuiti che sono saliti agli onori degli altari, Francesco de Geronimo di Grottaglie e il salentino di adozione Bernardino Realino, poi recuperato un gesuita di San Cesario di Lecce, Adriano Formoso, missionario in Sud America nel ‘600, rivalutato un altro gesuita missionario di Martina Franca, Michele Salpa, fondatore nel 1610 dell’Università degli Studi di Vilnius in Lituania, e, per ultimo, riscoperto un gesuita di Ruffano, Sabatino de Ursis, missionario e scienziato nella Cina dei Ming.

Ora questo quadro storiografico si arricchisce del lavoro di Paolo Vincenti sui due gesuiti Stefanizzi, interessanti figure del recente passato che danno lustro alla città di Matino, centro che ha dato loro i natali”.

Nel libro, dopo il Saluto del Sindaco della Città di Matino, Giorgio Toma, e l’Introduzione del Presidente dell’Associazione Autori Matinesi, Cosimo Mudoni, Custodi di memorie condivise, si trova un intervento di Don Giorgio Crusafio, decano dei prelati matinesi, Padre Angelo e Padre Antonio Stefanizzi: due frutti della nostra terra. Don Giorgio riporta una testimonianza di affetto e di fede con curiosità ed aneddoti legati alle due figure dei gesuiti suoi concittadini. Dopo la Prefazione di Spedicato, si apre il saggio di Francesco Frisullo e Paolo Vincenti, intitolato La Lunga Vita di Padre Antonio Stefanizzi, gesuita scienziato, in cui si riscostruisce il profilo bio-bibliografico di Padre Antonio.

Egli è scomparso il 4 ottobre 2020 a Roma all’età di 102 anni, di cui ben 87 vissuti nella Compagnia di Gesù. La stampa nazionale ha dato grande risalto alla notizia della sua scomparsa. Era nato il 18 settembre 1917 in una famiglia numerosa, composta di sette figli, dei quali due, Antonio ed Angelo, indossano l’abito di Sant’Ignazio, e una sorella, Agata, nata nel 1924, diventa suora dell’ordine di Nostra Signora del Cenacolo (è morta a Torino nel 2017). Aveva fatto studi umanistici, ma anche scientifici, tant’è vero che nel 1949 si trasferisce per un corso di perfezionamento negli Stati Uniti, precisamente a New York, alla Fordham University, tenuta dai Gesuiti. Negli USA segue i corsi del professor Victor Hess, premio Nobel quale scopritore dei raggi cosmici. Gli autori della ricerca hanno trovato svariate fonti a stampa americane che parlano di Padre Antonio. Insegna matematica e fisica alla Pontificia Università Gregoriana di Roma e il 24 marzo 1953 viene nominato Direttore della Radio Vaticana. Tocca proprio a lui sovrintendere anche tecnicamente, il 15 agosto del 1954, alla prima trasmissione radiofonica della preghiera dell’Angelus da parte di un Papa. Nel gennaio del 1959 Papa Giovanni XXIII annuncia il Concilio Vaticano II e nel novembre dello stesso anno istituisce la Commissione sui “Mezzi moderni di apostolato”, con il compito di analizzare il ruolo dei nuovi mezzi di comunicazione e la loro valenza pastorale; della Commissione, guidata dal Gesuita Enrico Baragli, fa parte anche Padre Antonio. Ha non solo contribuito tecnicamente alla diffusione del Concilio Ecumenico Vaticano II, ma ne è stato attore in prima persona. Come esperto di tecnica radiofonica e di telecomunicazioni satellitari, Padre Antonio partecipa a Washington, in rappresentanza della Santa Sede, all’avvio nel 1964 dell’Intelsat (International Telecommunications Satellite Consortium), la prima organizzazione intergovernativa mondiale per lo sviluppo e la gestione delle telecomunicazioni via satellite, di cui la Città del Vaticano era uno degli 11 Stati fondatori. Nell’ottobre 1965, nella storica visita che Paolo VI compie negli Usa tenendo il suo discorso all’ONU, Stefanizzi fa parte del seguito papale.

Nel saggio si sottolinea anche l’importante ruolo svolto da Radio Vaticana sotto la sua direzione negli anni della Guerra Fredda, quando è stata di fatto l’unico strumento che è riuscito a rompere la cortina di ferro; il messaggio del Papa giungeva attraverso l’etere alla cosiddetta “Chiesa del Silenzio” che ha continuato a operare in quegli anni con grandi sacrifici e con spirito di martirio nell’Europa comunista. Padre Stefanizzi contribuisce anche all’organizzazione e all’ampliamento della grande stazione radiofonica cattolica installata a Manila, nelle Filippine, denominata Radio Veritas, con la missione di far risuonare la voce cattolica nelle Filippine, Giappone, Cina, Indonesia e in tutto il Sud- Est Asiatico. Molto intensa anche l’attività culturale di Padre Antonio, ricostruita nella bibliografia che segue il saggio. In particolare egli è assiduo collaboratore della rivista «La Civiltà Cattolica»; è autore del libro, Le nuove tecnologie di comunicazione. Valutazioni e prospettive (1983), ed escono a sua cura diverse pubblicazioni edite da Radio Vaticana durante gli anni della sua direzione.

Studioso e al contempo conduttore radiofonico, sulla scia di Guglielmo Marconi (1874-1937), che può essere considerato il fondatore di Radio Vaticana insieme a Padre Giuseppe Gianfranceschi (1875-1934), che fu il primo direttore. È stato anche membro del Consiglio di Amministrazione del CTV (Centro Televisivo Vaticano) fino al 1997, quando riceve una bella lettera gratulatoria da Papa Giovanni Paolo II. Viene messo in congedo nel 2010 e, come già detto, scompare nel 2020. Nel saggio si ripercorre anche il suo rapporto con la città di Matino soprattutto grazie alla testimonianza di Don Giorgio Crusafio. Prendendo spunto dalla formazione scientifica di Padre Antonio, Francesco Frisullo e Paolo Vincenti dedicano il saggio successivo, Uomini di scienza e di fede, ad un excursus sulle principali figure di gesuiti scienziati nella storia, con particolare riferimento ai salentini.

Si passa quindi a Padre Angelo. Con il saggio Padre Angelo Stefanizzi, il Gandhi dello Sri Lanka. Una biografia spirituale, Frisullo e Vincenti tratteggiano un completo profilo del missionario salentino. Angelo Stefanizzi, missionario per moltissimi anni in Sri Lanka, nasce il 2 ottobre 1919. Come il fratello Antonio, anch’egli entra nella Compagnia di Gesù. Nel 1948 parte per l’India, dove l’anno successivo viene ordinato sacerdote. Dopo aver compiuto gli studi di teologia, nel 1952, intraprende l’attività missionaria nel centro-sud dello Sri Lanka, prima a Yatiyantota come viceparroco, in seguito a Dehiowita, nel 1967, e poi a Maliboda, nel 1983, come parroco.

Egli parlava correntemente tre lingue: inglese, singalese e tamulico. Si dedica all’assistenza della povera gente, in particolare dei lavoratori nelle piantagioni di the a Tamil, e all’assistenza dell’infanzia abbandonata e delle ragazze disagiate, oltre che alla tutela del lavoro, promuovendo nel territorio la formazione professionale per i giovani e avviando preziose esperienze di scuola-lavoro. Si ascrivono a suoi grandi meriti l’avere lavorato alla pacificazione dello Sri Lanka, insanguinato per molti anni da una fratricida guerra civile, e l’aver messo in comunicazione le diverse fedi religiose presenti sul territorio, cosa che gli valse l’appellativo di “Padre Gandhi” con cui era conosciuto. Gli autori poi riservano una doverosa attenzione ad altri due gesuiti matinesi, padre Giuseppe Angelè e padre Cosimo Guida, precursori di padre Angelo nella missione in Sri Lanka, dei quali si ricostruiscono le vicende biografiche con notizie inedite. Padre Stefanizzi ritornò a Matino in occasione del suo cinquantesimo di sacerdozio, nel 2000, festeggiato da tutta la comunità del suo paese. Muore nel febbraio del 2010 e la stampa nazionale indiana dà grandissimo risalto alla notizia.

Ovunque egli viene ricordato in concetto di santità. Come già per Padre Antonio, anche per Padre Angelo viene riportata una utile bibliografia degli scritti. Padre Angelo si pone in continuità con altre figure di gesuiti missionari nell’estremo Oriente, molte delle quali segnalate da Francesco Frisullo e Paolo Vincenti nel saggio successivo: Missionari gesuiti pugliesi in Estremo Oriente e storia della missione dello Sri Lanka. In particolare, gli autori si soffermano sulle figure di missionari pugliesi e salentini come Vincenzo Antoglietta, Francesco Riccio, Giuseppe di Mesagne, Giovanni Andrea Lubelli, Giovanni Giuseppe Costa, ecc. Un utile excursus è quello che dedicano alla storia dell’isola che ha accolto la missione di Padre Angelo.

Nel saggio intitolato Gesuiti salentini in America, Frisullo e Vincenti, sulla scorta del viaggio di Padre Antonio nel Nuovo Continente, offrono una rapida carrellata di gesuiti salentini che lo hanno preceduto nella missione degli Stati Uniti. Si tratta di missionari fra Ottocento e Novecento, come Vincenzo e Vito Carrozzini, Alessandro Leone, i due fratelli Salvatore e Carlo Personè, Eugenio Vetromile, Donato Maria Gasparri, ed altri.

Segue poi un saggio di Livio Ruggiero sugli esperimenti scientifici dei gesuiti sull’elettricità a Lecce fra Ottocento e Novecento, e, nel segno del formidabile binomio scienza e fede, che per tutta la vita hanno coniugato i fratelli Stefanizzi, offre una approfondita riflessione Maria Antonietta Bondanese nel saggio successivo. Completa il volume, curato graficamente da Donato Stifani, una Appendice fotografica.

Il libro è stato presentato a Matino il 17 settembre 2020, presso la Chiesa Madre “San Giorgio”, alla presenza di Cosimo Mudoni, Presidente dell’Associazione che ha patrocinato la pubblicazione, del Sindaco Giorgio Toma, del parroco Don Andrea Danese, del professor Mario Spedicato, di Don Giorgio Crusafio e del curatore Paolo Vincenti, al quale va il merito di avere segnalato alla nostra attenzione così alti e nobili esempi di religiosità salentina nel mondo. L’illustrazione di copertina, Societatis Missiones Indicae, tratta da un’opera del 1640, ci sembra la più bella per significare il profondo valore morale e civile di questo libro.

 

A MAGGIOR GLORIA DI DIO. I FRATELLI ANTONIO E ANGELO STEFANIZZI: DA RADIO VATICANA ALLO SRI LANKA

A CURA DI PAOLO VINCENTI

ASSOCIAZIONE AUTORI MATINESI, CENTRO STUDI ALDO BELLO, MATINO, TIP. SAN GIORGIO, 2020, PP. 186.

 

Sull’argomento vedi anche:

Libri| I Fratelli Antonio e Angelo Stefanizzi – Fondazione Terra D’Otranto

Il salentino padre Antonio Stefanizzi della Compagnia di Gesù, classe 1917 – Fondazione Terra D’Otranto

Gesuiti salentini in America – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)

Scienza e scienziati salentini tra Seicento e Novecento


di Livio Ruggiero

La tradizione scientifica salentina, in buona parte messa in ombra da quella umanistica e dal barocco, è ricca di una lunga serie di personaggi, da Archita da Taranto, grande matematico del IV secolo a. C., a Ennio De Giorgi, uno dei più grandi matematici del Novecento. La vita e le opere della maggior parte di essi sono cadute inesorabilmente nell’oblio e solo di alcuni si è salvato il ricordo del nome nella toponomastica stradale. Eppure la loro attività è stata di grande importanza e spesso di rilievo internazionale, come quella del medico Giorgio Baglivi, dalmata ma salentino di adozione, dei naturalisti Oronzo Gabriele Costa e Salvatore Trinchese, del fisiologo Filippo Bottazzi, candidato al Nobel.

 

Alcuni hanno dotato Lecce di strutture scientifiche e tecnologiche d’avanguardia, anch’esse cadute nel dimenticatoio e scomparse dal panorama cittadino, come l’Orto Botanico realizzato da Pasquale Manni, la rete di orologi pubblici sincronizzati elettricamente ideata da Giuseppe Candido, sacerdote e vescovo, e l’Osservatorio Meteorologico e la Rete Termopluviometrica realizzati e gestiti, per oltre quarant’anni, con grande passione da Cosimo De Giorgi.

A ciò si aggiungano fatti di rilievo come i primi esperimenti di illuminazione elettrica condotti dal gesuita P. Nicola Miozzi, l’istituzione dell’Istituto Tecnico “O. G. Costa” e la realizzazione del tram elettrico Lecce-S.Cataldo, all’epoca il più lungo d’Italia.

In ambito universitario si sta cercando di recuperare questo ricco patrimonio, ma è l’intera comunità salentina che ne deve riprendere coscienza per salvare quanto rimane.

 

abstract del saggio pubblicato integralmente su Spicilegia Sallentina n°5

Libri/ Orchidee del Salento

Orchidee del Salento

Autori: Roberto Gennaio, Piero Medagli, Livio Ruggiero

Edizioni del Grifo, Lecce; formato cm 21×30      € 40

In questo volume, di 182 pagine con oltre 400 fotografie a colori, gli Autori, Roberto Gennaio del Dipartimento di Lecce dell’ARPA e Piero Medagli e Livio Ruggiero dell’Università del Salento, illustrano le 40 specie, oggi note, di orchidee spontanee del Salento, fornendo indicazioni sui periodi di fioritura e sulla loro rarità. La descrizione è preceduta da una dettagliata introduzione sulle generalità riguardanti la biologia delle orchidacee italiane e la necessità di una legge regionale che ne salvaguardi la presenza, spesso minacciata, nel nostro territorio. Sono inoltre descritti i numerosi ibridi, le varietà di colore e le interessanti malformazioni, rinvenuti fino ad oggi nel territorio salentino.

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