di Giorgio Cretì
Periodicamente, nel corso della storia della cucina hanno avuto luogo movimenti per il ritorno ai prodotti naturali e periodicamente si è ricaduti nell’errore di puntare più sulla moda che sulla genuinità. All’epoca di Apicio non c’era piatto che non contenesse il garum, ci fu poi un tempo in cui ogni pietanza era sommersa dalle spezie orientali, oggi siamo nell’era del dado, del glutammato monosodico.
Avviene poi che qualcuno si ribella, e torna alla cucina contadina, o perlomeno in essa cerca ispirazione per la propria arte, a volte prendendo anche lucciole per lanterne. L’ulltimo grande abbaglio, secondo me, è costituito dalla cicerchia, passione di molti giovani chef di grido, dal Nord al Sud. E chi non segue il modello non si sente trend. Si vuole spacciare una civaia disprezzata dai nostri nonni per un legume povero ch’entrava nella dieta, povera, di tutti i giorni. Niente di più falso.
A memoria mia e di altra gente anche più vecchia di me, nata nel Sud dove in un periodo in cui i legumi, al pari degli ortaggi e delle erbe spontanee, erano cibo quotidiano, a memoria d’uomo la cicerchia detta anche dolega era un legume al quale si ricorreva soltanto quando non c’era altro da mangiare ed