Il fenomeno dei dolmen nella Puglia meridionale

 

Dolmen Scusi (Minervino di Lecce). Foto N. Febbraro

di Marco Cavalera, Nicola Febbraro

Intorno alla fine del IV millennio a.C. (Neolitico finale) si assiste ad un lento processo di differenziazione nell’organizzazione sociale dei gruppi umani che assumono, sempre più, la forma di comunità sedentarie, dedite all’agricoltura e alla pastorizia.

L’evoluzione culturale e sociale coinvolge anche la sfera dell’aldilà, con la conseguente esigenza di rivolgere maggiore attenzione ai defunti e alle loro ultime “dimore”. A tal proposito si iniziano ad utilizzare piccole cavità artificiali come sepolture collettive, fenomeno che avrà grande diffusione nell’età del Rame, per culminare poi nell’età del Bronzo con una maggiore articolazione e complessità delle tombe a grotticella costituite da una pianta rettangolare, corridoio (dromos) di accesso (non sempre attestato) e cella funeraria vera e propria; quest’ultima si caratterizza per la presenza di un gradino – sedile che corre su tre lati, di nicchie scavate nelle pareti e caditoie sulla volta[1].

Nel Salento meridionale una tomba a grotticella è stata individuata e indagata nel territorio comunale di Specchia, nel sito archeologico di Cardigliano. Lo scavo, condotto nel 1989 dalla Soprintendenza Archeologica della Puglia in località Sant’Elia, ha permesso di rinvenire alcuni vasi ad impasto frammentari, provenienti dall’ambiente ipogeico scavato sul fianco di un basso costone roccioso ed utilizzato come sepoltura collettiva[2]. La struttura era costituita da una cella sepolcrale pressoché quadrangolare, fornita di una banchina sul lato est e di un letto sul lato nord, alla quale si accedeva da un vestibolo mediante tre rozzi scalini. La cella presentava sul lato sud un piccolo vano sub-circolare, dal quale vennero recuperati resti scheletrici umani. Tra il materiale fittile rinvenuto, riferibile all’età del Bronzo medio, vi è un’olla con anse tubolari verticali e una ciotola carenata con ansa a nastro verticale[3].

Alla stessa epoca di utilizzo delle cavità artificiali a scopo funerario risale la realizzazione dei monumenti megalitici noti come dolmen, termine di origine

Tolosa. Parte di Place du Salin sarà intitolata a Giulio Cesare Vanini

Toulouse, palazzo di Giustizia su Place du Salin
di Giacomo Grippa
Dopo aver intestato  a Giulio Cesare Vanini  un  circolo laico a  Lecce, ho ripetutamente interessato la  Provincia di Lecce, il Ministero dei Beni Culturali, l’Assessorato Regionale alla Cultura e il  Comune di Taurisano,  paese natio di Vanini, proponendo  la posa di un cippo a Tolosa, nella piazza dove il carmelitano filosofo fu giustiziato, a 34 anni, reo d’ “ateismo”, con una pena atroce: gli strapparono la lingua con una tenaglia, lo impiccarono e poi bruciarono.
Le indicate autorità sono rimaste silenti, anche se da ultimo la Provincia leccese ha patrocinato la ristampa delle opere di Vanini, a cura degli studiosi Raimondi e Carparelli, edite da Bompiani.

Resta intanto meritoria la quasi ventennale attenzione rivolta a Vanini dal Dipartimento di Filosofia dell’Università del Salento di cui ha

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