La chiesa e la confraternita di San Giuseppe a Nardò nel simposio mondiale di studi giuseppini in Messico

 

di Marcello Gaballo

A Città del Messico, dal 18 al 25 settembre, si terrà il XIII Simposio Internazionale su San Giuseppe, cui partecipano i più importanti studiosi mondiali della figura del padre di Gesù, al fine di valorizzazarne la figura e porre attenzione riscoprendo e attualizzando il suo ruolo come guida, educatore, capo autorevole e vigile della Sacra Famiglia.

La confraternita di San Giuseppe di Nardò già alcuni anni addietro, per celebrare i suoi 400 anni, organizzò un seminario di studi sul santo di cui porta il nome, con particolare attenzione sul loro oratorio edificato a Nardò nei primi decenni del 1600, poco dopo la sua fondazione (1619) e prima dell’accelerazione impressa alla devozione giuseppina dal decreto dell’ 8 maggio 1621 con il quale papa Gregorio XV estendeva la festa del 19 marzo alla chiesa universale.

In quell’occasione la confraternita realizzò anche un corposo volume che coinvolse tutta l’Italia, con qualificati interventi e ricco di testimonianze iconografiche sparse nei musei italiani, nelle varie chiese e confraternite dedicate al santo patriarca, quasi sempre influenzate dalla devozione nei vari secoli. Alle tradizionali iconografie con Gesù tra le sue braccia o in atto di sorreggerlo, furono affiancati gli insoliti aspetti della sua intima partecipazione alla vita della divina famiglia, ritratto quasi sempre pensieroso, ma anche nei gesti di sollecitudine che ogni buon padre manifesta oppure ripreso in mansioni lavorative del falegname, in azioni umili e concrete, come preparare la zuppa o attizzare il fuoco.

Sempre in quel seminario furono esaminate le pitture e la fabbrica della chiesa neritina, comparandone l’arte e il culto in essa presenti con le varie espressioni giuseppine in diocesi e nei paesi vicini, in Puglia e nelle varie regioni italiane. Soprattutto si mise in evidenza l’altare maggiore, autentica e sorprendente espressione del barocco leccese, e il suo meraviglioso altorilievo della “Fuga in Egitto”, in verità La Sacra Famiglia in Viaggio, posto nella parte superiore dell’altare maggiore. Un tema questo che ha avuto fortuna proprio a partire dal XVI
secolo, epoca del capolavoro neritino, che per questo si ritiene proveniente da altro edificio più antico. In quell’occasione la studiosa ed esperta iconografa romana Stefania Colafranceschi, ebbe a dire che questo capolavoro di scultura “richiama lo sguardo per la suggestione del sorriso che promana dai volti, e riecheggia negli angioletti sui lati, due per parte, e in quelli della trabeazione, anch’essi sorridenti. Tutti sorridono verso l’osservatore, mentre Giuseppe guarda più in su, al cielo, verso un angelo guida che idealmente segna la via…  Sorride Maria, il bambino Gesù, l’angelo intento a raccoglie i datteri dalla palma prodigiosa, secondo l’episodio narrato dai vangeli apocrifi. Sorride anche l’asino, partecipe del destino di salvezza che in quel viaggio si attua. Divino e umano, in cammino… Ad una visione ravvicinata, l’opera rivela la sua raffinatezza esecutiva e il vigore plastico: dalle vesti mosse dell’arcangelo, la veste militare e i calzari, al panneggio del manto di Maria, alla botticella scanalata di san Giuseppe, all’accurata resa dei capelli e della barba di san Giuseppe, fino alla criniera e lo zoccolo sollevato dell’asino, e non ultima, la palma leggermente inclinata, forse in parte perduta”.

particolare dell’altare maggiore della chiesa di San Giuseppe a Nardò (le due foto sono di Lino Rosponi)

 

La preziosità di questo altorilievo e delle altre testimonianze artistiche che si osservano nella chiesa neritina hanno suggerito alla studiosa di riproporre nel più grande appuntamento mondiale sul santo le peculiarità del poco noto tempio sacro. La chiesa di San Giuseppe a Nardò (Lecce): espressione di pietà e delle pratiche liturgiche confraternali è il titolo del suo intervento, previsto alle ore 10 di venerdì 23 settembre, come può leggersi nel programma dei lavori allegato.

 

Qui il programma dettagliato:

Programa XIII Simposio Internacional sobre san José

 

Altri link utili sulla chiesa e confraternita di San Giuseppe di Nardò:

De Domo David. 49 autori per i 400 anni della confraternita di San Giuseppe di Nardò – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)

Un convegno e un libro per i 400 anni della confraternita di San Giuseppe di Nardò – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)

De Domo David e la confraternita di San Giuseppe di Nardò. La recensione su L’Osservatore Romano di padre Tarcisio Stramare – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)

De Domo David e l’edizione di Nardò, dalla Congregazione degli Oblati di San Giuseppe – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)

Raffigurazioni di San Giuseppe a Tutino di Tricase

di Fabrizio Cazzato

 

A TE O BEATO GIUSEPPE

…stretti dalla tribolazione ricorriamo e fiduciosi imploriamo il tuo patrocinio insieme con quello della tua santissima sposa…

Questa ricorrente preghiera è una delle più antiche e più belle dedicate a San Giuseppe che spesso molti di noi hanno recitato in chiesa o ascoltato dalle nostre nonne e riportata su moltissimi libri di preghiera.

Quest’anno la Chiesa, per volere del Santo Padre Francesco, con lettera apostolica Patris Corde, ha voluto dedicare alla sua figura un periodo speciale di indulgenza plenaria fino all’8 dicembre c.a., in concomitanza del 150° anniversario della proclamazione di Patrono Universale della Chiesa avvenuta l’8 dicembre del 1870 dalle mani di Papa Pio IX.

Giuseppe, dall’ebraico Yosèf (che significa “accresciuto da Dio”), era un discendente della stirpe di David; accettò la maternità divina di Maria e rispose alla chiamata del Signore. Di lui abbiamo poche notizie storiche e a tratti lacunose. Sappiamo che svolgeva principalmente il lavoro di falegname nella sua bottega di Nazareth; la sua vita nascosta si svolse all’ombra del figlio Gesù e rivelò spirito di fedeltà, di povertà e di umiltà , ma soprattutto rappresentò il simbolo dell’accettazione della fede. L’evangelista Matteo, rivelando la divinità di Cristo e la missione di Maria, pose l’accento su Giuseppe chiamato ad essere consapevole collaboratore del mistero di Dio che si fece uomo. Fu definito ” Uomo giusto”.

Protegge i falegnami, i lavoratori, i papà e i moribondi. Dichiarato patrono della Chiesa Universale da Pio IX l’8 dicembre 1870, è festeggiato il 19 marzo e il 1° maggio. In suo onore, soprattutto a partire dagli inizi dell’800 sorsero sotto il suo patrocinio chiese, altari, corporazioni, confraternite ed associazioni. La larga diffusione del suo culto permise anche una vastissima produzione di immagini di piccolo e grande formato e quella di manufatti e statue di diversi materiali e grandezza. In particolare quelle in cartapesta leccese destinate alle Chiese, ai pii sodalizi e per l’uso devozionale domestico (santi in campana) e non v’è chiesa al mondo che non abbia un altare, una statua o un’immagine a Lui dedicata.

Nella città di Tricase è ampiamente raffigurato nei luoghi di culto in varie sembianze, così come nella chiesa parrocchiale di Tutino il Santo è venerato presso l’altare a lui dedicato e raffigurato in una statua realizzata negli anni ’30 del secolo scorso dal maestro cartapestaio Antonio Febbraro da Taurisano (1885- 1965) per devozione di Addolorata Alfarano di Tutino.

L’impostazione iconografica ricalca principalmente i lineamenti classici rilevati quasi in tutte le immagini che si conoscono tranne qualche variante. Rappresentato quasi sempre in una posizione statica, insieme al Bambin Gesù che sorregge tra le braccia per il suo ruolo che ebbe di padre putativo, dal volto di uomo maturo, capelli folti ondulati e barba ricciuta, tunica color violaceo, mantello color senape e un virgulto di mandorlo fiorito.

Un’opera di discreta fattura restaurata nel 1997 nella bottega dei F.lli Gallucci di Lecce è attualmente conservata in una nicchia a muro nella sagrestia della chiesa parrocchiale e si presenta in buone condizioni.

San Giuseppe, statua in cartapesta, chiesa Madre di Tutino

 

L’ altare del Santo, del XVIII sec., privo di ornamenti architettonici si presenta nella sua classica semplicità; ha una mensa con due bassi dossali dai quali si innalzano due colonne in pietra leccese lisce con base e capitelli corinzi che sorreggono a loro volta un architrave sul quale è riportato il nome del benefattore, Francesco Saverio Forte, e l’anno di dedicazione, 1838.

Completano lo schema semplice e lineare dell’altare la piccola tela della Madonna del Carmine posta in alto tra due volute fogliate e quella al centro del Santo della prima metà del XIX sec. di ignoto autore, nella quale predomina la scena con Giuseppe seduto su una panca di legno, con sguardo intenso che sembra rivolto agli astanti, vestito con tunica color turchese e mantello color senape con effetti chiaroscurali, i piedi calzati da sandali. Sulle ginocchia sorregge il piccolo Gesù seduto su due cuscini ricamati, che con affettuosità sembra regalare una carezza al padre, mentre ai suoi piedi una cesta in vimini colma degli attrezzi di falegname identifica la sua mansione terrena; al lato della panca un libro chiuso alludendo a quello della Bibbia. Sul tavolo bardato da una tovaglia bianca con ampio merletto un angelo ha donato a Giuseppe un serto di fiori disposti su un vassoio, mentre sullo sfondo da una finestra si intravede un paesaggio collinare non del tutto locale.

Un drappeggio semiaperto sulla sua sinistra colma l’ambientazione domestica e dal quale due cherubini si sporgono delicatamente ad osservare la scena.

Recentemente, dai test eseguiti con alcune aperture stratigrafiche, si è potuto verificare che, sottostanti gli strati di calce, sono presenti le decorazioni originali dell’altare che in un prossimo futuro ci auguriamo vengano riportate in luce.

San Giuseppe da Copertino: alcune tavole, un certificato di autenticazione di una sua reliquia e una preghiera, anche per chi se ne approfitta …

di Armando Polito

Felice il paese che non ha bisogno di eroi! – fa dire Bertolt Brecht in Vita di Galileo. Io agli eroi, per la circostanza odierna, aggiungo anche i santi e lascio alla libera interpretazione del lettore i documenti che seguono.

Comincio con una serie di stampe antiche, forse le meno note tra le tante che ne riproducono le sembianze, ma che hanno ispirato in tempi diversi gran parte delle serie di santini in circolazione. Le prime tre sono custodite nella Biblioteca nazionale austriaca.

S. Joseph à Cupert(ino) Or(dinis) Mi(norum) Con(ventualiumRaptus sum usque ad tertium caelum =San Giuseppe da Copertino. Sono stato rapito fino al terzo cielo (citazione dal capitolo dodicesimo della seconda lettera di S. Paolo ai Corinzi).

In basso a sinistra: Luigi Pianton del(ineavit)=Luigi Pianton disegnò; non son riuscito a reperire notizie su di lui ma molto probabilmente è coevo dell’incisore. In basso a destra Andrea Rossi incid(it)=Andrea Rossi  Andrea Rossi, veneziano, fu attivo dal 1727-1775).

Incisione di Franz Sebastian Schauer (attivo dal 1746 al 1779).

Incisione di anonimo. O.M.C.=Ordine Minori Conventuali

Disegno di C. S. Dittmann; tavola tratta da Roberto Nuti, Lebens-Beschreibung Deß grossen Diener Gottes Josephi Von Copertino, Sinapi, Brünn, 1695.

Da http://www.portraitindex.de/documents/obj/34704960/gs93288d

Effigie di S. Giuseppe da Copertino Sac(erdo)te  Min(o)re Conv(entua)le morto in Osimo l’anno 1663, celebre per l’insigne (sic) sue mortificazioni, con mirevole unione con Dio, e pel dono delle frequenti estasi sue stupendissime. Volabo et requiescam (Volerò e mi darò pace)

In basso a sinistra Pietro Novelli inv(enit)=Pietro Novelli ideò, disegnò. Pietro Novelli (1603-1647), pittore ed architetto siciliano per il prestigio di cui godeva era soprannominato pittore reale. In basso a destra Giuseppe Leante scul(psit)=Giuseppe Leante incise (su Giuseppe Leante non son riuscito a trovare nessuna notizia, ma è legittimo supporre che fosse coevo del Novelli).  Nel lembo inferiore destro del foglio appo Wagner  Ven(ezi)a C(um) P(rivilegio) E(xcellentissimi) S(enatus)=presso Wagner con privilegio dell’eccellentissimo senato (significa che ne aveva ottenuto l’esclusiva di pubblicazione. Joseph Wagner (1706-1780) fu pittore, disegnatore, incisore ed editore tedesco attivo a Venezia.

Da http://www.portraitindex.de/documents/obj/33813153

B(eatus) Joseph a Cupertino Ordinis Minorum Conventualium Sacerdos. Ex Archetypo Assisiensi, a Francisco Providonio olim picto, Polanzanus sc(ulpsit)=Beato Giuseppe da Copertino Sacerdote dell’Ordine dei Minori Conventuali. Da un archetipo dipinto un tempo da Francesco Providoni. Polanzani incise.

incisione di Felice Polanzani  (1700-1783) da un archetipo di Assisi dipinto da Francesco Providoni (attivo nella seconda metà del XVII secolo). Credo che la stampa abbia un valore particolare per i motivi che seguono: siccome Giuseppe visse dal 1603 al 1663, la beatificazione avvenne nel 1753 e la canonizzazione nel 1767, l’archetipo (sarebbe interessante sapere che fine ha fatto) del Providoni sicuramente ritraeva Giuseppe prima che fosse beatificato (il Providoni a quella data doveva essere morto da un bel pezzo). La rielaborazione del Polanzani, invece, sicuramente è successiva al 1753. Conclusione: l’archetipo probabilmente è (o, forse più correttamente, era) la più antica immagine di Giuseppe e non è da escludere che sia stata realizzata mentre era ancora in vita.

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Tavola tratta da Angelo Pastrovicchi, Compendio della vita, virtù e miracoli del Beato Giuseppe da Copertino, Zempel, Roma, 1753.

Ioseph a Cupertino Ordinis Minorum Conventualium Sacerdos, super almam Domum Lauretanam Angelos cernens, velut alter Iacob, descendentes, et acendentes, ad quinquaginta palmorum spatium in aera rapi ab itineris sociis visus est=Il beato Giuseppe da Copertino Sacerdote dell’Ordine dei Minori Conventuali, vedendo, come un altro Giacobbe1, gli angeli che discendevano e salivano sopra la benefica Casa di Loreto, fu visto dai compagni di viaggio essere rapito in aria fino alla distanza di cinquanta passi.

Nel margine inferiore sinistro: Ioa(nnes) Barbauli inv(enit) e(t) del(ineavit)=Giovanni Barbauli ideò e disegnò. Nel margine inferiore destro Fran(cisc)s Mazzoni sculp(sit)=Francesco Mazzoni incise.  il pittore francese Jean Barbauli visse dal 1718- a 1762), Francesco Mazzoni fu attivo a Roma dal 1737 al 1759).

La tavola, a corredo del testo uscito subito dopo la beatificazione, fu oggetto di un fenomeno che definirei plagio (forse nella morale cattolica non è contemplato come peccato, sia pur veniale …), perché venne riciclata, con qualche dettaglio cambiato, in pubblicazioni successive, come l’edizione tedesca dell’opera del Pastrovicchi uscita nello stesso anno per i tipi di Hautt e un’altra  uscita per i tipi di Rieger ad Augusta nel 1843. Di seguito, a confronto,  la tavola originale e le sue due rielaborazioni.


La prima rielaborazione, in cui la variante più cospicua è data da una semplice inversione orizzontale, reca la firma di F. X.  Schönbächler. La seconda a distanza di quasi un secolo si rifà pedissequamente all’originale tagliando la didascalia, cosa giustificata dal fatto che Giuseppe era ormai santo, ma anche il nome del disegnatore e dell’incisore; comunque già il fatto che non compaia nessuna firma denota un comportamento più corretto di quello tenuto nel caso precedente.

Passo ad altro. Il documento che segue l’ho trovato qualche settimana fa su ebay; nel momento in cui scrivo è ancora reperibile all’indirizzo http://www.ebay.it/itm/Certificato-autentica-reliquia-San-Giuseppe-da-Copertino-1770-/152179418354?hash=item236e99a4f2:g:cSkAAOxyBjBTSwx7 e credo che resterà in vendita per più di una settimana dopo il 18 settembre …

D(ominus) Arnaldus Speroni Nobilis Patavensis Ordinis S(ancti) Benedicti Congregationis Casinensis Dei, et Apostolicae Sedis gratia Episcopus Adriae, S(anctissi)mi D(omini) N(ostri)  Divina Provvid(enti)a Papae Clementis XIV Praelatus Domesticus ac Solio Pontificio Assistens Universis et singulis presentes nostras authenticas litteras inspecturis fidem indubitatam facimus, atque testamur, qualiter nobis devote exhibitis plurimis Sacris Reliquiis, eas ex authenticis locis extractas, ac documentis authenticis munitas, diligenter recognovimus, ex quibus sequentem extraximus videlicet ex cingulo S(ancti) Ioseph  a Cupertino prius recognito ab Ill(ustrissi)mo et R(everendissi)mo Domino  D(omino) Ioanne Francisco Nora (?)  episcopo. Adriae die 20 Augusti 1760; quam reverenter colocavimus in Theca ex Argento confecta unica cristalo ab anteriori parte munita, et funiculo serico rubri coloris bene colligavimus, et in cera rubra hispanica sigillo D(omini) Vicarii nostri  Generalis  Ferrariae residentis munita, et pro maiori dictae Sacrae Reliquiae identitate obsignata, et ad maiorem Dei gloriam suorumque sanctorum  dono dedimus, et elargiti fuimus ad effectum et cum facultate paenes se retinendi, aliis donandi, nec non in quacumque ecclesia, oratorio, seu capella pubblicae Christi fidelium venerationi exponendi, et collocandi, in quorum fidem has pr(aesent)es nostras manu eiusdem D(omini) Vicarii subscriptas, suoque firmatas sigillo, expediri mandavimus. Datum   ex tribunali nostrae residentiae hac die 20 7mbris 1770 septuagesimi. Dominicus Angelini Vicarius G(e)n(ra)lis   Caietanus Antonius Meloni Notarius et Cancellarius E(lectus)

Fornisco la mia traduzione e ne approfitto per aggiungere qualche nota esplicativa.

[Noi], don Arnaldo Speroni, nobile patavino della congregazione di Cassino dell’ordine di San Benedetto, per grazia di Dio e dell’Apostolica Sede vescovo di Adria, per la Divina Provvidenza di Nostro Signore Prelato Domestico di Papa Clemente XIV e Assistente al Soglio Pontificio, a coloro che insieme e da soli vedranno la presenti nostra scrittura autentica, facciamo indubitata fede ed attestiamo come, esibite a noi devotamente parecchie sacre  Reliquie, le abbiamo diligentemente riconosciute come estratte da luoghi autentici e munite di documenti autentici, dalle quali [reliquie] abbiamo estratto questa, cioè dal cingolo di San Giuseppe da Copertino prima riconosciuto dall’Illustrissimo e Reverendissimo Signore Don Giovanni Francesco Nora vescovo di Adria il giorno 20 agosto 1760; l’abbiamo rispettosamente collocata in un’unica teca d’argento munita di cristallo nella parte anteriore e la legammo ben bene con una cordicella di seta di colore rosso e munita del sigillo in cera rossa spagnola del nostro Signor Vicario Generale residente a Ferrara e contrassegnata per maggior [garanzia dell’]identità di detta Sacra reliquia e per maggiore gloria di Dio e dei suoi santi, l’abbiamo data in dono  e l’abbiamo elargita con l’effetto e la facoltà di tenerla presso di sé, di donarla ad altri, nonché di esporla e collocarla alla pubblica venerazione dei fedeli di Cristo in qualunque chiesa, oratorio o cappella; in fede di ciò abbiamo dato ordine di inviare la presente scrittura sottoscritta dalla mano nostra e del signor Vicario medesimo e confermata dal suo sigillo. [Atto] emesso dalla sede della nostra residenza in questo giorno 20 settembre 1770 di settuagesima. Domenico Angelini Vicario Generale Gaetano Antonio Meloni Notaio e Cancelliere eletto.

Arnaldo Speroni (1727-1801) degli Alvarotti fu creato vescovo di Adria nel 1766. Avviò nel 1779 la costruzione del nuovo seminario di Rovigo e la concluse nel 1794. A lui parecchi letterati del tempo dedicarono le loro opere, ma lui stesso fu autore abbastanza prolifico, Di seguito lo stemma di famiglia (come appare nel timpano della chiesa di S. Agostino a Rovigo) comparato con quello della lettera e col sigillo, elettronicamente elaborato, del documento, nonché alcuni frontespizi delle sue opere.

 

 

 

 

 

 

 

 

La parte finale (pp. 312-323) di quest’opera il cui frontespizio è stato riprodotto per ultimo è dedicata dallo Speroni alla sua biografia fino al 1788 e, in particolare, a p. 313 si legge: Insuper anno 1770 die 9 Septembris primum posuit Lapidem novae Ecclesiae Parochialis Guardae Ferrariensis, quo tempore percussum fuit Numisma cum Ipsiusmet Episcopi effigie (Inoltre nell’anno 1770 nel giorno 9 di settembre pose la prima pietra della nuova chiesa parrocchiale di Guarda Ferrarese, nella quale occasione fu coniata una medaglia con l’immagine dello stesso vescovo.

Non c’è nel testo l’immagine della medaglia; però, la rete (http://www.astanumismatica.it/it/asta_numismatica_ranieri_n_3/medaglie_straniere_299/medaglia_1770__993_.aspx) che sta a fare? …

 

Al recto: D(OMINUS) ARNALDUS SPERONIUS NOB(ILIS) PATAV(INUS) EPISC(OPUS) ADRIEN(SIS) PRIMUM LAPI(DEM) POS(UIT)

(Don Arnaldo Speroni nobile padovano vescovo di Adria pose la prima pietra)

Al rovescio: ECCLESIA SANCTAE MARIAE VILLAE GUARDIAE  FERRARIENSI V IDUS SEPTEMBRIS MDCCLXX (

(Chiesa di Santa Maria di Villa Guarda Ferrarese il 9 settembre 1770). Da notare GUARDIAE contro Guardae del testo del vescovo.

Ritornando all’autentica della reliquia, va detto che quella relativa a San Giuseppe da Copertino non è l’unica rilasciata dallo Speroni. Il documento che segue (http://www.comune.rovigo.it/MyPortal/comuneRovigo/archivio/beata_vergine_del_soccorso/bsv26.html), datato 1790, coinvolge, addirittura, la croce di Cristo.

Lasciando il lettore alle sue libere riflessioni, di qualsiasi tenore esse siano, risparmiandogli le mie …, mi congedo con una preghiera risalente al XIX secolo, che ho trovato sul sito della Mediateca di Montpellier. Ringrazio Laura Presicce ed Alvaro Gonzalez Flores per l’aiuto gentilmente fornitomi nella traduzione.

Componimento in lode del serafico San Giuseppe da Copertino. Si celebra la sua festa il 18 settembra.

Per il vostro grande fervore/un serafino vi ha creato:/ sii per noi difensore, o Giuseppe/e infiammaci./Nato da genitori poveri,/Copertino,il suolo natale,/vi  vide poi/essere fornito di mille grazie del cielo;/per un tenero fanciullosiete stato/ nella maggiore perfezione. Sii per noi etc./I vostri genitori con cura/vi avviarono al lavoro/e vi osero apprendista/del lavoro di calzolaio:/sul sentiero francescano/vi guidò una luce superiore. Sii per noi etc./Francescano e Cappuccino/chiedesti il santo abito,/ottenesti due rifiuti,/ma per superiore destino/alla Grottella  si convenne/che voi entraste come laico minore. Sii per noi etc./La vostra grande penitenza,/la vostra umiltà e dolcezza/fecero sì che ad Altamura/vi si ordinasse in obbedienza/di salire senza resistenza/all’onore di sacerdote. Sii per noi etc./Per l’ariain estasi/frequentemente volavate,/e sette giorni passavate/senza provare altro boccone/che il pane da voi consacrato/con ammirevole fervore. Sii per noi etc./Disprezzato dai vostri,/tenuto per stregone,/sottoposto all’Inquisizione,/fosti dichiarato innocente/e acclamato santo/dallo stesso inquisitore. Sii per noi etc./Ostinati peccatori/furono da voi convertiti;/grazie a voi furono allontanati/scrupoli e timori,/perché con luci superiori/penetravi nell’intimo. Sii per noi etc./Come Paolo hai desiderato con ansia/che terminasse la vostra vita/per restare per sempre unita/la vostra anima all’oggetto amato,/fu dal cielo ascoltato/il vostro incessante clamore. Sii per noi etc./Hai tanto ascendente/sulla divina presenza/che nonc’è tipo disofferenza/che non ceda nel momento/nel quale vi prostrate di vostro intento/davanti al trono del Signore. Sii per noi etc./Potente benefattore/del devoto tribolato/sii per noi, Giuseppe, difensore/e infiammaci nell’amore.

Cuore mio e carne mia                                                                  Esulteranno in Dio vivo 

   PREGHIAMO

Dio, che disponesti di trarre tutte le cose  a tuo figlio unigenito elevato dalla terra, porta a termine la tua opera più propiziamente, affinché per i meriti e l’esempio del serafico tuo proclamatore di fede  Giuseppe elevati al di sopra di tutte le terrene passioni meritiamo di giungere a lui. Per Dio etc.

Anche se è poco cristiano, chiudo con un po’ di autopubblicità segnalando sull’argomento:

https://www.fondazioneterradotranto.it/2015/09/09/san-giuseppe-da-copertino-in-due-medaglie-del-xviii-secolo-custodite-nella-biblioteca-reale-del-belgio/

https://www.fondazioneterradotranto.it/2014/09/17/san-giuseppe-da-copertino-12-san-giuseppe-e-dante/

https://www.fondazioneterradotranto.it/2014/09/17/san-giuseppe-da-copertino-12-san-giuseppe-e-dante/ 

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1 Allude al cosiddetto sogno della scala di Giacobbe: durante la sua fuga per riparare presso lo zio Labano una notte Giacobbe sognò una scala che da terra giungeva sino al cielo, con angeli che vi salivano e scendevano, mentre Dio gli  prometteva la terra sulla quale stava dormendo.

 

Dalla Sicilia alla Puglia la festa di San Giuseppe attraverso i santini e le immagini sacre

di Giuseppe Massari

Dalla Sicilia alla Puglia la festa di San Giuseppe è una semplice raccolta di santini e immagini sacre riferite al santo di Nazareth? E’ il peregrinare faticoso per paesi e città alla ricerca del misto sacro-profano? E’ l’esercizio retorico culturale per ricostruire feticismi e misticismi profani e poplari? No. E’ la saggezza mirata a rivalutare un culto che è di popolo, che è di piazza, che è di fede, che è cultura, storia e arte, senza confusioni. E’ un capolavoro di immagini e di testi, freschi di stampa, uscito in questi giorni, e concepito da chi ne è stata la curatrice, la dottoressa Vincenza Musardo Talò, per volere di una giovane casa editrice pugliese, la Talmus Art. Il santo degli artigiani, degli operai e dei falegnami; della buona morte e della vita indissolubile chiamata matrimonio, conquista un posto d’onore nella iconografia, ma, anche, nella ripresa e rivalutazione di un culto molto diffuso in due regioni meridionali: la Sicilia e la Puglia. Due realtà lontane, ma affini, definite nel testo “regioni sorelle”, perché di esse è stato colto il senso vero di una appartenenza, di una identità consacrata nella icona di un santo che pulsa nel cuore dei due popoli, segnandone la storia, i ritmi, i passi, l’autenticità di una fede; di un connubio antico, nuovo, moderno, sancito, non solo da quel mare Mediterraneo che unisce, ma dalla sacralità di due mondi che si incontrano sull’altare dell’amore verso lo sposo di Maria Vergine.

Culti isolati, personali e soggettivi, ma, anche comunitari, collettivi nella espressione di Confraternite, sodalizi religiosi, Pie Unioni. Una coralità di cuore che esprime generosità e gratitudine, senza finzioni, senza ipocrisie, senza falsi ed inutili pudori, perché la fede autentica è quella che si manifesta e non quella che viene nascosta o repressa per rispetto umano. In questa opera nuova, non è da sottovalutare il coraggio mostrato da Vittorio Sgarbi, il quale ha saputo leggere i segni di un popolo, della gente autenticamente genuina; ha saputo intercettare le istanze di fede raccolte non in un crogiuolo, non in fazzoletto bagnato di lacrime, ma nello specchio di una vita, perché la vita di Giuseppe è stato specchio di fedeltà, di servizio, di obbedienza, di silenzio, di operosità. A questo meritorio lavoro va il plauso

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