di Massimo Vaglio
In più occasioni, abbiamo illustrato i formati caserecci di pasta della tradizione salentina, dalle fatidiche orecchiette, da sempre l’emblema della cucina di questa regione, alle ormai parimenti famose sagne “ncannulate” o agli arcaici maccheroncini cavati. Tutti formati che ormai vengono apprezzati anche fuori regione anche grazie all’opera di promozione svolta dalle tante dinamiche aziende produttrici.
Per quanto riguarda la preparazione casalinga di questi formati, ricordiamo che le farine vengono quasi sempre ricavate da grani duri coltivati localmente e moliti artigianalmente dai tanti piccoli molini sparsi un po’ in tutto il Salento, Non si tratta quindi di semole, ma di farine, con un vario grado di raffinazione a cui, spesso, chi preferisce un prodotto più rustico vi aggiunge ad arte una percentuale variabile di cruschello ricavato dall’abburattamento della farina dopo la separazione della crusca vera e propria.
Quella della preparazione casalinga della pasta è una pratica semplice che necessita principalmente di una buona materia prima, pochi rudimentali attrezzi e di una sicura manualità.
Il Salento, è però anche terra di rinomati opifici per la produzione industriale di pasta secca trafilata, un’attività che non scaturisce come si potrebbe pensare dall’evoluzione della preparazione casalinga della pasta. Enorme è infatti il divario tecnologico tra le due produzioni, che se si volesse fare un parallelo è come se si mettessero a confronto una carriola con una potente auto di ultima generazione. Un divario tecnologico che parte dalla produzione della semola, per produrre la quale occorrono macchinari imponenti, sofisticati e precisissimi quali i molini di alta macinazione. Piuttosto, la produzione industriale rappresenta il frutto della lenta evoluzione di un’attività che, iniziata