Due preziosi antichi dipinti per il patrimonio di Specchia

di Marcello Gaballo e Giovanni Perdicchia

È recente notizia che il Comune di Specchia ha acquisito due importanti opere pittoriche provenienti dalla collezione dei conti Risolo di Specchia, un tempo esposte nella pregevole quadreria del palazzo marchesale già castello baronale.

Questo grazie all’iniziativa del prof. Giovanni Perdicchia, che per diversi anni ha lavorato alla riscoperta della storia del castello e delle opere artistiche che si trovavano al suo interno, accertando anche l’esistenza della collezione. Dopo il sopralluogo, con la mediazione del professore e con il fondamentale apporto di Stefano Tanisi, si è avuta la possibilità di riportare nel palazzo due delle opere individuate tra le numerose tele che per decenni erano state spostate dal sito originario. Il trasferimento avvenne in un’abitazione privata da parte degli eredi della famiglia che, per il ramo di Specchia, si è estinta nei primi anni ‘80 del secolo scorso con la scomparsa di Gioacchino Risolo e per ultima di Gisella Risolo (+1984).

veduta dall’alto di Specchia (tutte le foto, se non diversmanete specificato, sono di Giovanni Perdicchia)

 

Sempre Specchia, vista dall’alto

 

Ad oggi la consistenza della raccolta originaria, che era esposta in almeno tre dei saloni del palazzo, è impossibile a quantificarsi, non essendosi rinvenuto alcun inventario dei beni mobili, che sicuramente doveva esistere prima dei passaggi di proprietà tra le diverse famiglie che nei secoli si sono succedute.

Si è propensi a credere che la quadreria non sia stata formata dai Risolo, che a Specchia dimorarono solo dal 1810 con Domenico, trattandosi di una raccolta assai vetusta e comprendente opere di elevata qualità che, sulla base delle testimonianze raccolte, risalgono prevalentemente al periodo compreso tra XVII e XVIII secolo.

Più facile pensare ad un nucleo originario voluto dal potente e colto Andrea Gonzaga, che nel 1567 divenne primo marchese di questa Terra, e che vi abitò con la sua corte facendo di Specchia il centro del suo Stato.

La raccolta forse fu poi accresciuta dal nipote Ferrante II, che nel 1589 vendette l’immobile e quanto in esso presente al conte di Lavello Ettore Brayda, che acquisì anche il titolo di marchese di Specchia.

Non è da escludere che nuove acquisizioni furono fatte da Ottavio Trane, IV marchese, cresciuto con il padre alla corte dei Gonzaga, che nel 1599 acquistò dal Brayda il marchesato di Specchia, comprendente anche i feudi di Tiggiano, Montesano e Melissano. Fu Ottavio ad ingrandire il castello con il suo pregevole portale in bugnato, esteso per circa 2500 metri quadrati, con oltre cento stanze, molte delle quali adornate di opere di gran pregio.

Palazzo Protonobilissimo Risolo a Specchia

 

Palazzo Protonobilissimo Risolo a Specchia

 

portale di accesso al Palazzo marchesale

 

Probabilmente contribuì ad accrescere la quadreria sua figlia Margherita (1612-1704), che nel 1633 era andata in sposa a Desiderio Protonobilissimo, barone e poi principe di Muro Leccese. Dai due il palazzo e quanto vi era in esso conservato passò ai figli ed eredi, dei quali ultimo esponente fu Giovan Battista IV, che morì senza eredi nel 1774.

La mancanza di documenti impedisce di formulare certezze sulla consistenza della raccolta, che nel tempo divenne assai pregevole, sulla base di alcune testimonianze raccolte.

In queste stanze, come annotò nel 1888 Cosimo De Giorgi, si ritrovavano dipinti dallo stesso attribuiti ad Annibale Carracci, Giorgio Vasari, Luca Giordano, Aniello Falcone, Cristiano Bader, Francesco Solimena, Paolo De Matteis, Bartolomeo Schedoni, Domenico Brandi: “Questo castello che fronteggia la piazza principale del paese e domina la campagna sottostante dalla parte di oriente, appartiene oggi ai signori Risolo […] però non è più un castello feudale ma un palazzo abitato da gentilissimi signori […] Entriamo ora nel palazzo Marchesale e diamo uno sguardo alla pinacoteca alquanto pregevole”.

Marti invece ne fece menzione nel 1932, limitandosi a scrivere che “nel Castello Palazzo […] si conservano molti quadri di vera importanza artistica”.

La scarsità di notizie sulla consistenza delle opere in esso presenti non aiuta a confermare il giudizio dei due studiosi appena menzionati. Tuttavia, conoscendo le capacità e la fondatezza dei loro studi, non vi è motivo di dubitare che si trattasse di una raccolta notevole, considerato anche il rango e la sensibilità dei possessori e dei loro avi.

Da questa raccolta dunque provengono le tele acquisite poche settimane fa dal Comune di Specchia. Si tratta di due grandi dipinti ad olio su tela, sufficienti a dare un’idea dell’originaria collezione.

Entrambe ritraggono scene trattedalla Bibbia e documentano come i soggetti siano trattati con dettaglio e consapevolezza della narrazione.

Gesù che scaccia i mercanti dal tempio (ph Stefano Tanisi)

 

La prima tela raffigura Gesù che scaccia i mercanti dal tempio (227×168 cm), la seconda Mosè ed il ritorno delle spie (145×196 cm).

Mosè ed il ritorno delle spie, la seconda tela acquisita (ph Stefano Tanisi)

 

Purtroppo i numerosi guasti e perdite di colore impediscono una attenta lettura delle due pregevoli opere.

Sarà dunque l’indispensabile restauro a svelarci quanto ancora non si riesce a leggere e che potrebbe aprire importanti sviluppi nella storia del collezionismo salentino e italiano.

Un murales nel centro storico di Copertino

Copertino (Lecce), Via Regina Margherita, Maria d’Enghien parte con il suo esercito per difendere Taranto dall’assedio di Ladislao re di Napoli, dipinto su muro realizzato dal professor Franco Contini e dai suoi allievi Antonio Mingolla, Giovanni Perdicchia e Stefano Tanisi, studenti dell’Accademia di Belle Arti di Lecce (11/9/2006).

La scena rappresenta un momento preciso della vita di Maria d’Enghien, principessa di Taranto, contessa di Lecce e Copertino. Morto il 17 gennaio 1406 il marito Raimondo del Balzo Orsini, n’è occultata la notizia affinchè re Ladislao non affretti gli apparecchi di guerra e non trovi il principato di Taranto indifeso. Maria chiama a raccolta i suoi alleati tra i quali spiccano i Sanseverino duchi di Venosa e si trasferisce a Taranto, capitale del feudo e centro della resistenza, portando con sé i quattro figliuoli: Maria, Caterina, Giovanni Antonio e Gabriele.

Bellissima nella sua armatura d’argento, ornata di gioie, con la sola presenza effondeva coraggio alle truppe che più volte seppero vincere l’assedio. Vicino a lei il rettore dei frati Minori, per l’elezione del quale Raimondo, suo marito, aveva ottenuto la concessione da Bonifacio IX, e Gabriele Capitignano, uomo di corte della principessa.

Nelle mani di quest’ultimo, re Ladislao dopo circa un anno pose la proposta d’amore per la sua signora. Capendo di non poterla vincere con le armi, il re provò a colpirla nell’ambizione e orgoglio.

Maria non seppe resistere all’offerta della corona di regina di Napoli, di Sicilia, di Gerusalemme, di Ungheria e di altri stati. Rimandò al re il fedele Capitignano con la comunicazione che accettava. Il matrimonio fu celebrato il 23 aprile 1407 nella cappella del castello di Taranto.

I personaggi raffigurati, da sinistra a destra di chi guarda, sono: Maria, Caterina, Giovanni Antonio e Gabriele del Balzo Orsini, con la loro madre Maria d’Enghien; il rettore dei frati Minori; Gabriele Capitignano; il duca di Venosa Sanseverino. Si notino le armi dei Del Balzo (sulla bandiera), dei Del Balzo-Orsini-D’Enghien e Sanseverino (sugli scudi).

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