Lecce. L’ex ospedale dello Spirito Santo e la sua chiesa

ph Giovanna Falco

di Giovanna Falco

I due edifici leccesi che ospitano gli eventi delle Giornate Europee del Patrimonio 2010 sono carichi di storia. In primo luogo hanno in comune il fondatore: tal Giovanni d’Aymo, un ricco commerciante fiorentino residente a Lecce, che a fine Trecento devolse una congrua somma per erigere una chiesa e convento domenicano ed un ospedale per poveri infermi, gestito sempre, dai domenicani.

Chiesa e convento, fondati con bolla Bonifacio IX del 9 novembre 1389, presentavano forme gotiche, riscontrate, per quanto riguarda la chiesa, dalla descrizione di Giulio Cesare Infantino «tutta à volta con le crocere al modo Francese»[i] e, nel convento, dal rinvenimento di alcuni reperti.

ph Giovanna Falco

Probabilmente il sito dell’attuale ospedale non è quello originario. Questa osservazione si desume dal fatto che l’Ospedale fu fondato con bolla di Bonifacio IX del 1392. In una delle divisio murorum  contenute nel Codice di Maria d’Enghien, però, è citata la portam jardeni iohannis de aymo (attuale Porta Rudiae)[ii]. Leggi e regolamenti sono ascrivibili al periodo successivo al soggiorno napoletano della regina, così come si desume dal titolo dell’opera «Statuta et capitula florentissimae licitati litii ordinata et imposta per inclita Maiestatem Mariae de enghenio ungariae jerusalem et siciliae reginae litique comitissae foeliciter incipiunt»[iii].

Sono databili, quindi nell’arco di tempo che va dal 1406 al 1446, anno di morte di Maria d’Enghien. In un isolario del 1508, inoltre, la consequenzialità dell’elenco delle isole collocherebbe l’antico ospedale nelle vicinanze della chiesa di San Giovanni dello Vetere[iv].

Il nuovo Ospedale dovrebbe essere sorto (o ricostruito) quando, passata nel 1514 la gestione dell’ente alla Città, si decise di ingrandirlo su progetto dell’architetto Gian Giacomo dell’Acaya – Mastro dell’ospedale.

La costruzione era già terminata all’epoca della stesura dell’Apologia paradossica, redatta tra il 1576 e il 1586, dov’è descritto: in «detto Spedale si veggono magnifiche, e sontuose fabbriche con bellissime e comodissime stanze»[v]. All’interno dell’edificio vi era un «cortile principale», ove si affacciavano vari ambienti e «di più canto di detto cortile sta attaccata la chiesa sotto il titolo dello Spirito Santo»[vi].

Nella seconda metà del Cinquecento, nello slargo antistante porta Rudiae, dunque, si fronteggiavano il complesso gotico di San Giovanni d’Aymo e la compatta fabbrica dell’Ospedale, la cui facciata è scandita da coppie di paraste scanalate e arricchita dal bugnato, entrambi elementi architettonici tipici di dell’Acaya.

Il nuovo assetto urbanistico durò poco più di un secolo, anche se c’è chi presume un intervento dell’architetto di Carlo V anche nel convento. Nel 1652, vi fu traslocata da Andria la sede del Centro di Studi filosofici e teologici dei Padri Predicatori, i domenicani decisero di adeguare al nuovo stato chiesa e convento, non più consoni all’importanza del nuovo status. La chiesa fu ricostruita tra il 1691 e il 1728 su disegni di Giuseppe Zimbalo, morto durante i lavori, nel 1710. Nel Seicento anche il convento, fu ristrutturato, così come denotano le cornici delle porte murate al piano terra. L’edificio fu ulteriormente rielaborato nella seconda metà del Settecento, quando Emanuele Manieri e le sue maestranze, cui viene dai più attribuita l’opera, realizzarono gli ambienti superiori, il nuovo chiostro e l’elegante facciata racchiusa da due portali sormontati da balconcini e scandita da paraste di ordine gigante. Qui compare la conchiglia: “firma” sia di Mauro, sia di Emanuele Manieri.

Lecce, ingresso Accademia di Belle Arti (ph Giovanna Falco)

Riguardo la chiesa dell’Ospedale, secondo Infantino, fu « fabricata non sono molt’anni da limosine, con una porta incontro la Sala dove dimorano l’infermi»[vii]. Si tratterebbe di una ristrutturazione, riconducibile, secondo Michele Paone, al gusto di Giuseppe Zimbalo[viii]. L’impianto, a navata unica, è scandito da quattro arcate da cui si accede alle nicchie, riccamente realizzate in pietra e stucchi, che racchiudevano sei altari e le porte di accesso alla strada (murata) e ad una delle corsie. Nella chiesa, sulle chiavi di volta delle nicchie sono scolpiti gli scudi che racchiudono le armi del’Ospedale (prima a destra, e terza e quarta a sinistra), dei dell’Antoglietta (quarta nicchia a destra) e quella partita Verardi – Prato (prima nicchia a sinsitra)[ix]. Sulle altre nicchie compare lo stemma dell’Ospedale (La colomba dello Spirito Santo dalla cui coda escono tre fiammelle)[x]. Le due chiavi di volta del soffitto sono decorate con lo stemma dell’Ospedale (differente da quello che si riscontra sugli archi) e con quello di Lecce.

Nel corso dell’Ottocento nuove vicende accomunano i due edifici. A causa della soppressione degli ordini religiosi durante il Decennio francese (1806 – 1815), il convento fu incamerato dal Demanio Regio e destinato, nel 1812, a  sede della Manifattura dei Tabacchi: l’edificio fu soggetto a profonde modifiche, atte ad ospitare gli impianti per la produzione del tabacco. Nel 1898 l’ospedale fu trasferito nella nuova sede (il vecchio ospedale Vito Fazzi) e il Demanio decise di adibire l’edificio a sede della Direzione compartimentale dei tabacchi. Successivamente le due “infermerie” sono state trasformate in sala cinematografica. L’ex convento ha ospitato la Manifattura dei Tabacchi, sino agli inizi degli anni Sessanta del secolo scorso. Dal 1970 vi ha sede l’Accademia di Belle Arti ed è stato restaurato. L’Ospedale dello Spirito Santo è stato recentemente destinato a futura sede della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Lecce, Brindisi e Taranto.


[i] G. C. INFANTINO, Lecce sacra, Lecce 1634 (ed. anast. a cura e con introduzione di P. De Leo, Bologna 1979), p. 19.

[ii] Cfr. M. PASTORE, Il Codice di Maria d’Enghien, Galatina 1979, p. 56. Il Codice è una raccolta di norme e regolamenti amministrativi e fiscali, compilata nel 1473 per volontà di Antonello Drimi (Cfr. Ivi, p. 25).

[iii] Ivi, p. 41.

[iv] Cfr. A. FOSCARINI, Lecce d’altri tempi. Ricordi di vecchie isole, cappelle e denominazioni stradali (contributo per la topografia leccese), in “Iapigia”, a. VI, 1935, pp. 425-451.

[v] J. A. FERRARI, Apologia paradossica della città di Lecce (1576-1586 ca.), Lecce 1707 (riedito a cura e con introduzione di A. Laporta, Cavallino 1977) p. 481.

[vi] Ibidem. Secondo Ferrari dal cortile si accedeva a due infermerie (corsie) per gli uomini e alla spezieria, vi era poi l’infermeria per le donne, il collegio e, al piano superiore le stanze predisposte per le trovatelle. L’ente, infatti, dal 1568 gestì l’Ospedale di San Nicolò degli Espositi, eretto nel 1544 nelle case di Giovanni Francesco de Noha, su sua disposizione testamentaria del 1490.

[vii] G.C. INFANTINO, op. cit., p. 24.

[viii] Cfr. M. PAONE, Chiese di Lecce, Galatina 1981, II ed., voll. 2: vol. I, pp. 310-311.

[ix] Riguardo l’arme della terza nicchia a destra, che compare anche in facciata, sul portone d’accesso all’Ospedale, Luigi Antonio Montefusco la attribuisce agli Angrisani, Amilcare Foscarini ai Palmieri e Michele Paone all’ Ospedale (cfr, P. BOLOGNINI – L. A. MONTEFUSCO, Lecce Nobilissima, Lecce 1998; A. FOSCARINI, La chiesa dello Spirito Santo e i suoi stemmi, Lecce 1921; M. PAONE, op. cit.). Nella didascalia a p. 314, però Michele Paone la attribuisce ai d’Aymo.

[x] P. BOLOGNINI – L. A. MONTEFUSCO, op. cit., Lecce 1998, p. 113.

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