Il freddo passa, le parole restano

di Armando Polito


* Senza questo freddo e se non avessimo il pelo lungo, ci tratterebbe così?

 

Qualche giorno ancora e la nevicata che ha insolitamente imbiancato il Salento sarà relegata nell’album dei ricordi, dopo aver vissuto qualche ora di gloria su Facebook e simili, grazie a riprese, anche con i droni, impensabili fino a qualche anno fa, il che ha consentito a noi del profondo sud di enfatizzare un evento eccezionale per la nostra latitudine e a coloro che vivono al nord di ironizzare in modo non sempre garbato, a riprova che anche l’imbecillità non dipende dai paralleli.

Le espressioni in dialetto neritino che ora riporterò forse hanno avuto in questi giorni una frequenza d’uso superiore ad altre alludenti al mangiare, al dormire ed all’andare al bagno …

Comincio da quelle che hanno un corrispondente più o meno letterale in italiano e per le quali, dunque, non c’è bisogno di nessuna nota supplementare.

sta mmi scela: sto raggelando (alla lettera [il freddo] mi sta gelando)

sta ‘ntrìzzulu=sto intirizzendo

sta ‘ntrizzulèsciu=sto intirizzendo oltremodo (forma intensiva della precedene)

aggiu ‘ggiuncatu1 pi llu friddu: mi si sono irrigidite le membra per il freddo

Ho lasciato a bella posta per ultima l’espressione che segue,non solo perché si riferisce alla fase più critica successiva ad una nevicata (o ad un abbassamento notevole e repentino della temperatura) ma anche per l’assoluta poeticità, frutto di un’antica partecipazione affettiva agli eventi, che il dialetto mostra più spesso di quanto non faccia la lingua nazionale.

l’acqua è ‘ncitrata=l’acqua ha formato uno strato superficiale di ghiaccio: da in+citrare e quest’ultimo da citru. Le varianti, sempre salentine, chitru e chjitru denotano la derivazione dal greco κλεἵθρον (leggi clèitron)=sbarra, barriera. Κλεἵθρον, a sua volta,  è parente di κλείϛ (leggi clèis), genitivo  κλειδός (leggi cleidòs)=paletto, chiave;  tutti derivati da κλείω (leggi clèio)=chiudere. Per completare il quadretto filologico aggiungo che paralleli al greco κλείϛ sono i latini clavis (da cui l’italiano chiave e derivati) e clavum (da cui il toscano chiovo e l’italiano chiodo); per completare quello poetico ricordo che ‘ncitrare si dice pure dell’olio e, questa volta  indipendentemente dalla temperatura, del miele e protagonista qui non è il ghiaccio ma lo zucchero.

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1 Dal centro-meridionale cioncare, a sua volta da cionco=mozzo, sciancato

Oggi parliamo di “freddo”: tutta colpa del verbo latino “frigère”

di Armando Polito

Quel maledetto mio post sul caldo continua imperterrito a comparire tra gli articoli più letti. Per evitare che dal prossimo inverno e per i successivi analogo, immeritato destino abbia il fratello dedicato al freddo, ho deciso di partorirlo adesso, anche se i frutti fuori stagione, ormai, sembrano i più ricercati….

Oltretutto qualcuno potrebbe rimproverarmi di aver sfruttato l’appeal che questa parola per contrasto suscita proprio in questo periodo dell’anno che ha visto alternarsi Scipione, Caronte, Minosse  & C. (non capisco perché i nomi femminili siano riservati solo ai tifoni e a nessuno è venuto in mente di chiamare Cleopatra almeno una delle ondate di caldo, visto che la regina d’Egitto riuscì ad incendiare personaggi importanti…).

-Non te ne saresti potuto stare buono buono e lasciar riposare il programma di videoscrittura?-

Sì, così avrei dato l’opportunità a qualche sado-masochista di soddisfare la sua perversione, nel senso che, magari mezzo lettore avrebbe volentieri prima o poi corso il rischio di soffrire con la lettura di un mio post sull’argomento dopo avermi rimproverato, godendo nella convinzione di mettermi in difficoltà, di non aver scritto nulla fino ad allora sul tema.

Partorisco, pardon, parto…

Freddo è dal latino frìgidu(m) attraverso la trafila frìgidu(m)>*frigdu(m) (sincope)>*friddu (assimilazione; e in dialetto neretino freddo è proprio friddu)>freddo. Da notare che per via diretta da frìgidu(m) è nato frigido.

E frigidaire, la voce francese che dal 1953 per alcuni decenni è prevalsa sul nostrano frigorifero [da frigori– che è dal latino frigòre(m)+fero, che è dal tema di ferre=portare], prima che frigo prendesse, almeno fino ad ora, il sopravvento? Frigidaire nasce come nome proprio commerciale di una marca di frigoriferi per uso domestico ed è dall’aggettivo  latino neutro sostantivato frigidàriu(m), alla lettera cosa che serve a raffreddare .  C’è da dire, però, che la voce compare nel significato di ghiacciaia per cibi già in Lucilio (II secolo a. C.): mercem in frigidaria ferre1=mettere la merce nelle ghiacciaie; e poi in quello di vaso di bronzo per l’acqua fredda in Vitruvio2 (I secolo a. C.);   come sostantivo frigidaria nel significato di stanza per il bagno freddo compare in Sidonio Apollinare (V secolo d. C.). In funzione aggettivale abbiamo: cella frigidària3=stanza per il bagno freddo (Plinio il Giovane, I secolo d. C.); cisterna frigidaria4=cisterna per raffreddare (Petronio, I secolo d. C.).

Il genitore, però, di tutte le voci fin qui riportate è il verbo latino frigère=esser freddo, compresi frigor, nominativo del già citato frìgòre(m), e frigus (di genere neutro)5.

In latino esiste pure un quasi omofono: frìgere col significato di friggere. Non c’è nessun rapporto filologico tra i due (probabilmente quest’ultimo è di origine onomatopeica), anche se solo casualmente crea un aggancio semantico il fatto che frigus e frigor sono usati anche nel senso di febbre in Venanzio Fortunato (VI secolo d. C.): l’autore parla dei brividi di freddo come sintomo della febbre.

Un pensierino, invece, io ce lo avrei  fatto su fresco fatto derivare dal germanico frisk. E se ci avesse messo, invece, lo zampino il latino frigùsculum attestato da Tertulliano (II-III secolo d. C.) col significato di un poco di freddo?  È evidente come frigùsculum è diminutivo di frigus come opùsculum di opus, mùsculus di mus, etc. etc.;  per passare da frigùsculum a fresco bastano, in fondo,  una sincope ed un’apocope: frigùsculum>*frìsculum>*friscum>fresco.

Mi rendo conto che non è questa la stagione adatta, a parte la mia limitata competenza e ancor più limitata autorevolezza,  per mettere in discussione un etimo consolidato, ragion per cui vado a rinfrescarmi il contenitore delle idee e tutto il resto con l’acqua gelida del pozzo. E poi me la prendo (se il doppio senso non è palese, fatemelo sapere) con i reumatismi…

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1 Saturae, VIII, 10 [VIII] δ (cito dall’edizione a cura di L. Mueller, Teubner, Lipsia, 1872, pag. 41).

2 De architectura, V, 10

3 Epistulae, II, 17 e V, 6.

4 Satyricon, LXXIII.

5 Frīgŏr e frīgŭs costituiscono una coppia interessante come hŏnŏr e hŏnōs che significano entrambi onore. La prima forma di entrambe le voci (frīgŏr e hŏnŏr) dev’essere la più recente perché mostra, rispetto alla seconda (frīgŭs e hŏnōs) l’avvenuto rotacismo. Da notare anche l’esito parallelo della quantità della vocale tematica: frīgŭs l’ha conservata nel genitivo frīgŏris (leggi frìgoris),  frīgŏr no (frīgōris, leggi frigòris); hŏnōs l’ha conservata nel genitivo (hŏnōris, leggi honòris), hŏnŏr no (hŏnōris, leggi honòris).

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