di Nicola Fasano
La mostra inaugurata il 6 dicembre, si inserisce nel contesto delle numerose celebrazioni per il 400° anniversario della morte di Michelangelo Merisi.
La Puglia non ha voluto essere da meno e Lecce in particolare, che aveva già ospitato una mini-esposizione sull’enigma dei due San Francesco, si rivela città sensibile ed attenta alle iniziative culturali.
Quando parliamo di “Echi caravaggeschi in Puglia”, dobbiamo ripercorrere brevemente le tappe del “secolo d’oro” della pittura napoletana che corrisponde al “600”: Napoli aveva visto all’opera un Caravaggio fuggiasco che in due distinti periodi, nel 1606 e nel 1609, rivoluzionò la pittura del regno vicereale ancorata al tardo-manierismo di tipo devozionale del Borghese, del Curia, del Pino etc.
Nel 1606, il pittore lombardo con le “Sette Opere di Misericordia” in Pio Monte della Misericordia getterà i semi per quella che sarà considerata la scuola napoletana. L’opera pagata la sbalorditiva somma di 400 ducati[1], fornirà un modello di riferimento sulla quale si eserciteranno artisti del primo naturalismo napoletano quali Battistello, Vitale, Sellitto e Finoglio.
La dirompente forza del Merisi, continuerà indisturbata a Napoli fino al 1640, quando in altri centri quali Roma si era ormai sopita[2].
In Puglia la presenza caravaggesca maturerà con i suoi seguaci, attraverso le opere commissionate in prevalenza da un’aggiornata aristocrazia feudale, dagli alti prelati che avevano contatti con la capitale partenopea e dagli ordini religiosi. Proprio due esponenti dell’aristocrazia quali il marchese di Polignano Radolovich (Radulovich) ricco commerciante e il marchese di Taviano, Tommaso De Franchis commissionarono al Merisi due importanti opere: “la Madonna del Rosario” di Vienna e la “Flagellazione di Cristo” di Capodimonte (già in S. Domenico a Napoli).
Tralasciando la seconda opera, la prima, proprio in occasione di questa mostra, è stata riconosciuta nella Madonna del Rosario conservata al