Libri| Quando Ippocrate corteggia la Musa. A Rocco De Vitis medico umanista

di Paolo Vincenti

Un titolo molto suggestivo, che coniuga in prodigiosa sintesi, i due interessi della vita di Rocco De Vitis: la medicina e la poesia, ovverosia la cura del corpo e la cura della mente. “QUANDO IPPOCRATE CORTEGGIA LA MUSA. A ROCCO DE VITIS MEDICO UMANISTA”, a cura di Francesco De Paola e Maria Antonietta Bondanese, segna il n.31 della collana “Quaderni de L’Idomeneo”, della Società di Storia Patria-Sezione di Lecce, ed è edito da Grifo (2017). Il volume è stato realizzato con il contributo della Banca Popolare Pugliese, ed infatti, dopo la Presentazione di Mario Spedicato, troviamo un bell’intervento di Vito Primiceri, “Semper honor, nomenque tuum, laudesque manebunt” ( versi tratti dall”Eneide”), carico di umanità nei confronti del medico, celebrato nell’opera, nell’affettuoso ricordo del Presidente della BPP. Quando Ippocrate, nume tutelare della medicina, incontra Calliope, la musa della poesia, ecco che riemergono dal passato e si impongono alla nostra attenzione certe figure, vagamente romantiche, come De Vitis, che coniugano la pratica medica con l’amore per i classici, retaggio della loro formazione umanistica. E infatti, scrive il prof. Spedicato: “tutte le numerose testimonianze qui raccolte concordano nell’attestare come questi suoi interessi vitali siano da considerarsi come le due facce della stessa medaglia”. Rocco De Vitis, “Don Rocco”, come lo chiamavano tutti, era nato nel 1911 a Supersano. Aveva frequentato il Liceo Pietro Colonna di Galatina e poi la facoltà di Medicina a Bologna, dove si era laureato, a pieni voti, nel 1937. Esercitò per una vita la professione di medico condotto nella piccola Supersano, sua patria dell’anima prima che luogo di residenza. Pubblicò, in prima battuta, una traduzione in versi liberi dell’ “Eneide” di Virgilio, nel 1982, con l’aiuto di vari collaboratori che curarono il commento ai dodici libri del poema. Successivamente, anche su suggerimento di Mario Marti, che era stato un suo caro amico nella giovinezza, quando frequentavano entrambi il Liceo Colonna di Galatina, pubblicò una seconda edizione dell’opera virgiliana, nel 1987, in endecasillabi puri. Pubblicò poi un nuovo volume contenente altri due capolavori virgiliani: le “Bucoliche” e le “Georgiche”, con testo latino a fronte, tradotte e commentate dallo stesso autore. L’altro suo grande amore era quello per la campagna; amava rimanere ore e ore a coltivare la terra, ad accudire i suoi animali, a meditare sul mondo e sulla vita, nel silenzio e nella pace che offriva la collinetta di Supersano, che egli aveva eletto a proprio rifugio, locus amoenus. Sucessivamente pubblicò “Soste lungo il cammino”, nel 1991, e “Naufragio a Milano”, nel 1994. Morì nel 1997, ad 86 anni. Di lui, prima della presente opera, si sono interessati, solo per citarne alcuni, Enzo Panareo, che ha scritto la Prefazione della traduzione dell’ “Eneide, Antonio Errico, Giorgio Barba, prefatore del romanzo “Naufragio a Milano”, Florio Santini, Paolo Vincenti, Gino De Vitis, Direttore de “Il Nostro Giornale” (rivista culturale supersanese), il quale, insieme a Maria Bondanese, si è speso moltissimo in questi anni per tramandare la memoria del medico umanista.

Il libro che qui si presenta si apre con una citazione che viene dalla letteratura latina: Homo sum, nihil humani mihi alienum puto, tratto da una commedia di Terenzio. Il primo contributo è di Paolo Vincenti, “Il medico dalla scorza dura. Profilo bio bibliografico di Rocco De Vitis”, che riporta appunto la Bibliografia degli scritti del medico umanista. Segue il contributo di Aldo de Bernart, storico e scrittore parabitano ruffanese, scomparso nel 2013, che fu molto amico del dottor De Vitis. Il contributo di de Bernart è tratto da una manifestazione tenutasi a Supersano nel 2007 in occasione del decennale della scomparsa del medico. Lo scritto di Maria Bondanese, “Il dottore: una vita, una storia che parla di noi”, è il più carico di sentimento e non potrebbe essere altrimenti, essendo la Bondanese, non soltanto nuora di De Vitis, ma la più fervente ammiratrice del medico umanista, la più gelosa custode delle sue memorie. In effetti, se in questi anni è stata tenuta viva la memoria del medico umanista, ciò si ascrive principalmente a merito della dinamica Bondanese. Lo scritto di Maria, con un diverso titolo, era già apparso in “Apulia. Rassegna trimestrale della Banca Popolare Pugliese” (Martano editrice), nel dicembre 2007, così come da “Apulia”, stesso numero, proviene l’accorato scritto di Aldo Bello (“Il tarlo dell’umanesimo”), che della rivista matinese era Direttore e la cui prematura scomparsa costituisce un’altra dolorosa perdita per la cultura salentina. Bondanese ricostruisce le drammatiche tappe dell’esperienza fatta al fronte dal dottor De Vitis, rileggendo il suo diario di guerra. Questa testimonianza della Seconda Guerra Mondiale, vissuta in diretta dal protagonista, servì poi da spunto al medico per l’opera “Soste lungo il cammino”. Bondanese si sofferma anche sulle opere maggiori di De Vitis, l’Eneide, le Georgiche e le Bucoliche, e sono riportate belle foto in bianco e nero con gli autografi di De Vitis, gli scenari di guerra che egli toccò nella sua esperienza di soldato, e dei manoscritti della traduzione dell’Eneide. Alla fine del pezzo, troviamo delle foto del Dottore in occasioni pubbliche quali l’inaugurazione della chiesetta di San Giuseppe, nel 1984, sulla Serra supersanese.

Molto significativo, anche per l’alta carica ricoperta dal suo autore, è il testo di Don Gerardo Antonazzo, originario di Supersano e Vescovo di Sora-Cassino-Aquino Pontecorvo: “Nella sapienza del cuore la vera saggezza”. Ma c’è un altro prelato che contribuisce al volume, ed è Don Oronzo Cosi ( con “Una specie in via di estinzione”), non meno caro ai supersanesi, in quanto Parroco del paese. Viene poi ripubblicato un testo di Mario Marti, “Io e Il Nostro Giornale”, indirizzato alla rivista supersanese, appunto “Il Nostro Giornale” (una delle più longeve esperienze editoriali del Salento), nel maggio 1997.

Interessante, il contributo di Carla Addolorata Longo, “Un mirabile lascito di pensiero e di vita”, che si sofferma sulle pubblicazioni di De Vitis trovando spunto nelle tematiche da esse affrontate, per occuparsi anche della nostra attualità più stringente. Matteo Greco, nel suo “Sprofondamenti metropolitani e orizzonti meridionali”, analizza in particolare l’opera “Naufragio a Milano”. “Un’esperienza indimenticabile”, definisce lo scultore Antonio Elia la realizzazione, per conto del Dottor De Vitis, di alcune opere nella Chiesa di San Giuseppe, adornata anche dalle pitture di Ezio Sanapo. Elia illustra le varie fasi di lavorazione, fino alla perfetta conclusione del tutto.

Nella seconda sezione del libro, “L’humus dell’humanitas”, troviamo alcuni contributi che legano l’omaggio a Rocco De Vitis con la conoscenza del territorio, Supersano e il basso Salento. Il primo contributo è “Breve profilo socio-economico del Salento negli anni ’50”, di Gianfranco Esposito; poi “La decorazione nella cripta della Madonna Coelimanna”, di Stefano Cortese, e “Il Santuario della Vergine di Coelimanna in Supersano”, di Stefano Tanisi; seguono “Supersano Torrepaduli Ruffano”, di Vincenzo Vetruccio e “Il dialetto di Supersano”, di Antonio Romano.

I contributi di Cortese, Tanisi e Vetruccio vengono ripresi da una pubblicazione apparsa qualche tempo fa, vertente sul Museo del Bosco, la struttura museale che riproduce le meravigliose caratteristiche del Bosco di Supersano, che viene anche ricordato da Cristina Martinelli nel suo contributo “Tra documento identitario e poesia, Tu Supersano”, in cui analizza una poesia del De Vitis, tratta dal libro “Soste lungo il cammino”. Ben documentato, l’intervento di Giuseppe Caramuscio, “La memoria della Scuola come scuola della memoria: Galatina e il suo Liceo Classico”: una storia del prestigioso Liceo Colonna di Galatina, frequentato da Rocco De Vitis e da Mario Marti, fin dai suoi albori nell’Ottocento, con l’arrivo a Galatina dei Padri Scolopi i quali fondarono nel 1854 la prestigiosa istituzione scolastica a lungo vanto della città.

Il denso e articolato saggio, che si pone a metà via fra storia e pedagogia, è ricco, come tutti gli altri contributi, di un poderoso apparato critico e bibliografico. Parimenti interessante, lo scritto di Alessandro Laporta, “Se è lecito al medico esser poeta (Galateo, Meninni, De Giorgi, De Vitis)”, il quale fa una carrellata di dotti ed eruditi del passato che alla medicina erano legati per interesse o professione, dimostrando magistralmente come l’arte ippocratica e quella poetica, scienza e humanitas, come dicevamo all’inizio, rappresentino un forte connubio, di cui è emblematico l’amore riversato dal De Vitis verso entrambe le discipline. Remigio Morelli si occupa della dolorosa esperienza della Seconda Guerra Mondiale, “Un anno sul fronte greco-albanese”, che vide impegnato Rocco De Vitis, come già ricordato.

Quello di De Vitis va ad unirsi a tanti altri ritratti di salentini illustri che in questi anni la Società di Storia Patria sezione di Lecce ha tracciato nelle sue tre collane. Emerge un amore incondizionato nei confronti della piccola patria da parte di questi suoi figli devoti, non solo studiosi e specialisti delle humanae litterae, ma anche esponenti delle professioni che a vario titolo si sono confrontati con la letteratura, la poesia, il romanzo, i racconti, la memorialistica. Sembra quasi di vederlo, De Vitis, che, spogliatosi dei panni sporchi di ritorno dalla campagna, e indossato l’abito buono, novello Machiavelli de “Le lettere familiari”, penetra “nelle antique corti delli antiqui uomini”, interrogando filosofi, storici e poeti del passato, e “da loro amorevolmente ricevuto”, gli domanda le ragioni delle loro azioni e quelli gli rispondono.

Con la terza sezione del libro, “Vergiliana”, si entra nel vivo dell’opera maggiore di De Vitis, la traduzione dell’Eneide. Questa sezione è una antologia di saggi critici a cura di latinisti che esaminano l’opera devitisiana entrando nel merito di contenuto, stile, traduzione, metodologia. Gli studiosi, che danno a questa sezione del libro un taglio tecnico scientifico, sono: Giovanni Laudizi, con “La traduzione dell’Eneide, delle Bucoliche e delle Georgiche”; Maria Elvira Consoli, con “Dell’Eneide di Rocco De Vitis”; Paola Bray, con “ Quali doni, quali a te mai darò per tale carme?”; Antonio Errico, con “Il traduttore, il suo poema, i segreti del verso”, Maria Francesca Giordano, con “Un segmento di lettura didattica sfogliando le pagine dell’Eneide”; Angela Maria Silvestre, con “La missione di Enea e la traduzione di Rocco De Vitis”; Paolo Agostino Vetrugno, con “Le traduzioni devitisiane di Virgilio tra espressività ed armonia”; Giuseppina Patrizia Morciano, con “L’epicità di Virgilio. Tradizione e traduzione nella lettura di un classico”. La quarta sezione, “Tra storia e letteratura”, riserva spazio a contributi di storia e conoscenza del territorio, in linea con la vocazione della collana editoriale.

Troviamo allora Alessandra Maglie, con “Conflitti e narrazioni nella Terra del Rimorso. Tarantismo ed esperienza mitica secondo Ernesto De Martino”; Maria Antonietta Epifani, con “Maria Manca: la santa di Squinzano”; Sergio Fracasso, con “Il progetto ‘fallito’ dell’Orfanotrofio San Francesco (poi Istituto ‘Margherita di Savoia’) e il problema dell’infanzia abbandonata alle soglie del decennio francese”; Antonio Cataldi, con “ Contributo per una storia dei missionari lazzaristi italiani in Etiopia ed in Eritrea nel periodo coloniale”; Michele Mainardi, con “L’Istituto tecnico di Lecce e l’Orto Agrario”; Arcangelo Salinaro, con “Il letterato Alfredo Mori in Puglia: una caso”; Luigi Scorrano, con “ Con un vescovo di fronte alla guerra e nell’Inferno di Dante”. Dopo l’Indice dei volumi pubblicati, il libro si chiude.

Un’opera imponente, per qualità e mole dei contributi presenti, per la quale dobbiamo essere grati a chi l’ha voluta.

Luoghi della Cultura e Cultura dei Luoghi, per Aldo de Bernart

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Luoghi della Cultura e Cultura dei Luoghi”    

Note a margine del volume in memoria di Aldo de Bernart

 

di Maria Antonietta Bondanese

Sol chi non lascia eredità d’affetti/poca gioia ha dell’urna”. Spontaneo torna alla mente il verso foscoliano dei Sepolcri , scorrendo le pagine dello splendido volume Luoghi della cultura e cultura dei luoghi, dedicato alla memoria di Aldo de Bernart. Testimonianze e saggi compongono questo florilegio, denso di Sud e di Salento, la cui storia è indagata con metodo rigoroso e appassionata ricerca. Caratteri, questi, distintivi di Aldo de Bernart alla cui infaticabile attività di studioso, pubblicista, educatore e promotore di cultura non si poteva rendere più significativo omaggio.L’operosità poliedrica di de Bernart risalta appieno dalla pluralità di scritti e punti di vista che ne delineano il ritratto morale e professionale, di profondo conoscitore della storia locale, di fine cultore di arte e letteratura, di straordinario uomo di scuola per la quale tanta parte della vita aveva speso.

Il volume, edito nella Collana “Quaderni de l’Idomeneo” della Società di Storia Patria di Lecce¹, è stato presentato la sera del 20 giugno scorso a Ruffano, presso il Teatro Paisiello.

Agli indirizzi di saluto del Sindaco, dott. Carlo Russo e della prof.ssa Madrilena Papalato, Dirigente Scolastica, hanno fatto seguito gli articolati interventi dei relatori, i professori Vincenzo Vetruccio, Alessandro Laporta, Luigi Montonato, Hervè A. Cavallera. Infine, il prof. Mario Spedicato, direttore dei “Quaderni” oltre che di “Cultura e Storia”, altra prestigiosa Collana della Società di Storia Patria di Lecce, ha osservato che il libro, includendo gli apporti di vari studiosi tra cui gli amici e i collaboratori di de Bernart riuniti in “ideale cenacolo”, di lui riesce a restituirci

“ il suo mondo, le sue piste di ricerca, i suoi contributi alla valorizzazione anche degli aspetti meno noti del territorio, la sua partecipazione ad intraprese culturali collettanee”.

Quale la pubblicazione nel 1980 di Paesi e figure del vecchio Salento, due preziosi volumi a cura di de Bernart che, assieme al terzo dell’89, restano “testo base per ogni tipo di indagine storiografica sui paesi del territorio della nostra provincia” come annotato dal nipote Alessandro Laporta, partecipe di tale iniziativa, eminente per la qualità degli intellettuali coinvolti e per il fascino di “romantico sogno salentino”² che da quelle pagine promana. Di fatti, non solo l’accuratezza e serietà scientifica ma il sentimento e un amore sconfinato per il Salento hanno contraddistinto de Bernart, nel cui animo albergava un lirismo gentile per cui intenso avvertiva il richiamo della bellezza e della poesia.

Di lui, “cantore delle mille figure, aspetti, storie e leggende, aneddoti e tradizioni, costumi e luoghi che, quali tessere di un mosaico pur concorrono a delineare il grande affresco della millenaria terra salentina”³, non si può sottacere dunque il culto dell’arte ed il mecenatismo sagace per cui ha tenuto a battesimo tanti ingegni , “da Mandorino a Greco, da Sparaventi a De Salve, per fare solo qualche nome e fermarsi alla pittura”⁴. Artisti del passato come Saverio Lillo (1734-1796) e Antonio Bortone (1844-1938), pittore l’uno e scultore di fama europea l’altro, entrambi figli illustri di Ruffano, hanno ricevuto una illuminata e completa rivisitazione storica grazie ad Aldo de Bernart. “Parabitano per nascita, ruffanese per adozione, gallipolino per discendenza”⁵, a questi “tre centri gravitazionali della sua vita”⁶ egli ha dedicato molto della sua missione di studioso, come sottolinea Paolo Vincenti tracciandone l’esauriente profilo biografico e intellettuale, a complemento del quale passa in rassegna la collana intitolata “Memorabilia”, una serie di raffinate plaquettes stilate nell’ultimo quindicennio, in tiratura limitata di copie, che restano impareggiabile documento dell’attenzione per il territorio, per i suoi aspetti inediti, da parte del Maestro.

Gino De Vitis ne ricorda, inoltre, il “sentito trasporto” per Supersano dove era di frequente invitato “per celebrazioni di vario genere, quando la figura del prof. de Bernart era vista come la necessaria presenza dell’uomo colto e vero conoscitore della nostra storia”⁷. Nel 1980 il “Nostro Giornale” ospitava una ‘perla’ di de Bernart, “La foresta di Supersano”, prezioso contributo sul Bosco di Belvedere, l’immenso latifondo di querce ormai scomparso, del quale solo pochi esemplari testimoniano oggi la superba bellezza ma la cui “storia è narrata nel ‘Museo del Bosco’ (MuBo) di Supersano, nato dall’esigenza di far conoscere questo particolare ecosistema del territorio salentino, attestato storicamente almeno dall’età romana fino agli inizi del secolo scorso”⁸. L’incanto del Belvedere tornava nelle parole di de Bernart che catturava l’ascolto e seduceva con la sua voce “dolce e suadente, sicura e melodiosa”⁹, come ha scritto Gigino Bardoscia con amicale devozione.

Note di affetto e stima risuonano nel commiato alla “guida sapiente e sicura”¹⁰ che Vincenzo Vetruccio pronunciava nel giugno 1990 per il Dirigente de Bernart che lasciava il servizio scolastico attivo. Discorso riportato nella prima sezione del volume, incentrata su “L’uomo e l’intellettuale”, mentre la seconda tratta “L’eredità della ricerca” e la terza è riservata ad “Arte, storia, cultura del Mezzogiorno” per lumeggiare il rapporto di imprescindibile osmosi tra de Bernart ed il contesto in cui egli si è formato ed ha operato.

Il 19 settembre scorso, durante la presentazione del libro a Vigna Castrisi, il prof. Francesco De Paola ha svolto una magistrale disamina dei contenuti del volume, avendone seguito l’intera gestazione perchè incaricato, assieme al prof. Giuseppe Caramuscio, della cura dell’opera.

Da parte dell’Amministrazione Comunale di Ortelle si è voluto onorare, infatti, Aldo de Bernart con un consesso di studiosi presieduto dal prof. Mario Spedicato e la presenza dei figli Ida e Mario, amorosi custodi della sua memoria.

Coltivare il ricordo, proseguire gli itinerari di ricerca di Maestri come de Bernart è quanto mai necessario oggi, per vincere ansietà e paure, opporre alla ferocia dei tempi la difesa che viene dai valori della conoscenza, della comprensione del passato, dell’intelligente visione del futuro.

Ida e Mario de Bernart , la sera del 20 giugno a Ruffano, Teatro Paisiello
Ida e Mario de Bernart , la sera del 20 giugno a Ruffano, Teatro Paisiello

Note:

¹ F.De Paola-G.Caramuscio (a cura di), Luoghi della cultura e cultura dei luoghi, Lecce, Edizioni Grifo 2015

² A. Laporta, Ritratto di Aldo de Bernart, “Anxa News”, 5-6 Maggio Giugno 2013, pp. 6-9

³ F. De Paola, nota a Caro Aldo, ti scrivo…in Luoghi della cultura e cultura dei luoghi, cit. p.77

⁴ A. Laporta, Ritratto di Aldo de Bernart,  cit.

⁵ L.C. Fontana, Bibliografia degli scritti di Aldo de Bernart, in AA.VV., Studi in onore di Aldo de Bernart, Galatina, Congedo Editore 1998, p. 1

⁶P. Vincenti, Aldo de Bernart:profilo biografico e intellettuale, in Luoghi della cultura e cultura dei luoghi, cit., p.13

⁷ G. De Vitis, Aldo de Bernart, la necessaria presenzadi un uomo colto, ivi , p.71

⁸ M.A. Bondanese, Il plurimillenario Bosco del Belvedere negli scritti di de Bernart, ivi, p. 100.

Per un’agile guida al Museo del Bosco, si veda M.A. Bondanese, Supersano Arte e Tradizione, Scoperta e Conoscenza, CentroStampa, Taurisano 2014

⁹ G. Bardoscia, Per il professore Aldo de Bernart, in Luoghi della cultura e cultura dei luoghi, cit.,            p. 58

¹⁰ V. Vetruccio, Aldo de Bernart: il cursus honorum di un Maestro, ivi, p. 90

L’ Università di Taurisano negli archivi dell’antica Terra d’Otranto

De Paola Francesco, L’ Università di Taurisano negli archivi dell’antica Terra d’Otranto (sec. XIII – XVI), Casarano (Lecce), Carra Editrice, 2006.

Questo lavoro affronta gli stessi temi già presenti nel testo precedente, ma allarga la sua indagine estendendola alle Numerazioni dei Fuochi del 1522, 1532, 1561, 1574, 1586, 1596 e alle informazioni per aggravii di fuochi dell’Università nel 1561, offrendo così una grande messe di notizie sulla vita del casale di Taurisano nel ‘500.
Il lettore vi potrà trovare, inoltre, i documenti di epoca angioina attestante la presenza del casale e dei suoi signori nell’antica Terra d’Otranto e in altre località del Regno di Napoli; il problema storico, quello della data di edificazione e quello della lettura dei simboli dell’antica chiesa di S. Maria della Strada; e, infine, note sul sistema fiscale, la qualità delle abitazioni, le strutture del quotidiano e il costo della vita in quest’angolo di Terra d’Otranto nel Cinquecento.

Vanini e il primo Seicento anglo-veneto

De Paola Francesco

Vanini e il primo Seicento anglo-veneto : ricerca su alcuni personaggi e movimenti politici, religiosi e filosofici e sugli anni anglo-veneti di G. C. Vanini ricostruiti con l’ausilio di documenti inediti e non, Cutrofiano, Toraldo & Panico, 1979.

 

Una dettagliata ricostruzione della fuga di Vanini in Inghilterra, con la descrizione dei suoi retroscena e del progetto politico – religioso sarpiano che ne era a monte, con l’indicazione delle personalità della politica e della cultura coinvolte, con i contributi dati da Marc’Antonio De Dominis ed altri protagonisti.

Effettuato in seguito alla concessione di due incarichi conferiti nel 1974 e nel 1977 dal Consiglio Nazionale delle Ricerche su proposta del Prof. Mario Dal Pra dell’Università degli Studi di Milano, questo lavoro sul filosofo Giulio Cesare Vanini, cui piacque dichiararsi cittadino del centro salentino di Taurisano, fornisce nuovi particolari sugli avvenimenti della sua vita e getta nuova luce sulle sue relazioni con alcuni personaggi come Paolo Sarpi, Fulgenzio Micanzio, Antonio Foscarini, Giovan Francesco Biondi, Giovanni Maria Genocchi, William Bedell, Thomas Horne, Sir Henry Wotton, Sir Dudley Carleton, Ascanio Bagliano, Gerolamo Moravo, Giulio Muscorno ed altri protagonisti della scena politico-culturale anglo-veneta nei primi anni del Seicento e a cui egli afferma di essersi collegato.

Nell’opera vengono altresì noti nuovi particolari sulle ragioni e sui modi della sua fuga a Londra e sulla sua permanenza in questa città.

Inoltre, con un’indagine a largo raggio, il lavoro presenta una vasta documentazione su alcuni movimenti religiosi e filosofici e progetti politici che caratterizzarono quel periodo in Venezia e in Inghilterra, cui il carmelitano di Taurisano, almeno formalmente, aderì. Vi trovano ospitalità, quindi, accenni alle lotte tra il partito dei “vecchi” e quello dei “giovani” in Venezia; i rapporti con la Francia e i Gallicani; la figura dell’ambasciatore veneto a Londra, Antonio Foscarini, e la sua tragica fine; il ruolo centrale di Paolo Sarpi e le sue relazioni con il mondo protestante; l’azione diplomatica di Francesco di Castro in Venezia durante l’Interdetto lanciato dalla Santa Sede e che Vanini invocò quale suo protettore; un poema latino inedito di Giovanni Maria Genocchi, compagno di Vanini nella sua fuga in Inghilterra, contro la Chiesa di Roma; e infine un sermone inedito contro la stessa Chiesa Romana pronunciato dall’arcivescovo di Spalato, da poco transfuga nella protestante Inghilterra.

Libri/ Humanitas et Civitas. Studi in memoria di Luigi Crudo

di Paolo Vincenti

Humanitas et Civitas. Studi in memoria di Luigi Crudo. Questo il titolo della preziosa pubblicazione, a cura di Giuseppe Caramuscio e Francesco De Paola, edita, per la Società di Storia Patria-Sezione di Lecce, nell’ambito della collana “Quaderni de l’Idomeneo”, diretta da Mario Spedicato, da Edipan Galatina, 2010.

Si tratta del più compiuto omaggio che la città di Taurisano e il mondo delle belle lettere salentine abbia potuto fare alla memoria di un intellettuale finissimo e gentleman, colto, brillante e umile, quale Luigi Crudo  (1939-2007), con l’affetto della famiglia, la moglie Maria Sabato e i figli Massimiliano e Carlo.

Una bellissima foto di Luigi Crudo, “Gigi” per tutti, Medaglia d’oro del Ministero della Pubblica Istruzione, compare in apertura del libro, prima di

Libri/ La civica Università di Taurisano nel 600

De Paola Francesco, La civica Università di Taurisano nei Registri del ‘600 dell’antica Terra d’Otranto, Casarano (Lecce), Carra Editrice, 2005.

Questo lavoro propone al lettore le Numerazioni dei Fuochi dell’antico casale di Taurisano del 1632 e 1643.

Tra la documentazione relativa alla vita delle comunità dell’ex Regno di Napoli nel ‘500 e nel ‘600, le Numerazioni dei Fuochi, su cui essenzialmente si basa questo lavoro, erano i periodici censimenti della popolazione che le massime autorità di Napoli facevano effettuare da funzionari appositamente inviate nei territori da loro governati, al fine di stabilire l’identità e la quantità degli abitanti, sulla base delle quali fissare poi le quote fiscali dovute dalle singole Università alle autorità centrali.

Dalla lettura di esse e dai registri dei numeratori emerge una grande ricchezza di notizie ed il lettore vi potrà rinvenire tutti i nomi degli abitanti, la loro età, la composizione delle loro famiglie; note su alcuni mestieri o professione; sulla struttura della popolazione per sesso, età e stato civile; notizie sui costumi e sull’ordinamento sociale del tempo; sui servizi disponibili e sulle attività praticate nella Universitas civium, nella comunità; sulla mobilità della popolazione; cenni sulle fonti e sulla distribuzione della ricchezza tra gli addetti all’agricoltura, tra gli artigiani e i praticanti di alcune professioni; sulle strutture del quotidiano e sulla qualità e lo snodarsi della vita; sui prezzi d’acquisto di alcuni beni primari e sulla loro diffusione sul territorio; su alcuni tragici episodi del tempo, quali l’imperversare della peste e gli assalti dei Turchi sulle nostre terre; sui luoghi di culto, sul tipo di rito religioso praticato, greco o latino / greco e latino, e sul loro avvicendarsi; sui rappresentanti delle autorità civili e religiose nel corso del secoli XVI, XVII e XVIII; notizie sulla vita del padre, dei fratelli e del nipote del filosofo Giulio Cesare Vanini; ed altri elementi di confronto o semplice curiosità, che il lettore potrà facilmente ricercare e trovare al fine di ricostruirsi uno spaccato di vita di epoca tardo-medievale e moderna, semplice e posta nell’antica Terra d’Otranto.

La Fondazione Terra d'Otranto, senza fini di lucro, si è costituita il 4 aprile 2011, ottenendo il riconoscimento ufficiale da parte della Regione Puglia - con relativa iscrizione al Registro delle Persone Giuridiche, al n° 330 - in data 15 marzo 2012 ai sensi dell'art. 4 del DPR 10 febbraio 2000, n° 361.

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