Il gesuita salentino Francesco Antonio Camassa esperto di arte militare

 

DE RE MILITARI NELLA SPAGNA DI FILIPPO IV: IL GESUITA SALENTINO FRANCESCO ANTONIO CAMASSA

 

di Francesco Frisullo-Paolo Vincenti

ABSTRACT. In the essay, the figure of Francesco Antonio Camassa, a Jesuit from Salento, military engineer and teacher is treated. Born in Lecce in 1588, personal adviser and confessor of the Marquis of Leganès, Governor of Milan, at the height of a brilliant career as a teacher within the Company of Jesus, he was called to Spain to the court of King Philip IV, of whom he became military adviser. Through an accurate bibliographic research, the life and works of Father Camassa, who died in Spain in 1642, are reconstructed.

 

RIASSUNTO. Nel saggio, viene trattata la figura di Francesco Antonio Camassa, gesuita salentino, ingegnere militare e insegnante. Nato a Lecce nel 1588, consigliere personale e confessore del Marchese di Leganès, Governatore di Milano, all’apice di una brillante carriera come docente all’interno della Compagnia di Gesù, viene chiamato in Spagna alla corte del Re Filippo IV, del quale diviene consigliere militare. Attraverso una accurata ricerca bibliografica si ricostruiscono la vita e le opere di Padre Camassa, che muore in Spagna nel 1642.

Filippo IV di Spagna

 

Nel 1633 viene pubblicata a Madrid la Tabla Vniversal para ordenar en cualquiera forma Esquadrones, por el Padre Francisco Antonio Camassa de la Compañia de Iesus, Cathedratico de la Mathematica militar en los Estudios Reales del Colegio Imperial de Madrid, Con licencia en Madrid, por Andrés de Parra. Si tratta di una dissertazione con disegni e calcoli matematici e disegni geometrici circa la disposizione degli squadroni degli eserciti.

Il suo autore è un gesuita originario di Lecce, Francesco Antonio Camassa, ingegnere militare e insegnante, ma soprattutto spirito attivo, marziale, intraprendente. Tre, le tappe fondamentali della vita e della carriera di Camassa: Lecce, Napoli, Madrid. Ma ogni gesuita in quei tempi era cittadino del mondo, specie chi si recava in missione in Oriente o nelle Americhe, lo spirito di avventura e il desiderio di evangelizzare erano consentanei alla natura dei frati.

Camassa è un illustre predecessore di importanti autori che tratteranno di polemologia, fra i quali, non ultimo, il nostro Giuseppe Palmieri, autore delle Riflessioni critiche sull’arte della guerra (1756-1761)[1], opera giustamente famosa che, al pari di quella del Camassa, si occupa di tattica militare. Salvatore Capodieci, in un recente saggio sulla figura del Palmieri, prima di illustrare dettagliatamente l’opera dello studioso martignanese, fa una doverosa distinzione in questo genere di trattatistica fra opere di strategia ed opere di tattica, adducendo ad esempio due illustri riferimenti, forse i più famosi in quest’ambito, ovvero il tedesco Karl Von Clausewitz (1780-1831) e l’italiano Piero Pieri (1893-1979)[2]. L’autore che Capodieci omette, nella sua disamina delle opere degli scrittori militari dall’antichità all’Età Moderna, è proprio Padre Camassa. Non ci sorprende, essendo il gesuita misconosciuto nel Salento. Eppure a lui, Lecce, la sua città, ha intitolato una via.

Di lui scrive Romano Gatto: “Nato a Lecce nel 1588, entrò a far parte della Compagnia nel 1606. Assolse all’intero corso di studi a Napoli. Prima delle matematiche insegnò 2 anni lettere umane, 2 anni filosofia, 2 anni teologia e 2 casi di coscienza. Morì a Saragoza il 30 luglio 1646”[3]. Nel suo libro, Gatto si occupa di tutti gli insegnanti succedutisi alla cattedra di matematica del Collegio dei Gesuiti di Napoli, soffermandosi su alcune figure particolarmente importanti come Hieronimo Hurtado, Georg Feder, Francesco Sangro, Vincenzo Figliucci, Cristoforo Clavio, e poi Giovanni Giacomo Staserio, Scipione Sgambati, ecc. Sebbene l’insegnamento di Camassa durò solo un anno, dal 1631 al 1632, a lui Gatto dedica una scheda nella parte finale del libro, in cui vengono passati in rassegna, in ordine cronologico, tutti i professori di matematica del Collegium Neapolitanum, dal 1589 al 1680[4]. Dalla scheda apprendiamo che Camassa arrivò a Napoli nel 1607 e studiò retorica, logica, fisica, metafisica e teologia. Nel 1620-21 fu inviato come predicatore a Bovino, successivamente ad Atri[5], dove insegnò filosofia dal 1621 al 1624, teologia dal 1624 al 1625, filosofia e casi di coscienza dal 1625 al 1627, e quindi tornò a Napoli destinato alla Casa delle Probazioni. Questa era l’istituzione in cui si completava la formazione dei gesuiti, che iniziava con la “prima probazione”, vale a dire l’ingresso e l’ambientazione, che duravano una dozzina di giorni, e la “seconda probazione”, ovvero il Noviziato, che durava due anni, fasi caratterizzate dalla intensa preghiera e dal severo studio. La “terza probazione” consisteva negli esercizi spirituali, prescritti da Sant’Ignazio di Loyola e dall’uscita dei frati nella società civile, nella quale essi si mettevano a disposizione di enti caritatevoli e dei più bisognosi, unendo il lavoro alla preghiera e allo studio, comunque imprescindibili. Con la “quarta probazione” i frati erano chiamati al quarto voto, oltre a quelli di povertà, castità e ubbidienza già pronunciati, ossia il voto di obbedienza al Papa, con il quale si sottomettevano interamente alla volontà del Sommo Pontefice. Questo quarto voto, come sappiamo specifico della Compagnia di Gesù, completava il cammino spirituale del perfetto gesuita[6].

Camassa divenne consigliere personale e confessore del Marchese di Leganès, Governatore di Milano, che in quel tempo era dominata dagli Spagnoli. Il Marchese di Leganès, Diego Mexía Felipez de Guzmán y Dávila (1580-1655), già Presidente delle Fiandre, si era distinto su vari campi di battaglia guadagnandosi fama e la stima dell’Imperatore della Spagna Filippo IV, che gli aveva affidato nel 1635 la guida del Ducato di Milano. Grande esperto di cose militari, uomo di cultura e mecenate, cugino del potentissimo Primo Ministro, Duca di Olivares, fu coinvolto nella Guerra dei Trent’anni. Collezionista di oggetti d’arte e uomo raffinatissimo, di lui esiste un ritratto, opera di Van Dick. Alla sua corte, a Milano, era circondato da svariati ingegneri militari: fra questi Francesco Antonio Camassa, che era anche il più fidato collaboratore, e che lo seguì nelle imprese belliche della battaglia di Nördlingen, nel1634, e dell’assedio del Piemonte dal 1637. Ma facciamo un passo indietro, tornando a Napoli.

Come detto, nel 1631 a Padre Camassa fu assegnata la cattedra di matematica presso il Collegio Napoletano; succedeva a Giovan Battista Trotta e Orazio Giannini[7].

Tenne la cattedra solo per un anno poiché, segnalato dal Viceré alla corte di Spagna, venne chiamato in quella nazione dalla Compagnia di Gesù su espresso invito del Re Filippo IV. Doveva essere già notevole, dunque, la fama che si era guadagnato a Napoli se gli venne riservata una simile attenzione.

Gatto riporta la lettera inviata dal Generale dell’Ordine Muzio Vitelleschi al Provinciale napoletano il 3 giugno 1632: “Quando V.R. riceverà questa e le sarà accennato dal Viceré che il P.Francesco Antonio Camassa vada in Spagna, come la Maestà Re comanda, V.R. lo manderà obedendo prontissimamente come siamo obbligati con tutta la Compagnia sopra quello che si può spiegare stante i beneficij innumerevoli della maestà sua[8]. Nel 1634, giunse a Madrid, dove entrò agli Estudios Reales de Santo Isidro, che era stato il Collegio di San Isidro dei Gesuiti, trasformato in una vera e propria università nel 1629 per volere del Re Filippo IV e del Primo Ministro Duca di Olivares, nonostante la ferma opposizione di Salamanca, sede della più gloriosa e antica Università di Spagna, che veniva così a perdere il suo primato.

Gli Estudios Reales attirarono una grande quantità di studenti, i rampolli della nobiltà madrilena, e divennero ben presto la scuola di formazione della classe dirigente spagnola. Ciò era dovuto al prestigio degli insegnanti che vi erano chiamati, fra i quali certamente Padre Juan Eusebio Nierenberg, esperto naturalista, ma anche occultista ed esperto di arti magiche[9], i celebri matematici Claude Richard, Padre Isasi e Jean Charles de La Faille, quest’ultimo precettore del Principe Don Juan e ritratto anche da Van Dyck[10], e lo stesso Camassa.

Nel 1634 dunque il Nostro si trasferisce nella nazione iberica e inizia il suo magistero a Madrid. Della sua attività di insegnante in Spagna, scrive Astrain: “Por algunos annos el P.Camassa, italiano, explicò una catedra de ingegneria, sobre todo en suas aplicationes militares[11].

Nel 1637 è a Milano e al seguito delle truppe del Marchese di Leganès[12] nelle operazioni belliche nel Piemonte. Occorre però inquadrare questa battaglia nell’ambito della Guerra dei Trent’anni (1618-1648)[13].

Una guerra, iniziata nella Germania, dominata dagli Asburgo d’Austria, che era una confederazione di stati essenzialmente già divisi dal punto di vista religioso tra luteranesimo e cattolicesimo, allorché si diffuse nel Palatinato Renano il calvinismo, anche ad opera del Principe elettore Federico V. Questo determinò la ferma opposizione sia dei luterani che dei cattolici, in particolare dei Gesuiti, intenzionati a difendere strenuamente le posizioni cattoliche contro l’attacco protestante. Essendo la collocazione geografica del Palatinato Renano molto strategica, situato come era al centro dell’Europa, fra i Paesi Bassi spagnoli e la Francia, questo scatenò gli interessi delle due principali potenze, ovvero della Francia, calvinista, e dell’Impero asburgico, cattolico. Il conflitto prese l’avvio dalla Boemia, con la cosiddetta “defenestrazione di Praga” del maggio 1618, nella prima fase, detta boemo-palatina, e poi si propagò in tutta Europa, coinvolgendo la Francia, la Danimarca, la Svezia. Impossibile in questa sede ripercorrere dettagliatamente le fasi della guerra che mise a ferro e fuoco l’Europa centrale; a noi basti interessarci di una parte di questa guerra, la fase che appunto coinvolse il Piemonte e la Savoia. Il Piemonte era stato annesso alla Savoia del Duca Emanuele Filiberto, in seguito ai tratti di pace di Cateau Cambrésis del 1559. Con la morte di Vittorio Amedeo I, nell’ottobre del 1637, essendo suo figlio maggiore Francesco Giacinto ancora troppo piccolo, venne assunta la reggenza dalla madre, Maria Cristina di Borbone, sorella del re di Francia Luigi XIII. Ella doveva difendersi dalle mire dei fratelli Tommaso e Maurizio di Savoia, legittimi aspiranti al trono, che vennero esiliati fuori dal Piemonte. Con la morte del piccolissimo Francesco Giacinto, la successione al trono passò al fratellino Carlo Emanuele, di appena quattro anni, e a questo punto la reggenza di Maria Cristina appariva messa a rischio. Il Piemonte infatti era del tutto diviso fra i “madamisti”, sostenitori di Maria Cristina, schierati con i Francesi, ed i “principisti”, fedeli ai fratelli Savoia, ossia il principe Tommaso e il cardinal Maurizio, che appoggiavano gli Spagnoli. Nel 1638, Tommaso di Savoia-Carignano si recò a Madrid e prese accordi per l’invasione del Piemonte che, gravitando nell’orbita della Francia, costituiva in effetti una seria minaccia per la Spagna stessa. Così, il Governatore di Milano, il Marchese di Leganès, attaccò la Savoia iniziando il piano di invasione, con la mira di sottomettere anche il Piemonte unendolo alla Lombardia, per creare un vasto stato unitario spagnolo. Dopo avere occupato Breme, poi Vercelli, quindi Palestro, all’inizio del 1639 le truppe lombardo-spagnole entrarono nel Piemonte facendosi strada fino a Torino. Goffredo Casalis, parlando dell’assedio di Vercelli, cita il Camassa, e scrive: “Il P. Camassa, gesuita, che ebbe, durante l’assedio, la carica di primo ingegnere, scelse gli assalimenti, e tracciò una circonvallazione di dieci miglia d’estensione. Gli spagnuoli lavorarono con molto ardore, ed in pochi giorni perfezionarono la circonvallazione; essi aprirono la trincea su tre diversi punti, e portaronsi a trecento passi dalla spianata in un molino, che la guarnigione cercò invano di difendere.[14]. Secondo i piani di battaglia, nell’accordo fra la Spagna ed i due eredi Savoia, il territorio conquistato sarebbe stato diviso in tre parti uguali. L’occupazione spagnola di Breme, città dalla pianta pentagonale fortificata, era importante in quanto la sua posizione strategica per attaccare anche Novara e Pavia, in mano ai Francesi. Caddero le città di Chieri, Moncalieri, Ivrea, Verrua, e infine Chivasso. In seguito, sotto l’attacco concentrico delle truppe guidate da Tommaso di Savoia, quelle del Duca di Leganès, e gli altri battaglioni guidati da don Martín di Aragona e don Juan de Garay, capitolarono le città di Villanova d’Asti, Asti, Pontestura, Moncalvo e Trino.

Alla fine di aprile 1639 iniziò l’assedio di Torino, dove erano di stanza i Francesi. Il Cardinale Richelieu offrì al Principe Tommaso una tregua, cercando un accordo, ma questa fu rifiutata dal Savoia che rimase fedele agli Spagnoli. “Le munizioni da vitto e da guerra mancavano agli assediati, e già ne’primi giorni fu d’uopo di regolarne la distribuzione con molta parsimonia, ed il padre Camassa, gesuita che durante l’assedio ebbe la carica di primo ingegnere, scelse gli assalimenti e tracciò una circonvallazione di dieci miglia di estensione”, scrive Gaudenzio Claretta[15].

L’assedio di Torino fu lungo e difficile, i Francesi erano un avversario duro da battere. Ad agosto, Tommaso di Savoia prese la città e Maria Cristina dovette arrendersi; ma i Francesi tornarono alla carica e ad ottobre si riaprirono le ostilità. Questi, guidati da Enrico di Lorena-Harcourt, inflissero una pesante sconfitta ai Lombardo-Spagnoli a Chieri. “Il tentativo di occupare il Piemonte”, scrive Annalisa Dameri, “riuscito anche se solo per pochi anni, da parte del marchese di Leganés, governatore dello stato di Milano, è documentato oltre che da una serie di lettere inviate a Filippo IV, al conte duca di Olivares e ad altri ufficiali, da un atlante senza firma, ora conservato a Madrid.

Le venti tavole illustrano rilievi e progetti per le cinte urbane delle cittadine occupate da Leganés e dal principe Tommaso nella loro avanzata verso Torino. In alcuni casi i lavori, svolti in pochi mesi, per potenziare ciò che è stato facilmente conquistato, trasformano indelebilmente i perimetri urbani. Al servizio di Leganés vi è sicuramente Prestino ed è ormai dimostrato che il governatore si avvalga, inoltre, della consulenza del padre gesuita Francisco Antonio Camassa, suo confessore e professore di arte fortificatoria al Collegio Imperiale di Madrid”[16].

Nella primavera del 1640, Tommaso di Savoia, sceso nuovamente in campo, venne sconfitto ancora una volta dalle truppe francesi a Casale Monferrato. A questo punto, il Principe decise di giocare il tutto per tutto, attaccando Torino per strapparla ai Francesi che ancora la difendevano strenuamente. Vistosi alle strette, tentò una resa con la speranza di raggiungere un accordo con Enrico di Lorena Harcourt, ma ogni trattativa questa volta fu rifiutata dai Francesi fin quando le truppe lombardo-spagnole vennero del tutto sbaragliate. Il Principe Tommaso, per non soccombere, si ritirò ad Ivrea. Al fine di ottenere delle condizioni più favorevoli iniziò a trattare segretamente con il Cardinale Richelieu, ma i tentativi fallirono quando il Principe, nella primavera del 1641, rinnovò il suo accordo con la Spagna, il che spinse la Francia a scendere nuovamente in campo. Tutte le città piemontesi vennero riprese e al Savoia non restò che scendere a compromessi con l’odiata Cristina di Francia, con la quale stipulò una alleanza che certo lo vedeva sfavorito, perché prima di tutto doveva riconoscere come legittimo erede al trono Carlo Emanuele, e inoltre, con i trattati ufficiali che seguirono (1642), si vide riconosciute solo le piazzeforti di Biella e di Ivrea. Le fortificazioni di tutte queste città coinvolte nella guerra vennero ricostruite sulla base di progetti spagnoli. E questo ci riporta al Camassa.

Il rapporto di Camassa col Leganès, come già visto, è precedente alla invasione del Piemonte e risale alla battaglia di Nordlingen, in Baviera, del 1634[17]. Sul fronte di guerra delle Fiandre prima, e della Germania poi, l’esercito spagnolo era guidato dall’indomito Don Diego Mesya y Guzman. In Germania, al suo seguito erano l’Infante Cardinal Fernando, l’umanista Francesco de Roales, che ne era stato il tutore, per volere del padre Filippo III, Francesco Camassa e Guillen Lombardo, quest’ultimo a capo di un contingente di truppe irlandesi. Questo è quanto riferisce Fabio Troncarelli nel libro La spada e la croce[18], in cui traccia un profilo dell’avventuriero di origini irlandesi William Lamport che era stato allievo di Camassa agli Estudios Reales di Madrid[19].

Il Camassa fornì una preziosa consulenza in questa guerra ai fini della sua vittoriosa risoluzione. In particolare, nella battaglia di Nordlingen, presa d’assalto dalle truppe imperiali il 5 settembre 1634, l’esercito guidato dall’Infante Cardinal rischiava di essere sbaragliato dalle truppe protestanti guidate da Bernardo di Sassonia e rinforzate dalla partecipazione svedese, cioè da uno dei più forti eserciti europei dell’epoca, che aveva sconfitto anche il grande condottiero Wallenstein. Fu proprio grazie alle indicazioni tattiche di Camassa che il Cardinal Fernando poté vincere la guerra, come scrive Fabio Troncarelli[20]. “A chi spetta”, si chiede Troncarelli, “la manovra che risolse brillantemente la battaglia?” Questa non poteva essere merito del Cardinal Fernando, del tutto inesperto di guerra, nè tanto meno dell’Imperatore Ferdinando, se è vero che le truppe asburgiche avevano assediato invano per alcune settimane Nordlingen. Non poteva essere, se non in minima parte, merito del Duca di Lorena, un francese al servizio della Spagna. Il merito, secondo Troncarelli, doveva essere di un ingegnere esperto di tattiche militari, nel contempo fornito di una solida cultura umanistica che gli ricordasse le mirabili imprese degli antichi romani. Questo personaggio non poteva che essere il “Dottor Sottile Camassa”. Solo un astuto gesuita ed il suo allievo Lombardo avrebbero potuto concepire una simile vittoria[21]. “A me pare evidente che solo un personaggio come lo scaltro Camassa, il docente di Re militari, che spiegava con passione Polibio e Vegezio il mattino presto, era in grado di inventare su due piedi la vittoria di Nordlingen. Di ciò abbiamo, del resto, una riprova nelle fonti, che attribuiscono al gesuita un ruolo decisivo nella fortificazione della collina di Albuch. Tali fortificazioni avevano lo scopo di bloccare gli attacchi nemici, mentre la cavalleria aggirava le loro posizioni. Solo un gesuita italiano, forgiato dall’acerrima competizione col diabolico Machiavelli, tanto entusiasta della cavalleria romana, avrebbe osato in quel frangente domandare agli antichi la ragione delle loro azioni…”[22]. E. Charveriat, che lo chiama Camaja, scrive: “le Père Camaja, à élever et à garnir d’artillerie trois retranchements, en forme de demi-lunes, ouverts au nord, et fermés au midi, du côté de l’ennemi, par un mur de trois pieds de haut. Les Bavarois étaient environ sis mille; les Impériaux, douze Mille; les Espagnols, quinze mille; en tout trente-trois mille hommes, dont vingt mille d’infanterie et treize mille de cavalerie: huit mille hommes ennron de plus que les Suédois. L’armée impériale faisait face au midi; l’armée suédoise faisait face au nord.[23].

Camassa riscosse un successo così grande con i suoi consigli militari che una volta tornato in Spagna nel 1635 tenne a Madrid una applaudita conferenza sulle tattiche militari e sulle fortificazioni, alla quale partecipò anche il Re Filippo IV nascosto dietro una grata, a detta di Troncarelli[24], il quale cita anche una preziosa fonte per conoscere meglio la figura di Camassa, ossia una lettera di Bernardo Monanni del 30 giugno 1635 conservata a Firenze[25].

Oltre ad impartire lezioni private de re militari a Filippo IV, fu probabilmente, come riportano alcune fonti, anche precettore dell’erede al trono Baltasar Carlos[26].

La Dameri parla di una relazione tecnica di Giovanni Battista Vertova in viaggio da Malta in Italia. “In visita in Piemonte, dopo Torino (ricevuto a corte da Cristina di Francia), Pinerolo, Felizzano, Vertova nel novembre 1638 è in Alessandria per un incontro tra i massimi esperti di fortificazioni al servizio della Spagna al fine di discutere del nuovo impianto fortificatorio di Malta. Ad Alessandria si riuniscono gli alti comandi spagnoli tra cui Leganés, Camassa, don Francisco de Melos, don Alvaro de Melos, il conte Ferrante Bolognini, don Martin d’Aragona e Juan (Giovanni) de Garay: Camassa ha modo di esprimere un parere tecnico (De Lucca, 2001) «Hebbi con alcuni Ingegneri, et anco con il Padre Gammasa Jesuita, molti discorsi di queste nostre fortificazioni e ne porto meca le memorie in scritto»”[27].

Anche Fernando Rodrìguez De La Flor si sofferma sul Camassa come esperto di tattica militare, citando la sua opera Tabla universal: “La geometría, en un sentido más general, determina toda la polemología, tal y como J. de Beausobre: «La ciencia de la guerra es esencialmente geométrica… La disposición de un batallón y de un escuadrón sobre un frente entero y determinada altura es sólo el resultado de una geometría profunda todavía ignorada» (Commentaires sur les défenses des places, II, París, 1757, p. 307. Cito por M. Foucault, Vigilar y castigar, Madrid, 1982, p. 168). El fragmento citado puede ponerse en relación con toda una serie de obras que ofrecen sistematizaciones de orden geométrico en las disposiciones de las formaciones militares, en lo que se denominaba el «arte de escuadronear», como es el caso del libro de Francisco Antonio Camassa, Tabla universal para ordenar en qualquiera forma Esquadrones. En un sentido, en última instancia también geométrico, Paul Virilio ha estudiado los fenómenos bélicos, y en concreto el de la ubicación de defensas a lo largo de un territorio, como producto de lo que el analista define como ‘perspectiva’, cf. Logistique de la Perception. París,1984”[28].

Nell’opera Cristiano desagravio y retractaciones de Don Guillén Lombardo. Manuscrito novohispano del siglo XVII, a cura di Gonzalo Lizardo, sono riportate diverse lettere di Guillén Lombardo che citano il Camassa[29].

Così come, sempre con riferimento al leggendario Guillén Lombardo, nell’articolo Zorro’ of Wexford?,Gerry Ronan cita ampiamente il Camassa nella biografia del Lamport[30].

Un’altra fonte lo dice anche al seguito di Carlo IV, Duca di Lorena, nella campagna militare di Germania e Francia[31].

Conosciamo svariate lettere di Padre Camassa. All’interno del Memorial Histórico Espanol; Colección de Documentos, Opúsculos y Antigüeda des Madrid, Academia Real de la Historia, Volume XIX, Madrid,1865, si trova la collezione Cartas de algunos pp. de la Compañía de Jesus: sobre los sucesos entre los anos de 1634 y 1648: in quest’opera, troviamo al Tomo VII, una lettera di Camassa alle pp.281-2;  nello stesso Tomo VII, alla p. 493 è riportato l’indice dell’intera collezione:

“Camassa (P. Francisco Antonio), de la C. de J. ; confesor del marqués de Leganés. I 33, 35, 101, 440, 483, 268, 519; sus cartas de Italia, II 28, 91 ; de Valencia , IV 353. V 19. VI 196, 206, 288, 297, 308, 314, 331, 339, 355, 370 (M. Agosto, 1646). VII 329, 345, 360, 361.”

Si tratta di una serie di lettere in cui Camassa riferisce essenzialmente sull’andamento del conflitto bellico.

Padre Camassa è citato da Astrain[32] e da Victor Navarro Brotons[33], il quale, nel paragrafo in cui si occupa del Collegio dei Gesuiti di Madrid, fondato nel 1560 (Los Reales Estudios Del Colegio Imperial De Madrid), scrive: “Junto a della Faille y Richard, [ si riferisce a Jean Charles della Faille e a Claude Richard, primi insegnanti di matematica ] en las primeras décadas de funcionamiento de los Reales Estudios del Colegio Imperial residieron y enseñaron en esta institución, el polaco Alexius Silvius Polonus (1593-ca.l653), el escocés Hugo Sempilius, y el italiano Francisco Antonio Camassa(1588-l646). También enseñó matemáticas y arte militar el jesuita Vasco Francisco Isasi”. E in nota, specifica: “Camassa era de Lecce. Véase Carlos Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, 11 vols., Bruselas, 1890-1900, vol. II, col. 175 y Simón, op.cit. (nota 3), I, p.545[34].

Anche il Diaz si occupa di lui[35], come pure il Sommervogel, già citato da Navarro Brotons, che però lo considera spagnolo[36]. Ampiamente ne tratta il De Lucca[37].

Annalisa Dameri, ricercatrice del Politecnico di Torino, nel saggio già menzionato si occupa del rapporto fra Leganès e Camassa[38] e riporta anche notizie della morte, sebbene in maniera molto nebulosa come per tutta la bibliografia da lei citata. “Il necrologio scritto per la morte di Camassa (ACGRoma, AH, PT, m. 45, necrologia 1557- 1670, c. 206, 4 agosto 1646) ribadisce la vicinanza e la collaborazione con Leganés: il 30 luglio 1646, nella città di Saragozza muore all’età di 57 anni, dopo quarant’anni all’interno della Compagnia di Gesù, colpito da una «calentura maliciosa »”[39].

Nell’opera Il Ciro Politico, Filippo Maria Bonini lo indica come “matematico ed astrologo”[40].

A volte il suo nome viene spagnolizzato in Gamassa, come in  Le voyage du Prince don Fernande Infant d’Espagne, di Diego de Aedo y Gallart[41]. Da citare anche la voce che gli viene dedicata nel Diccionario histórico de la Compañía de Jesús biográfico-temático[42]. Su di lui anche un tesi di laurea nel 2010[43].

Un’ampia scheda gli dedica José Almirante[44], il quale parla di un coinvolgimento del Nostro nella fortificazione delle mura di Sabbioneta e di Saragozza.

Infine, abbiamo scoperto che un’altra opera gli viene attribuita da Giovanni Cinelli Calvoli[45], e cioè: Le stravaganze d’Amor divino:Orazione nella nascita di Cristo composta dal Rev. e Dottor Teologo Francesco Antonio Camassa,1672. Un’opera di teologia, dunque, che mette in risalto la sua figura di pensatore sebbene la data del 1672 non coincida con la data della sua morte nel1642. Probabile sia stata stampata postuma.

Delle brevi considerazioni a conclusione di questo saggio. Può apparire singolare ai nostri occhi la figura di Francesco Antonio, per il suo ruolo di ingegnere militare. Non così doveva essere ai tempi in cui egli visse. Quello della trattatistica militare era un genere letterario fiorente specie nella Spagna del Cinquecento[46], ma non solo: infinita la bibliografia, come abbiamo già visto nel corso della trattazione. Né doveva rappresentare una novità l’appartenenza di Camassa ad un ordine religioso. Anzi, egli si collocava in un percorso già segnato fin dalla nascita della stessa Compagnia di Gesù, affine, per organizzazione e concezione, alla più rigida disciplina del mondo militare, come spiega bene Gianclaudio Civale[47]. Era stato il gesuita Edmond Auger ad aprire la strada, incitando il sovrano di Francia Carlo IX a prendere le armi contro gli ugonotti in quella fase delle guerre di religione che nella seconda metà del Cinquecento insanguinarono la Francia. Nella sua opera[48], Auger spronava con inusitata violenza il sovrano a massacrare senza pietà i nemici della fede, nella convinzione che solo la guerra poteva portare il castigo meritato dagli ugonotti. Era una convinzione condivisa da tutti gesuiti, quella della guerra come giusto flagello di Dio, e della necessità di sterminare eretici ed infedeli per il trionfo della religione cattolica, Ad majorem gloriam Dei, secondo il loro stesso motto. In questo clima, nascevano anche manuali del perfetto soldato cristiano, in cui erano impartite rigide istruzioni ai combattenti per la fede, esemplare l’opera Soldato christiano di Antonio Possevino[49]. Non risulta dunque stridente, almeno ad un primo approccio, l’azione di Camassa con la sua vocazione religiosa. È certo che lo iato fra la spada e la fede fosse saldato dalla causa superiore.

Indagare poi i conflitti di coscienza che alcuni padri potevano patire nel loro impegno militare è materia che ci porterebbe molto lontano dalla tesi di questo contributo.

A noi basti aver diradato le nebbie che avvolgevano la figura di Francisco Antonio Camassa e aver fatto conoscere alla comunità degli studiosi salentini un figlio illustre di questa terra.

 

BIBLIOGRAFIA SU FRANCESCO ANTONIO CAMASSA

Le voyage du Prince don Fernande Infant d’Espagne, Cardinal: depuis le douziéme d’Avril de l’an 1632, qu’il partit de Madrit pour Barcelone avec le Roy Philippe IV son frere, julques au jour de fon entreè en la ville de Bruxelles le quatrième du mois de Novembre de l’an 1634 Tradyict de l’Espagnol de Don Diego de Aedo y Gallart…. En Anverse  Jean Crobbaert, 1635, p.126.

Il Ciro Politico dell’Abbate Filippo Maria Bonini Consultore, e Assistente del Sant’Officio in tutto lo Stato della Repubblica di Genova diviso in due parti all’Altezza Sereniss: e Reverendiss: del Signor Principe Leopoldo Cardinal De Medici. Venetia, 1668 Per Nicolò Pezzana, p.50.

Biblioteca volante di  Gio. Cinelli Calvoli  continuata dal Dottor Dionigi Andrea Sancassani Edizone seconda, in miglior forma ridotta , e di varie aggiunte, ed osservazioni arricchita Tomo secondo Dedicato al reverendissimo Padre Don Alessandro Rossi, Venezia, Giambattista Albrizzi Q.Girolamo,1735, p.34.

Casalis G., Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale degli stati di S. M il Re di Sardegna, Volume XXV G.Maspero, Torino, 1853, p.404.

 Memorial Histórico Espanol; Colección de Documentos, Opúsculos y Antigüeda des Madrid, Academia Real de la Historia, Volume XIX, Madrid,1865, Cartas de algunos pp. de la Compañía de Jesus: sobre los sucesos entre los anos de 1634 y 1648, Tomo VII, passim

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Note

[1]G. Palmieri, Riflessioni Critiche sull’Arte della Guerra, Napoli, 1761, ristampa a cura di Mario Proto, Manduria, Lacaita, 1995.

[2] S. Capodieci, Arte della guerra e innovazioni agricole in Giuseppe Palmieri, in Aa.Vv.,Carlo di Borbone e la “stretta via del riformismo” in Puglia. Atti dell’Incontro di Studio Bari, Brindisi e Lecce, 14-15 e 18 dicembre 2017, a cura di Pasquale Corsi, Società Storia Patria per la Puglia, Bari, 2019, pp. 105-133. Nell’ambito dell’epistemologia, fondamentale è l’opera di V. Ilari, Tra bibliografia ed epistemologia militare. Introduzione allo studio degli scrittori militari italiani dell’età moderna, in «Rivista di Studi Militari», n.1, 2012, pp. 141-170, in cui l’autore “ricostruisce la genesi della prima bibliografia militare italiana, pubblicata a Torino nel 1854 da Mariano d’Ayala (1808-1877), un ufficiale del Genio Napoletano esiliato per ragioni politiche. Questa bibliografia, che include più di 10.000 libri e manoscritti scritti o tradotti in Latino o in Italiano fin dal XV secolo, era basata in parte su precedenti bibliografie generali o di fortificazione (soprattutto quella pubblicata nel 1810 da Luigi Marini), e in parte sulla biblioteca militare raccolta dal Conte Cesare Saluzzo di Monesiglio (ora ‘Fondo Saluzzo’ della Biblioteca Reale di Torino). Lo studio inquadra il lavoro di d’Ayala nella storia della bibliografia militare europea, dal Syntagma de studio militari pubblicato a Roma nel 1637 da Gabriel Naudé, fino alla Bibliografia generale delle bibliografie militari pubblicata nel 1857 dal ben noto bibliotecario Julius Petzholdt (1812-1891)”. Ivi, p.141. Un libro molto interessante sul ruolo dei gesuiti nelle fortificazioni e in generale nelle opere di ingegneria militare, è quello di D. De Lucca, Jesuits and Fortifications: The Contribution of the Jesuits to Military Architecture in the Baroque Age, Brill, Leiden, 2012, nel quale l’autore oltre a passare in rassegna le varie figure di gesuiti presenti accanto a potenti, ai condottieri e ai loro eserciti, che si sono variamente occupati di opere de re militari, e ad illustrare come queste opere venissero fatte rientrare nell’ambito delle discipline matematiche, si sofferma sulla delicatezza del ruolo dei frati ingegneri, nonché sulle loro crisi di coscienza, sui dissidi interiori  e sui dissensi da parte dello stesso ordine gesuita, poiché il loro ruolo era ritenuto incompatibile con la vocazione di un religioso. Si veda: M. Vesco, Ingegneri militari nella Sicilia degli Asburgo: formazione, competenze e carriera di una figura professionale tra Cinque e Seicento, in Aa.Vv., Defensive Architecture of the Mediterranean. XV to XVIII centuries, Vol I, a cura di Pablo Rodríguez-Navarro, Editorial Universitat Politècnica de València, 2015, pp. 223-230. Inoltre: P.Rodríguez-Navarro, Modern age fortifications of the Mediterranean coast Bibliographic guide, Editorial Universitat Politècnica de València, 2015.

[3] R. Gatto, Tra scienza e immaginazione. Le matematiche presso il collegio gesuitico napoletano (1552-1670 ca), Firenze, Olschki,1994, p. 185.

[4] Ivi, pp. 269-270.

[5] Aa.Vv., Alle origini dell’Università dell’Aquila: cultura, università, collegi gesuitici all’inizio dell’età moderna in Italia Meridionale : atti del convegno internazionale di studi promosso dalla Compagnia di Gesù e dall’Università dell’Aquila nel IV centenario dell’istituzione dell’Aquilanum Collegium (1596), L’Aquila, 8-11 novembre 1995, a cura di Filippo Iappelli, Ulderico Parente, Istitutum Historicum Societatis Iesu, Roma, 2000, p. 95.

[6] Per i riferimenti specifici all’ordine dei Gesuiti, si veda: Glossario Gesuitico Guida all’intelligenza dei documenti, a cura di W. Gramatowski S.I., ARSI, Roma,1992, ad vocem.

[7] Il suo nome compare anche fra i “Lettori di matematica” del Collegio di Napoli elencati in un manoscritto di Vincenzo Carafa, databile intorno al 1625, conservato nella BNR (ms Ges.1629) a c.194, che dice: “Lettori di Matematica: Gio. Giac. D’Alessandro, Gio.Giac. Staserio, Gio.Batta Trotta, Gio.Batta Zupo, Francesco Antonio Camassa, Scipione Sgambati, Horatio Giannino, Gio.Batta Galeota”, riportato da R. Gatto, op.cit., pp. 78-79. Si veda anche A. Udias, Profesores de matematicas en los Colegios de la Compania de Espana, 1620-1767, in «Archivum Historicum Societatis Iesu» vol. XXIX, fasc. 157 gennaio-giugno 2010, pp. 3-27, che cita Camassa a p. 25.

[8] Arsi, Neap. 17, c.46v, in R. Gatto, op.cit., p. 185.

[9] Juan Eusebio Nierenberg (1595-1658), autore del libro Curiosa filosofia y tesoro de maravillas, Madrid, Imprimeria del Reymo, 1634, che è solo una delle opere della sua sterminata produzione, che comprende anche le biografie di Sant’Ignazio di Loyola e di San Francesco Borgia. Nell’opera De la hermosura de Dios y su amabilidad por las infinitas perfecciones del Ser divino (1641), coniuga la filosofia platonica con la dottrina cristiana della grazia.

[10] Su Jan Charles della Faille, professore di matematica al Collegio Imperiale di Madrid, si veda la Voce Jean-Charles della Faille 1597-1652, curata da O. Van De Vyver, in Diccionario histórico de la Compañía de Jesús (4 volúmenes) biográfico-temático, a cura di Charles E.O’Neill e Joaquín María Domínguez, Universidad Pontificia Comillas, Madrid, Insititutum Historicum S.I. Roma, 2001, p.2935 (del pdf). Inoltre, O. Van De Vyver S. I., Lettres de J.Ch. Della Faille S. I., Cosmographe du Roi a Madrid, a M. F. Van Langren, cosmographe du Roi a Bruxelles, 1634-1645, in «Archivum Hisoricum Societatis Iesu», XLVI, 1977, pp.73 ss. Vi si riporta una corrispondenza fra l’astronomo e matematico fiammingo Michel Florent van Langren (Langrenius) e della Faille, nella quale è citato più volte Camassa.

[11] A. Astrain, Historia de la Compañia de Jesús en la Asistencia de España, Madrid, Razón y Fe, 1916, Tomo V, p.168, riportato anche da Gatto, op.cit., p. 185. Inoltre A. Udias, op.cit., p. 25.

[12] Sul Leganès, fra gli altri: F. Arroyo Martín, El marqués de Leganés. Apuntes biográficos, in «Espacio, Tiempo y Forma», Serie IV, H. Moderna, t. 15, 2002, pp. 145-185.

[13] Si può fare riferimento a: J. Huxtable Elliot, La Spagna imperiale:1469-1716, Bologna, Il Mulino,1982; Idem, Il miraggio dell’impero.Olivares e la Spagna: dall’apogeo al declino Tradotto da Paola Moretti, introduzione di Giuseppe Galasso, 2 Volumi, Roma, Salerno Editrice, 1991. Con particolare riferimento alla partecipazione dei gesuiti alla guerra dei trent’anni, si veda: R. Bireley, The Jesuits and Thirty Years war: Kings, Courts, and Confessors, Cambridge, University Press, 2009, specificamente al capitolo 6, pp.167-203; J.B. Sánchez, La Compañía de Jesús y la defensa de la monarquía Hispánica, in «Hispania Sacra», LX, 2008, pp. 181-229. Inoltre, La decadenza della Spagna e la Guerra dei Trent’Anni 1610-1648, a cura di J.P.Cooper, Cambridge University Press, Garzanti, 1971.

[14] G. Casalis, Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale degli stati di S. M il Re di Sardegna, Volume XXV G.Maspero, Torino, 1853, p.404.

[15] G. Claretta, Storia della reggenza di Cristina di Francia duchessa di Savoia con annotazioni e documenti inediti, Parte Prima, Stabilimento Civelli Torino,1868, p. 307.

[16] A. Dameri, La difesa di un confine. Le città tra Piemonte e Lombardia nella prima metà del XVII secolo, in Aa.Vv., El dibujante ingeniero al servicio de la monarquía hispánica. siglos XVI-XVIII, a cura di Alicia Cámara Muñoz, Fundación Juanelo Turriano, 2016, pp.284-285.

[17]Sulla guerra di Nordlingen, si veda R. Bireley, The Jesuits and Thirty Years war: Kings, Courts, and Confessors, Cambridge, University Press, 2009, pp.139 e 159.

[18] F. Troncarelli, La spada e la croce, Roma, Salerno Editrice, 1999.

[19] L’irlandese William Lamport spagnolizzò il proprio nome in Guillén Lombardo de Guzmàn, in onore di Gaspar de Guzman, Conte di Olivares. Egli combattè per conto della Spagna nelle Fiandre, accanto al Cardinal Infante Fernando, nella battaglia di Nordlingen, poi a Bruxelles e successivamente ancora in Spagna, dove partecipò nel 1638 alla battaglia di Fuentarabia a capo di un reparto di truppe irlandesi. Nel 1640, il Conte di Olivares lo inviò in Messico a tutelare gli interessi della Corona dai rapaci amministratori spagnoli. Autore di opere in prosa e in versi, accusato di praticare la magia e l’astrologia, fu un personaggio molto controverso. In Messico, dove poté toccare con mano le angherie e le violenze perpetrate dai conquistatori a danno degli Indios, finì al centro di una vasta rete di interessi contrapposti e quindi nelle maglie dell’Inquisizione, che lo tenne in carcere per ben 17 anni fra stenti e torture di ogni genere. Alla fine, venne bruciato sul rogo, nel 1659. Alla figura di Lombardo si è ispirato Vicente Riva Palacio per creare il personaggio di Zorro, diventato ben presto una leggenda, protagonista di una fortunata serie di romanzi, film e telefilm. Si veda anche G. Ronan, The Irish Zorro,The extraordinary adventures of William Lamport (1615-1659), London, Brandon, 2004.

[20] F. Troncarelli, op.cit., p. 167.

[21] Ivi, p.169. Oltre a quella di Camassa, su William Lamport, notevole fu l’influenza che ebbe Juan Eusebio Nierenberg, in quanto esperto di arti magiche: Ivi, p.163.

[22] Ivi, p.170.

[23] E. Charveriat, Histoire de la guerre de trente ans:1618-1648 Periode suedoise et periode francaise:1630-1648 tomo II , E. Plon Parigi, 1878, p.291.

[24] F. Troncarelli, op.cit., p.359. L’autore però dice Camassa nato intorno al 1584, entrato nella Compagnia di Gesù a Napoli nel 1607 e morto nell’agosto del 1646: Ivi, p.357.

[25] Archivio di Stato Mediceo, filza 4960, citata da J. H. Elliot, The Revolt of the Catalans. A study of the Decline of Spain (1598-1640), Cambridge, Univ. Press, 1963, p.582: Ibidem. 

[26]A. Dameri, Progettare le difese: il marchese di Leganés e il padre gesuita Francesco Antonio Camassa, esperto di arte militare, in Aa.Vv., Defensive Architecture of the Mediterranean. XV to XVIII centuries, Vol I, a cura di Pablo Rodríguez-Navarro, Editorial Universitat Politècnica de València, 2015, p.30.

[27] Ivi, p.35.

[28] F. R. De La Flor, La frontera de castilla el fuerte de la concepción y la arquitectura militar del Barroco y la llustración, Diputación de Salamanca, 2003, nota 68, pp.219-220. Sull’argomento si veda anche: A. E. López, Guerra y cultura en la Época Moderna. La tratadística militar hispánica de los siglos XVI y XVII. Autores, libros y lectores, Madrid, Ministerio de Defensa, 2001, p.618. E ancora: J. Patricio Sáiz, El peluquero de la Reina Comunicazione Cambio tecnológico y transferencia de tecnología en España durante los siglos XIX y XX , en el marco del Plan Nacional de Investigación Científica, Desarrollo e Innovación Tecnológica 2004-2007, Ministerio de Educación y Ciencia, Dirección General de Investigación, referencia SEJ2004-03542/ECON, p.14; A. E. López, La edad de oro de la tratadística militar española, in «Don Quijote Revista de Historia militar», I n s t i t u t o d e H i s t o r i a y C u l t u r a m i l i t a r Año LI Núm. Extraordinario Imprenta Ministerio de Defensa Madrid, 2007, pp.101-127, che cita Camassa a p.126.

[29]Cristiano desagravio y retractaciones de Don Guillén Lombardo [manuscrito de 1651] [Archivo General de la Nación], Edición, prólogo, epílogo y notas: Gonzalo Lizardo, Universidad Autónoma de Zacatecas «Francisco García Salinas», 2017, passim.

[30] G. Ronan, Zorro’ of Wexford?,in «The Past The Organ of the Uí Cinsealaigh Historical Society», n. 22, 2000, pp.3-50.

[31] F. Des Robert, in Campagnes de Charles IV duc de Lorraine et de Bar, en Allemagne, en Lorraine et en Franche-Comté, 1634-1638, d’après des documents inédits tirés des archives du Ministère des affaires étrangères, Parigi, 1883, a p.36 dice: “Ce fut le P. Camaja, jésuite, qui dirigea les travaux de défense.

[32] A. Astrain, Historia de la Compañia de Jesús en la Asistencia de España, Madrid, Razón y Fe, 1916, Tomo V, p. 168.

[33] V. Navarro Brotons,  Los Jesuítas y la renovación científica en La España del siglo XVII, in  «Studia Histórica Moderna», Ediciones Universidad de Salamanca, Vol. 14,1996, pp.15-44.

[34]Ivi, p.20. Dello stesso autore, Tradition and Scientific Change in Early Modern Spain: The Role of the Jesuits, in Aa.Vv., Jesuit Science and the Republic of Letters, a cura di Mordechai Feingold, Cambridge, Mass: London : MIT, 2003, p.334. Idem, El Colegio Imperial de Madrid, in Aa.Vv., Momentos y lugares de a ciencia española, siglos XVI-XX, a cura di Antonio Lafuente e Juan Pimentel, Madrid, 2012, on-line: http://hdl.handle.net/10261/63686 pp.51 e 54.

[35] J.S.Díaz, Historia del Colegio Imperial de Madrid: Casa y Colegio de la Compañia de Jesus (1560-1602) Colegio Imperial (1603-1625) Los Reales Estudios (1625-1767), Consejo Superior de Investigaciones Científicas, Instituto de Estudios Madrileños, Madrid,1952, p.545.

[36] Bibliothèque de la Compagnie de Jésus Premiere Partie: Bibliographie, par les pères Augustin et Aloys de Backer; Seconde partie: Histoire, par le pere Auguste Carayon   Nouvelle Èdition  par Carlos Sommervoegel,S.J.,publieè par la Province de Belgique, Bibliographie Tome II Boulanger-Desideri, Bruxelles Oscar Schepens –  Paris Alphonse Picard, 1891, p.575 (ma dell’opera vi sono altre edizioni, come quella del 1898 e quella del 1960).

[37]D. De Lucca, Jesuits and Fortifications: The Contribution of the Jesuits to Military Architecture in the Baroque Age, Brill, Leiden, 2012, Nota 182 a p.143 e pp.141, 143, 144, 145, 210, 220, 230, 231, 260, 309, 329, con informazioni  generali sulla vita e  sull’operato accademico e militare  di Camassa .

[38]A. Dameri, Progettare le difese: il marchese di Leganés e il padre gesuita Francesco Antonio Camassa, esperto di arte militare, in Aa.Vv., Defensive Architecture of the Mediterranean. XV to XVIII centuries, Vol I, a cura di Pablo Rodríguez-Navarro, Editorial Universitat Politècnica de València, 2015, pp.29-36.

[39]Ivi, p.31.

[40] Il Ciro Politico dell’Abbate Filippo Maria Bonini Consultore, e Assistente del Sant’Officio in tutto lo Stato della Repubblica di Genova diviso in due parti all’Altezza Sereniss: e Reverendiss: del Signor Principe  Leopoldo Cardinal De Medici. Venetia, 1668 Per Nicolò Pezzana, p.50.

[41] Le voyage du Prince don Fernande Infant d’Espagne, Cardinal: depuis le douziéme d’Avril de l’an 1632, qu’il partit de Madrit pour Barcelone avec le Roy Philippe IV son frere, julques au jour de fon entreè en la ville de Bruxelles le quatrième du mois de Novembre de l’an 1634 Tradyict de l’Espagnol de Don Diego de Aedo y Gallart…. En Anverse  Jean Crobbaert, 1635, p.126: “Pere Gamassa”. Si vedano inoltre: J. B. Sánchez, La Compañía De Jesús y la defensa de la monarquía hispánica,  in  «Hispania Sacra», LX 121, enero-junio 2008, pp.181-229; F. Arroyo Martìn, El marquès de Leganés. Apuntes biogràficos, in «Espacio, Tiempo y Forma» Serie IV, H.Moderna, t.15,Uned, Madrid, 2002, pp.145-185: Camassa è citato a p.154; Voce Francisco Antonio Camassa, in J. Martìnez Veròn, Arquitectos en Aragòn Diccionario Històrico Volumen II Cabal-Kuhnel, Istituciòn “Fernando El Càtolico”, Saragozza, 2001, p.101.

[42] J. Escalera, Voce Francisco Antonio Camassa, in Diccionario histórico de la Compañía de Jesús (4 volúmenes) biográfico-temático, a cura di Charles E.O’Neill e Joaquín María Domínguez, Universidad Pontificia Comillas, Madrid, Insititutum Historicum S.I. Roma, 2001, p.1356 (del pdf); e anche Idem, alla voce Collegio Imperial de Madrid, Ivi, p.1931, e alla voce Ensenanza Militar, Ivi, p.2752.

[43] El Marquès De Leganès y las artes. Tesis Doctoral di Josè Juan Perez Preciado (Relatore Alfonso E.Pèrez Sànches) Universidad Complutense de Madrid, Facultad de Geografìa e Historia, 2010, passim.

[44] Bibliografía militar de España / por el Excmo. señor José Almirante Madrid: Imp. y Fundición de Manuel Tello, 1876, pp.108-109.

[45] Biblioteca volante di  Gio. Cinelli Calvoli  continuata dal Dottor Dionigi Andrea Sancassani Edizone seconda, in miglior forma ridotta , e di varie aggiunte, ed osservazioni arricchita Tomo secondo Dedicato al reverendissimo Padre Don Alessandro Rossi, Venezia, Giambattista Albrizzi Q.Girolamo, 1735, p.34.

[46] Si vedano A. Espino Lopez, Guerra y Cultura en la Epoca Moderna. La tratadistica militar hispanica en los siglos VXI y XVII. Autores, libros y lectores, Madrid, Ministerio de Defensa, 2001, ed anche F.Gonzalez De Leon, Doctors of the Military Discipline, in Idem, The Road to Rocroi. Class, Culture and Command in the Spanish Army of Flanders, 1567-1659, Leiden, Brill, 2009.

[47] G.Civale, Guerrieri di Cristo Inquisitori, gesuiti e soldati alla battaglia di Lepanto, Milano,Edizioni Unicopli, 2009, p.35.

[48] E. Auger, Le pédagogue d’arms, pour instruire un prince chrétien à bien entreprende et heureusement achever une bonne guerre, pour estre victorieux de tous les ennemis de son Estat et de l’Eglise catholique, Paris, Sebastien Nivelle, 1568.

[49] Soldato christiano con l’instruttione de’ Capi dell’Essercito Catolico composto dal R.P.Antonio Possevino della Compagnia di Giesu, Macerata, Sebastiano Martellini, 1588. Sull’argomento, si veda Vincenzo Lavenia, Tra Cristo e Marte. Disciplina e catechesi del soldato cristiano in età moderna, in Aa.Vv., Dai cantieri della storia liber amicorum per Paolo Prodi, a cura di Giuseppe Olmi e GianPaolo Brizzi, Bologna, Clueb, 2007, pp.37-54.

L’elegante torre federiciana di Leverano (Lecce)

La torre di Leverano (ph Fabrizio Suppressa)

di Fabrizio Suppressa

Tra le tante torri che svettano sulla penisola salentina, ce n’è una in particolare che racchiude nelle sue geometrie e nelle forme una raffinata eleganza. Stiamo parlando della torre federiciana, emblema dello stendardo leveranese, che da più di 700 anni domina il fiorente abitato della pianura copertinese.

Fu voluta da Federico II di Svevia, il Puer Apuliae, e ultimata nel 1220 come baluardo a difesa dell’abitato e delle coste cesarine, imperversate a quell’epoca da scorribande saracene. Fu posizionata secondo una rete di piazzeforti che proteggeva l’entroterra jonico, assieme alle fortificazioni di Mesagne, Oria e Uggiano Montefusco e collegata visivamente con il primordiale impianto svevo del futuro castello di Copertino (secondo parecchie fonti orali i due fortilizi erano collegati da improbabili gallerie ipogee).

La torre è la più alta della Terra d’Otranto, si erge per 28 metri tra le basse abitazioni circostanti, anche se, originariamente la costruzione sorgeva isolata all’interno delle mura cittadine con un profondo fossato largo alcuni metri.

Varcato l’uscio d’ingresso, posto nel poderoso basamento lievemente scarpato, si raggiunge un ambiente voltato a botte ogivale, dove lateralmente è posta una particolarissima scala a chiocciola a doppia spira (forse unica in tutto il Salento) che si sviluppa nell’anima della muratura per tutta l’altezza della torre.

Raggiunto il primo livello, non si può far altro che alzare gli occhi per ammirare le pareti interne dal colore ambrato, sino alla splendida volta a crociera dai costoloni bicromi. Questa particolarità, realizzata con l’alternarsi di conci in tufo e pietra leccese molto simile al coevo portico dei Cavalieri Templari di Brindisi, denota una chiara influenza orientale, tipica delle strutture duecentesche del Meridione d’Italia.

interno della torre (ph. F. Politano)

L’eleganza della torre risiede nelle raffinate decorazioni e nella perfetta fattura degli apparecchi murari, opere peculiari dell’architettura normanna. Come per esempio i caminetti con le deliziose foglie d’acanto, gli architravi dai precisi incastri e soprattutto le cornici delle finestre con il particolare motivo a zigzag (ornamento a “denti di sega” o a Baton-Rompus secondo Viollet Le Duc). Quest’ultima decorazione, riscontrabile anche nel santuario di Santa Maria della Lizza e nel campanile del Duomo di Nardò, è stata inspiegabilmente privata delle originarie proporzioni nel recente restauro a causa dell’inspessimento delle cornici con fasce in pietra leccese.

La torre era inoltre suddivisa in tre livelli con solai lignei, successivamente crollati o demoliti, come si desume dagli incassi delle travi nella muratura e dagli elaborati caminetti disposti quasi a mezz’aria.

Dall’ampio terrazzo, un tempo protetto da strutture in legno, la torre partecipò alla difesa dell’abitato, come ci ricorda il Marciano nel capitolo dedicato alla sua città natìa:

“Verso il 1220 Federico II vi edificò la torre, (…) acciò dalle scorrerie de’ nemici si difendesse il luogo, il quale per I’arme che si usavano in quelli tempi era fortissimo. E nell’anno 1373, o secondo il Coniger 1378, Francesco del Balzo Duca di Andria, rottosi colla Regina Giovanna I, condusse nel regno di Napoli Giovanni Montacuto capitano Bretone con seimila Brettoni ed Inglesi; ed avendo nella Puglia occupato Canosa, Minervino, Gravina ed Altamura, passò nell’assedio della città di Lecce, e nel passaggio distruggendo quanti luoghi incontrava della Regina distrusse con repentino assalto il Casale Albaro, i cui abitatori si ridussero ad abitare in questa terra.”

Ed ancora, nel 1484 resistette all’assalto dei Veneziani, che in quel periodo avevano occupato Gallipoli e i territori circostanti, mentre nel 1528 riuscì a resistere ai francesi comandati dal visconte di Lautrec.

Con il repentino passaggio delle tecniche difensive da piombante a radente iniziò il triste declino della nostra torre. Il dongione divenuto oramai un facile obiettivo delle artiglierie, fu trascurato dai vari feudatari e trasformato in magazzino per suppellettili e granaglie. Subì ulteriori sfregi quando in seguito, l’ampio locale interno fu trasformato in una vera e propria colombaia mediante l’asportazione, con un disegno a scacchiera, di alcuni conci dalla muratura.

Pericolante a metà ‘800, la torre fu “riscoperta” dai galantuomini più illustri di Terra d’Otranto, tra cui il De Simone, il De Giorgi e l’Arditi. Costoro si attivarono energicamente affinché si intraprendessero i primi lavori di consolidamento statico della volta a crociera e il riconoscimento della torre come monumento nazionale (1870).

Dobbiamo proprio alle loro azioni e alla loro tenacia se tuttora possiamo ammirare e visitare l’eleganza di questa agile costruzione svettante sopra le assolate terrazze della città dei fiori.

Le decorazioni nelle note di Cosimo De Giorgi

Bibliografia:

M. Paone, La Torre, in Tempi, uomini e cose di Leverano, Galatina, Editrice Salentina, 1985.

R. De Vita, Castelli e opere fortificate di Puglia, Bari, Adda Editore, 1974

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