di Armando Polito
Qualche amico napoletano commenterebbe il titolo con le parole chisto è pazzo e mi risparmio pure di immaginare quale locuzione più o meno simile userebbero i miei conterranei, anche per quell’inquietante prima parte. La colpa, però, in un certo senso, non è solo mia, se un mio post dell’anno scorso, Oggi parliamo di caldo. Tutta colpa del verbo latino calère compare, per me ormai come un incubo, tra quelli più letti, anche in pieno inverno. Non so ancora oggi spiegarmi il motivo di tanto successo per un contributo che io stesso giudico modestissimo, anche se il suo attuale imperversare in classifica è senz’altro legato al fatto che caldo è la parola più probabilmente ricercata in questo periodo attraverso gli appositi motori. È ovvio che chiunque cercava un qualche refrigerio è rimasto deluso e avrebbe fatto meglio a bersi un semplice bicchiere di acqua, ma è proprio quest’ultima parola che mi ha fatto venire l’idea di scrivere un’altra scemenza per vedere se e quanto essa sia competitiva rispetto a quella prima citata. E poi, siccome sono, oltre che pazzo, anche un po’ vigliacco voglio proprio vedere quale trattamento sarà riservato al buon Plinio che, in fondo, è il vero autore di questo post.
L’acqua è, tra tutti, l’argomento al quale il naturalista latino del I° secolo d. C. dedica il maggior spazio nella sua opera e non poteva essere altrimenti perché la fondamentale importanza di questo elemento per l’umanità è cosa nota fin dagli albori della vita in genere. Sulla consapevolezza attuale di questa importanza getto il solito velo pietoso e non mi ergo certo a moralista pensando che, solo per fare un esempio, chi di noi non ha rimpianto un affetto (col quale, tuttavia, non ne andava di mezzo la vita fisica) solo quando