Taranto. Il cammino dei Perdoni (seconda parte)

Le “gare”

Continuiamo il nostro viaggio alla scoperta dei riti e delle tradizioni della Settimana Santa tarantina con la descrizione di uno dei suoi momenti più significativi: le “gare”.

Taranto, Processione dei Sacri Misteri

Il privilegio di portare in processione i simulacri, o di ricoprire un ruolo attivo durante le stesse, doveva essere particolarmente ambito se già a partire dai primi anni del XIX secolo si ha notizia di “offerte” o di “pie oblazioni” da parte dei confratelli. Contributi, questi, ben accetti dalle congreghe se si decise, considerato anche l’aumentare dei confratelli che facevano richiesta di partecipazione ai riti, di procedere a vere e proprie “gare” o “aste”. Da allora la tradizione si è trasmessa fino ai giorni nostri e il termine con cui sono indicate queste assemblee è rimasto immutato.

Il meccanismo è quello di una vera e propria asta con aggiudicazione finale al miglior offerente e viene indetta sia dalla Confraternita del Carmine sia da quella dell’Addolorata per coprire i notevoli costi che le processioni comportano (tra bande musicali, addobbi floreali, artigiani per l’allestimento del Sepolcro e la manutenzione dei simulacri ecc.). Oltre a ciò l’offerta in denaro viene impiegata anche per iniziative benefiche di varia natura a favore del sodalizio e della parrocchia di appartenenza. Dal 1979, per rispetto nei confronti dei luoghi sacri, le “aste” non hanno più luogo in chiesa ma in altri locali. Le assemblee, che per tradizione si svolgono sempre la sera della Domenica delle Palme, sono riservate ai soli confratelli (anche se c’è sempre qualcuno che riesce a intrufolarsi vinto da insanabile curiosità) e vengono convocate dai rispettivi priori.

Dietro un lungo tavolo sul quale è appoggiata la troccola – strumento di legno finemente lavorato e intarsiato che, se opportunamente agitato, produce il caratteristico suono, simbolo dei riti della Settimana Santa tarantina – siedono il Padre spirituale, che apre la “gara” con una orazione, il Priore della congrega e gli altri componenti del consiglio di amministrazione. Oltre alla troccola, sul tavolo, sono disposte anche due candele accese e un campanello che, agitato dalla mano del Priore, sancirà l’aggiud

La troccola

icazione del simbolo o del simulacro, messi in “gara” uno per volta. Il segretario della congrega scandisce a voce alta le varie offerte e per le statue, che sono portate a spalla da quattro persone, è un confratello che si fa portavoce in rappresentanza del suo “gruppo”. Le offerte si susseguono una dopo l’altra fino a quando viene annunciata l’ultima chiamata in cui vengono scanditi:

 

1. nome del simbolo o del simulacro
2. nome e cognome dell’offerente
3. la somma che l’offerente dichiara di essere disposto a versare.

A questo punto, se non vi sono altre offerte, un vigoroso scampanellio da parte del Priore sancisce l’aggiudicazione della statua o del simbolo messo in “gara”. Il confratello del Carmine dovrà versare subito un congruo anticipo per poi saldare il tutto entro e non oltre il Venerdì Santo, giorno dell’uscita della processione, mentre nel caso delle “aste” indette dalla Confraternita dell’Addolorata, i confratelli dovranno versare seduta stante la somma offerta.

Terminate le “gare” e aggiudicati i simboli e i simulacri, l’attesa dei confratelli e di tutti i devoti è ormai rivolta al primo pomeriggio del Giovedì Santo, quando dalla chiesa del Carmine l’uscita delle prime poste di perdoni segnerà l’inizio dei riti della Settimana Santa tarantina.

(Fine seconda parte)

 

Testo e Foto di:

Francesco Lacarbonara – MMXI- tutti i diritti riservati –

Taranto. Il cammino dei Perdoni (prima parte)

I riti della Settimana Santa di Taranto, tra fede, storia e tradizione popolare

Processione dei Sacri Misteri, poste di perdoni

 

di Francesco Lacarbonara

Raccontare i riti della Settimana Santa di Taranto, per chi a Taranto è nato è vissuto come me, non è impresa facile. Basterebbe poco, infatti, per lasciarsi trascinare dai ricordi delle tante processioni alle quali si è assistito fin da bambino, col rischio di scivolare così in un nostalgico sentimentalismo che, seppur onesto e legittimo in quanto espressione di un sano attaccamento alle proprie origini, non renderebbe ragione della complessità del fenomeno che stiamo per trattare.
Non sarebbe però neppure corretto ridurre il tutto a una mera, e alquanto asettica, operazione di ricerca storico-antropologica (con i relativi risvolti sociali e psicologici) nel tentativo, forse vano, di analizzare razionalmente un evento che, a ventunesimo secolo ormai avanzato, continua a riproporsi con lo stesso immutato carico di coinvolgimento emotivo, vuoi per chi del rito è protagonista, vuoi per chi al rito partecipa come semplice, ma mai indifferente, spettatore.

Proveremo allora ad accostarci al rito della Perdonanza tarantina con la giusta dose di curiosità per una “sacra rappresentazione” che torna ad inscenarsi nuovamente tra le vie del borgo e della città vecchia di Taranto. Ma lo faremo anche con il dovuto rispetto per coloro che vivono la Settimana Santa con spirito di fede e devozione e, anche se solo per pochi giorni, si apprestano a trascendere i confini della quotidianità per affacciarsi, con un sentimento misto di timore e tremore, nella dimensione del sacro e del mistero. Seguiremo in particolare il rito del Pellegrinaggio ai Sepolcri, oggi svolto solo dai confratelli della Confraternita di Maria SS. del Monte Carmelo. Ci occuperemo in un secondo momento del rito della Processione dei Sacri Misteri (condotto anch’esso dai confratelli del Carmine) e di quello della Processione della B.V. Addolorata, tanto cara a tutti i tarantini e portata avanti, con devozione sincera e immutato attaccamento alle tradizioni, dai confratelli della Confraternita di Maria SS. Addolorata e San Domenico. Tale confraternita fu fondata nel 1670 dai Padri Domenicani che prestavano servizio nel Tempio di San Domenico, situato nella parte più alta della città vecchia di Taranto; il Tempio fu edificato nel 1302 sulle fondamenta di una Chiesa probabilmente sorta agli inizi del XIII secolo e fu solo a partire dal 1870 che la Confraternita assunse il titolo di San Domenico e dell’Addolorata.

Le origini
Occorre risalire al XVI secolo, periodo che vede Taranto sotto la dominazione spagnola, per ritrovare le prime tracce dei riti della Settimana Santa tarantina. Le numerose e nobili famiglie spagnole residenti in città introdussero e diffusero tra la popolazione locale usi e costumi importati dalla madre patria, anche a carattere religioso. Nascono così le prime confraternite e hanno inizio i primi pellegrinaggi, come avveniva già da diverso tempo in molte città della Spagna, quali, ad esempio, Siviglia, Saragozza, Malaga e Barcellona.
A questo periodo però si deve far risalire solo il rito del Pellegrinaggio ai Sepolcri, che si svolgeva la mattina del Venerdì Santo da parte delle confraternite già allora esistenti in città. È probabile però che forme di devozione nei confronti dei sepolcri fossero diffuse già da prima, sulla scia di quanto raccontato nella Peregrinatio Aetheriae, nota anche come Itinerarium Egeria. Eteria, o Egeria – probabilmente una donna facoltosa di origine spagnola vissuta tra il IV e il V secolo – descrive in una lettera, scritta in un latino colloquiale, i luoghi da lei visitati durante un suo pellegrinaggio in Terrasanta. Dal suo racconto, ricco di particolari curiosi, si sarebbe iniziato a rappresentare nelle chiese scene riproducenti i luoghi santi, con il chiaro intento di riproporre i momenti più significativi della Passione e della Morte di Cristo, il tutto offerto alla devozione popolare.

Processione dei Sacri Misteri, statua di Cristo morto
Per le processioni dell’Addolorata e per quella dei Misteri si dovrà invece aspettare la metà del XVIII secolo, ma per raccontarne le origini occorre fare prima un piccolo passo indietro. Tra la fine del 1600 e gli inizi del 1700 Don Diego Calò, discendente della omonima famiglia giunta a Taranto nel 1580, ordinò e fece venire da Napoli due statue, di cartapesta e di autore ignoto, quella dell’Addolorata e quella di Cristo Morto, per essere custodite nella cappella gentilizia del suo palazzo. In occasione del Venerdì Santo venivano invitate dal patrizio tarantino tutte le confraternite per portare in processione i suddetti simulacri tra le vie della città vecchia che a quel tempo, ma sarà così fino a ben oltre metà ottocento, rappresentava la sola area urbanizzata. La pia tradizione famigliare si trasmise fino al 1765, allorquando un suo discendente, Don Francescantonio Calò, fece dono delle due statue alla Confraternita Maria SS. Del Monte Carmelo, fondata ufficialmente il 10 Agosto del 1675 con un decreto dell’allora Arcivescovo di Taranto Mons. Tommaso Sarria. Diversi documenti riportano invece come data di fondazione il 1577, anno in cui la comunità dei frati Carmelitani si trasferì dalla Chiesa della Madonna della Pace, nella città vecchia, alla Chiesa di Santa Maria extra moenia, detta Chiesa della “Misericordia”, e per l’appunto nel 1577 dedicata alla Vergine del Carmelo.

Fu così che il Venerdì Santo del 1765 i due simulacri varcarono per l’ultima volta il portone di Palazzo Calò per raggiungere in processione quella che diventerà la loro sede definitiva, la Chiesa del Carmine extra moenia, ovvero in aperta campagna, in quello che è diventato adesso il cuore del borgo di Taranto, nella città nuova.
Questi due simulacri, più volte restaurati nel corso degli anni per ovviare all’inevitabile usura del tempo, sono gli stessi che vengono portati in processione ancora oggi dalla Confraternita del Carmine, insieme ad altre statue che si sono aggiunte nel corso degli anni, a completare il racconto plastico della Passione e Morte di Gesù mediante la raffigurazione dei suoi momenti più drammatici e significativi.

(Fine prima parte)

 

Testo e Foto di:

Francesco Lacarbonara – MMXI- tutti i diritti riservati –

Sud e Magia: nasce l’Enciclopedia filosofica del Rinascimento in Terra d’Otranto

di Donato Verardi

Domenica 25 settembre 2011 a Specchia, nella sala Convegni di Palazzo Risolo si è svolto il Convegno di Studi intitolato Sud e Magia. La tradizione magico-astrologica nel Rinascimento Meridionale, organizzato dalle “Officine Filosofiche di Terra d’Otranto” (Segreteria organizzativa M. De Carli e D. Verardi), e patrocinato dall’Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento Meridionale, dal Dipartimento di Filologia classica e di Scienze Filosofiche dell’Università del Salento, dall’Assessorato alla Cultura della Provincia di Lecce e dal Comune di Specchia.

I lavori sono stati aperti nel pomeriggio, alle ore 18.00, da Vincenzo Santoro, responsabile cultura dell’A.N.C.I., nonché presidente delle “Officine filosofiche di Terra d’Otranto”, il quale ha esposto gli obiettivi per l’anno 2011-2012 dell’associazione. All’intervento di Santoro sono seguiti i saluti di Marco Santoro dell’Università “La Sapienza” di Roma, anche a nome dell’Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento Meridionale di cui egli è il vicepresidente. Luana Rizzo, docente di Storia della Filosofia del Rinascimento presso l’Università del Salento ha relazionato sulla figura di Matteo Tafuri, mago e astrologo salentino operoso anche nel contesto napoletano dei fratelli Della Porta. Donato Verardi ha affrontato il tema della magia astrale nel pensiero magico di Della Porta, mentre Francesco Giannachi è intervenuto sul

Sud e Magia. La tradizione magico-astrologica nel Rinascimento Meridionale

Domenica 25 settembre 2011, presso la Sala Conferenze di Palazzo Risolo di Specchia (LE), alle ore 18.00, si terrà il Convegno
 

Sud e Magia. La tradizione magico-astrologica nel Rinascimento Meridionale

Il convegno è organizzato dall’Associazione culturale denominata Officine filosofiche di Terra d’Otranto, nata con lo scopo di promuovere iniziative culturali concernenti il pensiero filosofico in Terra d’Otranto, con particolare attenzione al Rinascimento, che nell’occasione presenterà il programma delle sue attività.
L’evento vedrà la partecipazione di rinomati studiosi provenienti dal mondo universitario, nonché di giovani studiosi emergenti del panorama culturale salentino. Aprirà i lavori Vincenzo Santoro, responsabile dell’Ufficio Cultura dell’Anci, presidente dell’Associazione.
Nel corso dell’evento verrà presentato inoltre il sito Accademia Hydruntina. Enciclopedia filosofica del Rinascimento in Terra d’Otranto, diretto da Donato Verardi e con la partecipazione di un prestigioso comitato scientifico internazionale.
Interverranno Marco Santoro (Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento Meridionale – Università degli Studi di Roma “La Sapienza”), Donato Verardi (Officine Filosofiche di Terra d’Otranto), Luana Rizzo (Università del Salento), Adele Spedicati (Università del Salento), Francesco Giannachi (Università del Salento).
È inoltre prevista la presenza di Simona Manca (Vice Pres. e Ass. alla Cultura della Provincia di Lecce e di Valerio Stendardo (Assessore alle Politiche Giovanili del Comune di Specchia).


Programma

Sud e magia. La tradizione magico-astrologia nel Rinascimento meridionale

Specchia (Le), sala conferenze di Palazzo Risolo
25 settembre, ore 18

Interverranno:
Vincenzo Santoro, Presidente Officine Filosofiche di Terra d’Otranto
Sud e Magia. Le ragioni di un convegno

Marco Santoro, Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento Meridionale, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
Il Rinascimento meridionale. Ragioni e prospettiva di ricerca

Luana Rizzo, Università del Salento
Matteo Tafuri mago e astrologo di Terra d’Otranto

Donato Verardi, Officine Filosofiche di Terra d’Otranto
Le immagini celesti nella “Magia naturalis” di Giovan Battista Della Porta

Francesco Giannachi, Università del Salento
Da Casole a Zollino. Divinazione ed Astrologia in Terra d’Otranto tra Medioevo e Rinascimento

Adele Spedicati, Università del Salento
Il tema della magia nelle “Opere magiche” di Giordano Bruno

Porteranno i loro saluti Simona Manca, Vice Presidente e Assessore alla Cultura della Provincia di Lecce, Valerio Stendardo, Assessore alle Politiche Giovanili del Comune di Specchia

Nel corso dell’evento verrà presentato il sito
Accademia Hydruntina. Enciclopedia filosofica del Rinascimento in Terra d’Otranto (www.accademiahydruntina.it)
a cura di Donato Verardi

con il patrocino di
Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento Meridionale
Dipartimento di Filologia Classica e di Scienze Filosofiche dell’Università del Salento
Assessorato alla Cultura della Provincia di Lecce
Comune di Specchia

segreteria organizzativa: officinefilosofiche@gmail.com

Breve rassegna delle opere e autori esposti nella mostra leccese "Echi caravaggeschi in Puglia"

di Nicola Fasano

La mostra inaugurata il 6 dicembre, si inserisce nel contesto delle numerose celebrazioni per il 400° anniversario della morte di Michelangelo Merisi.

La Puglia non ha voluto essere da meno e Lecce in particolare, che aveva già ospitato una mini-esposizione sull’enigma dei due San Francesco, si rivela città sensibile ed attenta alle iniziative culturali.

Quando parliamo di “Echi caravaggeschi in Puglia”, dobbiamo ripercorrere brevemente le tappe del “secolo d’oro” della pittura napoletana che corrisponde al “600”: Napoli aveva visto all’opera un Caravaggio fuggiasco che in due distinti periodi, nel 1606 e nel 1609, rivoluzionò la pittura del regno vicereale ancorata al tardo-manierismo di tipo devozionale del Borghese, del Curia, del Pino etc.

Nel 1606, il pittore lombardo con le “Sette Opere di Misericordia” in Pio Monte della Misericordia getterà i semi per quella che sarà considerata la scuola napoletana. L’opera pagata la sbalorditiva somma di 400 ducati[1], fornirà un modello di riferimento sulla quale si eserciteranno artisti del primo naturalismo napoletano quali Battistello, Vitale, Sellitto e Finoglio.

La dirompente forza del Merisi, continuerà indisturbata a Napoli fino al 1640, quando in altri centri quali Roma si era ormai sopita[2].

In Puglia la presenza caravaggesca maturerà con i suoi seguaci, attraverso le opere commissionate in prevalenza da un’aggiornata aristocrazia feudale, dagli alti prelati che avevano contatti con la capitale  partenopea e dagli ordini religiosi. Proprio due esponenti dell’aristocrazia quali il marchese di Polignano Radolovich (Radulovich) ricco commerciante e il marchese di Taviano, Tommaso De Franchis commissionarono al Merisi due importanti opere: “la Madonna del Rosario” di Vienna e la “Flagellazione di Cristo” di Capodimonte (già in S. Domenico a Napoli).

Tralasciando la seconda opera, la prima, proprio in occasione di questa mostra, è stata riconosciuta nella Madonna del Rosario conservata al

Mostre/ Lecce. Echi caravaggeschi

 

Echi caravaggeschi in Puglia 

 

 di Nicola Fasano

 

Lunedì 6 dicembre si inaugura a Lecce, in San Francesco della Scarpa, la mostra “ Echi caravaggeschi in Puglia”, essa vedrà l’esposizione di circa 60 opere provenienti da chiese, da musei, e da collezioni private del territorio pugliese e del territorio materano. L’evento è a cura dal museo provinciale Castromediano in collaborazione con la Soprindentenza per i Beni Storici-Artistici ed Etnoantropologici della Puglia.

Scopo della mostra è quello di indagare la portata del naturalismo del grande pittore lombardo in Puglia, attraverso i suoi primi seguaci quali Battistello, Sellito, Vitale, Finoglio, che da Napoli capitale vicereale, diffusero lo stile del Merisi nel nostro territorio grazie ad un’attenta e aggiornata committenza laica e religiosa. Vale la pena sottolineare il caso singolare di Paolo Finoglio che, legato affettivamente a Lecce (aveva sposato la leccese Teresa Lolli) operò in molte chiese del Salento e, seppure con qualche incertezza alternò e integrò la propria radice tardo-manierista con esiti caravaggeschi.

Non mancheranno opere inedite appartenenti a privati, oltre a due opere provenienti dal territorio lucano quali la “Natura morta” della collezione D’Errico e la splendida “Madonna delle Grazie” di Aliano del Sellitto. Molte delle tele esposte sono state riportate ad antico splendore dal Laboratorio di Restauro della Soprintendenza della Puglia e, questo ha permesso agli

Da Caravaggio, al Parmigianino, a Tamara de Lempicka…

a cura di Stefano Donno

 

Da Caravaggio, al Parmigianino, a Tamara de Lempicka: sì ma …tutti rigorosamente “falsi d’autore”
Rassegna di Marina Andrenucci

Cibus Mazzini dal 1 al 30 settembre 2010
Via Lamarmora 4 – Lecce

Inaugurazione il 1 settembre h. 19,30.  Introduce l’artista Francesca Leone

Cibus Mazzini ha attivato un percorso di promozione culturale ed
artistica con l’organizzazione di eventi che spaziano dalla
presentazione di libri alle esposizioni di arte. Continua dunque la
sua attività di promozione della cultura, con la rassegna dall’1 al 30
settembre 2010 dal titolo “Da Caravaggio, al Parmigianino, a Tamara de
Lempicka: sì ma …tutti rigorosamente falsi d’autore!”. I grandi
personaggi che hanno fatto grande il nostro patrimonio artistico
mondiale, ora “rivisti” dall’artista salentina Marina Andrenucci .
Dice di lei: “L’amore per l’arte nelle sue infinite forme mi ha
indotta a perfezionare la pittura nel suo aspetto tecnico attingendo
esclusivamente alle mie doti personali. L’ispirazione artistica,
decisamente figurativa, la trovo in ogni pensiero, in ogni immagine
così da spingermi a creare un filo conduttore tra la mente e la tela
al solo scopo di trasmettere quelle emozioni che provo nel riprodurre
i grandi Maestri. Le loro scelte, la ricerca dei particolari, ogni

Libri/ Le ragioni della passione

Nell’ambito dell’iniziativa
“Se mi vuoi bene, il 23 maggio regalami un libro”
Kurumuny presenta
“Le ragioni della Passione”
di Antonio Errico
con la partecipazione di Vito Antonio Conte
Piazzetta Arco di Prato, Lecce, 21 Maggio 2010
Ore 19,30

In collegamento con la Giornata nazionale per la promozione della lettura, indetta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per il 23 maggio,

Mostra sulle Seicentine di Giuseppe Battista da Grottaglie

di Cosimo Luccarelli

Nelle sale adiacenti all’ingresso della Casa natale di San Francesco de
Geronimo in Via Spirito Santo(le vecchie  scalelle)- Centro Storico
Grottaglie – una Mostra sulle “Seicentine” del poeta grottagliese
Giuseppe  Battista
.
A Giuseppe Battista, poeta barocco, di cui ricorre il quarto centenario
della nascita, è dedicata una mostra bibliografica che raccoglie testi
pregiati in originale risalenti al 1600 e in anastatica oltre ad alcuni
libri di autori che hanno scritto e antologizzato le opere di Giuseppe
Battista. L’iniziativa è organizzata dal Centro Studi e Ricerche
Francesco Grisi e dai Padri Gesuiti di Grottaglie. Si tratta di una mostra
originale che pone in essere un preciso percorso che è quello non solo definito già nelle ricerche strutturate nel Progetto del Centro Studi “Francesco  Grisi” ma si enuclea in un modello di partecipazione sia dal punto di vista di una metodologia educativa che in una proposta rivolta alla conoscenza del poeta e della poesia del Seicento.

All’inaugurazione della mostra, fissata per Martedì 30 marzo 2010 – ore 19.00,  nelle sale adiacenti all’ingresso della casa natale del Santo Gesuita, via Santo Spirito 54 (stradina che costeggia il Santuario), interverranno Padre Salvatore Discepolo S.I. , Arcangelo Fornaro, Roberto Burano, Ciro De Roma, don Cosimo Occhibianco. La testimonianza critico – letteraria è affidata a Pierfranco Bruni mentre i lavori saranno coordinati dal giornalista della Rai Salvatore Catapano.

La mostra ha lo scopo, appunto” di “mostrare” visivamente i libri del
Battista in un itinerario di bibliografia ragionata con lo scopo di avvicinare il
pubblico a prendere contatto con il materiale.

Alcune seicentine, oltre a illustrarsi con il loro reale valore, definiscono la struttura del testo poetico, con la loro forma e la loro legatura, adottato dall’editoria “battistiana”. Importante la collaborazione, in questo senso, tra il Centro Studi e Ricerche “Francesco Grisi” e i Padri Gesuiti di Grottaglie, le
cui sinergie non solo hanno permesso questa manifestazione ma sancisce
l’avvio per ulteriori attività culturali. Una mostra, questa di Grottaglie, che
legge il percorso editoriale di Giuseppe Battista (1610 – 1675)
attraverso alcuni originali, le “seicentine”, che penetrano il tessuto editoriale di un Seicento che si racconta non attraverso una visione ideologica ma grazie ad una interpretazione estetica dentro la quale Giuseppe Battista
costituisce un riferimento non solo per il barocco italiano ma per il barocco tra Spagna e Francia. Nel corso della serata si potranno ascoltare musiche barocche con particolari illustrazioni di filmati oltre a trasmettere il video
realizzato dal Centro Studi “Francesco Grisi” dedicato completamente a Giuseppe Battista e il Barocco, andato in onda su RAI UNO.  In allegato la
locandina che vale come invito.

Si ringrazia la Biblioteca Comunale di Tuglie per questa ed altre segnalazioni.

Migranti dalla Puglia

di Gianni Ferraris

Il treno merci è sul binario. Lunga la strada che deve percorrere. Lecce, Brindisi, Taranto, Bari, Foggia, Torino. Il percorso che era dei migranti che dalla Puglia partivano con le loro valigie di cartone, con arance e formaggi e pane. Sicuramente senza gioia, certamente con l’angoscia per quel che si lasciavano alle spalle e la speranza in un futuro che fosse rassicurante, che portasse la certezza della sopravvivenza. La mostra “Migranti”, è organizzata dalla Regione Puglia. Simbolicamente proprio su un treno.

Si entra con curiosità, piano piano scende la malinconia che si trasforma in angoscia e rabbia nel vedere quelle fotografie,  ascoltando la colonna sonora che accompagna i visitatori. Non è musica, non solo. Sono le voci narranti di Michele Placido (Foggiano), di Mario Perrotta (leccese), di Sergio Rubini (da Grumo di Puglia – BA) di Cosimo Cinieri (tarantino) che leggono e narrano storie di migrazione, di lacerazioni, di uomini e donne. E sono spezzoni di film sull’emigrazione. Quelli che hanno fatto la storia del cinema italiano. Passano fotogrammi di “Così ridevano”, di “Rocco e i suoi fratelli”, di “Pane e cioccolata” e si termina con “Lamerica”.

Il percorso nei vagoni si snoda in tre settori:

-L’emigrazione pugliese negli Stati Uniti,

-Quella in Europa e nel nord Italia,

-L’immigrazione.

Arrivando alla fine, al settore immigrazione, successiva alla caduta del muro di Berlino, si vedono immagini di navi stracariche all’inverosimile, in modo disumano, di Persone. E sono le stesse immagini dell’inizio della mostra, quando altre navi portavano altre Persone negli Stati uniti. Stipate nello stesso modo, con sguardi simili, rassegnazione mista e volontà di farcela.

Il catalogo, molto bello e ricco, cita Francesco Compagna e il suo “Terroni in città” (Laterza, 1959) dove dice “Certo, la strada dell’emigrazione è tanto dolorosa quanto antica, dura sempre, rischiosa spesso, qualche volta tragica; ma chi si incammina su di essa lo fa di propria deliberata volontà perché non vuole più restare sulla piazza del paese, intorno alla fontana”.

Così il sogno americano  fa imbarcare migliaia di Persone per il nuovo continente che li accoglie spesso con disprezzo. Già il viaggio era disumanizzante.

“La mortalità infantile, durante la traversata, a causa del morbillo, della scarlattina e della varicella, rappresentava la metà dei decessi… Per non soffrire il freddo e l’umidità, sui materassi si stava vestiti e con le scarpe, e in qualche modo il posto letto si riduceva ad una cuccia per cani. A viaggio compiuto, quando non veniva cambiato, era un sudiciume di insetti pronto a ricevere un nuovo emigrante…. Chi sfuggì al colera a Napoli nel 1911, rischiò la morte per colera durante il viaggio… A bordo si serviva solo un pasto al giorno, cibo appena accettabile, ma per molti era l’aspetto migliore del viaggio, abituati com’erano a patire la fame. La traversata per le americhe poteva durare anche un mese…”

E all’arrivo le visite mediche e le domande di rito:

“Come si chiama? Da dove viene? Perché viene negli USA? Quanti anni ha? Quanti soldi ha? Dove li tiene? Me li faccia vedere. Chi ha pagato la sua traversata? Ha firmato in Europa un contratto per venire a lavorare qui? Ha degli amici qui? Parenti? Qualcuno può garantire per lei? Che mestiere fa? Lei è anarchico?” 

Non pochi vennero rispediti indietro per sospetti sulla salute fisica, mentale, sulla politica. Quei respingimenti che causarono anche molti suicidi di chi non poteva rientrare sconfitto e decise di gettarsi in mare. La storia che si ripete. Gli ultimi ricacciati a mare da chi, senza ragione alcuna, si crede primo.

Per chi rimaneva iniziava una vita fatta di lavoro duro, di riscossa, di scontri con il razzismo e la xenofobia dilagante.

Gli italiani erano considerati “non white”, una via di mezzo fra la razza bianca e quella nera.

E solo pochi anni fa l’ex presidente guerrafondaio Richard Nixon arrivò a dire  : “Non sono come noi. La differenza sta nel fatto che hanno un odore diverso, un aspetto diverso, un comportamento diverso. Il guaio è che non se ne trova uno solo che sia onesto”

E un suo predecessore:

Abbiamo bisogno che ogni immigrato porti un corpo forte, un cuore robusto, una buona testa e una grande determinazione a compiere bene il proprio dovere. Non vogliamo e dovremmo rifiutare questi italiani, russi ed ebrei sporchi. Abbiamo già abbastanza sporcizia, miseria, crimine, malattie e morte per fatti nostri senza doverci accollare pure questi” (Franklin Delano Roosevelt, presidente USA dal 1933 al 1945).

Per gli americani, i nostri immigrati erano “BAT (pipistrello) perché considerati mezzi uomini e mezzi uccelli, Guinea con chiaro riferimento al fatto che erano visti come negri mezzi africani, WOP dal duplice significato di Guappo e come acronimo di Without Official Permission (senza permesso ufficiale)”.

Non andava meglio nell’America meridionale dove i contadini trovavano lavoro. Portavano con loro la voglia di tornare in Italia. Per questo venivano soprannominati “Golondrinas” (rondini).

E questa voglia di tornare dava diritto ai fazenderos di tenere gli italiani in vera e propria schiavitù. Spesso incatenati, bastonati, le donne violentate nelle piantagioni di caffè del Brasile e del Venezuela dove arrivavano con biglietto prepagato per il ritorno.

 La seconda parte della mostra riguarda l’emigrazione in Europa e nel nord Italia, anche qui Persone stipate in treni stracarichi diretti in Svizzera, Francia, Belgio, Torino, Milano, Genova. Nella sezione dedicata a Marcinelle campeggia il famigerato manifesto rosa e le fotografie di uomini e bambini neri di carbone, di donne che pregano mentre i soccorritori scendono nelle gallerie.  

E ancora la Germania e la Svizzera. Bambini nascosti nei bagagliai delle auto perché il lavoratore non poteva portare famiglia in territorio elvetico fino agli anni 70. Bimbi che non potevano uscire di casa. Che frequentarono scuole elementari e medie clandestine, sotto la protezione delle parrocchie e delle comunità religiose. Gli italiani soprannominati “Cincali” (zingari, dispregiativo) o “Macaroni”. In Germania vivevano in sobborghi. Veri e propri ghetti. Erano poveri, spesso analfabeti.

L’immigrazione è storia recente, attuale. Dopo la caduta del muro di Berlino, la Puglia si trovò ad accogliere navi stracariche di umanità. Il sogno dell’Italia paese libero, delle cinque reti televisive con una scintillante Raffaella Carrà e ballerine seminude, era la meta. La voglia di libertà sta in quella fotografia della ragazza albanese con un cartello  con scritto in pennarello:  “we whant tu be free” (vogliamo essere liberi). Conosceranno l’Italia, quella che accoglie e quella che respinge. Soprattutto conosceranno l’Italia che sta davanti allo schermo, non dietro le telecamere.

Il catalogo si chiude con una citazione dell’antropologo Levi Strauss sulla quale è bene riflettere:  “E’ necessario preservare la diversità delle culture in un mondo minacciato dalla monotonia e dall’uniformità. La tolleranza non è una posizione contemplativa, è un atteggiamento dinamico, che consiste nel prevedere, nel capire, nel promuovere gli sviluppi di ogni cultura. La diversità delle culture umane è dietro di noi, attorno a noi, davanti a noi.”

E’ una mostra da vedere, magari con le scuole. Chi, al nord, vorrà recarsi a Torino, potrebbe adottare per qualche ora un leghista, fargli vedere le sue radici (fra il 1900 e il 1940 il Piemonte era al secondo posto come immigrati con 1.413.589 persone, dopo la Sicilia con 1.624.517). Se capirà sarà una buona azione verso l’umanità intera, se non comprenderà il messaggio vuol dire che ha poche speranze di progredire, con buona pace per l’evoluzionismo.

 n.b. Le parti in grassetto sono citazioni del catalogo.

La visita alla mostra è gratuita. Il catalogo è in vendita a € 15.00.

Le date:

Lecce 20 – 24 febbraio – Brindisi 25 – 28 febbraio – Taranto 1 – 4 marzo – Bari 5-11 marzo

Foggia 12 – 15 marzo – Torino 18 – 21 marzo

Il sito : www.migrantipuglia.it

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