In Canto (“Fatti di dolore” di Maurizio Nocera)

Edgar Degas (1834-1917)

di Paolo Vincenti

“Vergine madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d’eterno consiglio”: in questi versi della dantesca preghiera alla Vergine di San Bernardo si concentra una delle espressioni più alte, nella storia del pensiero mondiale, dell’amore che l’uomo abbia saputo esprimere in  poesia nei confronti dell’alma madre, la Madonna. Mala storia della letteratura di tutti i tempi è ricchissima di autori che, in prosa o in versi, si sono rivolti alla propria madre per  cantarne la dolcezza, lamentarne l’assenza o vivificarne la presenza,  piangerne la partenza, per sublimarne il volto e l’immagine o per cullarne il ricordo, per scrivere della propria nostalgia, dei propri rimpianti  e travagli, di contrasti ormai sanati, di inquietudini e conflitti pacificati.

Così fa Maurizio Nocera, l’arsapo che continua a volare alto nei cieli della cultura salentina e che ogni tanto ha bisogno di ritornare al nido, là dove la sua avventura è cominciata, per ripararsi dalle intemperie della vita, per far riposare le ali e per cercare nel conforto materno quel caldo che aiuta a riprendere il volo. E quel  nido per l’arsapo-angelo Maurizio è Tuglie, borgo avito, dove sono i suoi ricordi di infanzia e adolescenza, il porto-quiete dove

Nella magia del Salento: il viaggio di ricerca di Brizio Montinaro nelle tradizioni arcaiche di Terra d’Otranto

Brizio Montinaro e Massimo Ranieri

Una breve e insufficiente premessa

Sono tante, troppe e spesso immotivate le presentazioni che iniziano con una formula retorica e stereotipa del tipo: «è difficile raccontare, per gli svariati interessi e i tanti meriti, una personalità come…». Non avremmo mai voluto, pertanto, ricorrere a questo logoro topos della scrittura, eppure stavolta vi siamo davvero costretti. È infatti impossibile qui evitare un simile incipit, come francamente impossibile è tratteggiare adeguatamente la personalità di Brizio Montinaro in poche righe che siano, anche minimamente, sufficienti a cogliere la ricchezza che si riflette nei suoi contributi in campi e contesti così diversi, così fortemente eterogenei, al punto che – come si legge nel suo sito web – non sono stati pochi quelli che, prendendo un comprensibile abbaglio, hanno spesso creduto all’esistenza di più omonimi a cui attribuire le tante attività del medesimo individuo. Attore impegnato di cinema e televisione a livello internazionale, artista, uomo di teatro e di spettacolo in tutte le sue forme oltre che scrittore, etnografo ed antropologo raffinatissimo, tutto ciò è contemporaneamente e brillantemente questo salentino. Rinunciando allora, in coerenza, ad aggiungere altro a quanto ogni Spigolatore interessato non possa scoprire direttamente e liberamente dal suo ricco ed esaustivo sito personale  – www.briziomontinaro.it -, in questa sede ci limiteremo soltanto ad indicare, d’ulteriore, un unico tratto umano che abbiamo personalmente riscontrato in Montinaro e che teniamo dunque a testimoniare: la sua completa e generosa disponibilità, qualità alla quale dobbiamo la condivisione senza indugi dei suoi sforzi e delle sue affascinanti – quanto metodologicamente impeccabili – ricerche antropologiche in Terra d’Otranto a beneficio di tutti gli Spigolatori.
Proprio per invitare e approcciare questi ultimi a tali studi – di sicuro interesse per loro-, proponiamo di seguito un pezzo introduttivo al lavoro di ricerca più che quarantennale di Montinaro, un brano originariamente pubblicato su “Quotidiano” dallo studioso Ennio Bonea e qui riportato su gentile concessione del nostro nuovo, prezioso, compagno di spigolature, al quale offriamo così – a modo nostro – il più cordiale e sincero benvenuto.

Pier Paolo Tarsi


Dal tarantismo ai lamenti funebri della Grecìa (morolòja) fino al libro “San Paolo dei Serpenti

di Ennio Bonea

Il “viaggio di ricerca” di Brizio Montinaro, sulla realtà arcaica del Salento immutato per secoli e che oggi sta scomparendo, quello contadino, è iniziato negli anni Sessanta-Settanta da Calimera, suo paese natale, per toccare l’area della cosiddetta “Grecìa Salentina”, comprendente i paesi dove si parlava il dialetto indigeno, detto “grico”, una volta undici poi ridottisi a nove quindi a sette ed attualmente, con rari dialettofoni sopravvissuti alla cancellazione per

In Canto (“Fatti di dolore” di Maurizio Nocera)

Edgar Degas (1834-1917)

di Paolo Vincenti

“Vergine madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d’eterno consiglio”: in questi versi della dantesca preghiera alla Vergine di San Bernardo si concentra una delle espressioni più alte, nella storia del pensiero mondiale, dell’amore che l’uomo abbia saputo esprimere in  poesia nei confronti dell’alma madre, la Madonna. Mala storia della letteratura di tutti i tempi è ricchissima di autori che, in prosa o in versi, si sono rivolti alla propria madre per  cantarne la dolcezza, lamentarne l’assenza o vivificarne la presenza,  piangerne la partenza, per sublimarne il volto e l’immagine o per cullarne il ricordo, per scrivere della propria nostalgia, dei propri rimpianti  e travagli, di contrasti ormai sanati, di inquietudini e conflitti pacificati.

Così fa Maurizio Nocera, l’arsapo che continua a volare alto nei cieli della cultura salentina e che ogni tanto ha bisogno di ritornare al nido, là dove la sua avventura è cominciata, per ripararsi dalle intemperie della vita, per far riposare le ali e per cercare nel conforto materno quel caldo che aiuta a riprendere il volo. E quel  nido per l’arsapo-angelo Maurizio è Tuglie, borgo avito, dove sono i suoi ricordi di infanzia e adolescenza, il porto-quiete dove

Libri/ Tre santi e una campagna. Culti magico-religiosi nel Salento fine Ottocento

di Ennio Bonea

 

Ho avuto sotto gli occhi per molto tempo il bel libro della Verdesca Zain, perché una lettura veloce non mi è stata possibile chiarisco il perché. E’ un testo di demologia che illustra tradizioni, leggende, costumi, formulari per comportamenti e rituali, proverbi su cui poggia la filosofia degli incolti contadini, culti magico-religiosi, modi di dire che accompagnano comportamenti o atteggiamenti in particolari situazioni, con uso del dialetto.

La studiosa lo ha scrupolosamente riportato, il dialetto intendo, nella varietà salentino-copertinese, di seguito tradotto in lingua. La mia dimestichezza col dialetto è empirica non essendo cresciuto nel Salento, ma di grande mio gradimento e perciò ho sostato sulle citazioni dialettali densamente presenti, non tanto per l’intendimento, quanto per darmi chiarimenti e per rilevare differenze o varianti col dialetto leccese-salentino da me maggiormente praticato. La cosa ha rallentato la lettura, ma mi ha fatto gustare di più un libro che all’interesse vivo per l’argomento, a volte completamente sconosciuto e incredibilmente nuovo, ha connesso il pregio della narratività, con uno stile agile, piacevole, con qualche vezzo di pregio accademico ma non stucchevole.

Senza piaggeria, ho provato il piacere di lettura, a diversa intensità di

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