Dieta mediterranea e rischio di cancro

Il concetto di dieta mediterranea, introdotto per la prima volta da Ancel Keys e Francisco Grande nel 1957, si può riassumere come il modello alimentare tradizionale riscontrato nelle aree olivicole del Mediterraneo, a cavallo tra il 1950 e il 1960. Questo tipo di regime alimentare è caratterizzato dall’elevato consumo di frutta e verdura, cereali integrali, prodotti panificati, frutta secca, e da un uso medio-basso di carni bianche e rosse, pesce, prodotti caseari, uova e bevande alcoliche fermentate, come il vino abbinato ai pasti. L’olio d’oliva rappresenta la fonte principale di acidi grassi monoinsaturi ed è largamente utilizzato sia per il condimento che per la cottura dei cibi. Dall’inizio degli anni Novanta, svariati studi epidemiologici hanno dimostrato che la dieta mediterranea è in grado di prevenire numerose malattie cronico-degenerative…

 

Leggi l’articolo:

http://www.nutrizione33.it/cont/nutrizione33-articoli/29360/dieta-mediterranea-rischio-cancro-studio-epic.aspx?xrtd=LTXAVCXRVVVXCPVTARSVRPL#.Vmxx22aFMb4

La forza e la potenza della Dieta Mediterranea sta anche nei suoi colori

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L’Università di Pisa ha valutato l’effetto degli antociani, i pigmenti dal rosso al blu di frutta e verdura, sulla nostra salute. Gli italiani sono tra i maggiori consumatori di queste molecole proprio in virtù della dieta mediterranea

 

Il segreto della dieta mediterranea è anche nei colori e il merito è degli antociani, molecole che determinano la colorazione dal rosso al blu di frutta e verdura e che possono contribuire alla prevenzione di malattie cronico-degenerative connesse alla produzione di radicali liberi. A documentare le ultime scoperte sul ruolo benefico degli antociani per la salute…

 

Leggi qui l’articolo:

http://www.teatronaturale.it/tracce/salute/21658-la-forza-e-la-potenza-della-dieta-mediterranea-sta-anche-nei-suoi-colori.htm

La dieta mediterranea è sempre meno seguita in Italia

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Se ne è discusso a Lecce, sabato 3 maggio, presso l’Open Space in piazza Sant’Oronzo

La Dieta Mediterranea tornerà più a …casa?

La dieta mediterranea è sempre meno seguita in Italia

soprattutto dai giovani e dalle fasce con un basso livello socio-economico

 

 a cura di Pro_Salento Dieta Med-Italiana

 

La dieta mediterranea, riconosciuta dalla scienza come una dieta tra le più salubri nel mondo, è diventata un punto di riferimento per la relazione positiva tra abitudini alimentari e capacità di prevenzione delle malattie croniche degenerative. I suoi benefici per la salute, la qualità e la durata della vita sono legati alla composizione dei suoi alimenti caratteristici, che sono prevalentemente di origine vegetale, e al loro consumo diversificato e bilanciato. Purtroppo, però, la dieta mediterranea è sempre meno seguita, soprattutto dai giovani e dalle fasce con un basso livello socio-economico. Numerose indagini hanno infatti mostrato un aumento di sovrappeso e obesità. Secondo dati recenti, il 31% degli adulti risulta in sovrappeso e il 10% risulta obeso, mentre il 22,2% dei bambini di 8-9 anni è in sovrappeso e il 10,6% in condizioni di obesità e il fenomeno è più diffuso al Sud, particolarmente in Abruzzo, Molise, Campania, Puglia e Basilicata.

Una possibile causa del fenomeno è che la percezione esclusivamente “salutistica” della DM ha rimosso tutti i fattori culturali legati all’alimentazione. Se da una parte questa è stata una delle ragioni del suo successo presso le elite di ogni parte del mondo, compresa una fascia molto ristretta della popolazione italiana, dall’altra ha probabilmente contribuito ad allontanarne proprio quegli strati popolari presso i quali si riscontrano oggi i maggiori problemi di salute dovuti a una cattiva alimentazione. Ma tornare indietro non è facile, e intorno alla dieta mediterranea occorre oggi ricostruire, almeno in parte, una cultura adatta ai tempi e adatta a tutti. Una cultura che dovrebbe comprendere anche il tema della sostenibilità.

Ed è questo il tema che, nel contesto dell’evento “Capitale della Cultura del Buon Cibo – Festival della Dieta Med-Italiana”, ha affrontato a Lecce Sandro Dernini e Roberto Capone, in un incontro provocatorio dal titolo “La Dieta Mediterranea tornerà più a …casa?”, che si è tenuto sabato 3 maggio presso la sala Open Space in piazza Sant’Oronzo, in stretta relazione con la serie di attività sulla dieta mediterranea come modello di studio per la valutazione della sostenibilità delle diete e dei consumi alimentari condotte dalla FAO in collaborazione con il Centro Internazionale di Alti Studi Agronomici Mediterranei (IAMB) di Bari.

 

La dieta mediterranea nel Salento leccese del 1873

 

di Antonio Bruno

 

Le esposizioni universali nel secolo XIX contribuirono a facilitare ed innescare lo scambio culturale tra i diversi Paesi partecipanti. Il “Prater” di Vienna è sempre stato un luogo di divertimento per i viennesi, ma nella primavera del 1873 il parco venne completamente ripulito e rinnovato e divenne un luogo di incontro ancora più affascinante grazie all’Expo, la prima Esposizione Universale che si è svolta in un Paese di lingua tedesca. In questa nota le comunicazioni di Cosimo De Giorgi sulle produzioni agricole del Circondario di Lecce al Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio del Regno d’Italia.

 

I produttori agricoli del Salento Leccese parteciparono all’ Esposizione Universale di Vienna del 1837 e il dott. Cosimo De Giorgi relazionò sull’agricoltura del Circondario di Lecce in una nota indirizzata al Comm. Avv. Stefano Castagnola che ricopriva l’incarico di Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio del Regno d’Italia e che, in forza di tale incarico, era il Presidente della Commissione Reale per l’esposizione universale di Vienna.

Nella presentazione di tale lavoro il dott. Cosimo De Giorgi precisa che il circondario di Lecce non differisce molto dai circondari di Gallipoli, Brindisi e Taranto nei prodotti agrari e nelle caratteristiche generali tanto che ciò che vale per Lecce è estensibile agli altri tre circondari dell’allora Terra d’Otranto .

Il circondario di Lecce contava 43 Comuni, divisi in una prima zona che ricade in un primo altopiano ondulato che confina con il Mar Adriatico e che nel 1873 si presentava malsana in molti punti. Tale prima zona si stendeva da Nord verso Sud passando dai comuni di San Pietro Vernotico sino a giungere ad Otranto. La seconda zona era più salubre rispetto a quella Adriatica e partendo da San Donato di Lecce e Galugnano arrivava sino a Bagnolo. Nel 1872 in questi Comuni vivevano 127mila abitanti.

Le osservazioni effettuate da Oronzo Gabriele Costa nel 1813 portarono a calcolare che sul Salento leccese cadeva una quantità di 818 millimetri di pioggia distribuiti per ¾ nelle stagioni autunno e inverno e ¼ nelle stagioni primavera ed estate e, secondo il dott. Cosimo De Giorgi, la violenza disseccativa dei venti australi era la causa di una grande siccità. Il vento Ostro  che viene dal latino Auster, vento australe, è il vento che spira da sud nel mar Mediterraneo. Nel Salento leccese il De Giorgi sottolinea che il vento è generalmente secco e tale fatto è spiegabile in quanto è associato all’espansione dell’anticiclone subtropicale africano verso nord; ed è per questo che essendo apportatore di onde di calore che possono essere anche durature, tende a favonizzarsi. Il favonio (detto anche Föhn in tedesco o “faugnu” in dialetto leccese) è un vento di caduta caldo e secco che si presenta quando una corrente d’aria, nel superare una catena montuosa, perde parte della propria umidità in precipitazioni (pioggia, neve o altro). Insomma il Salento del 1873, così come oggi, era terra arsa e siccitosa, che per questo motivo necessitava dell’apporto di acqua.

La grande siccità del Salento leccese era mitigata attraverso l’irrigazione che utilizzava la falda superficiale, infatti in uno studio durato sei anni Cosimo De Giorgi aveva osservato la profondità della falda che andava da 4 metri a San Pietro Vernotico e Squinzano a 65 metri a San Donato di Lecce. La profondità media dai rilievi effettuati era opinione del De Giorgi che fosse di 30 – 40 metri.

De Giorgi nella sua nota auspica l’utilizzo di pompe idrauliche e di Norie per portare in superficie e spingere nei campi l’acqua della falda..

Nel 1873 De Giorgi rileva che le osservazioni metrologiche nel Salento leccese erano scarse a cui fanno eccezione i già citati lavori del Costa e le sue stesse prime osservazioni.

Voglio riportare le annotazioni del De Giorgi su Grandine, bufere, uragani e trombe terrestri che attraversavano il circondario dei 43 Comuni del Circondario di Lecce. Lo studioso di Lizzanello del Salento leccese aveva osservato la direzione che andava dal Sud – Ovest al Nod – Est. Secondo le sue osservazioni questi eventi catastrofici sono prodotti dall’incontro e urto violento delle due correnti d’aria dirette in senso inverso e opposto, una delle quali proveniente dal Mare Adriatico direzione Nord – Est e l’altra dal Mar Ionio direzione da Sud – Ovest.

L’osservazione dello studioso era in funzione dei danni rilevati sulle colture di Olivo, Vite e Tabacco tutte nei Comuni di Copertino, Monteroni, Arnesano, Carmiano e Novoli che si trovano in quella direzione e nel punto d’incontro delle correnti d’aria.

Nel 1873 l’estensione media dell’azienda agricola nel circondario di Lecce era di 4 – 6 ettari, ma lo stesso De Giorgi citava la tenuta di “Frassanito”, presso il Lago Alimini, che era di mille ettari e della stessa grandezza, se non superiore,  l’Azienda denominata “Mollone” in agro di Copertino.

Davvero interessante l’annotazione dello studioso del Salento leccese riguardante la prima zona, cioè quella Adriatica,  dove la proprietà rimaneva di grandi dimensioni e quindi molto concentrata mentre nella zona della “Grecia salentina” , già da allora, la proprietà risultava frammentata.

Annotava il De Giorgi che nel 1873 dominava nella zona la piccola coltura fatta da cereali e da civaje (termine agronomico delle leguminose da granella che sono coltivate per il seme proteico). Nel Salento leccese questi semi erano quelli del fagiolo, del pisello, del cece, della fava e della lenticchia. Erano coltivate anche la cicerchia, il lupino e il favino. Nel 1873 questi semi proteici avevano un ruolo complementare ai cereali nell’alimentazione delle popolazioni del Salento leccese grazie all’elevato contenuto in proteine (20-38%).

Nel nostro territorio nel 1873 la carne scarseggiava e chi se la poteva permettere sapeva che era sinonimo di abbondanza e di prosperità. I pochi animali domestici che c’erano erano considerati bestie da fatica, essenziali per svolgere il gravoso lavoro nei campi.

Ecco il perché del consumo di cereali tanto che il termine companatico, sta a indicare il condimento, ciò che accompagna il pasto basato quasi esclusivamente sul pane. Ma le proteine erano essenziali nella dieta e, come abbiamo visto, nel Salento leccese abbondavano grazie alla coltivazione della civaje! Insomma gli abitanti del Salento leccese nel 1873 non mangiavano molta carne.

C’è un popolo che oggi vive come si viveva nel Salento leccese, che è quello indiano. Nel suo libro Jeremy Rifkin riporta gli studi dell’antropologo Marvin Harris, secondo il quale in India, dopo il 600 a. C., i signori ariani, che avevano sottomesso le popolazioni indigene, cominciarono ad avere qualche problema nel procacciare carne sufficiente per nutrire l’intera popolazione in forte crescita. I pascoli si convertirono in colture di cereali, miglio e legumi e gli indiani, non potendo permettersi di mangiare l’unica fonte di energia motrice, si avvicinarono al buddismo che propugnava il rispetto di tutti gli esseri viventi.

Penso che quanto ho scritto possa essere uno spunto per la nostra riflessione, per lo stile di vita che conduciamo che non è l’eredità che ci hanno lasciato i nostri padri. Noi come dei robot viviamo obbedendo come automi alle leggi dal mercato che ha fatto del consumo a tutti costi la regola da seguire. E non ci svegliamo da questo torpore che ci porterà alla distruzione anche se tutti sappiamo che tale regola non ha alcun rispetto per il nostro territorio e che comporta la conseguenza di farci sguazzare in una vita disordinata che si svolge senza alcuna preoccupazione per ciò che lasceremo in eredità ai nostri figli. Forse vale la pena tornare alla dieta mediterranea del 1873, non trovi?

 

 

Bibliografia

De Vincenti, Relazioni per le strade Comunali obbligatorie pel 1871; Vol. 1 pag 453

Cosimo De Giorgi, Cenni di stratigrafia ed Idrografia Salentina considerate nel loro rapporto colla nostra Agricoltura; Lecce 1871

Cosimo De Giorgi, Lecce e il suo territorio. Meteorologie. Bari 1872

O.G. Costa, Osservazioni Meteorologiche fatte a Lecce, Napoli 1834

Marvin Harris, Buono da mangiare –  Einaudi 2006

Jeremy Rifkin, Ecocidio. Ascesa e caduta della cultura della carne; Mondadori  (collana Oscar bestsellers)

La dieta mediterranea e il “Mal di Prostata”

La dieta mediterranea cura anche il “Mal di Prostata”, parola di andrologo

 

di Lamberto Coppola*

Il Mal di Prostata” contrariamente a quanto si può pensare, non è solo una prerogativa della “terza età”, ma affliggere l’uomo nelle varie età della vita.

La prostata è una ghiandola dell’apparato genitale maschile che normalmente ricorda, per dimensioni e forma, una piccola castagna.

È situata alla base della vescica, anteriormente all’ultimo tratto dell’intestino retto, nel punto di incrocio tra le vie urinarie e le vie seminali. Infatti essa è attraversata dall’uretra, che costituisce l’ultima porzione delle vie urinarie, e dai dotti eiaculatori che costituiscono l’ultimo tratto delle vie seminali. La prostata è quindi una ghiandola che per l’uomo riveste un’importanza particolare in quanto permette di mantenere una giusta acidità all’urina,

I prodotti del Salento cibo della dieta mediterranea, patrimonio culturale immateriale riconosciuto dall’UNESCO

di Antonio Bruno*

 

 

La dieta mediterranea è stata “scoperta” dal medico Ancel Keys. Nel 1945 Keys sbarcò a Salerno insieme al contingente americano; durante la sua permanenza nel Cilento si accorse che le patologie cardiovascolari erano meno diffuse che nel suo paese, insieme con la sua equipe effettuò uno studio, confrontando le abitudini alimentari degli Stati Uniti, Giappone, Italia, Grecia, Jugoslavia, Olanda e Finlandia. Furono prese in esame 14.000 persone di età tra i 40-59 anni, suddivise in 14 campioni. Da questo studio emerse che la mortalità per cardiopatia ischemica era nettamente inferiore tra le popolazioni situate intorno al Mediterraneo. L’Italia insieme alla Grecia e al Giappone risultò uno dei tre paesi con la più bassa incidenza di malattie cardiovascolari. Ancel Keys aveva evidenziato i benefici della dieta del contadino meridionale degli anni ’50 , e su cui si sarebbe basata la piramide alimentare adottata nei paesi anglosassoni.

Quando parliamo di commercio di frutti della terra del Salento leccese, quando ci avventuriamo nel mondo, perché il vero mercato dei frutti della terra del Salento leccese è il mondo, ecco che si sente parlare di Dumping. Come dici? No sai cos’è il Dumping, ti vengono in mente le gemelle Kessler con il loro “Da da umpa!” No, nulla a che vedere con le belle Alice ed Ellen Kessler invece il Dumping è l’abbassamento selvaggio di prezzo dei prodotti della terra del Salento leccese fino ad essere inferiore persino ai costi di produzione, e quindi tu che ti aspettavi di avere un po’ di guadagno dalla vendita dei prodotti di quel pezzetto di Paesaggio rurale che possiedi, ecco che invece ti vedi che di soldi te ne sono rimasti di meno rispetto a quando hai cominciato a spendere per produrre.  Capisci? Se per produrre un chilo di verdura spendi 20 centesimi di euro per fare il Dumpig vendi la verdura a 15 centesimo di Euro e ci perdi 5 centesimo di Euro.
Ma c’è anche il problema degli intermediari che comprano un prodotto agricolo e ad ogni passaggio aggiungono un valore. Vuoi vedere cosa accade per la birra? Si parte dal costo di 100 kg di orzo distico che fanno guadagnare 20€ a te che possiedi un pezzetto di Paesaggio rurale, ma che sale a 600€ quando si vende la bottiglia di birra ad 1€ al litro. Capisci? Il possessore del Paesaggio rurale prende 20 euro per un prodotto che ne varrà 600!

La piramide alimentare

Adesso mi rivolgo a te che acquisti frutta e verdura e tutto quanto produce il Paesaggio rurale per la tua tavola e ti chiedo: quanto sei disposto a dare per avere quella verdura o quella frutta o quella bottiglia di vino o di olio sulla tua tavola? Qui con “quanto sei disposto a dare” voglio significarTi non solo un determinato valore di denaro che metterai fuori dal tuo portafoglio ma anche  il dispendio di tempo e di fatica che comporterà questo e il superamento della barriera emotiva nell’acquistare il prodotto della terra del Salento leccese.
Insomma quando decidi di acquistare quel frutto della terra del Salento leccese “percepisci” indirettamente che valore ha per te quel prodotto,  sia attraverso il Costo ovvero quanto paghi in Euro,  sia la Comodità con la quale raggiungi il punto di vendita e infine la Comunicazione che ti è arrivata ovvero la promozione che è stata fatta a quel prodotto. E tu, amico mio che osservi la linea che si torce per formare le lettere che una affianco all’altra fanno i simboli che diventano suoni nella tua mente, dopo aver fatto questa valutazione fai un’azione potentissima recandoti in quel punto vendita e, dopo aver messo fuori delle banconote mettendo mano al tuo portafoglio, afferri la busta con il frutto della terra del Salento leccese e, tutto contento, te ne ritorni a casa!

Ciò che determina la fortuna di un produttore di frutti della terra del Salento leccese sono i ricavi che derivano dal prezzo di quel frutto, ecco perché il prezzo è l’elemento che deve essere tenuto in particolare evidenza da te che produci i frutti della terra del Salento leccese! Già, il prezzo di quella cicoria o di quella Noce pecan del pezzettino di Paesaggio rurale che possiedi!

Ma come fai tu, che produci le noci pecan oppure che produci le olive o l’uva o la verdura e la frutta a determinare quale debba essere il prezzo di questi frutti della terra?
Per prima cosa devi sapere con la massima precisione quanto ti è costato produrre quel chilo di olive o di uva o di verdura o di noci pecan! E’ fondamentale che tu sappia il costo in maniera precisa!
Voglio scrivere del valore percepito della dieta mediterranea, e lo sto scrivendo per te che nel Salento leccese produci olio d’oliva, pasta, frutta, verdura, vino e ortaggi perché nella quinta sessione del Comitato intergovernativo dell’UNESCO riunita a Nairobi, hanno deciso che quello che la tua terra produce è patrimonio culturale immateriale. C’erano i delegati di 166 paesi a Nairobi che hanno deciso che il tuo prodotto, quello dei 97 Comuni del Salento leccese, fa parte della Dieta Mediterranea che è un patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO. Tu che sei uno dei 220mila proprietari del Paesaggio rurale del Salento leccese sei possessore di uno dei tre elementi immateriali considerati “UNICI AL MONDO” e sai quali sono gli altri due? Non lo sai? Bene! Sono contento di poterti essere utile scrivendo le notizie che mi sono andato a cercare per poi fartele leggere, caro affezionato lettore delle mie note sul Salento leccese e detto ciò, oltre a te che produci i frutti della terra del Salento leccese, dieta mediterranea, patrimonio culturale immateriale, ci sono l’opera dei pupi siciliani e il canto a tenore sardo!
Invece a te che prepari i tuoi pranzi e le tue cene ti chiedo quanto sei disposto a dare per mangiare un frutto della terra del Salento leccese che è parte della Dieta Mediterranea patrimonio culturale immateriale.
La domanda chiave che ti faccio è:
Cosa ti fa pensare la “Dieta Mediterranea” fatta con i frutti della terra del Salento leccese?   Ti fa pensare a Qualità? A Cultura? Ad Innovazione? Alla Simpatia? Oppure ti fa pensare ad Altro?

Caro proprietario di un pezzetto di paesaggio rurale, secondo la terminologia americana, il prezzo del tuo frutto della terra del Salento leccese (price) rappresenta una delle famose “4P” della politica di marketing, insieme alle altre tre che sono la qualità del prodotto (product), la sua promozione (promotion) e la distribuzione medesimo (point of sale).

In questa visione la certezza di poter ottenere dal cliente il massimo di quello che egli è disposto a pagare per il tuo frutto della terra del Salento leccese è di importanza capitale, ed è chiaro che la variabile “prezzo” è quella a cui ti devi dedicare con maggiore cura se vuoi che i tuoi guadagni aumentino sempre più nei prossimi anni!

Il prezzo che hai scelto per il tuo frutto della terra del Salento leccese ha un’influenza determinante sugli utili che metterai in tasca e quindi influenzerà anche il valore del pezzetto di Paesaggio rurale che possiedi.

Quello che ti propongo di fare è di far aumentare il valore del tuo frutto della terra del Salento leccese nella percezione del mercato, puntando a mettere in evidenza che il tuo frutto, proprio lui, è  cibo della Dieta Mediterranea patrimonio culturale immateriale riconosciuto dall’UNESCO così da farne crescere il prezzo.

E che cosa si deve fare? Chi lo fa?
Alla domanda “che cosa si deve fare?” La risposta è che c’è da fare il posizionamento sull’immagine (brend) del tuo frutto della terra del Salento leccese.
Alla domanda chi lo fa? Mi aspetto una tua risposta. Ricevi le mie e mail e quindi conosci il mio indirizzo e puoi certamente rispondermi;  se invece mi leggi sul Web 2.0 il mio indirizzo e mail è antonio.bruno2010@libero.it ehi dico a te! Si proprio a te! Aspetto la tua proposta o i tuoi suggerimenti, grazie.

* Dottore Agronomo (Esperto in diagnostica urbana e territoriale titolo Universitario InternationalMaster’s Degree IMD in Diagnostica Urbana e territoriale Urban and Territorial Diagnostics).

Sappiàtelo, la dieta mediterranea aiuta la psiche!

La dieta mediterranea aiuta la psiche

 

Un nuovo studio, pubblicato su Archives of General Psychiatry, dimostra in maniera chiara che seguire regolarmente una dieta mediterranea ricca di vegetali, frutta, cereali, legumi e pesce riduce il rischio di ammalarsi di depressione
Non solo il sole ma anche il cibo a disposizione delle persone che vivono in Paesi mediterranei potrebbe favorire condizioni mentali migliori rispetto a coloro che risiedono nel Nord Europa. Un nuovo studio, pubblicato su Archives of General Psychiatry, dimostra, infatti, in maniera chiara che seguire regolarmente una dieta mediterranea ricca di vegetali, frutta, cereali, legumi e pesce riduce il rischio di ammalarsi di depressione.

In particolare, l’indagine ha considerato 10mila studenti universitari spagnoli che al momento del reclutamento non mostravano alcun disturbo dell’umore e non assumevano farmaci antidepressivi. I partecipanti sono, quindi, stati suddivisi in due gruppi e sottoposti a un regime dietetico mediterraneo oppure caratterizzato dal consumo prevalente di carne e prodotti lattiero caseari. Dopo circa 4 anni di follow-up, attraverso specifici questionari, negli individui che consumavano principalmente e con frequenza giornaliera frutta, verdura, legumi e pesce è stata osservata una diminuzione di circa il 30% del rischio di depressione rispetto a coloro che si alimentavano costantemente con proteine e grassi animali. Gli autori sottolineano, inoltre, che l’associazione inversa tra dieta mediterranea e depressione continua a sussistere anche dopo le opportune correzione per altri stili di vita. “L’interpretazione dei nostri dati ci spinge ad affermare che abitudini alimentari sane possono favorire migliori funzioni cerebrali e, conseguentemente, consentire di far fronte in maniera molto più efficace alle frustrazioni giornaliere, allo stress e alle insoddisfazioni personali” ha dichiarato Almudena Sánchez-Villegas dell’Università di Navarra a Pamplona in Spagna.

Archives of General Psychiatry 2009, 66, 1090-1098

(da Nutrizione33)

La dieta Mediterranea è entrata nel patrimonio culturale immateriale dell’Unesco

 

ROMA (16 novembre) – La “dieta Mediterranea” è entrata nel patrimonio culturale immateriale dell’Unesco. L’ok è arrivato questo pomeriggio all’unanimità da parte del comitato intergovernativo dell’Unesco riunito a Nairobi, in Kenya.

«Il risultato sperato è arrivato: l’Unesco ha definitivamente proclamato la dieta mediterranea quale Patrimonio culturale dell’umanità. Questo prestigioso successo mi riempie d’orgoglio e di soddisfazione e rappresenta un traguardo storico per la nostra tradizione alimentare e per la

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